Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Le «professioni» di agente sportivo e avvocato: reviviscenza dei profili di incompatibilità * (di Laura Santoro,  Prof. ordinario di Diritto privato nell’Università degli Studi di Palermo.)


This article addresses the issue of the incompatibility between the activity of sports agent and that of lawyer in the light of the new regulation on the sports agent introduced by art. 1, par. 373, of the statute 205/2017. This question appeared, if not completely resolved, at least attenuated following the opinion expressed by the National Bar Council (17 July 2015) according to which, in the absence of a legislative regulation referring the activity of sports agent to a specific profession, the exercise of this activity by the lawyer should be authorized without the need of registration in the relevant register kept by the FIGC.

The above mentioned question is re-proposed today to the attention of the interpreter due to the regulation of the new figure of the sports agent as a regulated profession. Not even the last opinion issued by the National Bar Council (13 February 2019, n. 20) proved to be suitable to resolve this issue cause the several critical remarks that it raises.

SOMMARIO:

1. La nuova disciplina sull’agente sportivo di cui all’art. 1, comma 373, legge n. 205/2017 - 2. La questione dell’incompatibilità tra l’attività di agente sportivo e quella di avvocato alla luce della normativa federale e dei pareri del CNF - 3. Il divieto della contemporanea iscrizione nel registro degli agenti sportivi e nell’albo degli avvocati. Le ragioni del divieto: osservazioni critiche - 4. Attività di agente sportivo e professioni regolamentate: reviviscenza dei profili di incompatibilità - NOTE


1. La nuova disciplina sull’agente sportivo di cui all’art. 1, comma 373, legge n. 205/2017

Con la legge 27 dicembre 2017, n. 205 (Legge di Stabilità 2018), art. 1, comma 373 [1], il legislatore ha per la prima volta disciplinato la figura dell’agente sportivo, fino ad allora oggetto di regolamentazione esclusivamente di fonte federale [2]. Si è prevista, in particolare, l’istituzione presso il CONI del «Registro nazionale degli agenti sportivi», stabilendo al contempo l’obbligatorietà dell’iscrizione in tale registro per «il soggetto che, in forza di un incarico redatto in forma scritta, mette in relazione due o più soggetti operanti nell’ambito di una disciplina sportiva riconosciuta dal CONI ai fini della conclusione di un contratto di prestazione sportiva di natura professionistica, del trasferimento di tale prestazione o del tesseramento presso una federazione sportiva professionistica» [3]. L’esercizio dell’attività di agente sportivo viene subordinato alla sussistenza di specifici requisiti, tra i quali il conseguimento dell’abilitazione previo superamento di un apposito esame [4]. Si prevede, altresì, «il divieto a carico degli sportivi professionisti e delle società sportive professionistiche di avvalersi di soggetti non iscritti nel registro nazionale degli agenti sportivi, a pena di nullità dei contratti di lavoro, delle cessioni di contratto, ovvero dei tesseramenti effettuati per il tramite della loro mediazione». La legge demanda, poi, alla Presidenza del Consiglio dei ministri, sentito il CONI, di definire con decreto «le modalità di svolgimento delle prove abilitative, la composizione e le funzioni delle commissioni giudicatrici, le modalità di tenuta e gli obblighi di aggiornamento del Registro, nonché i parametri per la determinazione dei compensi» ed al CONI di disciplinare, con regolamento, «i casi di incompatibilità, fissando il consequenziale regime sanzionatorio sportivo» [5]. Dall’esame delle disposizioni contenute nell’art. 1, comma 373, legge n. 205/2017, che regolano il contenuto dell’attività di agente sportivo, la procedura di abilitazione e le modalità di tenuta del registro, alla luce del Regolamento sugli ordini professionali di cui al D.P.R. n. 137/2012, possono svolgersi le seguenti considerazioni. In primo luogo, come già rilevato in altra precedente [continua ..]


2. La questione dell’incompatibilità tra l’attività di agente sportivo e quella di avvocato alla luce della normativa federale e dei pareri del CNF

La questione è stata oggetto di attenzione da parte della dottrina e della giurisprudenza con differenti soluzioni ermeneutiche che hanno risentito dell’evoluzione della disciplina di fonte federale. Va sul punto ricordato che la normativa della FIGC sugli agenti di calciatori è stata negli anni oggetto di importanti modifiche, avviate nel Regolamento FIGC per Agenti di calciatori 2001, successivamente implementate nel Nuo­vo Regolamento agenti calciatori 2007, poi sostituito dal Regolamento agenti calciatori 2010, modificato nell’anno 2011, cui è seguito il Regolamento per i servizi di procuratore sportivo entrato in vigore il 1° aprile 2015 e, da ultimo, il Regolamento Agenti Sportivi approvato il 10 giugno 2019. L’art. 5 del “Nuovo Regolamento agenti calciatori 2007”, in particolare, sulla scia delle indicazioni formulate dall’Antitrust [8], aveva esteso la facoltà di esercitare l’atti­vità di assistenza nella stipulazione dei contratti di ingaggio e di trasferimento dei calciatori, prima riconosciuta soltanto in capo agli agenti iscritti nell’apposito albo, ovvero in possesso della prescritta licenza di agente, agli avvocati oltre che ai parenti di primo grado in linea retta o collaterale e al coniuge. Con il Regolamento per i servizi di procuratore sportivo, emanato in attuazione delle Regulations on Working with Intermediaries della FIFA, la FIGC aveva portato a compimento il processo di liberalizzazione dell’attività di agente di calciatori (ridenominati procuratori sportivi), abolendo la prova d’esame e subordinando l’iscrizione nel registro dei procuratori sportivi alla mera presentazione di un’apposita domanda, corredata dal versamento dei diritti di segreteria, e accompagnata da una dichiarazione attestante il possesso di determinati requisiti specificamente previsti (residenza in Italia, godimento dei diritti civili, piena capacità di agire, assenza di condanne per specifici reati e di situazioni di incompatibilità). Non era stata riprodotta la disposizione sopra richiamata, di cui all’art. 5 del previgente Regolamento, né, invero, vi era ragione di prevederla stante la generale abolizione del sistema delle licenze; d’altra parte, però, l’art. 3 dettava, tra i Principi generali, quello secondo cui «Società Sportive e Calciatori possono avvalersi dei [continua ..]


3. Il divieto della contemporanea iscrizione nel registro degli agenti sportivi e nell’albo degli avvocati. Le ragioni del divieto: osservazioni critiche

Le ragioni a sostegno dell’inammissibilità del contemporaneo esercizio dell’attività di agente di calciatori e di avvocato nei Pareri resi in vigenza del precedente “Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore”, di cui al r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, erano rinvenute nell’art. 3, nella parte in cui prevedeva, tra le cause di incompatibilità, «l’esercizio di commercio in nome proprio o in nome altrui» e «la qualità di (...) mediatore». Com’è noto, mentre la prima delle suddette incompatibilità è stata mantenuta nella “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense” (art. 18), la seconda è definitamente venuta meno dopo un travagliato iter normativo e giurisprudenziale [9]. Nel quesito del Consiglio degli Avvocati di Vicenza, cui il Consiglio Nazionale Forense ha dato risposta con il citato Parere n. 16/2005, si formulava il rilievo che l’incompatibilità tra agente ed avvocato potesse, altresì, derivare dalla caratteristica di obbligazione di risultato (anziché di mezzi) che contrassegnerebbe la prestazione del­l’agente di calciatori a differenza di quella dell’avvocato. Altra ragione a sostegno della predetta incompatibilità è stata, infine, ravvisata nella natura della retribuzione spettante all’agente sulla base dei criteri di commisurazione stabiliti dalla normativa federale, giacché, secondo quanto affermato dal Consiglio Nazionale Forense, essa, in quanto «riferita non alle singole attività poste in essere dal professionista, quanto ad un valore esterno quale il reddito complessivo del calciatore od una previa pattuizione a forfait», determina una «posizione di cointeressenza economica rispetto al rappresentato», non consentita perché «atta a compromettere il decoro e l’indipendenza del professionista forense». Inoltre, dal punto di vista deontologico, tale forma di retribuzione contrasterebbe con la disposizione contenuta nell’art. 45 cod. deont., la quale vieta compensi legati ai beni propri del cliente o ai proventi economici da esso conseguiti giudizialmente od in via stragiudiziale. Avverso le ragioni sopra riportate possono svolgersi le seguenti considerazioni critiche. Va osservato, in primo luogo, che l’attività di agente [continua ..]


4. Attività di agente sportivo e professioni regolamentate: reviviscenza dei profili di incompatibilità

La situazione di empasse venutasi a creare per effetto dell’affermazione dell’in­compatibilità della doppia iscrizione poteva dirsi superata per effetto del riconoscimento della validità delle attività di assistenza nella stipula dei contratti di lavoro e/o nelle cessioni di tali contratti svolte dagli avvocati pur in assenza di iscrizione nel registro degli agenti. Come sopra visto, infatti, in vigenza del Regolamento per i servizi di procuratore sportivo che nulla diceva espressamente con riguardo alla figura del­l’avvocato, il Consiglio Nazionale Forense aveva espressamente riconosciuto la facoltà in capo agli avvocati di esercitare le attività proprie dell’agente senza necessità di iscrizione nel relativo registro tenuto dalla FIGC «atteso che l’iscrizione all’albo forense legittima ex se l’avvocato in ogni settore non riservato dalla legge ad altra professione». La questione dell’incompatibilità tra la professione di avvocato e quella di agente si ripropone oggi all’attenzione dell’interprete, stante che, come sopra detto, la normativa sugli agenti sportivi introdotta dalla Legge di Stabilità 2018 ha nella sostanza disciplinato l’attività di agente alla stregua di una professione regolamentata, di guisa che si è in presenza di quella «riserva di legge» che il Consiglio Nazionale Forense indicava come presupposto in assenza del quale soltanto poteva legittimarsi l’esercizio del­l’attività di agente da parte dell’avvocato. La normativa di fonte statale sugli agenti sportivi ed i regolamenti attuativi non contengono alcuna disposizione utile a chiarire la questione. In proposito si osserva che il Regolamento CONI degli Agenti Sportivi, sia nell’originaria stesura che nel testo oggi vigente, non tratta in alcun punto la posizione dell’avvocato, neppure nella parte in cui reca la «disciplina dei casi di incompatibilità e delle correlate sanzioni disciplinari», e, d’altra parte, prescrive che l’attività di agente possa essere esercitata «solo da persone fisiche che abbiano ottenuto il titolo abilitativo», che, come specificato all’art. 2, lett. e) si consegue «con il superamento dell’esame di abilitazione». Neppure risolutiva ci appare la soluzione ermeneutica indicata da [continua ..]


NOTE