Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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La giurisdizione statale e quella sportiva: Il sistema di riparto alla luce della sentenza del consiglio di stato n. 3958/2014 (di Alessio Bonafine, Dottore di ricerca nell’Università degli Studi Europea di Roma – Avvocato.)


The author studies the decision of “Consiglio di Stato” n. 3958/2014 in order to evaluate the division of roles between ordinary jurisdiction and sports jurisdiction. There is the need to balance two different views: on the one hand, the autonomy of sports system and, on the other one, the role of the state law. This approach is developed through the case-study with the relative impact on the criterion of division of judiciary competences.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. La “settorialità” dell’ordinamento sportivo - 3. La giurisdizione in materia di diritto sportivo: una necessaria premessa - 4. La sentenza del Consiglio di Stato 25 luglio 2014, n. 3958: presupposti di fatto e ragioni di diritto - 5. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

È noto che la libertà individuale di ciascuno – come costituzionalmente garantita – si estrinseca pure attraverso la gestione di relazioni personali e sociali utili alla formazione di “gruppi” spontanei, a legittimazione dal basso, funzionali alla realizzazione degli interessi perseguiti nella forma associativa. È il c.d. “pluralismo sociale” quale elemento caratterizzante e indispensabile per ogni ordinamento democratico in cui non è più lo Stato, inteso come nucleo centrale del potere sovrano, a fondare le posizioni giuridiche personali e a segnarne lo sviluppo. Esse, piuttosto, si auto-realizzano in una prospettiva giuridica e sociale che valorizza e antepone all’Istituzione la persona concreta e dinamica nelle proprie relazioni [1]. D’altronde, è la stessa Carta Costituzionale a riconoscere e garantire all’art. 2 i diritti inviolabili dell’uomo, «sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità», in ciò offrendo la più alta base normativa alla tesi dell’esistenza di un potere sociale “prevalente” in quanto utile all’affermazione di nuove posizioni giuridiche individuali e altresì unica fonte di legittimazione degli organi pubblici che in esso, e non nella sterile appartenenza all’apparato burocratico, troverebbero ragione d’essere. La teoria normativistica, che nel solo elemento della “normazione” individuava il criterio fondante la qualificazione giuridica di un ordinamento [2], perde in questo contesto sostegno logico e fattuale. Il Diritto non è (solo) il prodotto di un insieme di regole; esso, piuttosto, trascende il profilo meramente normativo di un ordinamento per costituirne la condizione organizzativa e preliminare. È infatti “Istituzione”, qualcosa cioè «di più vivo e di più dinamico: è, in primo luogo la complessa e varia organizzazione dello Stato, i numerosi meccanismi, i collegamenti di autorità o di forza, che producono, modificano, applicano, garantiscono le norme giuridiche, ma non si identificano con le stesse». In altri termini, il Diritto deve intendersi «non dal punto di vista delle forze materiali che lo producono e lo reggono, non in rapporto all’ambiente in cui si sviluppa e vive come fenomeno interdipendente con [continua ..]


2. La “settorialità” dell’ordinamento sportivo

Quanto premesso sulla configurabilità di ordinamenti derivati e autonomi è certamente spendibile pure per il sistema giuridico sportivo. Lo sport, infatti, costituisce, fin dai tempi più remoti, una delle principali modalità di estrinsecazione e realizzazione della personalità individuale e, sebbene spesso destinato all’indifferenza giuridica – salva la rilevanza penale delle condotte poste in essere –, quando praticato in modo competitivo (rectius, agonistico) si implementa in un sistema organizzativo e giuridico particolarmente articolato e ramificato. In via di massima semplificazione, tale sistema trova il vertice della propria struttura nel CIO (Comitato Internazionale Olimpico), che ha lo scopo di promuovere su scala mondiale e nell’ambito dell’ordinamento sportivo internazionale lo sport lato sensu inteso. Ad esso si affiancano, oltre ai c.d. Comitati olimpici continentali (per esempio, il Comitato Olimpico Europeo, COE), federazioni sportive internazionali, con il compito di promuovere le competizioni internazionali relative alle singole e distinte discipline (ad es. la FIFA per il calcio), nonché, sul piano nazionale, distinti Comitati Olimpici (in Italia, il CONI) che, quali vertici dei rispettivi sistemi territoriali, finalizzano la propria azione a vantaggio dei fenomeni sportivi interni. L’operato dei comitati nazionali si attualizza poi attraverso ulteriori federazioni territoriali e settoriali con funzioni radicate nei rispetti campi di interesse (la FIGC, ad esempio, costituisce il centro nevralgico del sistema giuridico nazionale del “gioco calcio”) [4]. Ciò che si ricava quindi è un modello pluralistico di ordinamenti sportivi, in cui, ferma la centralità dell’ordinamento mondiale, quale sistema “originario” – in quanto fondante la propria valenza sulla sola propria affermazione (e non su quella di altri ordinamenti) – e “non sovrano” – perché privo di forza esercitabile su un territorio determinato – ciascun ordinamento nazionale e sub-settoriale costituisce un’Istituzione dotata dei requisiti indispensabili (in termini di plurisoggettività, organizzazione e normazione) per il suo pieno riconoscimento [5]. Non deve sorprendere allora la tendenza alla rivendicazione di una più piena autonomia anche attraverso la predisposizione di [continua ..]


3. La giurisdizione in materia di diritto sportivo: una necessaria premessa

Che l’interprete debba ricostruire i rapporti tra l’ordinamento sportivo e quello statale in termini di autonomia si ricava in modo chiaro dall’art. 1, comma 1, d.l. 19 agosto 2003, n. 220 (come convertito dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280), secondo cui «la Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale». La stessa disposizione inoltre, al comma 2, precisa che «i rapporti tra l’ordinamen­to sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo». La norma, quindi, disciplina il rapporto tra l’ordinamento statale e quello settoriale-autonomo verosimilmente più significativo nel panorama nazionale cercando di contemperare due diverse e fondamentali esigenze costituzionali; da un lato, l’autonomia del sistema sportivo, ai sensi degli artt. 2 e 18 Cost., e, dall’altro, la pienezza delle posizioni giuridiche soggettive che, sebbene connesse con esso, presentano rilevanza per l’ordinamento centrale. In tale contesto, reso ancor più delicato dalle frenetiche vicende che alla normazione d’urgenza hanno dato giustificazione nell’estate del 2003 [11], la soluzione apprestata dal legislatore al tema della ripartizione della giurisdizione interna in materia di diritto sportivo ha trovato enucleazione nel dettato dell’art. 2 che, attraverso l’adozione di un sistema a fattispecie, ha distinto tra quelle riservate alla giustizia sportiva e quelle rimesse agli organi statali [12]. Più in particolare, tra le prime la disposizione ha indicato quelle concernenti l’os­servanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’or­dinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive, nonché i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione e l’applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive [13]. Per le altre materie, invece, quello eletto a criterio di riparto è la valenza meramente sportiva, o meno, [continua ..]


4. La sentenza del Consiglio di Stato 25 luglio 2014, n. 3958: presupposti di fatto e ragioni di diritto

Si è detto come con l’art. 1, d.l. 19 agosto 2003, n. 220, la Repubblica abbia riconosciuto e favorito l’ordinamento sportivo nazionale «quale articolazione dell’ordina­mento sportivo internazionale facente capo al Comitato olimpico internazionale». Anche l’ordinamento sportivo interno si misura quindi con una dimensione internazionale dalla quale non può prescindersi per comprenderne a pieno il funzionamento e i limiti. Il diritto sportivo internazionale è essenzialmente finalizzato a garantire il corretto svolgimento delle competizioni tra atleti appartenenti a federazioni sportive diverse e operanti su distinte basi territoriali [21]. Tra tali eventi sportivi assumono un rilievo del tutto particolare, anche per il rilevante numero di consensi in grado di raccogliere e del conseguente ritorno economico, quelli calcistici, per i quali costituiscono riferimenti essenziali rispettivamente la FIFA (International de Football Association) [22] a livello mondiale e la UEFA (Union des Associations Européennes de Football) a livello continentale [23]. Del rapporto tra gli organi del sistema sportivo nazionale e le sovra-articolazioni extra-territoriali, si è recentemente occupato anche il Consiglio di Stato con la richiamata pronuncia n. 3958 del 25 luglio 2014, in specie con riferimento al tema dei limiti della giurisdizione del giudice amministrativo sul provvedimento di diniego di ammissione a competizioni europee. Si tratta di questione ben nota ai tecnici del settore e agli amanti del gioco del calcio e che ha trovato forte eco, sin dal momento della sua pronuncia, anche nelle principali testate giornalistiche specializzate. I fatti che hanno originato la sentenza, almeno con riferimento a quanto di interesse sotto il profilo del riparto di giurisdizione, possono così riassumersi. La società Parma F.C. s.p.a., dopo aver concluso il campionato di calcio di serie A 2013-2014 al sesto posto della classifica definitiva e avere così acquisito il diritto alla partecipazione alla competizione europea denominata Europa League organizzata dalla UEFA, vede negarsi dalle competenti Commissioni di primo e secondo grado della FIGC (Federazione italiana gioco calcio) le licenze UEFA necessarie per la partecipazione alle relative competizioni a causa del mancato pagamento di ritenute IRPEF su versamenti effettuati a calciatori dipendenti. La società [continua ..]


5. Conclusioni

Ciò che pare ricavarsi dalla vicenda esaminata e dalle premesse fornite è essenzialmente l’evanescenza del criterio della rilevanza (statale) delle posizioni giuridiche coinvolte impiegato per individuare gli spazi dell’ordinamento sportivo liberi da ingerenze esterne. La soluzione offerta dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 49/2011, per la quale «la giustizia sportiva costituisce lo strumento di tutela per le ipotesi in cui si discute dell’applicazione delle regole sportive quali, in particolare, le norme meramente tecniche, e fra esse sicuramente quelle che l’ordinamento sportivo ha elaborato ed elabora ai fini dell’acquisizione dei risultati delle competizioni agonistiche», appare solo parzialmente utile, e ciò a prescindere anche dalla natura sovranazionale degli enti coinvolti, circostanza che, come chiarito, dovrebbe invero escluderne a monte l’es­tendibilità. I profili problematici non sono certamente secondari, pur essendo già stati oggetto di riflessione giurisprudenziale. In via esemplificativa, non può ragionevolmente negarsi alle regole tecniche natura di norme di relazione dalle quali derivano diritti soggettivi e interessi legittimi [29]. L’irrogazione di sanzioni disciplinari, infatti, per incidere su un’attività economica di notevole importanza, finisce per produrre effetti su diritti di rilevanza costituzionale difficilmente classificabili come “irrilevanti”. Ferma la competenza penale per gli illeciti sportivi che costituiscono reato e la necessità del rispetto dei principi dell’ordinamento comunitario, la soluzione per cui deb­ba riconoscersi al giudice amministrativo il potere di giudicare incidentalmente del prov­vedimento sanzionatorio a fini risarcitori, oltre che in modo pieno e diretto per tutti gli atti che non rientrino tra quelli espressamente indicati all’art. 2 del d.l. n. 220/2003, sembra essere irrinunciabile. Ciò, però, al contempo, suggerisce anche un ripensamento dell’assioma dell’auto­nomia dell’ordinamento sportivo, che solo in termini di parzialità ed imperfezione potrebbe essere inteso, anche in ragione di una necessaria armonia con il disposto del­l’art. 24 Cost. Ogni diversa soluzione, che finisse per prospettare l’ipotesi della rinuncia ad ogni forma di autonomia, salve le questioni [continua ..]


NOTE