Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Lo stato della giustizia sportiva in italia* (di Pasquale de Lise, Presidente emerito del Consiglio di Stato.)


The present work draws inspiration from the conference held the occasion of the presentation of the volume of Mario Sanino. The opportunity was appreciated to dwell on the issues of sporting justice within the state system and on the evolution of the relevant regulatory framework. To this is added a look at the dimension of sport as a global phenomenon from a territorial and content point of view.

SOMMARIO:

1. La rilevanza della giustizia sportiva nel nostro ordinamento - 2. L’oggetto della presentazione - 3. Lo sport come fenomeno globale - 4. Il contributo della dottrina - 5. Le innovazioni nella disciplina della giustizia sportiva - 6. Conclusioni - NOTE


1. La rilevanza della giustizia sportiva nel nostro ordinamento

Giovanni Malagò, presidente del CONI, ha giustamente attribuito la meritata rilevanza al settore della giustizia sportiva, tanto che l’attuale statuto del CONI, emanato sotto la sua presidenza, prevede i supremi organi di giustizia: il Collegio di garanzia dello sport, giudice di ultimo grado della giustizia sportiva, una sorta di Corte di Cassazione dello sport, cui è possibile ricorrere solo per motivi di legittimità e per vizi della motivazione delle decisioni impugnate, e la Procura generale dello sport, avente lo scopo di tutelare la legalità dell’ordinamento sportivo; entrambi questi organi si avvalgono della collaborazione della CONI Servizi.

Inoltre, il CONI si è dotato di un proprio Codice di giustizia sportiva, che costituisce la normativa di base per la disciplina dei rapporti contenziosi all’interno delle singole Federazioni, ed ha emanato i Principi di giustizia sportiva, valevoli per tutte le Federazioni. In tali atti sono richiamati i princìpi del «giusto processo» (parità delle parti, salvaguardia del contraddittorio, ragionevole durata), sanciti dall’art. 111 Cost., come novellato nel 1999. Per quanto non espressamente disciplinato è previsto che gli organi di giustizia sportiva si conformino alle norme generali sul processo civile, anche se forse sarebbe stato più appropriato, trattandosi di solito di giudizi impugnatori, il richiamo alle disposizioni contenute nel codice del processo amministrativo.

Vorrei permettermi un’osservazione e una raccomandazione relativamente agli organi della giustizia sportiva: occorre assicurare, oltre alla competenza e all’esperienza dei soggetti chiamati ad esercitare le relative funzioni, la loro assoluta terzietà e indipendenza. Oggi il sistema è conformato nel senso che i giudici sono nominati dalle Federazioni, i cui provvedimenti potranno formare oggetto di impugnative che saranno decise da quei giudici. La FIGC aveva tentato di risolvere il problema, con l’isti­tuzione della Commissione di garanzia, composta in maniera specchiata (mi permetto di dirlo anche se ne sono stato, fin dall’inizio, il presidente), che aveva la funzione di nominare i giudici sportivi. Poi questa competenza fu «degradata» al­l’emanazione di un parere sui requisiti e la nomina ritornò al Consiglio Federale.

In tal modo può apparire dubbio il carattere di terzietà funzionale, che deve essere proprio di ogni giudice, anche di quelli che esercitano – come nel caso della giustizia sportiva – una giustizia di tipo associativo, che opera secondo gli schemi del diritto privato, come ha più volte affermato la Corte di Cassazione, e ciò perché l’organo competente a dirimere la controversia deriva la sua legittimazione a decidere da una delle parti in causa [1].


2. L’oggetto della presentazione

Qualche cenno di introduzione ai lavori del convegno, che è molto denso e di alto spessore per l’opera che ne costituisce l’oggetto, per il suo autore e per i relatori che interverranno.

In occasioni del genere si pone il problema: la presentazione concerne il libro, l’autore o i relatori?

Nel nostro caso, non questi ultimi, tutti – salvo chi vi parla – giuristi di fama, docenti di discipline pubblicistiche e privatistiche, a dimostrazione di quanto, con riguardo al diritto sportivo, questi rami del diritto siano strettamente connessi, in virtù del fenomeno per il quale – è stato detto – «da un lato, il diritto privato invade il diritto amministrativo, dall’altro il diritto amministrativo finisce per applicarsi anche a soggetti privati».

Sono previsti gli interventi del giudice costituzionale Giancarlo Coraggio, già presidente della Commissione federale di appello della FIGC e mio successore alla presidenza del Consiglio di Stato, del prof. Franco Coppi, insigne penalista, del prof. Natalino Irti, grande civilista, poi divenuto cultore della teoria generale del diritto e direi filosofo del diritto (che, peraltro, essendo appena rientrato dall’estero, sarà sostituito nell’intervento dal prof. Alberto Gambino) e, infine, del prof. Vincenzo Cerulli Irelli, che esporrà le opinioni dei cultori del diritto amministrativo e trarrà le conclusioni dell’incontro.

Non occorre presentare l’autore. Mario Sanino è noto a tutti per la sua instancabile attività di avvocato, di docente universitario, di presidente della Camera amministrativa romana, e ha dato alle stampe tante pubblicazioni, come gli importanti volumi sulle Privatizzazioni, sulle Fondazioni bancarie, sui Contratti pubblici, sulla Giustizia amministrativa e, in particolare, sul Codice del processo amministrativo.

Quindi si presenta il libro: un libro su di un tema, la giustizia sportiva, che può apparire più leggero rispetto a quelli oggetto delle opere appena indicate, ma che è molto importante, del quale Mario ha già avuto modo di occuparsi nel volume sul Diritto sportivo, che ha avuto più edizioni e che presentammo proprio in questa sala.

Con gli interventi sul diritto sportivo e sulla giustizia sportiva Mario Sanino ha realizzato una vera e propria «operazione culturale»: perché oggi lo sport non è più una mera attività muscolare, ma costituisce un fenomeno che non soltanto è tenuto al rispetto delle regole giuridiche dettate dallo Stato (nei più vari settori dell’ordinamento, come vedremo) e di quelle imposte dagli organismi sportivi nazionali e internazionali (CIO, CONI, Federazioni), ma che deve essere improntato innanzitutto all’osservanza di princìpi etici, da cui trae linfa vitale per il progresso civile e morale dei singoli (soprattutto dei giovani) e dell’intera società.

È chiaro quindi che diffondere la conoscenza dello sport in tutti i suoi molteplici aspetti significa «fare cultura».


3. Lo sport come fenomeno globale

Lo sport è ormai divenuto un fenomeno globale: sia sotto l’aspetto territoriale che sotto quello contenutistico.

Dal punto di vista territoriale, lo sport non ha più un carattere puramente locale: la normativa nazionale è fortemente influenzata – si può dire condizionata – dalle disposizioni del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (in particolare gli artt. 6 e 165), dalla giurisprudenza della Corte di giustizia e della CEDU, nonché dalle politiche europee.

Basti pensare alla libertà di circolazione e di stabilimento (non può non essere ricordata, al riguardo, la sentenza della Corte di giustizia del 1995 sul caso Bosman), alla concorrenza, alla politica audiovisiva, alla sanità, all’istruzione, alla gioventù, alla formazione professionale, all’ambiente. Lo stesso è a dirsi se dal contesto europeo si passa a quello internazionale.

Dal punto di vista contenutistico il fenomeno sportivo, improntato ai princìpi di lealtà, di solidarietà e di sussidiarietà, ha una forte valenza sociale, economica e giuridica.

Con riguardo a quest’ultimo aspetto, va rilevato che – come viene bene posto in luce dall’Autore e contrariamente a quanto un osservatore superficiale potrebbe ritenere – il diritto sportivo costituisce un settore tutt’altro che marginale del mondo giuridico, tanto che ha sollecitato l’attenzione dei maggiori giuristi, da Santi Romano, che fece particolare riferimento all’ordinamento sportivo nella teoria della pluralità degli ordinamenti giuridici, a Widar Cesarini Sforza, che affermò la giuridicità dell’ordinamento sportivo quale espressione di quello che egli definì «diritto dei privati», a Massimo Severo Giannini che, sulla Rivista di diritto sportivo, nel 1949, espose le «Prime osservazioni sugli ordinamenti giuridici sportivi», a Giuseppe Guarino, che ha considerato il movimento sportivo come una formazione sociale costituzionalmente riconosciuta, fondata sull’autonomia dei privati, a Carmine Punzi, cui si deve un importante saggio sulle clausole compromissorie nel diritto sportivo, fino a Sabino Cassese, a Giuliano Amato e a Giulio Napolitano.

Il diritto sportivo ha poi la caratteristica di presentare una trasversalità e una interdisciplinarietà forse uniche nel mondo giuridico.

Ho già fatto riferimento al diritto europeo; l’attività sportiva trova poi riscontro negli artt. 2 e 18 Cost., in quanto è indubbio che le associazioni sportive siano tra le più diffuse formazioni sociali ove l’individuo svolge la sua personalità e che debba essere riconosciuto a tutti il diritto di associarsi liberamente per finalità sportive. Inoltre, l’ordinamento sportivo è espressamente menzionato nella Carta costituzionale fra le materie attribuite alla potestà legislativa concorrente delle Regioni, nel testo dell’art. 117, come novellato dalla legge cost. n. 3/2001, ossia fra quelle materie per le quali spettano alle Regioni la potestà legislativa, nell’ambito dei principi fondamentali determinati con leggi dello Stato, e la potestà regolamentare in via esclusiva, oltre alle funzioni amministrative ad esse attribuite (ex d.P.R. n. 616/1977 e d.lgs. n. 157/1998, in attuazione della legge n. 59/1997, la c.d. legge Bassanini).

Inoltre, il diritto sportivo contiene aspetti che attengono al diritto privato: dal diritto civile, nel cui alveo esso ha introdotto alcuni contratti atipici, non previsti dal codice, quali quello di sponsorizzazione e quello di utilizzazione dei diritti televisivi (ricordo un importante convegno su «Fenomeno sportivo e ordinamento giuridico», promosso da Società italiana degli studiosi di diritto civile, tenuto a Capri nel 2008), al diritto commerciale (con la disciplina delle società), alla tutela della concorrenza, al diritto del lavoro. Sul versante pubblicistico, ho già accennato alla menzione dell’ordina­mento sportivo nella Carta costituzionale; inoltre, la natura pubblica del CONI ne influenza l’organizzazione e rende configurabili poteri pubblicistici, per cui si versa senz’altro nell’ambito del diritto amministrativo.

Vanno richiamati, infine, i profili del diritto sportivo in campo penalistico, che sono non pochi né di scarso rilievo (dalle vicende del c.d. calcioscommesse, al doping e alla violenza negli stadi) e in campo tributario.

Di tutti questi aspetti – e di molti altri – tratta l’opera di Mario Sanino, del quale si deve porre in luce lo sforzo compiuto per operare la reductio ad unitatem delle multiformi vicende della giustizia sportiva, che è in permanente evoluzione e che presenta sempre nuovi motivi di interesse.


4. Il contributo della dottrina

Non posso, ovviamente, passare in rassegna il contenuto delle 450 pagine del libro di Sanino, corredato da note densissime, in cui si riportano interi brani di testi normativi, di sentenze e di opinioni dottrinarie, seguite da una completa e aggiornata appendice che contiene le disposizioni del CONI in materia di giustizia sportiva e da un’ampia nota bibliografica, estremamente utile per tutti coloro (studiosi, studenti, giudici, operatori) che sono interessati alla materia.

Vorrei ricordare brevemente quelli che, a mio avviso, sono stati gli eventi più salienti che, in tempi recenti, hanno investito questo settore.

Ho già accennato alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea sul caso Bosman che, sancendo l’equiparazione della situazione dell’atleta professionista a quella di qualsiasi altro lavoratore, determinò, per tutti gli sport e non soltanto per il calcio, la completa liberalizzazione della circolazione e dello stabilimento degli atleti nell’ambito comunitario, senza distinzioni o limitazioni di sorta, come ritenne un gruppo di lavoro, insediato dal CONI subito dopo la pubblicazione della sentenza e da me coordinato, il quale concluse, appunto, in tale senso.

Un’altra questione fu risolta, nel 2001, dalla Corte federale della FIGC con riguardo ai calciatori extracomunitari, affermando espressamente l’applicazione del principio di non discriminazione con riguardo alla razza e alla nazionalità.

Queste vicende sono emblematiche della situazione dei rapporti tra l’ordinamento generale (nazionale, europeo e internazionale) e l’ordinamento sportivo e tra la giustizia ordinaria e quella sportiva, sui quali ci sarebbe molto da dire ma in questa sede non posso che limitarmi a brevi cenni.

Da un lato si assiste al crescente ricorso degli interessati agli organi della giustizia ordinaria, con la delicata questione dell’ammissibilità e, nell’affermativa, dei limiti della rinunzia preventiva a tale ricorso (è il problema della legittimità – ordinaria o, addirittura, costituzionale – del vincolo di giustizia e della clausola compromissoria nell’ordinamento sportivo); nonché con il proliferare, nell’ordinamento nazionale ed in quello sopranazionale, di diritti fondamentali, come sono quelli concernenti lo «statuto» dello straniero, con riguardo ai quali l’ordinamento sportivo non può che risultare recessivo e subordinato rispetto all’ordinamento generale, dovendosi ammettere, come è ormai ritenuto pacificamente, che tali diritti – alla stregua del principio di non discriminazione – sono riconosciuti anche nell’ordinamento sportivo.

Dall’altro lato, sussiste l’esigenza – ritenuta connaturata all’ordinamento sportivo – che le contese siano risolte all’interno di tale ordinamento.

Di fronte a questa contrapposizione la risposta che l’ordinamento sportivo deve offrire non può consistere nell’arroccarsi su posizioni di assoluta separatezza degli ordinamenti, di impermeabilità dell’ordinamento sportivo di fronte all’ordinamento generale, di rifugio nell’ambito di strumenti puramente formali, come il vincolo di giustizia o la clausola compromissoria, che non si ha poi la possibilità, giuridica e politica, di far rispettare.

L’ordinamento sportivo deve offrire, al suo interno, gli strumenti di risoluzione delle controversie e di tutela dei diritti fondamentali, che siano più rapidi, più efficaci, più adeguati rispetto a quelli previsti dall’ordinamento generale, sì che, nell’alter­nativa, gli interessati facciano ricorso a quelli anziché agli altri.

In altri termini, l’ordinamento sportivo deve confrontarsi con quello statuale sul piano della tempestività e della efficacia dei rimedi apprestati e su quello della effettività della tutela offerta.


5. Le innovazioni nella disciplina della giustizia sportiva

Va, infine, ricordata una vicenda che può considerarsi fondamentale per gli sviluppi che ha avuto.

Nell’esercizio del potere di tutela dei diritti fondamentali, personali e associativi, dei quali in quella sede era stata dedotta la violazione (diritto al contraddittorio, che si deduceva essere stato violato nei precedenti gradi del giudizio, diritto alla regolarità dei campionati, diritto alla partecipazione al campionato di competenza), la Corte federale della FIGC, che allora presiedevo, emanò, nel maggio 2003, la decisione sul caso Catania.

Dopo poco si scatenò l’intervento «a gamba tesa» dei Tar (non a caso, in particolare, di quello di Catania), che, fra l’altro, valse a dimostrare quanto sia difficile tenere separata la passione del tifoso (che è in ognuno di noi) dalla figura del giudice.

Da quella vicenda derivò un risultato senz’altro positivo: l’emanazione del d.l. 20 agosto 2003, n. 220, con le modificazioni ad esso apportate in sede di conversione con la legge 17 ottobre 2003, n. 280. Questo intervento legislativo, opportuno e forse addirittura indispensabile, ha prodotto un effetto di chiarificazione nella materia ed ha costituito un fattore di stabilizzazione del settore. Il d.l. n. 220/2003, attestando sul piano normativo il principio della pluralità degli ordinamenti giuridici, esordisce affermando che «La Repubblica riconosce e favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale».

In tal modo è stata sancita espressamente l’autonomia dell’ordinamento sportivo e tracciata una linea di confine tra i territori rispettivamente riservati a tale ordinamento e ai suoi organi di giustizia e quelli nei quali è prescritto l’intervento della giurisdizione statale e del giudice amministrativo in particolare.

Tuttavia, anche dopo l’emanazione del decreto legge del 2003, tale linea è rimasta spesso incerta, come dimostrano le numerose divergenze interpretative che si riscontrano sia in dottrina che nella giurisprudenza amministrativa.

Nell’indagine sui rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento statale si deve partire da una considerazione di fondo: quella secondo cui la giustizia sportiva costituisce lo strumento di tutela per le ipotesi in cui si discute dell’applicazione delle regole sportive, mentre la giustizia statale è chiamata a risolvere le controversie che presentano rilevanza per l’ordinamento generale, concernendo la violazione di diritti soggettivi o di interessi legittimi.

Peraltro, l’autonomia dell’ordinamento sportivo non comporta la equiordinazione dello stesso a quello generale: l’ordinamento sportivo è pur sempre un ordinamento derivato da quello statale che, da un lato, lo riconosce come autonomo e, dall’altro, individua sia i casi di rilevanza che quelli di irrilevanza, rispetto all’ordinamento statale stesso, delle situazioni giuridiche soggettive connesse all’ordinamento sportivo.

Dove vi è irrilevanza (nelle ipotesi previste dall’art. 2, comma 1, che erano quattro e in sede di conversione si sono ridotte a due: materie tecniche e profili disciplinari) non è configurabile nessuna delle situazioni giuridiche soggettive tipiche dell’ordina­mento statale (diritti soggettivi e interessi legittimi): manca infatti la protezione, da parte dell’ordinamento stesso, sia diretta (che dà luogo al diritto soggettivo) che indiretta o occasionale (che rende configurabile l’interesse legittimo). In tali ipotesi si resta quindi nell’ambito dell’ordinamento sportivo, che appresta la relativa tutela secondo le forme e i meccanismi dallo stesso predisposti (è quanto prevede l’art. 2, comma 2).

Vi sono però altre situazioni giuridiche soggettive che, pur trovando la loro genesi nell’ordinamento sportivo, assumono rilevanza anche per l’ordinamento generale.

Si tratta di diritti soggettivi, in particolare quelli di natura patrimoniale, e di interessi legittimi, più volte riconosciuti dalla giurisprudenza. La loro tutela è affidata, dall’art. 3, comma 1, alla giurisdizione statale: al giudice ordinario per i rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti e al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, in tutti gli altri casi.

Con due precisazioni: da un lato, è imposto un presupposto processuale, consistente nel previo esaurimento dei rimedi interni alla giustizia sportiva (art. 3, comma 1, prima parte); dall’altro, è prevista la salvezza di quanto stabilito dalle clausole compromissorie previste dagli statuti e dai regolamenti degli Enti sportivi (art. 3, comma 1, ult. p.), che danno luogo all’arbitrato.

Sono da richiamare altre due importanti disposizioni del decreto legge, che prevedono, per le controversie demandate al giudice amministrativo, la competenza del Tar del Lazio (art. 3, comma 2) e un procedimento accelerato che si conclude con una sentenza succintamente motivata (art. 3, comma 3).

Il coronamento della descritta evoluzione in materia di giustizia sportiva si è avuto con il codice del processo amministrativo:

  1. a) l’art. 133, comma 1, lett. z) attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto atti del CONI e delle Federazioni sportive non riservate agli organi di giustizia dell’ordinamento sportivo ed escluse quelle inerenti ai rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti (che rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario);
  2. b) l’art. 135, comma 1, lett. g) prevede per le predette controversie la competenza funzionale inderogabile del Tar del Lazio, sede di Roma;
  3. c) l’art. 119, comma 1, lett. g) prevede il c.d. rito abbreviato per le controversie relative ai provvedimenti del CONI e delle Federazioni.

Sul d.l. n. 220/2003, come convertito nella legge n. 280, è intervenuta, a seguito della rimessione da parte del Tar del Lazio, la Corte costituzionale con la sentenza n. 49 del 2011, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata in relazione agli artt. 24 (sul quale si è soffermata la Corte), 103 e 113 Cost., sul rilievo – che è condivisibile ma non del tutto esaustivo di fronte alla approfondita motivazione dell’ordinanza di rimessione – che, anche nei casi in cui le controversie sono attribuite al giudice sportivo, permane comunque la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine al risarcimento del danno.

Tale conclusione è sicuramente corretta perché, non essendo proponibile dinanzi agli organi della giustizia sportiva la domanda risarcitoria, si creerebbe un vuoto di tutela, nel senso che i danni prodotti dai provvedimenti degli organi sportivi non sarebbero risarcibili anche quando incidono su situazioni giuridiche soggettive meritevoli di tutela secondo l’ordinamento generale (squalifiche di lunga durata, decadenza dalla carica, ecc.), verificandosi in tal modo una deroga all’applicazione dell’art. 2043 c.c., senza alcuna plausibile giustificazione e priva di espresso fondamento normativo.

Tuttavia, non può non rilevarsi che l’attribuzione della giurisdizione per il risarcimento del danno al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, come ha più volte affermato la Corte di Cassazione (che ha peraltro ritenuto che la questione non rientri fra quelle di giurisdizione ma sia di merito), comporta che lo stesso finisca per conoscere, nonostante la riserva a favore della giustizia sportiva, anche di questioni sportive – e, in particolare, di quelle relative alle sanzioni disciplinari – pur se in via incidentale e indiretta, potendo in tal modo verificarsi una contraddittorietà di giudicati tra le pronunce del giudice statale e quello del giudice sportivo.

Comunque, la strada che si è seguita deve essere considerata positivamente: da un lato, perché la giustizia sportiva non sia recessiva rispetto a quella ordinaria e non resti assorbita da questa e, dall’altro, per dare una tutela celere e effettiva alle situazioni dei soggetti dell’ordinamento sportivo, coniugando il primato dell’ordinamento generale con la specificità dell’ordinamento sportivo, che comporta il riconoscimento di un ambito rimesso ai giudici di tale ordinamento.


6. Conclusioni

Ho forse indugiato troppo sulla giustizia e sul giudice. Ma, da un lato, ho inteso segnalare gli aspetti più rilevanti del libro che presentiamo, che verte proprio sulla giustizia sportiva e, dall’altro, oltre mezzo secolo trascorsi nelle varie magistrature hanno plasmato in me una certa mentalità, facendomi capire che cosa è la giustizia e come deve essere il giudice.

La giustizia va considerata non come un potere da rafforzare, ma come un servizio da migliorare e da porre a disposizione non solo di coloro che chiedono tutela, ma anche delle amministrazioni e degli enti pubblici (compreso il CONI) che sono interessati alla verifica della legittimità del loro operato.

Il miglior giudice, di cui la società ha sempre auspicato di poter disporre, è quello la cui cultura è illuminata dal buon senso, dall’equilibrio, dall’umiltà, dalla disponibilità all’ascolto, dalla professionalità non disgiunta dal coraggio e dalla volontà di lavorare al servizio delle istituzioni e delle persone, e che infine, diversamente da quanto oggi purtroppo sovente avviene, non si faccia tentare dalle sirene dei media e della politica.

Ciò vale a mio avviso anche per la giustizia sportiva e per i giudici sportivi. Queste – e molte altre – suggestioni suscita il libro di Mario Sanino. Con il sincero apprezzamento per il suo lavoro, io credo che tutti debbano essergli riconoscenti, perché questa opera, con una trattazione esaustiva e coerente della non semplice materia, offre al lettore una visione chiara degli indirizzi valutativi e interpretativi della complessa disciplina; in tal modo essa onora gli studi giuridici e favorisce il progresso e i sempre maggiori successi dello sport italiano.


NOTE

* Il presente contributo trae spunto dall’intervento svolto in occasione della presentazione del volume di Mario Sanino, Giustizia sportiva, Wolters Kluver – CEDAM, 2016, che ha avuto luogo presso il CONI – Foro Italico, 23 novembre 2016.

[1] Mi piace ricordare che, giovanissimo magistrato ordinario, in servizio presso un tribunale di provincia, convinsi il Collegio di cui facevo parte ad affermare che l’arbitro di calcio potesse ritenersi pubblico ufficiale (ai fini dei reati di oltraggio e di resistenza). La sentenza, da me redatta, finì sui giornali e ricevette più critiche che apprezzamenti.

Fascicolo 1 - 2018