Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Ai confini della giurisdizione sportiva: la “partita” infinita dell´assegnazione dello scudetto 2006 e le sezioni unite della cassazione * (di Filippo Vari, Professore ordinario di Diritto costituzionale nell’Università Europea di Roma. Nico Marra, Dottorando di ricerca nell’Università Europea di Roma.)


The article analyzes the relationship between civil and sportive jurisdiction in the context of the big Italian football scandal (Calciopoli).

The scandal of match fixing had as consequence that Juventus FC, the championship winner of the 2005-2006, had to give back its title. Similar allegations emerged subsequently with regard to Internazionale FC, that had meanwhile obtained the title. Therefore Juventus requested that the title for the scandal season should be removed and should remain unassigned. A long juridical battle followed. It lead to the most recent judgment of the Supreme Corte di Cassazione, a never ending story ...

The article exposes the different steps of this complicated iter between civil and sportive jurisdictions. It comes to the conclusion that the way followed by the civil judges was the only one that could guarantee that football remains a sport despite the overwhelming economic interests behind.

Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, 13 dicembre 2018, n. 32358   Sussiste difetto assoluto di giurisdizione rispetto a una questione relativa alla revoca del titolo di campione d’Italia come sanzione per l’irregolare svolgimento del campionato, in quanto si tratta di una materia riservata alla competenza esclusiva degli organi di giustizia sportiva.   Compagini, affiliati e tesserati possono adire esclusivamente gli organi di giustizia sportiva per le questioni riguardanti controversie tecniche – e cioè quelle relative al corretto svolgimento della prestazione agonistica, come pure della competizione e disciplinari, e cioè vertenti sull’irrogazione di provvedimenti sanzionatori nei loro confronti.   La previsione di un giudizio arbitrale non lede l’art. 6 CEDU, in quanto il diritto d’accesso a un giudice non è violato in presenza di arbitrati che diano vita a un rimedio di giustizia effettivo e non illusorio.   SENTENZA sul ricorso 11026-2017 proposto da: JUVENTUS FOOTBALL CLUB S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, OMISSIS; – ricorrente – contro CONI – COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO, in persona del legale rappresentante pro tempore, OMISSIS; FOOTBALL CLUB INTERNAZIONALE MILANO S.P.A. (“Inter”), in persona del legale rappresentante pro tempore, OMISSIS; F.I.G.C. – FEDERAZIONE ITALIANA GIUOCO CALCIO, in persona del legale rappresentante pro tempore, OMISSIS; – controricorrenti – avverso la sentenza n. 7023/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 22/11/2016. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/09/2018 dal Presidente ETTORE CIRILLO; udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale LUIGI SALVATO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; uditi gli avvocati Luigi Chiappero, Alberto Angeletti, Letizia Mazzarelli, Giancarlo Gentile, Adriano Raffaelli e Roberto Argeri per delega orale dell’avvocato Luisa Torchia. FATTI DI CAUSA A seguito di procedimento disciplinare per illeciti sportivi nei confronti delle prime due squadre classificatesi al termine del campionato di calcio di serie A nella stagione 2005-2006, la Juventus Football Club S.p.A., prima classificata, fu retrocessa in serie B e l’Associazione Calcio Milan, seconda classificata, fu pesantemente penalizzata. Consequenzialmente, sentita una commissione di esperti, il commissario straordinario della F.I.G.C. (Federazione italiana giuoco calcio) deliberò di assegnare il titolo di campione d’Italia alla F.C. Internazionale Milano S.p.A., originariamente terza classificata e, quindi, divenuta prima (provv. 26/07/2006). 1.1 Anni dopo, in ragione di talune situazioni disciplinari emerse anche a carico dei vertici della soc. Internazionale e poi archiviate dalla procura federale per intervenuta prescrizione, la F.I.G.C. [continua..]
SOMMARIO:

1. Introduzione: le Sezioni Unite di fronte al contrasto tra autonomia dello sport e diritto inviolabile ad agire in giudizio - 2. I confini tra la giurisdizione sportiva e la giurisdizione statale nella riforma del 2003 … - 3. … e nella giurisprudenza costituzionale - 4. I fatti di causa e l’assetto della giustizia sportiva dell’epoca - 5. Primo tempo: il lodo del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (e il giudizio del Tar Lazio) - 6. Secondo tempo: il giudizio della Corte d’appello di Roma - 7. I supplementari: la decisione della Cassazione - 8. In conclusione, si va ai rigori: due nuovi giudizi sportivi - NOTE


1. Introduzione: le Sezioni Unite di fronte al contrasto tra autonomia dello sport e diritto inviolabile ad agire in giudizio

Nella sent. 13 dicembre 2018, n. 32358, le Sezioni Unite civili della Corte di cassazione [1] affrontano ancora una volta il delicato tema dei rapporti tra ordinamento generale e quello sportivo [2]. In un caso di grande impatto mediatico, e cioè la revoca del 29° scudetto conquistato sul campo dalla Juventus Football Club s.p.a. (di seguito Juventus o Juve) e la sua assegnazione al Football Club Internazionale Milano (d’ora in avanti Internazionale o Inter), la pronuncia ribadisce nettamente l’autonomia della giurisdizione sportiva rispetto a quella statale. La Suprema Corte, ricostruendo il quadro ordinamentale vigente, traccia un chiaro confine tra i due valori che, nelle controversie sportive, possono trovarsi in situazione di reciproca tensione: da un lato, l’autonomia del mondo dello sport, il cui fondamento costituzionale è stato da tempo individuato da dottrina e giurisprudenza negli artt. 2 e 18 Cost.; dall’altro, il diritto inviolabile alla tutela giurisdizionale, sancito dall’art. 24 Cost. e a tal punto valorizzato dalla giurisprudenza costituzionale da aver portato in tempi recenti, addirittura, alla dichiarazione d’illegittimità costituzionale della legge di esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite [3].


2. I confini tra la giurisdizione sportiva e la giurisdizione statale nella riforma del 2003 …

Prima di analizzare la decisione della Suprema Corte va ricordato che, a livello normativo, l’opera di equilibrio e definizione dei confini tra i valori ora ricordati – l’autonomia del­l’or­dinamento sportivo fondata sugli artt. 2 e 18 Cost., da un lato, e il diritto d’agire in giudizio radicato nell’art. 24 Cost., dall’altro – è stata realizzata dal d.l. 19 agosto 2003, n. 220, convertito dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280 [4]. Tale disciplina si apre, com’è noto, con il riconoscimento dell’autonomia dell’ordinamento sportivo italiano e del collegamento di quest’ultimo con l’ordinamento sportivo internazionale [5]. Essa enuncia, poi, due regole per sciogliere i possibili contrasti tra l’ordinamento sportivo e quello statale o, rectius, un criterio generale, e cioè l’autonomia del primo, accompagnato da un’eccezione, vale a dire il confine oltre il quale essa non può spingersi. Tale confine è identificato nella «rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordinamento sportivo» [6]. L’effettiva ampiezza dell’autonomia sportiva, con riguardo allo ius dicere, è poi analiticamente delineata dall’art. 2 della normativa. Esso riserva alla giurisdizione sportiva due categorie di questioni: la prima, relativa alla «osservanza e […] applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’or­dinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle competizioni sportive» [7]; la seconda, concernente «i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione e applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive» [8]. Il successivo art. 3 stabilisce «la giurisdizione del giudice ordinario sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti»; inoltre, con una clausola residuale, prevede che «ogni altra controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ai sensi dell’articolo 2» sia «disciplinata dal codice del processo amministrativo». Quest’ultimo, contenuto nel d.lgs. 2 luglio [continua ..]


3. … e nella giurisprudenza costituzionale

L’assetto normativo sopra descritto è passato al vaglio della Corte costituzionale. Il giudice delle leggi, nella nota sent. n. 49/2011 [12], ha riconosciuto che «l’autonomia del­l’ordinamento sportivo trova ampia tutela negli artt. 2 e 18 della Costituzione, dato che non può porsi in dubbio che le associazioni sportive siano tra le più diffuse “formazioni sociali dove [l’uomo] svolge la sua personalità”» e che vada garantito «a tutti il diritto di associarsi liberamente per finalità sportive» [13]. Nella stessa decisione, la Corte costituzionale ha tenuto a sottolineare che quello sportivo è un «ordinamento autonomo», che «costituisce l’articolazione italiana di un più ampio ordinamento autonomo avente una dimensione internazionale e che esso risponde ad una struttura organizzativa extrastatale riconosciuta dall’ordinamento della Repubblica» [14]. Con una sentenza interpretativa di rigetto, la Consulta ha ripreso le conclusioni cui era giunta la giurisprudenza del Consiglio di Stato [15]: essa ha, dunque, precisato che, ai sensi della riforma del 2003, allorquando «la situazione soggettiva» su cui incide un provvedimento del CONI o delle Federazioni «abbia consistenza tale da assumere nell’ordinamento statale la configurazione di diritto soggettivo o di interesse legittimo», l’esclusione esplicita «della diretta giurisdizione sugli atti attraverso i quali sono state irrogate le sanzioni disciplinari – posta a tutela dell’autonomia dell’ordinamento sportivo – non consente che sia altresì esclusa la possibilità, per chi lamenti la lesione di una situazione soggettiva giuridicamente rilevante, di agire in giudizio per ottenere il conseguente risarcimento del danno». In tale ipotesi spetta al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, fornire una tutela di tipo risarcitorio al danneggiato.


4. I fatti di causa e l’assetto della giustizia sportiva dell’epoca

Così tracciato il quadro normativo vigente sui rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento generale, occorre passare ad esaminare i fatti di causa. Prima di farlo, tuttavia, è opportuno ricordare che, all’epoca degli stessi, erano previsti due organi competenti a dirimere le controversie sportive: il Tribunale Nazionale di arbitrato per lo sport (TNAS) e l’Alta Corte di Giustizia Sportiva, i quali erano subentrati alla Camera di conciliazione e arbitrato per lo sport. Oggi tali organi sono stati sostituiti dal Collegio di garanzia dello sport [16]. I fatti da cui trae origine la vicenda sono assai noti. A seguito della condanna per illecito sportivo nell’ambito dello scandalo assurto alle cronache giornalistiche come «Calciopoli», la Juventus, oltre alla retrocessione d’ufficio in Serie B e alla penalizzazione per la successiva stagione calcistica, veniva sanzionata con la revoca di due scudetti, relativi alle stagioni 2004/2005 e 2005/2006 [17]. Il primo titolo restava «non assegnato». Il secondo veniva, invece, attribuito alla squadra terza classificata, l’Internazionale, giacché anche la formazione che aveva terminato il campionato in seconda posizione, e cioè la Associazione Calcio Milan, aveva commesso alcuni illeciti e, dunque, era stata anch’essa penalizzata. La decisione ora ricordata era stata presa, dopo aver sentito una Commissione d’esperti [18], dall’allora Commissario straordinario della Federazione italiana giuoco calcio (FIGC) con provvedimento del luglio 2006. La società bianconera ricorreva inizialmente davanti al Tar, avanzando richiesta, da un lato, di annullamento degli atti sanzionatori, nonché di quello con cui era stato disposto lo scorrimento della classifica e la conseguente assegnazione all’Inter dello scudetto e, dall’altro, di risarcimento dei danni da essi cagionati. A seguito di un accordo tra le parti in causa – Juventus, FIGC e CONI – di devolvere la controversia ad un arbitrato sportivo, la società bianconera rinunciava al ricorso, cosicché ne veniva dichiarata l’improcedibilità dal giudice amministrativo con sentenza n. 7910/2006 [19]. L’arbitrato si concludeva a ottobre 2006 con la conferma di tutte le sanzioni inflitte, tranne una riduzione del numero di punti di penalizzazione per il campionato a venire [20]. In [continua ..]


5. Primo tempo: il lodo del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (e il giudizio del Tar Lazio)

I bianconeri, allora, nell’agosto 2011, rivolgevano istanza di arbitrato al Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (TNAS) contro la FIGC, chiamando in giudizio anche l’In­ter­nazionale quale controinteressata. Chiedevano la revoca, per motivi di legittimità, dei provvedimenti commissariale e federale ricordati nel precedente paragrafo, nonché il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di tali atti. Con una prima decisione presidenziale, dello stesso settembre 2011, emessa dunque in limine litis, veniva rilevata la manifesta incompetenza del TNAS relativamente alla domanda risarcitoria; era invece disposta la rimessione al collegio arbitrale delle altre due questioni inerenti la legittimità dei provvedimenti di assegnazione dello scudetto e di rigetto dell’istanza di revoca di tale assegnazione. Il Collegio arbitrale, tuttavia, discostandosi dal provvedimento presidenziale e accogliendo invece le eccezioni della FIGC e della società neroazzurra, ritenne che la controversia, nonostante dovesse decidersi all’interno del circuito dell’ordinamento sportivo, non fosse di competenza del TNAS [23]. Quest’ultimo, infatti, avendo natura arbitrale, avrebbe potuto trattare solo questioni concernenti posizioni giuridiche soggettive totalmente disponibili da parte dei loro rispettivi titolari. Quest’ipotesi, tuttavia, non si sarebbe verificata per la peculiare posizione della Federazione [24]. Essa, infatti, pur avendo natura in ultima analisi privatistica [25], svolge, in virtù del nesso che la lega al Comitato olimpico nazionale italiano, talune funzioni che assumono una rilevanza sul piano del diritto pubblico [26]. Tra tali funzioni il Collegio arbitrale aveva ricondotto quelle «volte alla revoca del titolo di campione d’Italia quale sanzione disciplinare» conseguente «all’accertamento del non regolare svolgimento del campionato di calcio di serie “A” dell’anno sportivo 2005/2006» [27]. Esse sarebbero rientrate, infatti, nei compiti della Federazione di «controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici», di cui all’art. 23 dello Statuto del CONI [28]. Dunque, poiché si trattava di atti federali aventi rilevanza pubblicistica, la FIGC non avrebbe potuto disporre delle sottostanti posizioni giuridiche e [continua ..]


6. Secondo tempo: il giudizio della Corte d’appello di Roma

Contro il lodo emesso dal TNAS l’art. 12-ter dello Statuto del CONI all’epoca vigente [32] consentiva il ricorso per nullità davanti alla Corte d’Appello, ai sensi dell’art. 828 c.p.c., qualora l’oggetto della controversia avesse avuto rilevanza anche per l’ordinamento della Repubblica. Ai sensi di tale disciplina, la Juventus adiva la Corte di Roma, chiedendo che fosse dichiarata la nullità del lodo e, per conseguenza, la non assegnazione dello scudetto. La Corte d’appello, però, respingeva seccamente il ricorso con la sent. n. 7023/2016 [33]. Richiamandosi a quanto evidenziato dal giudice delle leggi nella decisione n. 49/2011, analizzata in precedenza [34], la Corte dichiarava di non avere giurisdizione in materia in forza della normativa, sopra esposta, dettata dagli artt. 2 e 3 del d.l. n. 220/2003 [35]. I giudici compivano, dunque, una «operazione ermeneutica di coordinamento» tra l’art. 12-ter dello Statuto del CONI, da un lato, e le conclusioni sull’autonomia dell’ordinamento sportivo cui era giunta la Consulta nella sent. n. 49/2011, dall’altro [36]. La disposizione ora citata, ove letta in maniera isolata, sembrava delineare una «competenza illimitata della Corte d’Appello in tema di impugnazione dei lodi arbitrali»; tuttavia, una sua lettura costituzionalmente orientata imponeva alla Corte territoriale di pronunciarsi non su tutte le vicende sportive che avessero rilevanza per l’ordinamento statale, bensì, tra queste, soltanto sulle controversie di carattere patrimoniale tra società, atleti e tesserati [37]. Tutte le altre questioni sarebbero, invece, dovute rimanere riservate al «solo circuito dell’autonomo ordinamento sportivo». Per tali ragioni la Corte d’Appello escludeva di poter sindacare la decisione del TNAS, impugnata dai bianconeri.


7. I supplementari: la decisione della Cassazione

La Juventus ha, quindi, proceduto, nel 2017, a impugnare in Cassazione la decisione esaminata nel paragrafo precedente, chiedendo alla Suprema Corte di dichiarare la giurisdizione della Corte d’appello o del Tar, nonché, in caso di mancato accoglimento di tale istanza, di sollevare questione di legittimità costituzionale della normativa sulla giurisdizione sportiva, sopra esaminata [38], per violazione dell’art. 24 Cost. Le Sezioni Unite civili della Suprema Corte hanno rigettato il ricorso, accogliendo le richieste in tal senso tanto della Procura generale, quanto del CONI, della FIGC e dell’Inter, che avevano presentato controricorso. In particolare, la Cassazione ha richiamato la giurisprudenza secondo la quale «la giustiziabilità della pretesa dinanzi alla giustizia statale costituisce una questione non di giurisdizione ma di merito» [39]. La problematica, dunque, sarebbe stata definitivamente risolta dalla Corte d’Appello. La Suprema Corte al fine di corroborare le proprie conclusioni, ha analizzato i due presupposti su cui si fonda la decisione del giudice di merito: da un lato, la natura della situazione giuridica vantata dalla Juve nel caso de quo e, dall’altro, l’interpretazione della normativa vigente sui rapporti tra giurisdizione statale e giurisdizione sportiva. Quanto al primo aspetto, secondo una giurisprudenza consolidata, richiamata anche dalla Corte costituzionale nella sent. n. 49/2011 [40], per determinare la conoscibilità della questione occorre vagliare l’esistenza di una «situazione giuridicamente rilevante per l’ordinamento». Al riguardo la Cassazione ha evidenziato come fosse corretta la valutazione della Corte d’appello. La vicenda della revoca dello scudetto, infatti, s’inserisce in quelle fattispecie regolate da disposizioni disciplinari del mondo dello sport, che sono irrilevanti per l’ordinamento generale. Le Sezioni Unite, in forza del principio – garantito anche dalla riforma del 2003 [41] – di autonomia dell’ordinamento sportivo, hanno riconosciuto come sia «riservata esclusivamente a quest’ultimo la disciplina delle questioni riguardanti […] i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive». Secondo la Corte, l’azione della società [continua ..]


8. In conclusione, si va ai rigori: due nuovi giudizi sportivi

La decisione delle Sezioni Unite non segna, tuttavia, l’epilogo della lunghissima controversia sulla revoca dello scudetto del 2006 alla Juve e sulla sua assegnazione all’Inter. Questa partita infinita è destinata ad arricchirsi di un nuovo capitolo. Infatti, a seguito della pronuncia della Suprema Corte, la Juventus ha presentato, a gennaio 2019, due nuovi ricorsi, uno al Tribunale Nazionale della FIGC e uno al Collegio di Garanzia dello Sport [46], impugnando ancora una volta il lodo arbitrale pronunciato dal TNAS nel 2011, innanzi esaminato [47], insieme al provvedimento della Federazione che, nello stesso anno, come si è visto [48], ha respinto l’istanza di revoca dello scudetto assegnato all’Inter. Peraltro, vista la contemporanea pendenza dei due ricorsi, a marzo 2019 la Juventus ha presentato istanza di differimento dell’udienza presso il Collegio di Garanzia. La richiesta è stata accolta dal Presidente di quest’ultimo, con un conseguente rinvio dell’udienza a data da destinarsi [49]. In conclusione, siamo di fronte a un circolo non proprio virtuoso, che oltretutto induce a considerare con favore la semplificazione del sistema realizzata dalla riforma del 2014 [50], con l’unificazione nel Collegio di Garanzia delle competenze prima ripartite tra il TNAS e l’Alta Corte di Giustizia Sportiva. Va ricordato che ora la società bianconera potrà ottenere un vaglio di merito soltanto davanti alla giustizia federale, mentre la cognizione del Collegio di Garanzia sarà limitata ai soli profili di legittimità, diversamente dal previgente sistema in cui gli organi di vertice della giustizia sportiva potevano procedere anche a un esame delle questioni di merito [51]. Poiché la valutazione di tali questioni rimane, oggi, esclusivo appannaggio delle Federazioni, occorre porre la massima attenzione per assicurare l’imparzialità del soggetto decisore, soprattutto laddove, come nel caso qui in esame, l’oggetto del giudizio verta su un atto della Federazione medesima o, comunque, quest’ultima sia parte in causa [52]. Tali aspetti – pur presi in considerazione dalla riforma, anche in ragione dell’introduzione della Commissione federale di garanzia [53] – assumono rilievo, ai sensi dell’art. 24 Cost. e dell’art. 6 CEDU, ogniqualvolta la giurisdizione sportiva [continua ..]


NOTE