Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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La gestione della sicurezza negli sport invernali * (di Lina Musumarra, Avvocato. Professore a contratto di Diritto dello Sport, Università Luiss Guido Carli.)


The present work resumes and complements the report held at the 9th European Snow Legal Forum «The duty of care of the ski instructor», held on December 1, 2018 in Bormio.

The contribution analyzes the current regulatory framework on the topic of mountain safety management, through the examination of state and regional legislation and the jurisprudential evolution in this matter.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. La gestione del rischio nelle aree sciabili attrezzate: obblighi dei gestori - 3. Le piste da slittino - 4. La posizione di garanzia del maestro di sci - 5. Modalità di attuazione dell’obbligo di protezione e di vigilanza - NOTE


1. Premessa

I recenti tragici eventi che si sono verificati sulle piste da sci impongono una doverosa riflessione sul tema della gestione della sicurezza in montagna, attraverso l’analisi dell’attuale quadro normativo e dell’evoluzione giurisprudenziale in questa materia.

Come correttamente rilevato dalla dottrina, «le posizioni di garanzia si individuano generalmente in capo a soggetti che, dotati di un potere organizzativo e dispositivo, sono in grado di attivare, in modo efficace e tempestivo, le necessarie misure preventive nei confronti di situazioni potenzialmente pericolose. Il problema della sicurezza in montagna è, per il diritto penale, un tipico problema di ‘prevenzione’ che concerne l’individuazione di precisi obblighi (dovere di valutazione dei rischi naturali, dovere di conoscenza, dovere di protezione), la cui violazione costituisce l’indispensabile premessa per una rimproverabilità soggettiva».

In particolare, «l’ancoraggio normativo che consente di identificare correttamente una fattispecie omissiva impropria è offerto dall’art. 40, c. 2, c.p., norma che riconosce un preciso vincolo giuridico; che formalizza il rapporto di dipendenza sussistente tra un’azione doverosa e la tutela di un bene giuridico» [1].

In questo contesto, in materia di responsabilità sciistica, occorre porre in evidenza, da una parte, gli obblighi gravanti in capo ai gestori degli impianti sciistici (intesi quali titolari dell’autorizzazione all’esercizio delle infrastrutture come individuate dal legislatore, nonché i soggetti che, per contratto, ricoprono tale qualifica), dall’altra, la figura del maestro di sci, il quale riveste una tradizionale posizione di garanzia quale affidatario dell’incolumità dei propri allievi [2].


2. La gestione del rischio nelle aree sciabili attrezzate: obblighi dei gestori

Come è noto, il legislatore, al fine di garantire la sicurezza degli utenti nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo, è intervenuto con la legge 24 dicembre 2003, n. 363, uniformando, in tal modo, la disciplina che fino a quel momento era stata dettata dalle singole normative regionali e provinciali.

Il primo capo della legge è dedicato all’individuazione dell’ambito di applicazione della normativa: «Norme in materia di sicurezza nella pratica non agonistica degli sport invernali […], compresi i principi fondamentali per la gestione in sicurezza delle aree sciabili» […] (art. 1).

Nel secondo capo il legislatore procede alla definizione di «aree sciabili attrezzate», individuando come tali «le superfici innevate, anche artificialmente, aperte al pubblico e comprendenti piste, impianti di risalita e di innevamento, abitualmente riservate alla pratica degli sport sulla neve quali: lo sci, nelle sue varie articolazioni; la tavola da neve, denominata ‘snowboard’; lo sci di fondo; la slitta e lo slittino; altri sport individuati dalle singole normative regionali» (art. 2, comma 1).

Tale definizione sancisce l’indissolubile coincidenza soggettiva tra l’ammini­stratore dell’impianto di risalita ed il concessionario della pista di discesa – ribadita, peraltro, dalle leggi regionali e provinciali successivamente adeguatesi alla disciplina dettata dal legislatore statale – determinando rilevanti conseguenze in termini di inquadramento della responsabilità del gestore di dette aree nelle ipotesi di incidenti subiti dagli utenti delle piste.

In particolare, nel comma 2 dell’art. 2 si specifica, sempre al fine di garantire la sicurezza degli utenti, che «sono individuate aree a specifica destinazione per la pratica delle attività con attrezzi quali la slitta e lo slittino ed eventualmente di altri sport della neve, nonché le aree interdette, anche temporaneamente, alla pratica dello snowboard».

La competenza per procedere all’individuazione delle aree sciabili attrezzate spetta alle regioni ed equivale alla «dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza», rappresentando, altresì, «il presupposto per la costituzione coattiva di servitù connesse alla gestione di tali aree, previo pagamento della relativa indennità, secondo quanto stabilito dalle regioni» (art. 2, comma 3).

Nel successivo art. 3 il legislatore detta le norme relative alla gestione delle aree sciabili attrezzate, riconoscendo una serie di obblighi che gravano sul gestore delle stesse, il quale deve assicurare agli utenti la pratica delle «attività sportive e ricreative in condizioni di sicurezza», provvedendo alla «messa in sicurezza delle piste secondo quanto stabilito dalle regioni».

Più specificatamente, i gestori hanno l’obbligo «di proteggere gli utenti da ostacoli presenti lungo le piste mediante l’utilizzo di adeguate protezioni degli stessi e segnalazioni della situazione di pericolo» (comma 1).

I gestori sono altresì obbligati «ad assicurare il soccorso e il trasporto degli infortunati lungo le piste in luoghi accessibili dai più vicini centri di assistenza sanitaria o di pronto soccorso, fornendo annualmente all’ente regionale competente in materia l’elenco analitico degli infortuni verificatisi sulle piste da sci e indicando, ove possibile, anche la dinamica degli incidenti stessi. I dati raccolti dalle regioni sono trasmessi annualmente al Ministero della salute a fini scientifici e di studio» (comma 2) [3].

Accanto a tali fondamentali obblighi se ne aggiungono altri, che possiamo definire complementari ai primi, tra i quali: a) l’obbligo di assicurazione, in capo al gestore, per i danni che possono derivare agli utenti dall’uso di dette aree (art. 4); b) l’obbligo di «esporre documenti relativi alle classificazioni delle piste, alla segnaletica [4] e alle regole di condotta» previste dalla legge in esame, «garantendone un’adeguata visibilità» (art. 5, comma 3 e art. 6); c) l’obbligo di provvedere alla periodica manutenzione delle aree affinché queste siano dotate della prescritta segnaletica e rispettino sempre i canoni di sicurezza richiesti (art. 7, comma 1).

A tal fine il gestore è tenuto a rimuovere eventuali pericoli atipici (infra), a segnalare la loro presenza ove la rimozione non sia possibile o, in casi estremi di particolare pericolosità non altrimenti eliminabile o di non agibilità, provvedere alla chiusura della pista. Le segnalazioni riguardanti lo stato della pista o la chiusura della stessa «vanno poste, in modo ben visibile al pubblico, all’inizio della pista, nonché presso le stazioni di valle degli impianti di trasporto a fune» (comma 2). Tale disposizione prevede, altresì, che «in caso di ripetuta violazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, l’ente competente o, in via sostitutiva, la regione, può disporre la revoca dell’auto­rizzazione» (comma 3).

Da una prima analisi delle disposizioni contenute nella legge in esame, si deve anzitutto rilevare che i gestori delle aree sciabili, monitorando in prima persona il rischio ambientale naturale, divengono titolari dei richiamati obblighi cautelari nei confronti dell’utente della pista, incapace di tutelarsi da sé contro le aggressioni ai beni della vita e dell’integrità fisica.

L’avvento di fonti normative in grado di disciplinare la sicurezza sulle piste (da intendersi sia in senso passivo, seguendo cioè sin dalla fase della progettazione la costruzione di piste da sci di qualità e prive di ostacoli atipici, sia in senso attivo, ovvero sulla diffusione della segnaletica, sulla divulgazione delle regole di comportamento dello sciatore-utente e sulla creazione di figure professionali adibite alla protezione degli utenti stessi) [5] è una circostanza particolarmente significativa sul piano della responsabilità del gestore.

Si determina, infatti, il passaggio da un rimprovero per colpa generica (per aver agito con semplice negligenza, imprudenza, imperizia) al riconoscimento di una colpa specifica, in capo al medesimo, per l’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline.

In particolare, secondo Cass. 9 novembre 2015, n. 44796:

«la colpa omissiva deve ancorarsi ad un obbligo giuridico che non è necessariamente vincolato all’esistenza di una norma o regola dettata da fonte pubblicistica o privatistica, ma può derivare anche dall’attività propria dell’obbligato in quanto possibile fonte di pericolo. Il gestore dell’impianto e delle piste servite ha infatti a suo carico l’obbligo della manutenzione in sicurezza delle piste medesime che gli deriva altresì dal contratto concluso con lo sciatore che utilizza l’impianto. Il pericolo da prevenire, oggetto della posizione di garanzia, non è quindi solo quello interno alla pista: ed invero l’obbligo di protezione che è proiezione della posizione di garanzia riguarda anche i pericoli atipici, cioè quelli che lo sciatore non si attende di trovare, diversi quindi da quelli connaturati a quel quid di pericolosità insito nell’attività».

Principio affermato anche da Cass. 15 settembre 2015, n. 37267, a mente della quale:

«l’obbligo di garanzia del direttore di una pista di sci è proiezione di una posizione di garanzia che riguarda anche pericoli atipici, cioè quelli che uno sciatore non si attende di trovare. Pertanto, il gestore deve prevenire quei pericoli fisicamente esterni alle piste a cui può andarsi incontro in caso di uscita di pista, quando la situazione naturale dei luoghi renda altamente probabile che si fuoriesca dalla pista stessa» [6].

Il gestore della pista è dunque titolare di una posizione di garanzia che si fonda, a livello sostanziale, sulla sussistenza di un ruolo decisorio ed organizzativo rispetto alle strutture poste sotto la sua direzione.

Tale figura ha, pertanto, l’obbligo giuridico di impedire il verificarsi di eventi lesivi, a mente dell’art. 40, comma 2, c.p.

La posizione di garanzia, accanto a tale dovere generale, coinvolge obblighi diversi, ma tutti collegati tra loro, come sopra richiamati, contenuti nella legge n. 363/2003: tra questi i doveri di controllo di carattere preventivo, volti ad assicurare adeguate condizioni di sicurezza prima che l’utente venga in contrasto con qualsivoglia fonte di rischio, i quali si sostanziano nella valutazione dello stato del tracciato e dei connessi pericoli (specie se questo presenta connotati atipici).

La necessità della previa individuazione e valutazione dei rischi costituisce il presupposto essenziale per l’adozione di misure atte a fronteggiarli, nell’ottica di un vero e proprio «governo del rischio» (c.d. risk management).

Peraltro, giova ribadire che la legge in esame è volta ad assicurare adeguate condizioni di sicurezza nell’esercizio di un’attività sportiva non agonistica, la quale reca, in re ipsa, maggiore pericolosità connessa al minor grado di attenzione che uno sportivo a livello amatoriale/ricreativo dedica all’attività stessa.

Per giurisprudenza costante l’obbligazione del gestore degli impianti di risalita ricomprende prestazioni accessorie, costituenti un pacchetto di servizi che trascendono il mero trasporto da valle a monte e riguardano l’intera attività dell’utente, quali appunto la messa a disposizione di piste dotate delle necessarie misure di sicurezza.

In questo contesto, tra le fonti normative – a livello statale – che devono essere richiamate a tutela dell’utente rientra anche il d.lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (T.U. sulla salute e sicurezza sul lavoro), il quale, come è noto, «si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio» (art. 3, comma 1).

Costituisce, sotto questo profilo, ius receptum l’unanime indirizzo giurisprudenziale secondo il quale la normativa antinfortunistica è finalizzata a tutelare non solo i lavoratori, ma anche tutti coloro che, pur estranei all’organizzazione aziendale, si trovino in un ambiente di lavoro [7].

In tal senso si richiama anche l’art. 22 della legge n. 363/2003, il quale prevede che le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano devono adeguare la propria normativa ai principi fondamentali contenuti nella legge in parola in tema di sicurezza individuale e collettiva nella pratica dello sci e degli altri sport della neve, potendo, altresì, unitamente ai comuni, «adottare ulteriori prescrizioni per garantire la sicurezza e il miglior utilizzo delle piste e degli impianti» (art. 18).

La legge della Provincia Autonoma di Trento del 31 ottobre 2012, n. 22, nel modificare la precedente normativa (l.p. 21 aprile 1987, n. 7 sulla disciplina degli impianti e piste da sci), ha espressamente previsto (art. 1, comma 2-bis) che «la progettazione, la realizzazione e la gestione degli impianti di trasporto a fune e delle piste da sci pongono in primo piano la sicurezza dei lavoratori, degli utenti e degli sciatori».

Si dispone, in particolare, che «a conclusione dell’istruttoria, la Giunta provinciale, su proposta dell’assessore competente in materia di turismo, delibera il rilascio dell’autorizzazione all’apprestamento della pista, qualora sussistano le seguenti condizioni: a) il servizio competente in materia di turismo abbia espresso parere positivo in ordine alla rispondenza del progetto della pista alla presente legge e al regolamento di attuazione, facendo riferimento, in particolare, agli aspetti relativi alla sicurezza dei lavoratori, degli utenti e degli sciatori […]» (art. 35) [8].


3. Le piste da slittino

Con particolare riferimento alle piste da slittino – ricomprese, come esaminato, tra le aree sciabili attrezzate – l’art. 48-bis della citata legge della Provincia Autonoma di Trento prescrive che «la realizzazione di piste da slittino su fondo naturale è effettuata preferibilmente utilizzando le strade forestali non aperte al transito di veicoli».

In ordine alla gestione della sicurezza di tali piste – la cui maggiore diffusione è in Alto Adige [9] – occorre preliminarmente richiamare la questione circa la disciplina applicabile nella Provincia Autonoma di Bolzano, atteso che con la legge 23 novembre 2010, n. 14 – finalizzata a dare attuazione a quanto previsto dalla legge n. 363/2003, il legislatore provinciale ha espressamente escluso dal proprio ambito di applicazione le piste da slittino (e da fondo) (art. 2, comma 2, lett. a).

Il problema è stato affrontato per la prima volta dal Tribunale di Bolzano, [10] il quale – in relazione all’infortunio mortale subito il 1 marzo 2012 da R.C., un ragazzo di soli 14 anni, lungo la pista da slittino della Croda Rossa (inserita nel Piano Urbanistico del Comune di Sesto Pusteria quale strada forestale) – ha dichiarato colpevoli del reato di omicidio colposo l’amministratore delegato della società Sextner Dolomiten (ora Drei Zinnen Dolomites S.p.A.) [11], che gestisce la pista da slittino, il responsabile della sicurezza della pista, nonché il maestro di sci [12].

Il processo ha avuto una vasta eco mediatica, per aver coinvolto un gruppo di bambini, di età compresa tra gli otto e i quattordici anni, condotti dal maestro di sci su una delle piste da slittino ritenute più pericolose, a causa della morfologia del tracciato e dell’ampia lunghezza dello stesso (circa 5 km), priva, nel tratto in cui il giovane minorenne ha perso la vita, delle necessarie misure di protezione.

La difesa degli imputati ha contestato preliminarmente l’applicabilità diretta alla Provincia di Bolzano della normativa statale contenuta nella legge n. 363/2003, muovendo dalle previsioni contenute nello Statuto della Regione Autonoma del Trentino Alto Adige [13].

La Corte di Cassazione, con la sentenza in parola, seguendo l’iter motivazionale già espresso dai giudici di merito, ha ritenuto infondata l’eccezione sollevata, affermando, in sintesi, che:

«l’applicazione delle disposizioni [della legge statale(alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano in quanto compatibili con i rispettivi statuti speciali e le relative norme di attuazione non elide la precettività immediata e diretta della norma, ma semplicemente salvaguarda l’eventuale normativa che, compatibilmente con l’attribuzione di potestà legislativa specifica, disciplini la materia. È chiaro, tuttavia, che laddove l’ente autonomo, cui sia riservata una potestà normativa secondaria, secondo il combinato disposto degli artt. 5 e 9 dello Statuto per il Trentino Alto Adige, si avvalga del potere di regolamentazione, sempre nell’ambito dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato (art. 5 Statuto), solo in relazione ad una parte delle materie rispetto alle quali è conferito il relativo potere, rispetto a ciò che non è regolato sopravvive, o meglio semplicemente dispone la legge statale, che in questo caso, peraltro, è specifica e dettagliata e di conseguenza senz’altro immediatamente precettiva».

Procedendo nel merito, il gestore della pista è stato imputato di avere provocato la morte di R.C. per negligenza, imprudenza o imperizia e per colpa specifica, consistita nella violazione dell’art. 3 della legge n. 363/2003 e della regola che il gestore di un’area attrezzata da slittino è tenuto alla messa in sicurezza e a proteggere gli utenti da ostacoli presenti lungo le piste.

Poiché nella fattispecie in esame l’evento mortale si è verificato in concreto fuori dalla pista, si è posto per il giudicante la problematica «della sussistenza, in capo al gestore della pista, di un obbligo di tutela del bordo pista e dell’estensione di tale obbligo».

Si legge sul punto nella motivazione della sentenza del Tribunale di Bolzano:

«Come noto, costituisce principio generalmente affermato in dottrina e giurisprudenza quello secondo cui il gestore di una pista è tenuto a garantire la sicurezza della pista attraverso la costante battitura e la continua manutenzione, affinché permangono i caratteri tecnico – morfologici. Si tratta di sicurezza interna e non assoluta, in quanto lo sci si svolge in uno scenario comunque pericoloso, per essere i percorsi contornati da alberi, rocce, pendii, che costituiscono pericoli tipici, siccome dipendenti da situazioni di natura (Cass. 20.4.2004, n. 27861).

Da qui sorge la tradizionale distinzione tra pericoli tipici e atipici, con la specificazione che il gestore è tenuto a neutralizzare solo le situazioni di pericolo effettivamente insidiose o, comunque, che superino il normale rischio cui lutente è disposto ad esporsi o che si aspetta di trovare (pericoli atipici); mentre rimangono a carico dello sportivo i pericoli tipici, che egli avrebbe agevolmente evitato usando la comune prudenza.

Relativamente al bordo pista, dovendosi escludere un generalizzato obbligo di recinzione di tutto il percorso – che, oltre ad essere economicamente molto gravoso, sarebbe decisamente antiestetico e in gran parte superfluo ed ultroneo – si tratta di valutare su quali piste e in quali tratti vi sia un elevato, concreto e prevedibile rischio di fuoriuscita dalla pista e tale valutazione va operata in relazione alle caratteristiche della pista e al suo grado di difficoltà.

A tale riguardo la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha affermato, in precedenti casi sottoposti al suo esame, un principio di diritto pressoché costante: “In tema di lesioni colpose, incombe al gestore di impianti sciistici lobbligo di porre in essere ogni cautela per prevenire i pericoli anche esterni alla pista ai quali lo sciatore può andare incontro in caso di uscita dalla pista medesima, là dove la situazione dei luoghi renda probabile per conformazione naturale del percorso siffatta evenienza accidentale” (Cass. 25.2.2010, n. 10822 e Cass. 19.3.2015, n. 15711). In base a quello che risulta dalla motivazione delle sopra indicate decisioni, si ritiene che possano considerarsi affermati e consolidati i seguenti principi:

– il gestore non ha un obbligo generalizzato di proteggere con recinzioni tutte le piste;

– i pericoli esterni tipici sono a carico dello sciatore;

– vi è però un obbligo del gestore di recinzione nei punti insidiosi;

– vi è un obbligo di recinzione, da parte del gestore, in caso di pericolo di uscita, per situazione naturale o per predisposizione strutturale (battitura sino all’orlo e naturale declivio);

– insidia può essere considerata anche la levigatura della pista fino all’orlo, che elimini ogni irregolarità naturale, che possa trattenere il corpo dello sciatore».

Conclude, quindi, il Tribunale di Bolzano affermando che:

«gli elementi acquisiti nel presente processo inducono a far ritenere esistente un obbligo del gestore della pista di slittino della Croda Rossa di recintare o comunque proteggere il bordo esterno che fiancheggia il tratto di pista dal quale è uscito R., perdendo la vita. Il predetto bordo pista, infatti, in considerazione della conformazione della pista e delle sue condizioni al momento del sinistro, rappresentava uninsidia, che il gestore della pista era tenuto a neutralizzare.

Come in precedenza osservato, la zona teatro dellincidente presentava una rapida scarpata a valle – con unangolazione del 70% (ovvero 35°), come risulta dal verbale dei rilievi urgenti e accertamenti fotografici redatto in data 2.3.2012 dalla Polizia di San Candido – priva di qualsivoglia protezione.

Inoltre, come risulta dalla documentazione fotografica e come è stato confermato dalle deposizioni testimoniali, il tratto di pista in questione era stato battuto fino al bordo, questultimo non era stato adeguatamente rialzato e pertanto non vi era alcuna soluzione di continuità tra il bordo pista e la ripida scarpata adiacente.

Il tratto in questione, poi, pur essendo rettilineo, era un tratto preceduto poco prima da un tornante e da tre semicurve e presentava una discreta pendenza, sia verso valle, sia verso il bordo esterno. La mera circostanza che il tratto in questione fosse rettilineo non assume rilievo decisivo per escludere lobbligo di protezione del bordo pista, dal momento che si trattava di un rettilineo in mezzo alla pista, in un tratto in pendenza, preceduto da un tornante e da semicurve e su una pista resa pericolosa dal fondo in parte ghiacciato e dalla battitura della pista fino allorlo e non di rettilineo posto allinizio della pista, dove il rischio di uscire avrebbe anche potuto essere considerato minimo o inesistente, posto che allinizio della pista una persona parte da ferma e quindi con una velocità pari a zero. Invece il rettilineo in questione era preceduto da quasi mezzo chilometro di pista che presentava le caratteristiche sopra descritte, e pertanto vi era la concreta possibilità di percorrerlo arrivando in velocità ed eventualmente anche in una posizione non ottimale.

È bensì vero che la velocità teoricamente raggiungibile nel tratto in questione, nonché quella concretamente raggiunta da R., al momento della fuoriuscita di pista, non è stato oggetto di uno specifico accertamento, tuttavia, si può ragionevolmente ritenere, tenuto conto delle condizioni della pista concretamente accertate – neve resa insidiosa da uno strato ghiacciato e pendenza sia del tratto in esame che di quelli precedenti – nonché della posizione in cui sono stati rinvenuti il corpo di R., lo slittino e il casco – il corpo a 13 metri di distanza dal bordo pista, lo slittino impiantato nella neve a circa 3 metri di distanza dal corpo e il casco sbalzato a 6,80 metri di distanza – che limpatto occorso a R. sia stato particolarmente violento, il che è indicativo di una sostenuta velocità da lui raggiunta nel corso della discesa.

Infine va considerato che le piste di slittino hanno di solito una larghezza limitata e la pista di slittino della Croda Rossa non rappresentava uneccezione al riguardo, correndo lungo il percorso di una strada forestale.

In effetti si deve ritenere che, tra i criteri da prendere in considerazione, per stabilire in quali tratti di pista sia necessario prevedere una protezione del bordo pista, vi sia anche quello della larghezza della pista, posto che una protezione può rendersi necessaria in una zona particolarmente stretta, rispetto ad una più larga. Ecco quindi che, mentre nelle piste da sci – che nella maggior parte dei casi presentano unampia larghezza, tale da consentire una discesa in condizioni di sicurezza, anche stando lontano dal bordo pista – una protezione generalizzata del bordo pista può apparire in gran parte superflua, non altrettanto è da dirsi per quanto riguarda le piste da slittino in generale e la pista da slittino della Croda Rossa in particolare, la quale presenta una larghezza di appena 340 cm, sufficiente per il passaggio di uno o al massimo due slittini alla volta, laddove già il passaggio di due slittini affiancati – e quindi uneventuale manovra di sorpasso – può risultare fonte di pericolo.

Si tratta indubbiamente di uno spazio limitato, che porta inevitabilmente lutente della pista a trovarsi spesso, durante la discesa, in prossimità del bordo pista, anche perché la pista si snoda lungo continue curve e tornanti.

Si consideri poi che, per quanto affermato dai testi indicati dalla difesa degli imputati sulla pista da slittino della Croda Rossa vi è un massiccio afflusso di utenti nel corso di tutta la stagione, ragione per cui è del tutto prevedibile e normale che la pista in questione presenti, lungo il suo percorso, una situazione di traffico tale da costringere gli slittinisti a rapportarsi anche per questo motivo con il bordo pista.

Siccome non è immaginabile che tutte le persone scendano alla stessa velocità, è verosimile che si formino degli ingorghi lungo la pista, a causa di persone che scendono più lentamente, e che per superare tali persone lutente più veloce sia costretto a spostarsi spesso verso il bordo pista.

Infine è emerso che, nel tratto di pista in questione, si era verificato, appena 10 giorni prima, un altro sinistro che aveva visto un ragazzo uscire di pista e procurarsi delle lesioni fortunatamente non letali. Riguardo tale incidente è stata sentita come teste la maestra di sci alla quale era stato affidato il ragazzo infortunato. La teste ha confermato la circostanza che il ragazzo è uscito dalla pista nello stesso tratto di pista in cui è uscito R.

Pertanto, per tutte le ragioni sopra specificate, il bordo pista del tratto di pista di slittino, in cui R. è uscito, rappresentava uninsidia, che il gestore della pista avrebbe dovuto rimuovere, predisponendo adeguate protezioni, che tuttavia non sono state approntate.

La necessità di tali protezioni è apparsa evidente, a distanza di poco tempo, allo stesso gestore della pista, posto che, dopo il sequestro della pista, i consulenti tecnici incaricati dalla difesa del gestore, sentiti come consulenti nel presente procedimento, proponevano loro stessi, come misura di sicurezza, la creazione di un bordo protettivo nevoso, affermando che “in primavera questi bordi protettivi nevosi vanno osservati con particolare attenzione” e che “questi bordi protettivi nevosi hanno una funzione particolare sui tratti dritti e nei tratti con curve lievi per evitare che lutente possa uscire, in maniera incontrollata, dalla traiettoria”».

Dalla lettura della riportata motivazione della sentenza del Tribunale di Bolzano emerge, con tutta evidenza – per le peculiari caratteristiche morfologiche della pista da slittino della Croda Rossa, ma anche di tante altre piste da slittino che si trovano in Alto Adige, la difficoltà di poterla inquadrare tra quelle pensate «per lo sport ricreativo e in particolare per le famiglie» (come dichiarato dallo stesso perito degli imputati nel corso del processo) [14].

L’esigenza di aumentare i controlli preventivi sulle piste da slittino su fondo naturale in ordine alla corretta applicazione della normativa già esistente in materia di sicurezza degli utenti – la quale necessita, per tale tipologia di pista, di una approfondita disamina ai fini di una eventuale revisione – è anche connessa al fatto che, come rilevato, la maggior parte delle piste sono costituite da strade forestali, non certo progettate per essere utilizzate per la pratica sportiva e ricreativa dello slittino.

Occorre, contemporaneamente, una maggiore sensibilizzazione verso chi pratica tale sport, attraverso la diffusione di regole in ordine all’abbigliamento «più sicuro» da indossare e di quelle per condurre lo slittino, individuando anche un percorso formativo specifico per la figura del maestro di slittino ad uso ricreativo [15].


4. La posizione di garanzia del maestro di sci

Come correttamente evidenziato dalla dottrina in materia, nel procedere all’analisi della casistica giurisprudenziale riguardante i rapporti tra soggetti garanti e soggetti garantiti, si possono rilevare «tre diversi equilibri tra le parti: vi può essere un equilibrio certo, “cristallizzato” entro i confini di un rapporto contrattuale che lega un professionista (maestro di sci, guida alpina, istruttore) all’allievo; vi è, poi, un equilibrio altrettanto certo, ma “imposto” dalla normativa e plasmato dagli orientamenti giurisprudenziali, che sancisce obblighi precauzionali, spesso gravosi, in capo a chi appresta una tutela al bene garantito (pensiamo al gestore di aree sciabili); vi è, infine, un equilibrio più “flessibile” tra le parti, in cui non sussiste propriamente una fonte normativa o contrattuale, né orientamenti giurisprudenziali univoci che possono offrire una valida interpretazione circa l’esistenza o meno di una posizione di garanzia. Qui le categorie di “garante” e “garantito” sfumano e possono essere richiamate solo impropriamente; in questi casi si impone un principio di affidamento che concede ampi spazi alla cd. auto-responsabilità del singolo» [16].

Nell’ambito della prima ipotesi richiamata (equilibrio «istituzionalizzato» nelle forme di un rapporto contrattuale) [17], l’obbligazione principale del maestro di sci (l’in­segnamento) [18] si arricchisce di obblighi ulteriori, di protezione, finalizzati a tutelare la salute e l’integrità fisica degli allievi, i quali trovano la loro fonte primaria nella legge, precipuamente nell’art. 1175 c.c., quale norma volta alla tutela dell’affidamento di un soggetto nella correttezza di un altro soggetto, con cui è entrato in relazione, consentendo al danneggiato – contraente di poter agire nei confronti del danneggiante – debitore usufruendo del regime probatorio più favorevole, ex art. 1218 c.c.

Afferma infatti la Corte di Cassazione che:

«il vincolo contrattuale diviene fonte di un complesso obbligo di istruire ed educare a carico della scuola e dell’insegnante, nel cui ambito deve ritenersi ricompreso anche un obbligo di protezione e di vigilanza» [19].

In forza di tali principi, spetterà quindi al maestro di sci convenuto in giudizio dimostrare, oltre che di aver tenuto un comportamento diligente, l’impossibilità oggettiva dell’adempimento e, precisamente, il fatto a lui non imputabile che ha reso impossibile l’esatta esecuzione della prestazione. Tale fatto potrà coincidere con il comportamento tenuto dall’allievo (c.d. fatto del creditore o comportamento abnorme che elide il nesso di causalità) o con il fatto di un soggetto terzo, quale, ad es. l’investimento dell’allievo da parte di un altro sciatore [20], oppure la caduta dell’allievo determinata da una cattiva manutenzione del tracciato da parte del gestore [21].

Ciò rilevato, assume importanza fondamentale individuare i parametri in base ai quali valutare la corrispondenza della diligenza nel comportamento tenuto dal debitore – maestro di sci, così come richiesto dall’art. 1176, comma 2, c.c. [22].

La giurisprudenza ha ricavato nel corso del tempo una serie di regole di diligenza che il maestro di sci è tenuto ad osservare [23].

Tra queste si ricordano: essere in possesso delle precise cognizioni tecniche che gli sono richieste per l’esercizio della sua attività; agire con prudenza; essere in grado di valutare la preparazione, la capacità e la resistenza fisica dei suoi allievi ad affrontare una determinata discesa e, in particolari situazioni, essere disposto ad astenersi dalla lezione [24]; condurre gli allievi su piste proporzionate al loro livello tecnico [25]; accompagnare gli allievi, anche in caso di corso di sci fuori pista, su percorsi che non presentino rischi di valanghe. È quindi evidente come lo standard di diligenza richiesto al maestro di sci dipende dalle circostanze del caso concreto, variando di intensità e di contenuti.

Il grado di vigilanza va certamente rapportato all’età dell’allievo, ma le cautele e le misure organizzative devono essere adeguate a garantire l’incolumità, tenendo conto dell’acquisizione della progressiva autonomia ed esperienza in rapporto all’attività esercitata. L’accettazione del rischio nello svolgimento di attività sportive non esonera dall’obbligo di predisporre tutte le misure idonee ad evitare il verificarsi di incidenti, con obbligo altresì di informazione sulle modalità di comportamento e sulle cautele da osservare.


5. Modalità di attuazione dell’obbligo di protezione e di vigilanza

In linea con l’orientamento in parola si pone la sentenza della Corte di Cassazione del 10 aprile 2018, n. 30927 – richiamata nella nota 13 e riferita al tragico evento mortale sulla pista da slittino della Croda Rossa – la quale ha precisato che:

«l’assunzione dell’obbligo di garanzia da parte del maestro di sci nei confronti dell’allievo non discende unicamente dal rapporto di natura negoziale e quindi formale dell’obbligo, ma anche dall’assunzione concreta, peraltro, conseguente la sua esecuzione, del ruolo del maestro, che fa di per sé sorgere in capo a questi l’obbligo di istruzione e di controllo».

Al maestro di sci era stato addebitato il fatto di aver provocato la morte del ragazzo «nella qualità di maestro di sci affidatario del minore, per negligenza, imprudenza o imperizia e quindi per colpa generica, consistita nella violazione del dovere di protezione degli allievi a lui affidati, per aver condotto R.C., pur trattandosi di principiante assoluto, in una pista da slittino che, per pendenza e raggio di curvatura, non era adatta a soggetto inesperto, nonché per la violazione della regola di prudenza, che avrebbe voluto il maestro precedere l’allievo nella discesa».

 

In primo grado, secondo il Tribunale di Bolzano [26]:

«la posizione dell’imputato deve essere valutata sia tenendo conto degli obblighi cui soggiace in generale un precettore o maestro, a cui un allievo viene affidato, sia tenendo conto degli obblighi specifici che incombono su un maestro di sci che insegni la pratica sciistica, posto che questo era il compito che egli era tenuto a svolgere».

Nella fattispecie,

«la posizione di garanzia derivava quindi innanzitutto dal contratto di insegnamento della pratica dello sci, stipulato con la madre di R., comprendente tutti gli obblighi di cui si parlerà in seguito e in ogni caso dal “contatto sociale” instaurato con il minore e perdurante per tutto il periodo dell’affidamento: il primo e il secondo fonti dell’obbligo di porre in essere tutte le necessarie cautele, suggerite dall’ordinaria prudenza, per garantire l’incolumità del minore».

Tra gli obblighi che incombono sul precettore in generale e sul maestro di sci in particolare, «ulteriori rispetto a quello di insegnamento, e che rappresentano una specificazione del dovere di protezione, di prudenza e di salvaguardia dell’incolumità del discente», il giudicante richiama quello di:

«vigilare gli allievi a lui affidati; di insegnare le tecniche per sciare in sicurezza; di impedire che gli allievi assumano rischi inutili, tenendo conto in particolare delle condizioni atmosferiche e dello stato di innevamento e di ogni ulteriore condizione ambientale; di seguire un numero di allievi che non sia così numeroso, da non permettergli di tenerli tutti sotto controllo; di verificare che nel gruppo vi sia una conoscenza tecnica omogenea, trasferendo eventualmente colui che dimostri capacità tecniche inferiori a quelle dei compagni in un’altra compagine a lui più congeniale; di portare gli alunni su una pista adeguata alle loro capacità; di verificare le condizioni della pista e informarsi su eventuali pericoli, come tratti ghiacciati o insidie: si tratta di condizioni imprevedibili per lo sciatore, ma che l’istruttore ben conosce lavorando tutto il giorno sulle piste; di verificare se l’attrezzatura utilizzata dai discenti sia adeguata, dovendo al limite escludere dall’attività coloro che non dispongono dell’attrezzatura idonea; di verificare se l’effettiva capacità tecnica dell’alun­no corrisponda a quella dichiarata».

Controlli più accurati devono poi essere effettuati nel caso in cui

«il discente sia minore, dovendosi pretendere dal maestro di sci anche un controllo personale sull’attrezzatura del minore ed una corretta e completa informazione ai genitori sul tipo di lezione e sulle difficoltà del tracciato, affinché questi possano decidere consapevolmente se far praticare al minore il tipo di sport proposto dal maestro».

All’esito dell’istruttoria, è stata quindi accertata la violazione di molteplici obblighi di cautela e di protezione del minore da parte dell’imputato. In primo luogo quest’ul­timo «era consapevole del fatto che R. non aveva mai slittato prima» e come per lui anche per la sorella e altri due bambini del gruppo di sei minori «era in assoluto la prima discesa con lo slittino». «Regola di prudenza avrebbe quindi imposto al maestro» – secondo il Tribunale – «di portare i ragazzi su una pista confacente alle loro capacità di slittare – pari a zero – e quindi su una pista facile».

 

Nel caso specifico questa elementare regola di prudenza

«è stata completamente trascurata dal maestro di sci, in quanto egli ha portato i ragazzi a slittare su una pista da slittino sicuramente non facile, ma difficile e pericolosa, sia per la notevole lunghezza pari a circa 5 km, sia per la non trascurabile pendenza, sia per la presenza di numerose curve e tornanti, sia per il fatto che la stessa pista era stata segnalata, alla partenza, come pista nera ghiacciata».

Il maestro di sci avrebbe dovuto conoscere

«l’obiettiva difficoltà della pista, vista la sua professione», trascorrendo «tutta la giornata sulle piste» e disponendo quindi «di conoscenze e di una capacità di valutare lo stato dei luoghi di gran lunga superiori a quelle di un normale utente – circostanze che avrebbero dovuto indurlo a rinunciare al suo proposito di portare i ragazzi a slittare e a scegliere eventualmente un altro tipo di occupazione, per il restante tempo in cui i ragazzi dovevano rimanere a lui affidati».

Al momento del sinistro la pista era inoltre

«priva di barriere di protezioni laterali, rappresentate da neve battuta a bordo pista o da apposite barriere protettive artificiali, salvo che in alcuni punti, prevalentemente in curva, ma comunque non nel punto in cui R. è uscito».

Regola di prudenza avrebbe poi richiesto che

«il maestro di sci controllasse se l’abbigliamento dei ragazzi fosse adeguato al tipo di attività che essi andavano ad intraprendere. Tale controllo o non è stato effettuato o è stato effettuato in modo superficiale ed inidoneo da parte del maestro di sci, in quanto egli ha permesso che R. scendesse sullo slittino con dei comuni moon-boot, che non sono affatto una calzatura adeguata per le discese con lo slittino, in particolare, poi, se la discesa debba avvenire lungo un percorso in alcuni tratti ghiacciato. Come, infatti, risulta dalla documentazione acquisita sulle regole di prudenza per slittare in sicurezza e dall’istruttoria testimoniale, la calzatura adeguata per slittare – dal momento che i piedi devono essere usati attivamente, per poter governare la slitta e frenare in modo efficace – consiste in scarpe alte munite di placche chiodate ovvero in ramponcini che aumentino il grip (vale a dire la presa, l’aderenza, la tenuta) o ancora in una calzatura con dispositivi frenanti o una suola zigrinata per garantire una adeguata stabilità, tutte calzature che R. non aveva addosso al momento del fatto e che avrebbe dovuto possedere per potere scendere – lui che non aveva mai slittato prima – in condizioni di sicurezza».

Ulteriore regola di prudenza che non è stata osservata dal maestro di sci

«era quella di fornire ai ragazzi istruzioni complete e adeguate sulle modalità di slittare in sicurezza – e quindi quale posizione tenere sullo slittino, come affrontare la discesa, come curvare e frenare in modo efficace, anche in caso di emergenzae soprattutto di impartire loro una dimostrazione pratica, visto che ben quattro ragazzi su sei non avevano mai slittato prima. Come efficacemente è stato osservato dal difensore della parte civile, non si affida ad una persona unautomobile da guidare, dopo averle impartito solamente una lezione teorica allinterno della scuola guida. Invece di fare ciò, il maestro di sci, per quanto risulta dallistruttoria dibattimentale, si è limitato a dare delle indicazioni sommarie e superficiali e si è accontentato del fatto che nessuno dei ragazzi – verosimilmente per non fare brutta figura di fronte ai compagni – aveva chiesto ulteriori spiegazioni e che nessuno aveva dichiarato di non avere capito bene. Non pago di ciò, il maestro di sci non ha in alcun modo organizzato la discesa in modo tale da potere tenere i ragazzi sottocchio durante il percorso e verificare così se gli stessi avessero capito le scarne istruzioni, che erano loro state impartite, e se le applicassero effettivamente, scendendo in modo corretto. Al contrario, il maestro di sci si è limitato a stabilire lordine di partenza e, una volta fatto ciò, ha lasciato che ognuno dei ragazzi andasse incontro al proprio destino; non ha minimamente potuto osservare come i ragazzi affrontavano la discesa, perché il gruppo era troppo numeroso e lui era troppo distante da loro e non ha quindi potuto verificare eventuali errori o difficoltà di posizione sul mezzo o di manovra nel corso della discesa.

Dopo la prima discesa si erano poi verificate delle circostanze, che avrebbero dovuto indurre il maestro a non fare effettuare ai ragazzi ulteriori discese con lo slittino. In particolare, secondo quanto riferito dalla teste [la sorella di R.] – la cui deposizione appare particolarmente attendibile al riguardo, anche perché riscontrata dalla deposizione di […] – essa si era fatta male durante la prima discesa, perché era andata a sbattere (“si era schiantata”) contro una protezione laterale e le era venuto un livido alla gamba. Il maestro di sci doveva essersi accorto di questo episodio, in quanto lo ha riferito in sede di esame, anche se ha tentato di minimizzarne la portata.

Inoltre la stessa ha riferito che R. aveva dichiarato, dopo la prima discesa, che la pista gli era sembrata pericolosa. Nonostante ciò, il maestro di sci ha fatto nuovamente scendere i ragazzi per la pista da slittino, senza minimamente preoccuparsi, anche nella seconda discesa, del modo in cui i ragazzi affrontavano la discesa, senza quindi verificare se essi scendessero correttamente e senza poterli eventualmente correggere; senza infine neppure accorgersi che R., che partiva come terzo, era uscito di pista con esito fatale. Invano la difesa del maestro di sci ha negato la sussistenza di siffatte negligenze, tentando di traslare sui ragazzi l’obbligo di garanzia, che invece incombeva su di lui: non erano infatti i ragazzi che avrebbero dovuto decidere se slittare o meno su quella pista, era il maestro che doveva valutare se vi fossero tutti i presupposti perché i ragazzi slittassero in condizioni di sicurezza; non erano i ragazzi che avrebbero dovuto dire se avevano capito o meno le istruzioni, ma era il maestro che doveva verificare se essi le avessero effettivamente capite e le avessero messe in pratica; non doveva il maestro accontentarsi di chiedere ai ragazzi come fosse andata la prima discesa, ma avrebbe dovuto personalmente controllare che ciascuno di loro fosse sceso in modo corretto».

La Corte di Appello di Trento – sezione distaccata di Bolzano [27] – ha in particolare posto in evidenza che il maestro di sci

«ha, per sua stessa ammissione, concepito la discesa come un “gioco”, un “premio”, omettendo di fornire adeguate informazioni, non è emerso infatti che egli abbia sensibilizzato i ragazzi sulla necessità di stare al centro della pista e non sui bordi, di tirare le redini per correggere la traiettoria per rendere più efficace la frenata, alzando anche la parte davanti della slitta, ha omesso di adottare delle precauzioni, come provare lo slittino su un tratto più facile per verificare concretamente la tecnica di discesa e le modalità di frenata, nonché non ha adottato adeguate misure nel predisporre l’ordine di discesa. Le cautele colposamente omesse dall’imputato sarebbero state, se adottate, idonee ad impedire l’evento».

Rileva, inoltre, il giudice d’appello che il maestro di sci

«avrebbe potuto tenere sotto controllo R. ed impartire le prescrizioni necessarie in caso di non corretto governo della slitta, raggiungendo R. rapidamente e superandolo, poiché evenienze come cadute, errori nel curvare e/o difficoltà di frenata non esorbitano la normale prevedibilità. Non può essere invocato il principio dell’affidamento, ossia che egli confidava nella sicurezza della pista e nell’apprestamento di protezioni nei tratti esposti, principio che non trova applicazione quando chi lo invoca è egli stesso in colpa. Consolidato è l’orientamento della Corte di Cassazione nell’affermare che in tema di causalità non può parlarsi di “affidamento” quando colui che si affida sia in colpa per avere violato determinate norme precauzionali o per aver omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che altri, che gli succede nella stessa posizione di garanzia, elimini la violazione o ponga rimedio all’omissione, con la conseguenza che qualora, anche per l’omissione del successore, si produca l’evento che una certa azione avrebbe dovuto e potuto impedire, esso avrà due antecedenti causali, non potendo il secondo configurasi come fatto eccezionale, sopravvenuto, sufficiente da solo a produrre l’evento (Cass. sez. IV 14/11/2013 n. 692)».


NOTE

* Lo scritto riprende ed integra la relazione tenuta al 9° Forum Giuridico Europeo della Neve, «La posizione di garanzia del maestro di sci», svoltosi il 1 dicembre 2018 a Bormio.

[1] S. Rossi, Le posizioni di garanzia nell’esercizio degli sport di montagna. Alla ricerca di nuovi equilibri in tema di obblighi precauzionali e gestione del rischio, in Diritto Penale Contemporaneo (versione on line), 2013, p. 1.

[2] M. Cappa, La responsabilità civile nell’attività sciistica, The Trento Law and Technology Research Group, Student Paper n. 19, 2014, p. 95 ss.; M. Pittalis, La responsabilità in ambito sciistico, in questa Rivista, II, 2015, p. 373 ss.

[3] Sul punto, Istituto Superiore di Sanità, Il sistema SIMON per la sorveglianza degli incidenti in montagna (2003-2006), Rapporti ISTISAN 07/1.

[4] Si ricorda che la segnaletica è stata determinata dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti con D.M. 20 dicembre 2005. Recentemente la segnaletica è stata rivista sia per allinearsi alle nuove regole internazionali adottate dall’ISO negli ultimi anni, sia per introdurre alcune tipologie di segnali legati non esclusivamente alle piste da sci ma anche ad altri tipi di attività ludico-sportive che vengono praticate nelle aree alpine.

Sono stati quindi introdotti, per esempio, segnali che riguardano il trasporto di biciclette in seggiovia, la segnalazione di snowpark ed i comportamenti da adottare sugli impianti di risalita. Sotto il titolo generale di «Segnaletica per impianti a fune ed aree destinate allo sci, alle attività ricreative e agli sport della montagna» le norme aggiornate si distinguono in:

– UNI 8132:2018 – Caratteristiche

– UNI 8133:2018 – Segni grafici per segnali di informazione

– UNI 8134:2018 – Segni grafici per segnali di obbligo

– UNI 8135:2018 – Segni grafici per segnali di divieto

– UNI 8136:2018 – Segni grafici per segnali di avvertimento.

Attualmente sono in fase di aggiornamento anche altre due norme che completano il pacchetto dedicato alla sicurezza sulle piste: si tratta della UNI 8137 relativa ai segnali per le piste da discesa e la UNI 8867 relativa alla segnaletica dedicata alle piste da fondo.

[5] Da segnalare, nella legge Regione Veneto 21 novembre 2008, n. 21 – come modificata dalla l. r. 22 gennaio 2010, n. 4, l’individuazione della figura del «preposto alla sicurezza dell’area sciabile attrezzata» (art. 53), il quale, «nei limiti dei poteri attribuitigli dal gestore, coordina, dà attuazione e verifica tutti gli adempimenti connessi al regolare esercizio» della predetta area, con riferimento: «a) alla manutenzione invernale ed estiva dei tracciati di pista; b) alla messa in sicurezza delle piste; c) alla ricognizione periodica di tutti i tracciati di pista di competenza; d) alla chiusura dei tracciati, ove necessaria per motivi di sicurezza; e) alla collocazione, controllo e manutenzione della segnaletica e di tutti i dispositivi di prevenzione, protezione e sicurezza; f) al rispetto del regolamento di esercizio della pista; g) al soccorso sulle piste». Qualora nell’esercizio delle proprie funzioni il preposto alla sicurezza «riscontri anomalie e disfunzioni non risolvibili nell’ambito dei poteri conferitigli, ne dà immediata comunicazione al gestore per l’adozione delle azioni conseguenti».

Trattasi di figura analoga a quella del «pisteur-secouriste» prevista dall’art. 4 della legge Regione Valle d’Aosta 15 gennaio 1997, n. 2, come modificata dalla l. r. 27 ottobre 2009, n. 36, in materia di disciplina del servizio di soccorso sulle piste di sci.

Con riferimento, poi, alle prescrizioni contenute nell’art. 19 della legge Regione Piemonte 26 gennaio 2009, n. 2 e successive modifiche, in relazione alla figura del «direttore delle piste», nominato dal gestore, si richiama la Delibera della Giunta regionale 29 aprile 2011, n. 24 – 1960, la quale regolamenta i requisiti ed il percorso di abilitazione professionale di tale soggetto. Questi, in particolare, dovrà «coordinare gli operatori addetti al servizio di soccorso; gestire le informazioni provenienti dai vari soggetti presenti e/o operanti nel comprensorio per organizzare in modo efficace gli interventi; dirigere le operazioni di preparazione e manutenzione delle piste e di prevenzione dei rischi; far applicare le procedure di manutenzione delle piste, di comunicazione e di segnalazione di situazioni di potenziale pericolo; segnalare al gestore la sussistenza delle situazioni che impongono la chiusura della pista nel caso in cui essa non presenti le necessarie condizioni di agibilità e di sicurezza, quando sussista un pericolo di distacco di valanghe ovvero la pista presenti altri pericoli atipici».

[6] Peraltro quest’ultima sentenza – richiamando la teoria del c.d. contatto sociale di matrice civilistica – aggiunge alla tradizionale fonte dell’obbligo di impedire eventi lesivi, ex art. 40, comma 2, c.p., ulteriori e diverse posizioni di garanzia in applicazione di principi costituzionali, laddove afferma che «in tema di responsabilità da illecito omissivo del gestore di impianto sciistico, l’omittente risponde del danno derivato a terzi non solo quando debba attivarsi per impedire l’evento in base ad una norma specifica o ad un rapporto contrattuale, ma anche quando, secondo le circostanze del caso concreto, insorgano a suo carico, per i principi di solidarietà sociale di cui all’art. 2 Cost., doveri e regole di azione la cui inosservanza integra un’omissione imputabile».

[7] Cass. 31 gennaio 2014, n. 4961 ha espressamente statuito, con riferimento alla omessa manutenzione delle reti poste a protezione dei lavoratori di un campo da golf, che «le cautele antinfortunistiche si indirizzano anche verso gli estranei al rapporto di lavoro, ovvero gli utenti dell’impianto sportivo» (e tra questi non solo gli atleti, ma anche coloro che praticano tale sport a livello ricreativo, nonché il pubblico presente durante le manifestazioni sportive). «L’omessa manutenzione delle reti poste a protezione dei lavoratori e degli utenti del campo da golf rispetto al rischio determinato dal lancio di palle da gioco nel corso dell’attività sportiva non contravviene ad una regola di generica prudenza e/o di diligenza, ma va ricondotta – come correttamente fatto dall’ufficio del p.m. – alla violazione degli artt. 17 e 28 d.lgs. n. 81/2008. Ove la valutazione del rischio fosse stata compiuta, sarebbero state identificate le metodiche di rilevamento dei difetti delle reti e degli altri impianti, i turni di manutenzione, le misure da adottare in occasione delle riparazioni o delle sostituzioni delle reti e così seguitando. Il mancato compimento di tale fondamentale attività di analisi e progettazione ha determinato l’assenza o l’inefficienza della manutenzione affermata nella sentenza; con l’esito rappresentato dall’infortunio occorso alla F. Ne consegue che, ove un infortunio si verifichi per inosservanza degli obblighi di sicurezza normativamente imposti, tale inosservanza non potrà non far carico, a titolo di colpa specifica, ex art. 43 cod. pen. e, quindi, di circostanza aggravante ex art. 589, comma secondo, e 590, comma terzo, stesso codice, su chi detti obblighi avrebbe dovuto rispettare, poco importando che ad infortunarsi sia stato un lavoratore subordinato, un soggetto a questi equiparato o, addirittura, una persona estranea all’ambito imprenditoriale, purché sia ravvisabile il nesso causale con l’accertata violazione (Sez. 4, n. 2383 del 10/11/2005 – dep. 20/01/2006, Losappio ed altri, Rv. 232916)».

[8] Si ricorda che in data 31 gennaio 2019 il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge, collegato alla legge di bilancio 2019, il quale introduce disposizioni in materia di ordinamento sportivo, di professioni sportive nonché di misure di contrasto alla violenza in occasione delle manifestazioni sportive e di semplificazione. In particolare, per quanto concerne la delega in materia di sicurezza nelle discipline sportive invernali, viene prevista l’adozione di misure adeguate al fine di garantire standard di sicurezza più elevati secondo i seguenti principi e criteri direttivi: «a) revisione della disciplina giuridica applicabile agli impianti e dei relativi provvedimenti di autorizzazione o concessione, tenuto conto della durata del rapporto e dei parametri di ammortamento degli investimenti; b) revisione delle norme in materia di sicurezza previste dalla legge 24 dicembre 2003, n. 363, prevedendo: 1) obbligo di utilizzo del casco attualmente limitato ai minori di anni 14; 2) obbligo per i gestori delle aree sciabili di dotarsi di un defibrillatore semiautomatico con la presenza di personale formato per il suo utilizzo; 3) individuazione dei criteri generali di sicurezza per la pratica dello sci-alpinismo e delle altre attività sportive praticate nelle aree sciabili attrezzate, nonché previsione di adeguate misure anche sanzionatore che garantiscano il rispetto dei divieti e il pieno esercizio delle suddette discipline sportive in condizioni di sicurezza e senza nuovi o maggiori oneri a carico dei gestori; 4) rafforzamento, nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, dell’attività di vigilanza e controllo dei servizi di sicurezza e di ordine pubblico prevedendo un adeguato regime sanzionatorio, nonché dell’attività informativa e formativa sulle cautele da adottare per la prevenzione degli incidenti, anche con riferimento allo sci fuori pista e allo sci-alpinismo».

[9] Il rapporto ASTAT (Istituto di Statistica della Provincia di Bolzano) del 2012 dedicato al tema «Slittare in Alto Adige» ha rilevato la presenza di ben 145 piste, le quali si concentrano soprattutto nel territorio del Consorzio Turistico Valle Isarco e nell’area vacanze Plan de Corones e si differenziano tra loro per la lunghezza, l’altitudine e, soprattutto, per il dislivello tra partenza ed arrivo.

[10] Sentenza 1° aprile 2016, n. 663, integralmente pubblicata in www.lawtech.jus.unitn.

[11] La società gestisce 100 chilometri di piste, con gli impianti di San Candido-Baranci, Sesto-Monte Elmo, Croda Rossa, Passo Montecroce e Padola. I passaggi su tali impianti, comprese le piste da slittino, sono oltre 6 milioni a stagione. Dai dati ASTAT (stagione 2016/2017) risultano essere 112 le società che gestiscono i comprensori sciistici e solo dalla predetta stagione sono stati rilevati e analizzati per la prima volta gli incidenti sulle piste da sci coinvolgendo 66 gestori. Per l’analisi statistica sono stati considerati dal rapporto ASTAT (stagione 2017-2018): «8.783 sciatori, snowboarder o sportivi impegnati in altri sport invernali coinvolti in incidenti, ma a causa del basso tasso di risposta, si può presumere che il numero delle persone rimaste vittime di incidente sia significativamente maggiore».

[12] La pronuncia in parola è stata confermata dalla Corte d’Appello di Trento – sez. distaccata di Bolzano – con sentenza 30 marzo 2017, n. 43 e dalla Corte di Cassazione, sentenza 10 aprile 2018, n. 30927. Successivamente, la Corte di Appello di Trento, in sede di rinvio, con sentenza pronunciata in data 14 dicembre 2018, ha confermato la condanna per omicidio colposo dell’amministratore delegato.

[13] L’art. 9, al n. 11 prevede la competenza legislativa delle Province Autonome di Trento e di Bolzano in materia di «attività sportive e ricreative con i relativi impianti ed attrezzature»).

[14] Lo stesso rapporto «Slittare in Alto Adige» pubblicato dall’ASTAT – Istituto di Statistica della Provincia di Bolzano – richiamato nella nota 9, ha posto in evidenza che «lo slittino viene spesso ritenuto facile da apprendere e tutt’altro che complicato. Forse proprio per questo motivo si discute solo raramente delle misure di sicurezza da utilizzare nella pratica di tale sport. I sempre più ricorrenti incidenti legati a questa disciplina sportiva – talvolta anche gravi – dimostrano come sia opportuno approfondire il tema della sicurezza sulla slitta, non esistendo ancora degli standard di sicurezza uguali per tutte le piste».

[15] Sotto questo profilo la Federazione Italiana Sport Invernali – FISI potrebbe, insieme al CONI, fornire un adeguato supporto tecnico e di stretta collaborazione ai soggetti pubblici e privati coinvolti in questo settore. Peraltro, le «Norme CONI per l’impiantistica sportiva», approvate con deliberazione del Consiglio Nazionale n. 1379 del 25 giugno 2008, dedicano la parte terza alle «Linee guida per gli impianti sportivi complementari», definendo come tali quelli «destinati esclusivamente alla pratica di attività fisico-sportive non regolamentate dalle FSN e DSA, aventi anche finalità ludico ricreative e di benessere fisico o di attività terapeutica o riabilitativa». Per alcuni di questi (tra i quali sono espressamente previsti gli impianti per il fitness; i percorsi attrezzati nel verde (percorsi vita); le piste ciclabili; i parchi acquatici) il CONI ha elaborato una serie di indicazioni finalizzate a suggerire «criteri di qualità del servizio, di funzionalità e di sicurezza». Si potrebbero, quindi, inserire nel predetto elenco anche le piste da slittino su fondo naturale ad uso ricreativo.

[16] S. Rossi, Responsabilità penale nello sci e nell’escursionismo: equilibri in tema di obblighi precauzionali e gestione del rischio, in questa Rivista, I, 2016, p. 1.

[17] Si tratta dell’ipotesi che crea meno problemi nell’accertamento di una responsabilità penale ai sensi dell’art. 40, comma 2, c.p. (schema tipico dell’omissione impropria): «Nel reato colposo omissivo dovrà essere verificata dapprima la posizione di garanzia, quindi essere individuata una condotta appropriata omessa, che avrebbe scongiurato l’esito avverso, attraverso lo strumento logico del giudizio contro fattuale, quindi la causalità materiale tra la condotta contraria ad una regola dell’arte e l’evento verificatosi, infine deve essere accertata la colpa, nel senso della causalità della colpa, ossia della probabilistica evitabilità dell’evento per effetto del comportamento alternativo lecito esigibile. L’applicazione del principio di colpevolezza esclude qualsivoglia automatismo rispetto all’addebito di responsabilità e si impone la verifica, in concreto, della violazione da parte di tale soggetto non solo della regola cautelare generica o specifica, ma soprattutto di esaminare nel caso concreto la prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso, che la regola cautelare mirava a prevenire, la cd. ‘concretizzazione’ del rischio» (Corte Appello Trento – sezione distaccata Bolzano, 30 marzo 2017, n. 43, cit.).

[18] Sotto il profilo normativo, la definizione del maestro di sci è contenuta nell’art. 2 della legge – quadro 8 marzo 1991, n. 81, a tenore del quale è tale «chi insegna professionalmente, anche in modo non esclusivo e non continuativo, a persone singole e a gruppi di persone, le tecniche sciistiche in tutte le loro specializzazioni, esercitate con qualsiasi attrezzo, su piste da sci, itinerari sciistici, percorsi di sci fuori pista ed escursioni con gli sci che non comportino difficoltà richiedenti l’uso di tecniche e materiali alpinistici, quali corda, picozza, ramponi».

[19] 3 febbraio 2011, n. 2559; M. Del Zotto, Cenni sulla responsabilità del maestro di sci nel contesto sociale attuale, in M. Sesta, L. Valle (a cura di), La responsabilità sciistica. Prospettive attuali, Bolzano, 2014, p. 139 ss.

[20] Cass. 25 maggio 2000, n. 6866.

[21] Trib. Bolzano, 11 aprile 2008: nella fattispecie l’attrice danneggiata stava seguendo una lezione di sci su una pista di facile percorrenza, quando ha perso l’equilibrio ed è scivolata fuori pista sprofondando in un crepaccio posizionato al limite della pista. Aveva citato in giudizio il maestro di sci supervisore e il gestore della pista per ottenere il risarcimento dei danni. Il giudice ha rigettato le domande nei confronti del maestro supervisore, escludendo, tra l’altro in un obiter dictum, anche la responsabilità del maestro che effettivamente ha svolto la lezione. Ha accolto invece la domanda nei confronti del gestore in considerazione del fatto che la presenza dei crepacci lungo la pista de qua era un fatto a lui noto.

[22] M. Delzotto, La Corte di Cassazione sulla posizione di garanzia del maestro di sci, in www.giustizia
sportiva.it, n. 3/2018, p. 97 ss.

[23] Il maestro di sci nell’esercizio della sua professione adempie anche ad una funzione sociale nel­l’interesse di un’attività ricreativa e sportiva della società e di educazione degli allievi ad un corretto comportamento sulle piste di sci e nell’ambiente naturale. La violazione dei precetti contenuti nel codice di deontologia professionale determina l’apertura di un procedimento disciplinare, le cui norme di funzionamento e disciplina sono contenute nel nuovo Regolamento Disciplinare entrato in vigore il 18 luglio 2018, abrogando i regolamenti dei singoli Consigli di Disciplina Regionali o Provinciali (consultabile in www.collegionazionalemaestridisci.net).

[24] Trib. Torino, 28 maggio 1994, n. 3824.

[25] Trib. Trento, 21 maggio 2013, consultabile in www.lawtech.jus.unitn.it, il quale ha rigettato la domanda di risarcimento presentata dai genitori di una bambina infortunatasi durante la lezione atteso che dall’istruttoria dibattimentale è emerso che il maestro di sci ha condotto il gruppo di allievi «su un tracciato estremamente facile e adeguato alle loro capacità e li abbia fatti scendere uno alla volta, per un breve tratto, controllando la loro discesa dal punto di arrivo. La caduta autonoma di uno di essi, in presenza delle condizioni sopra enunciate, deve essere considerata evento improvviso e non evitabile, rientrante nell’alveo del normale rischio dell’attività sportiva sciistica». Per un maggiore approfondimento si rinvia a L. Musumarra, La responsabilità nell’esercizio e nell’organizzazione dell’attività sportiva, in E. Lubrano, L. Musumarra, Diritto dello Sport, Roma, 2017, p. 297 ss.

[26] 1° aprile 2016, n. 663, cit.

[27] 30 marzo 2017, n. 43, cit.