Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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La responsabilità dell´organizzatore di attività sportive con caratteristiche di pericolosità (di Greta Caterina Carriero, Dottoranda di ricerca in Diritto privato.)


The Court’s decision deals with the liability regimes to be applied to the organisers of extreme sports. More specifically, the essay’s author analyses cases in which either civil contractual liability or extra-contactual must be covered by the promoters of dangerous sport activities. Finally, the author concludes with several considerations regarding both liability regimes.

Cassazione (ord.), Sez. VI civile, 28 luglio 2017, n. 18903 – Pres. Amendola – Est. Graziosi – Club Activ (Avv. Zaccagnini e a.) c. H. In w.c. (Avv. Reggio D’Aci e a.). Conferma App. Trento n. 89/2016 L’assenza di una organizzazione adeguata a fini di protezione e garanzia da parte del gestore di attività sportive con caratteristiche intrinseche di pericolosità comporta il risarcimento del danno occorso a un soggetto durante una escursione di rafting, richiedendosi al gestore di tali attività un livello di diligenza professionale in grado di impedire che siano superati i limiti di rischio connaturati alla normale pratica sportiva.   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE 3 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. AMENDOLA Adelaide Presidente – Dott. SESTINI Danilo Consigliere – Dott. SCARANO Luigi Alessandro Consigliere – Dott. RUBINO Lina Consigliere – Dott. GRAZIOSI Chiara rel.Consigliere – ha pronunciato la seguente: ORDINANZA sul ricorso 17291-2016 proposto da: – CLUB A. di O.H. – in persona del titolare, elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MELLINI 7, presso lo studio dell’avvocato L. Z., che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente agli avvocati M. D. L. R. N.; – ricorrente – contro – H. IN W.C., elettivamente domiciliata in ROMA, (…) presso lo studio dell’avvocato A: R. D., che la rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente agli avvocati H. P. e F. M.; – controricorrente – e contro – F. COMPAGNIA DI ASSICURAZIONE E RIASSICURAZIONE S.P.A.; – intimata – avverso la sentenza n. 89/2016 della CORTE D’APPELLO DI TRENTO – SEZIONE DISTACCATA DI BOLZANO, depositata il 10/06/2016; udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 18/05/2017 dal Consigliere Dott. UNA RUBINO. FattoRAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE La domanda di H.C. in W., volta ad ottenere nei confronti di Club Activ di O.H. la condanna al risarcimento dei danni alla persona riportati a seguito di una gita di rafting organizzata dal predetto club sportivo in cui, dietro incitamento dell’organizzatore, si lanciava da un ponte in un torrente riportando la frattura di un piede, veniva parzialmente accolta dal tribunale, che accertava la concorrente responsabilità della danneggiata nella misura di un terzo, con decisione integralmente confermata dalla Corte d’Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, con la sentenza n. 89 del 2016 qui impugnata. Il Club Activ di O.H. propone tre motivi di ricorso per cassazione nei confronti di H. in W.C. e di Faro Compagnia di Assicurazione e Riassicurazione s.p.a., cui resiste la H. con controricorso. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, [continua..]
SOMMARIO:

1. Il fatto - 2. Caratteri essenziali degli sport estremi - 3. L’operatività della responsabilità contrattuale nei confronti dell’organiz­zatore di sport estremi - 4. Segue: la responsabilità extracontrattuale dell’organizzatore di sport estremi - 5. Osservazioni conclusive - NOTE


1. Il fatto

La decisione in epigrafe ha a oggetto il danno sopportato da un partecipante a una escursione di rafting organizzata da un Club sportivo, il quale, lanciatosi da un ponte in un torrente, riportava la frattura a un piede. Questi rivolgeva al Tribunale di prime cure domanda risarcitoria, successivamente accolta, al fine di ottenere il ristoro per il danno riportato; la decisione veniva integralmente confermata dalla Corte d’Appello di Trento, sezione di staccata di Bolzano, che rilevava la concorrente responsabilità della danneggiata (nella misura di un terzo). La società soccombente impugnava la sentenza innanzi alla Corte di Cassazione, contestando la sua concorrente e prevalente responsabilità contrattuale nella realizzazione dell’evento. Secondo il Club sportivo, infatti, nel corso dell’attività svolta, sarebbero state fornite ai partecipanti le esatte indicazioni, illustrando la possibilità di buttarsi da un piccolo ponte nel torrente sottostante; sarebbe perciò stata la danneggiata ad aver posto in essere una condotta rischiosa in quanto la medesima non si sarebbe attenuta alle indicazioni prescritte. La ricorrente riteneva di avere così esaurito il suo obbligo di diligenza nell’aver fornito tutte le idonee indicazioni, non potendo impedire l’evento se non con la coazione fisica. In particolare, la ricorrente sosteneva che il giudice dell’impugnazione non avesse tenuto conto di rilevanti circostanze decisive emerse dalle deposizioni testimoniali, segnatamente con riferimento al fatto che la danneggiata eseguiva il lancio abbracciata al marito, in un punto sbagliato, nonostante la ricorrente l’avesse invitata a non saltare da quel punto. La Cassazione confermava la sentenza di appello in quanto coerente con la giurisprudenza sul tema, evidenziando che, data la pericolosità della attività sportiva posta in essere, il gestore non aveva predisposto una idonea protezione dei partecipanti tale da evitare il verificarsi dell’evento. Tale motivazione muove da due fondamentali considerazioni: in primo luogo, la Cassazione segnala che nelle attività sportive caratterizzate da importanti profili di pericolosità l’orga­nizzatore deve predisporre tutte le cautele adeguate affinché determinati passaggi siano fatti in condizioni di totale sicurezza. Ciò in quanto il gestore agisce nell’ambito di una [continua ..]


2. Caratteri essenziali degli sport estremi

Il provvedimento in commento si riferisce alle conseguenze dannose determinate dalla pratica di sport ad alto rischio (c.d. «sport estremi») per i quali non esiste una definizione all’in­terno dell’ordinamento giuridico italiano e che, tendenzialmente, vengono distinti dai c.d. «sport tradizionali». Rientrano nella categoria degli sport estremi alcune delle seguenti attività (nonostante la lista, man mano, si allunghi nel tempo): hydrospeed, free climbing, base jumping, kite skiing, kitesurfing, rafting, parkour, parapendio, bungee jumping, ecc. [1]; gli sport estremi paiono tutti accomunati dall’elemento della pericolosità e dell’elevato rischio a cui si sottopongono gli atleti nel praticarli. Tali attività derivano, per la maggior parte, dall’esperienza americana e hanno trovato nel­l’ultimo ventennio larga diffusione sia in Europa che nei Paesi orientali; sul piano concettuale, sono caratterizzati da tre indicatori essenziali di natura prevalentemente sociale: l’apporto individuale, l’espressione creativa, l’assunzione di particolari rischi [2]. Per quanto riguarda i primi due elementi, ci si riferisce, in primo luogo, all’assenza di un confronto diretto o di un contatto fisico fra avversari (fatta eccezione per le attività sportive estreme che costituiscono una variante di quelle tradizionali), dove l’elemento dell’individua­lismo sembra essere prevalente. In proposito, occorre segnalare anche che l’elemento della «competizione» risulta, nella maggior parte dei casi, carente in quanto gli obbiettivi non riguardano risultati da comparare a quelli raggiunti da altri. Pertanto, chi prende parte a queste attività sportive non lo fa per primeggiare su eventuali competitors. Lo scopo da raggiungere, infatti, riguarda il confronto con la natura e il superamento dei propri limiti [3]. In secondo luogo, gli sport estremi sono caratterizzati dal non essere, generalmente, soggetti ad un insieme di regole predefinite di allenamento e preparazione tecnica: a mero titolo esemplificativo, si riportano gli esempi del bungee jumping o del parkour dove è sufficiente una preventiva istruzione di poche ore prima di iniziare l’attività [4]. Rilevante rispetto alla descrizione degli sport in parola, è l’elemento del «rischio» che coscientemente [continua ..]


3. L’operatività della responsabilità contrattuale nei confronti dell’organiz­zatore di sport estremi

È bene muovere dalle caratteristiche della natura della responsabilità in capo all’organiz­zatore di attività sportive laddove dall’esercizio di tali attività derivi un pregiudizio nei confronti dei praticanti. Si qualifica come organizzatore [8], ed è quindi responsabile della riuscita della attività sportiva, chi gestisce un impianto, una palestra, una struttura adibita allo svolgimento di attività sportive, chi organizza gite in montagna, chi predispone corsi per l’avvio ad uno sport [9]. In particolare, nell’ambito del rafting (che consiste sostanzialmente nella discesa di corsi d’acqua con dei gommoni denominati raft [10]), l’attività può realizzarsi sia a livello agonistico che amatoriale. L’attività agonistica e amatoriale si svolge sotto il controllo della FIRaft (Federazione Italiana Rafting) che ha il compito di emanare norme di natura deontologica che devono essere rispettate dagli associati. Nella medesima attività svolta a livello amatoriale, l’orga­niz­zazione delle escursioni viene svolta da Club sportivi denominati Compagnie per la navigazione fluviale che si avvalgono di specifiche guide fluviali diplomate presso la FIRaft [11]. Sull’organizzatore gravano numerosi obblighi (tra questi, ad esempio quelli di valutazione e controllo sulla idoneità dei luoghi nei quali si svolgono le attività in parola, della verifica sulla sicurezza dei mezzi impiegati, ecc.) che possono dar luogo alla nascita di responsabilità sia a titolo contrattuale che extracontrattuale, la quale dovrà essere valutata in base alla pericolosità della attività organizzata e dei mezzi impiegati [12]. A tal proposito, si riporta un passaggio di un provvedimento significativo sul tema reso dal Tribunale di Genova, secondo il quale: «la società sportiva ha l’obbligo di garantire con mezzi organizzativi idonei l’incolumità fisica degli allievi e deve, pertanto, organizzare i corsi vigilando sul­l’at­tività degli istruttori e sull’andamento delle lezioni, al fine di impedire che vengano superati i confini del rischio connaturato all’attività sportiva stessa (nella specie, si è dichiarata la responsabilità a titolo contrattuale della società sportiva avente ad oggetto [continua ..]


4. Segue: la responsabilità extracontrattuale dell’organizzatore di sport estremi

Come ricordato, l’organizzatore di sport estremi può incorrere nella condanna al risarcimento derivante anche da responsabilità extracontrattuale: il danneggiato potrà, quindi, ricorrendone i presupposti, valutare se promuovere un’azione contrattuale o extracontrattuale considerando l’onere probatorio, i termini di prescrizione all’azione e, nella ipotesi in oggetto, il risarcimento anche per i danni non prevedibili. È quindi opportuno fare cenno alla disciplina sulla responsabilità per attività pericolose (art. 2050 c.c. [24]) in quanto applicabile ai danni derivanti dallo svolgimento di sport estremi. La responsabilità per attività pericolose si è affermata nell’ambito dell’attività di impresa e, secondo un risalente indirizzo, l’art. 2050 c.c. doveva considerarsi attuabile in ragione di ipotesi tassativamente previste dalla legge, dalle norme (art. 46, r.d. 18 giugno 1931, n. 773) in materia di pubblica sicurezza ovvero in materia di infortuni e tutela dell’incolumità pubblica [25]. Attualmente la giurisprudenza ha confermato l’orientamento secondo il quale l’art. 2050 c.c. deve considerarsi norma «a struttura aperta» in quanto applicabile a tutte le attività che possono considerarsi pericolose in ragione della loro natura ovvero dei mezzi impiegati a prescindere da una espressa previsione legislativa: pertanto, la valutazione in ordine alla pericolosità dovrà essere effettuata caso per caso dal Giudice di merito secondo un giudizio di prognosi postuma, valutando tutti gli elementi acquisiti dalla fattispecie decidendo anche in base a nozioni di comune esperienza [26]. Per gli sport estremi vale la medesima regola per cui la potenzialità lesiva di grado superiore al normale e la maggiore frequenza di accadimenti dannosi [27] determina l’applicazione della norma sopracitata in caso di danni. Pertanto l’organizzatore di tali attività sarà tenuto ad una valutazione ex ante circa la specificità del rischio e il possibile accadimento dell’evento dannoso. Per quanto riguarda il rafting, tale sport è stato considerato dalla giurisprudenza come intrinsecamente pericoloso [28] date le difficoltà di controllo del mezzo adoperato lungo le discese fluviali, per i rischi di accidentale urtamento sulle rocce, [continua ..]


5. Osservazioni conclusive

Come ricordato, nel confermare la decisione impugnata, la pronuncia in esame accerta la responsabilità del danneggiante in ragione della sottesa obbligazione contrattuale e della sussistenza di una sua posizione di garanzia e protezione. È utile premettere, sul piano generale, come sia sempre maggiore l’area di intervento dell’ordinamento giuridico a tutela dei danni (patrimoniali e non) sofferti a diverso titolo dai consociati; e ciò in considerazione della continua evoluzione della realtà socio-economica. Come è stato efficacemente osservato: «la valorizzazione della funzione riparatoria diventa carattere identitario della responsabilità civile, nel segno dell’emancipazione dalla pesante ipoteca concettuale dell’apparato penalistico … dall’illecito in quanto fatto – reato alla sua versione civilistica in chiave di accadimento pregiudizievole; dall’enfasi sulla condotta del­l’autore dell’illecito al ripristino della sfera patrimoniale della vittima della lesione; dalla reazione al rimedio … il tutto va a condensarsi nella formula dell’integrale riparazione del patrimonio del danneggiato o, più semplicemente, dell’integrale risarcimento del danno» [35]. La frontiera più recente è, non a caso, rappresentata dalla apertura della giurisprudenza al ristoro dei c.d. «danni punitivi», laddove la funzione della responsabilità civile si estende a finalità (anche) afflittive e/o preventive, oltre che indennitarie in senso stretto [36]. Occorre comunque avvertire che la pronuncia in parola non rappresenta un riconoscimento tout court dei c.d. danni punitivi ma sancisce solo l’abbandono del rifiuto dei principi espressi nelle sentenze straniere che impongono risarcimenti punitivi, riconoscendo come il sistema di responsabilità civile persegua anche obiettivi sanzionatori e di deterrenza. Conferma così, sul piano più generale come, in subiecta materia, a dispetto delle apparenze, gli ordinamenti (anche di diverse famiglie giuridiche) convergano [37]. Né si può ignorare, sul fronte della responsabilità contrattuale, come la elaborazione e successiva adozione giurisprudenziale (anche grazie a esperienze maturate principalmente nel­l’am­bito della dottrina germanica) della teoria del «contatto sociale [continua ..]


NOTE
Fascicolo 1 - 2018