Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Un ulteriore contributo in merito ai profili di giurisdizione in materia di giustizia sportiva (di Mario Sanino,  Avvocato amministrativista, è presidente della Camera amministrativa romana. È presidente di sezione del Collegio di Garanzia dello Sport presso il Coni.)


The present work deals with the issue concerning the division of jurisdiction between sporting and state judges. To this end, it is necessary to dwell on the existing regulatory framework on the subject, integrated in the light of the state and European jurisprudential rulings.

Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 10 maggio 2018, n. 3036 – Pres. Severini – Rel. Perotti – Annulla TAR Lazio, Sez. I ter, n. 10070/2017 La giustizia sportiva è strumento di tutela allorché si discute della applicazione delle regole sportive, mentre la Giustizia dello Stato risolve le controversie di rilevanza per l’ordinamento generale, a salvaguardia di diritti soggettivi o interessi legittimi. La decisione sul se è consentito l’utilizzo di un campo sportivo ubicato in un Comune diverso da quello nel quale la Società richiedente ha la propria sede legale non ha di suo un’obiettiva rilevanza per l’ordinamento statale: di qui il difetto di giurisdizione del Giudice Amministrativo su una controversia che ha ad oggetto la correttezza di un provvedimento che abbia autorizzato lo svolgersi degli incontri in un campo diverso da quello ubicato nel Comune nel quale la Società richiedente ha la sede legale.   REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Statoin sede giurisdizionale (Sezione Quinta)ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 7828 del 2017, proposto da: Lega Nazionale Dilettanti – LND, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati M. G. L. M. e S. L. P., con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Po, 9; contro A.C. Trento SCSD, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F. F. e G. C., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via del Mascherino, 72; nei confronti CONI – Comitato Olimpico Nazionale Italiano, A.C. M., FIGC – Federazione Italiana Giuoco Calcio, Comitato Provinciale Autonomo di Trento, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio; sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8432 del 2017, proposto da: Comitato Olimpico Nazionale Italiano – CONI, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati A. C. e M. M., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, lungotevere Arnaldo Da Brescia, 11; contro A.C. Trento SCSD, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F. F. G. C., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via del Mascherino, 72; Comitato Provinciale Autonomo di Trento, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio; nei confronti Lega Nazionale Dilettanti, A.C. Mezzocorona S.r.l., Federazione Italiana Giuoco Calcio – FIGC, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio; per la riforma quanto al ricorso n. 7828 del 2017: della sentenza del Tar Lazio – Roma, Sezione I Ter n. 10070/2017, resa tra le parti, [continua..]
SOMMARIO:

1. La incerta previsione normativa - 2. Il contributo della giurisprudenza - 3. La giurisprudenza comunitaria - 4. La opportuna conferma della giurisprudenza - NOTE


1. La incerta previsione normativa

Il recente intervento del Giudice amministrativo in merito all’ambito di giurisdizione in ordine alle controversie in tema di giustizia sportiva, merita un plauso, non solo in ordine alla conclusione raggiunta, ma anche alla chiarezza di esposizione. Come ulteriore argomento sulla apprezzabilità della conclusione cui è pervenuto il Consiglio di Stato, può segnalarsi che ancora sussistevano, da parte degli operatori, latenti perplessità sulla corretta interpretazione della legge tanto che si era sollecitato un nuovo intervento della Corte Costituzionale nel generale assetto della Giustizia Amministrativa. Come è noto, la Corte dovrà nuovamente pronunziarsi a seguito della ordinanza del Tar Lazio, Sez. I ter, 11 ottobre 2017, n. 10171 [1]. Sommessamente, ci permettiamo non condividere la posizione espressa nella citata ordinanza; e, quindi, quanto sarà esposto risulterà utile anche in prospettiva di critica al provvedimento di rimessione. In verità l’inequivoco comando normativo della legge n. 280/2003 si prestava a qualche perplessità in sede operativa; il legislatore, infatti, ha seccamente informato che «… è riservata all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive». La norma si completava con altra prescrizione la quale avvertiva che «Nelle materie di cui al comma 1, le società, le associazioni, gli affiliati ed i tesserati hanno l’onere di adire, secondo le previsioni degli statuti e regolamenti del Comitato olimpico nazionale italiano e delle Federazioni sportive di cui gli articoli 15 e 16 del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, gli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo». Già prima dell’entrata in vigore del d.l. n. 280/2003 la giurisprudenza aveva affermato la sussistenza della giurisdizione del Giudice Amministrativo su controversie aventi ad oggetto i provvedimenti di non ammissione di una società di calcio ad un determinato campionato. Successivamente [continua ..]


2. Il contributo della giurisprudenza

La giurisprudenza e gli studiosi del settore si sono, dunque, giustamente posti il problema se a prevalere dovesse essere il valore dell’autonomia dell’Ordinamento Sportivo o quello su richiamato del diritto di azione e di difesa. La questione è stata affrontata pervenendo ad escludere l’operatività del combinato disposto dell’art. 2, comma 1, lett. b), d.l. n. 220/2003 e dell’art. 1, comma 2, dello stesso decreto legge, nel caso in cui la sanzione non esaurisca la sua incidenza nell’ambito strettamente sportivo, non abbia avuto, cioè, rilevanza esclusivamente tecnica, ma rifluisca nell’ordinamento generale dello Stato [3]. In applicazione di detto principio, si è giustamente affermata la giurisdizione del Giudice Amministrativo nei ricorsi proposti da dirigenti, da società sportive e da arbitri avverso le sanzioni inflitte con le decisioni della giustizia endofederale per illecito sportivo, per fatti connessi alla vicenda c.d. «calciopoli», insorta nella stagione calcistica 2005/2006. Sembra corretto ricordare che la problematica ebbe già una notevole evidenziazione, circa trenta anni prima, all’epoca del «calcio-scommesse»; solo che in quell’occasione mancava una indicazione del legislatore e la risonanza forse fu anche per questo più clamorosa. Ne derivò come è noto la legge n. 91/1981, ma anche in quel caso, un contributo giurisprudenziale di estrema importanza tanto che non v’è studio sulla materia che non lo richiami (Cass., 2 aprile 1963, n. 811, in Foro it., 1963, I, c. 894). Ed invero, la legge 23 marzo 1981, n. 91, segna l’ingresso anche degli strumenti tecnici del diritto amministrativo nella disciplina dello sport professionistico, specialmente riguardo agli aspetti giuslavoristici (in particolare con la contrattazione collettiva, invero impensabile nel precedente regime) e al diverso assetto delle società sportive, sul quale si è poi intervenuti, sollecitati dalle esigenze rappresentate dalla Unione Europea E ancora, si è affermata la giurisdizione del Giudice Amministrativo nel caso di impugnazione di misure sanzionatorie disciplinari nei confronti degli affiliati alle Federazioni sportive che non si esaurivano in ambito sportivo ma, essendo dirette a modificare in modo sostanziale, «ancorché non totalmente irreversibile», lo status [continua ..]


3. La giurisprudenza comunitaria

Tali, del resto, erano anche le indicazioni provenienti dalla giurisprudenza comunitaria e dalla dottrina più qualificata. Il giudice comunitario, partendo dalla premessa che le sanzioni sportive, specie se interdittive dell’attività, sono suscettibili in concreto di ledere le libertà economiche degli atleti e di coloro che operano negli organismi sportivi, ha, infatti, concluso nel senso che la circostanza che sia indiscussa l’operatività di una regola eminentemente sportiva, non può precludere in via automatica l’accertamento da parte dell’Autorità giudiziaria ordinaria della violazione della libertà e dei diritti garantiti dal Trattato, e del contesto nel quale si colloca il fatto o il comportamento sanzionato. Dello stesso avviso si è detta anche la dottrina interessata al problema, la quale ha concluso nel senso che la norma disciplinare dell’Ordinamento Sportivo non ha sempre (e solo) una mera rilevanza interna, ma è suscettibile di incidere su posizioni soggettive riconosciute e tutelate sia dall’ordinamento statale che da quello comunitario atteso che, diversamente opinando, l’autonomia e la riserva di giurisdizione del giudice sportivo si tradurrebbero in una ingiustificata riduzione del diritto ad una effettiva e completa tutela giurisdizionale. Solo per completezza di esposizione, ed anche per offrire utili elementi interpretativi, vale la pena rammentare l’affannosa ricerca della giurisprudenza della esatta interpretazione della norma. In particolare, la giurisprudenza ha posto il problema se, qualora il provvedimento sanzionatorio adottato nell’ambito dell’Ordinamento Sportivo incida, almeno indirettamente, su situazioni giuridiche soggettive che sono nel contempo rilevanti per l’ordinamento generale, debba prevalere il valore dell’autonomia dell’ordinamento sportivo o quello del diritto di azione o di difesa in giudizio. Ma la coerente chiave di lettura della disposizione risolve ogni perplessità. Si è, allora, precisato che, a favore della prima soluzione, sembrerebbe deporre il testo letterale dell’art. 2, d.l. n. 220/2003, che riserva alla Giustizia Sportiva, senza alcuna ulteriore distinzione in ragione degli effetti che dall’intervento sanzionatorio discendono, «i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative [continua ..]


4. La opportuna conferma della giurisprudenza

Dei principi sin qui esposti ha fatto buon uso il Consiglio di Stato con la recente decisione che si annota. Ed infatti, il Consiglio di Stato si è trovato a risolvere una questione decisamente interessante – concernente la determinazione della P.A. di concedere (o non) l’impianto sportivo per la disputa di una gara – tanto che il contenzioso si è articolato attraverso tutti i vari passaggi della giustizia endofederale e attraverso anche la previa valutazione del Giudice amministrativo di primo grado. Costituitisi in giudizio, sia il CONI che la Lega Nazionale Dilettanti eccepivano l’infon­datezza del ricorso, chiedendo che fosse respinto. Con motivi aggiunti depositati la ricorrente, a seguito della pubblicazione dei motivi della decisione del Collegio di Garanzia dello Sport impugnata nel solo dispositivo, proponeva ulteriori censure di violazione e falsa applicazione delle norme federali, eccesso di potere per manifesta illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà, eccesso di potere per errore e travisamento dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione. Con la pronuncia n. 66/2015 il Collegio di Garanzia dello Sport aveva esplicitato le motivazioni per cui era stato respinto il ricorso promosso dalla A.C. Trento, precisando che l’auto­rizzazione a disputare le gare in altro campo sportivo (rispetto a quello dichiarato disponibile all’atto della iscrizione al campionato), concessa era esente da vizi, essendo state esattamente indicate le ragioni che giustificavano l’accoglimento dell’istanza e chiarendo che il Collegio non avrebbe potuto sindacare le ragioni addotte da un organo federale ai fini della concessione di un’autorizzazione, in assenza di precisi vizi logico-giuridici di legittimità relativi alla motivazione. Ad avviso della ricorrente A.C. Trento, invece, il provvedimento del Comitato Provinciale non aveva indicato con precisione le ragioni che giustificavano l’accoglimento dell’istanza, limitandosi a richiamare i pareri espressi dal consulente giuridico legale e dal segretario della Lega Nazionale Dilettanti, nonché dal presidente della FIGC, che di per sé nulla esplicavano sui presupposti di eccezionalità richiesti per la concessione della deroga all’utilizzo di altro impianto sportivo. La motivazione della decisione del Collegio di Garanzia sarebbe stata pure contraddittoria, da un lato [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2018