Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Giustizia sportiva e crisi della fattispecie* (di Alberto M. Gambino, Professore ordinario nell’Università Europea di Roma.)


The present work resumes and complements the report held at the conference «The state of sports justice in Italy. Presentation of the volume of Mario Sanino “Sport Justice”», held on November 23, 2016 at the CONI in Rome. The opportunity is welcome to dwell on the issues of sporting justice, with particular reference to the issue of illegal sport, the limits to the exercise of the deliberative power of the federation as well as the transferability of the sporting title.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. L’illecito sportivo - 3. Il potere deliberativo delle Federazioni - 4. Il trasferimento dell’azienda sportiva - 5. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

«Giustizia Sportiva» evoca un insieme di mezzi per la tutela di interessi, che si radicano in norme accomunate dal loro appartenere ad un ordinamento peculiare, speciale: l’ordinamento giuridico sportivo.

L’ordinamento sportivo, però, è «connotato dal carattere dell’autonomia ma non dell’autosufficienza, dunque necessariamente in rapporto di collegamento con il corrispondente ordinamento giuridico esprimente interessi collettivi (o con i corrispondenti ordinamenti giuridici esprimenti interessi collettivi)» [1]. La sua disciplina, in altri termini, non origina, dalla fonte statuale, ma quest’ultima condiziona il perimetro e alcuni contenuti delle disposizioni auto-regolative applicate dalla giustizia sportiva [2].

Così non è per la giustizia amministrativa, che evoca i mezzi che una legge dello Stato ha predisposto a tutela di interessi e situazioni giuridiche nei confronti della P.A. [3]; per la giustizia civile, i cui mezzi di tutela riguardano le leggi di diritto civile; per la giustizia penale, tributaria e così via. In generale, invece, una «giustizia privata» (nel senso lato di attività non giurisdizionale) ha dimora nel nostro ordinamento nei limiti in cui sia previsto il controllo dell’autorità giudiziaria sulle sue pronunce [4].

Il problema della giustizia sportiva sconta un’antinomia: un ordinamento definito dalle Federazioni Sportive Nazionali [5], soggetti con organizzazione propria a livello internazionale, ma sui quali si irradia una valenza pubblicistica per la loro partecipazione al Governo dello sport italiano, esercitato da un ente pubblico (il CONI): in ciò è insita la loro autarchia, ossia la titolarità di potestà pubblicistiche, con conseguenti poteri di autotutela (di annullamento o di revoca di atti amministrativi viziati), di convalida e ratifica. La metafora del Giano bifronte pare azzeccata [6].

L’antinomia è stata risolta così (è la legge 17 ottobre 2003, n. 280): i soggetti dell’ordinamento sportivo sono tenuti ad agire «in maniera conforme sia alle norme dell’ordinamento statale di riferimento, sia ai precetti dell’ordinamento sportivo internazionale con differente grado di autonomia o di dipendenza» [7]. Le parole utilizzate dal legislatore non sembrano casuali. Conformarsi significa adattarsi ad un modello, e i modelli cui fare riferimento sono due: le norme dell’ordinamento statale; i precetti dell’ordinamento sportivo. La norma è una regola di condotta di fonte statuale; il precetto – nell’ordinamento sportivo – è un comando contenuto nella disposizione di fonte convenzionale, ma che assume carattere vincolante anche per l’ordinamento dello Stato proprio in virtù del richiamo espresso di cui alla legge n. 280/2003 [8].

Può, dunque, accadere che allo stesso fatto sportivo vengano attribuiti valutazioni ed effetti giuridici diversi a seconda dell’ordinamento preso in considerazione.

Il sistema della giustizia sportiva, in altri termini, si confronta con il problema della fattispecie, cioè della disciplina dei fatti descritti nelle norme. Da un lato, rileva una fonte ordinamentale dal contenuto generale e astratto cui le condotte individuali devono conformarsi; dall’altro, le stesse condotte sono sottoposte al vaglio di organi giudicanti di settore che ne valutano la conformità ai precetti, appunto, dell’ordinamento sportivo.

Sulla base di questa premessa, ci si chiede, allora, entro quali limiti sia legittima una distanza «valoriale» – nel senso di diversità di criteri di giudizio – della giustizia sportiva da quella ordinaria, in forza dei suoi caratteri peculiari, segnati da specialità e funzione peculiare [9].

Tre fattispecie civilistiche forniscono un banco di comparazione tra l’ordinamento sportivo e gli altri ordinamenti; si tratta del fatto illecito [10], dell’autonomia negoziale con i relativi limiti e della circolazione dei diritti: categorie che dentro «il vincolo sportivo» si possono esemplificare, rispettivamente, nell’illecito sportivo, nel potere deliberativo delle Federazioni e nel trasferimento dell’azienda sportiva.


2. L’illecito sportivo

Con riferimento all’illecito sportivo, la questione maggiormente rilevante è l’ac­cer­tamento del fatto illecito nell’ambito della giustizia sportiva [11]. Come, in altri termini, nel processo sportivo si renda un fatto giuridicamente certo nella sua illiceità. Mentre si registra vasta letteratura in materia di responsabilità oggettiva delle associazioni/società sportive [12], arido è l’approfondimento sul profilo della colpa individuale del­l’atleta, tema che certamente interessa di più l’indagine [13]. È, infatti, intorno agli elementi della colpa individuale che emergono motivi di interesse alla comparazione, stante la matrice spiccatamente personale della responsabilità presente in entrambi gli ordinamenti, sportivo e civile.

I regolamenti di giustizia federali indicano modelli di condotta per gli affiliati e i tesserati della Federazione [14], cioè per qualsiasi soggetto che abbia deciso di appartenere a quell’ordinamento; modello che è ispirato – come si esprime il Regolamento della federazione che ha dato più materia al tema [15] – dai «principi della lealtà (fair play), della probità e della rettitudine sportiva […] con l’obbligo preminente di astenersi da ogni forma di illecito sportivo e di frode sportiva, dall’uso di sostanze vietate, dalla violenza sia fisica sia verbale, dalla commercializzazione e dalla corruzione» (art. 1, comma 2 del Regolamento di Giustizia del 2016 della Federazione Italiana Tennis [16]).

L’allontanamento dalla “condotta modello” da parte del tesserato comporta che questi risponderà delle infrazioni commesse a titolo di dolo o colpa (art. 2, comma 2, Reg. Giust. Fit). Non si tratta di un illecito di danno ma di pericolo, in quanto è sufficiente la condotta dolosa o colposa che possa mettere a repentaglio la genuinità del risultato sportivo [17].

La giurisprudenza sportiva non si appoggia, di conseguenza, ai criteri di imputazione propri della giurisprudenza penalistica delle Sezioni Unite e ai principi del processo penale: la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio; il giudizio illativo; la probabilità di grande verificabilità, tale da resistere a qualsiasi dubbio ragionevole. Si è formata, presso il CONI, da tempo risalente (Camera di conciliazione, TNAS, Alta Corte, Collegio di Garanzia) una giurisprudenza consolidata tale per cui il grado di prova richiesto, per ritenere sussistente una violazione, deve essere comunque superiore alla semplice valutazione della probabilità, ma inferiore all’esclusione di ogni ragionevole dubbio [18]. Tale principio, vigente nell’ordinamento sportivo, implica che, per analoghe fattispecie concrete, la giustizia sportiva si accontenti di un grado di certezza inferiore rispetto a quanto giudicato dalla giustizia ordinaria [19].


3. Il potere deliberativo delle Federazioni

Con riferimento al potere deliberativo delle Federazioni, sorge il problema dei limiti all’autonomia.

Vi sono clausole federali che, per finalità istituzionali, impediscono alle leghe e alle squadre di dare vita a competizioni europee parallele [20]. E la diffusione capillare di tali clausole si registra in quasi tutte le federazioni sportive, sia nazionali, sia internazionali, sicché è facile prevedere che, qualora i casi attualmente pendenti davanti alla Commissione Europea [21] dovessero sfociare in una decisione formale, gli effetti che ne scaturirebbero, al pari della sentenza Bosman [22], travalicherebbero la vicenda dei due pattinatori olandesi [23], aprendo nuovi scenari [24].

Il thema decidendum non riguarda tanto se le regole contestate perseguano obiettivi legittimi, quanto se tali regole siano inerenti e, soprattutto, proporzionate agli obiettivi perseguiti. Le regole possono riguardare la sicurezza o la salute dell’atleta, il mantenimento di unitarietà o l’efficienza dell’organizzazione delle competizioni, purché tali regole non siano anti-concorrenziali. Ma, con tutta evidenza, sono obiettivi la cui ragionevolezza e proporzionalità divergerà a seconda della specifica disciplina sportiva [25].


4. Il trasferimento dell’azienda sportiva

Con riferimento alla terza fattispecie, ovvero al trasferimento dell’azienda sportiva, uno dei profili di maggiore interesse riguarda il tema della cedibilità del c.d. titolo sportivo, definito come «l’insieme delle condizioni regolamentari che permettono alle società sportive la partecipazione ad un campionato ad iscrizione limitata, laddove concorrano tutti i requisiti previsti dalla norme federali» (delibera CONI del 2006, relativa ai «Principi generali in materia di cessione del titolo sportivo negli sport di squadra») [26]. In particolare, con riferimento agli sport di squadra, si prevede che il titolo sportivo non possa “costituire oggetto di valutazione economica o di cessione e ciò anche in caso di suo trasferimento nell’ambito delle operazioni di fusione” (art. 4, Principi generali CONI, cit.).

Nell’ambito delle singole federazioni, viene in rilievo l’art. 52 del NOIF [27], il quale prevede che il titolo sportivo in nessun caso può essere oggetto di cessione. Tale divieto assoluto viene poi contemperato con la previsione di alcune ipotesi di attribuzione istituzionalizzata del titolo sportivo nell’ambito di fusioni, conferimenti d’azienda, ecc.; ma proprio in tale ambito viene segnalato come le disposizioni contenute nelle Norme Organizzative federali siano integrate dalle prassi codificate nei regolamenti delle singole leghe e dei comitati regionali, specialmente in ambito dilettantistico, dove l’alto numero di associazioni sportive genera sovente fenomeni di fusione [28].

La medesima previsione di non cedibilità del titolo sportivo la si ritrova anche nel­l’ambito della FIP (Federazione Italiana Pallacanestro) [29], mentre nell’ambito della FIN (Federazione Italiana Nuoto) non è espressamente prevista la non cedibilità del titolo sportivo ma è comunque disciplinata la fusione tra società in maniera tale da impedire che il titolo sportivo possa circolare liberamente [30].

Ma di fronte a un panorama normativo che consente e disciplina la trasferibilità di un numero sempre maggiore di diritti [31], ci si chiede quali possano essere le ragioni giustificatrici di una simile limitazione. Forse ragioni di carattere morale, le quali implicano «che il titolo sportivo sia acquisito “sul campo” e non costituisca oggetto di scambio» [32]. Forse ragioni di ordine pubblico o, più correttamente, di ordine privato-pubblico-sociale [33].

Di segno contrario, invece, la scelta effettuata dalla Federazione Italiana Pallavolo, la quale, contraddicendo i dogmi CONI, disciplina e legittima espressamente la cessione volontaria del titolo sportivo [34]. Detta norma non si limita tuttavia al mero riconoscimento della cedibilità del titolo sportivo, ma disciplina compiutamente siffatta ipotesi, ponendo limiti atti a garantire la regolarità dei campionati. Così anche la Federazione Italiana Rugby, la quale ha ritenuto opportuno fare proprio detto principio e consacrarlo nel regolamento organico all’art. 4.


5. Conclusioni

Le tre fattispecie descritte offrono alcuni elementi per provare a rispondere al quesito circa la catalogazione in categoria autonoma della giustizia sportiva con criteri ispiratori devianti rispetto a quelli dell’ordinamento civile e ciò anche alla luce della direzione intrapresa dopo la recente riforma della giustizia sportiva.

Una prima parziale conclusione segnala come il carattere proprio della giustizia sportiva si contraddistingua sempre più per la varietà di interessi che connotano lo sport; diritti televisivi, scommesse, sponsorizzazioni ma anche sicurezza, fede pubblica, ruolo esemplare [35]. Interessi che si diversificano, quanto alla loro tenuità o rilevanza, a seconda della disciplina e dell’impatto della specifica disciplina sulla società. La cittadinanza sportiva, miscela di lealtà, probità, libertà di iniziativa, adeguatezza, non è, in altri termini, univoca. Si confronta con fattispecie giuridiche peculiari a pratiche sportive differenti. Fattispecie, come detto, ciascuna puntuale e precettiva.

La presa d’atto che le norme organizzative centrali delle singole federazioni ricevano integrazione dalla codificazione capillare delle prassi delle singole leghe che ad esse fanno capo, di guisa che l’elevato numero delle leghe dilettantistiche rispetto a quelle professionistiche [36] presentano una notevole varietà nel panorama della normativa sportiva, genera effetti problematici anche sulla presunta unitarietà della categoria «giustizia sportiva».

La riforma che ha assegnato al Collegio di Garanzia dello Sport del Coni la funzione di giudice di legittimità offre spunti a riguardo [37]. Gli orientamenti della giustizia sportiva federale si muovono entro le direttrici delle fattispecie misurate sui modelli sportivi delle singole discipline. Il Collegio di Garanzia ne prende atto e censura solo per violazione di norme e di motivazione, essendogli precluso il riesame del merito, come invece avveniva precedentemente con l’Alta Corte di giustizia e il Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport (TNAS) [38]. Al Collegio è assegnato, in altre parole, un ruolo di omogeneizzazione delle giurisprudenze federali entro i limiti della conformità dei «precetti» generali della giustizia sportiva.

Giurisprudenze federali e modello sportivo generale segnano, dunque, le une il nucleo, l’altro la corteccia, di una cittadinanza sportiva non solo generale, ma peculiare a ciascun ordinamento sportivo federale. Con una conseguente, pur sempre parziale, seconda conclusione: si dubita della tenuta di una categoria monolitica e unitaria di «giustizia sportiva», laddove una pluralità di archetipi di «giustizie sportive» [39] appare sempre più adatta a recuperare quella centralità della fattispecie, atta a dare autonomia di giudizio agli organi di giustizia federali di singole discipline sportive [40]. Un esito che così recupera – nei limiti del ricordato ruolo di omogeneizzazione in termini di legittimità del Collegio di garanzia – in capo agli ordinamenti speciali una «rivincita» di metodo nel suo disallineamento sistemico con quanto avviene sempre più spesso nella giurisdizione ordinaria.


NOTE

* Lo scritto riprende e integra la relazione tenuta al convegno «Lo stato della giustizia sportiva in Italia. Presentazione del volume di Mario Sanino “Giustizia sportiva”», svoltosi il 23 novembre 2016 presso il CONI a Roma. Sul carattere evocativo della seconda parte del titolo, v. N. Irti, La crisi della fattispecie, in Riv. dir. proc., 2014, 1, p. 36 ss.

[1] Così M. Sanino, Giustizia sportiva, Padova, 2016, p. 8; ma v. anche M. Sanino, F. Verde, Il diritto sportivo, Padova, 2015; per alcuni interessanti rilievi sul rapporto tra l’ordinamento giuridico sportivo e quello statuale cfr. sin d’ora P. Sandulli, Osservazioni sui limiti della giustizia sportiva rispetto alla giurisdizione statale, in questa Rivista, 2017, I, p. 128 ss.; sull’integrazione dell’ordinamento giuridico sportivo con quello civilistico (e in particolare processual-civilistico) v. M.P. Pignalosa, Questioni al vaglio delle Sezioni Unite del Collegio di Garanzia dello Sport: natura e decorrenza del termine di cui all’art. 32 ter, comma 4, del Codice della Giustizia Sportiva FIGG nel procedimento disciplinare di deferimento con pluralità di indagati, e M. Annunziata, Decorrenza e natura del termine previsto dal Codice di Giustizia Sportiva per l’esercizio dell’azione disciplinare (note a Collegio di Garanzia dello Sport, sez. un., decisione n. 25/2017, prot. n. 305/2017), in questa Rivista, 2017, I, p. 159 ss.

[2] M. Sanino (La situazione della giustizia sportiva a quattro anni dalla riforma, in questa Rivista, 2017, II, p. 329), anche all’esito dei recenti interventi «conformativi» della giustizia amministrativa, riconosce come la natura di tale ordinamento rappresenti «una tipica ipotesi di ordinamento settoriale, attesa la sua matrice internazionalistica e la avvertita necessità di assicurare risoluzione alla specifica conflittualità nascente all’interno», rilevando, tuttavia, come tale autonomia sia «ad ogni modo temperata dall’e­ven­tuale rilevanza di situazioni soggettive all’interno dell’apparato amministrativo statale, anche contestualmente allo svolgimento dell’attività sportiva».

[3] Cfr. L. Torchia, La dinamica del diritto amministrativo, Bologna, 2017, passim, ma spec. p. 11 ss.

[4] Si veda, da ultimo, il contributo di R. Montinaro, Fonti private di produzione normativa e mercato, in Nuovo diritto civile, 2017, 2, p. 29 ss., spec. p. 42 ss.

[5] Individuate analiticamente all’art. 15 del d.lgs. 23 luglio 1999, n. 242 (c.d. decreto Melandri), così come modificato dal d.lgs. 8 gennaio 2004 (c.d. decreto Pescante); v. L. Ferrara, F. Orso, Il Codice di giustizia del CONI tra omogeneizzazione procedurale e autonomia federale, in questa Rivista, 2015, I, p. 5 ss.; A. Bonafine, La giurisdizione statale e quella sportiva: il sistema di riparto alla luce della sentenza del Consiglio di Stato n. 3958/2014, in questa Rivista, 2015, I, p. 164 ss.; A. Averardi, Tra Stato e società: le federazioni sportive nel perimetro mobile delle amministrazioni pubbliche, in questa Rivista, 2016, I, p. 39 ss.; cfr. M. Proto, Elezione alla presidenza federale successiva al secondo mandato: norme e criterî interpretativi, in questa Rivista, 2017, I, p. 58 ss., e P. Garraffa, Il mandato sportivo, tra “deregulation” dell’ordinamento sportivo, normativa statale e ordinamento comunitario, in questa Rivista, 2017, I, p. 19 ss., il quale rileva come «la stessa giurisprudenza di legittimità ha affermato […] che le norme federali, pur richiamate da disposizioni di “rango” statale, sono norme di diritto privato che – in quanto tali – esplicano i propri effetti solo tra soggetti appartenenti all’ordinamento sportivo»; per un approfondimento di carattere sistematico si veda N. Irti, Codice civile e società politica, 8a ed., Milano, 2007, e Id., Società civile, elementi per un’analisi di diritto privato, Milano, 1992.

[6] V. F.P. Luiso, La Giustizia Sportiva, Milano, 1975, p. 90 ss., e S. Cassese, Sulla natura giuridica delle federazioni sportive e sull’applicazione ad esse della disciplina del parastato, in questa Rivista, 1979, p. 117 ss.; v. anche il ragionamento e le conclusioni di M.P. Pignalosa, Ordinamento sportivo e fonti private, in Jus civ., 2017, VI, p. 646 ss., circa la natura dei regolamenti delle federazioni sportive tra autonomia privata e interesse generale.

[7] Cfr. M. Sanino, Giustizia sportiva, cit., p. 16.

[8] V. le conclusioni di P. Sandulli, Osservazioni sui limiti della giustizia sportiva rispetto alla giurisdizione statale, cit., pp. 139-140, secondo il quale, «sul rilievo che, in base alla legge n. 280 del 2003, appare ormai evidentemente superato un vincolo di giustizia che abbia ad oggetto materie diverse da quelle contenute nelle lettere a e b del primo comma dell’articolo 2 di detta norma, è auspicabile che il CONI […] prenda atto di questa situazione, imponendo, alle Federazioni ed alle altre discipline sportive associate […] l’inserimento, nei diversi statuti, di clausole inerenti al vincolo di giustizia che siano in linea con la normativa statale. […] L’auspicato intervento chiarificatore del CONI potrebbe porre fine alle sempre più frequenti invasioni di campo operate dalla giustizia amministrativa. Giungendo, in tal modo, alla piena individuazione della tutela che discende dalle vicende sportive, nonché ad un corretto riparto di essa, sulla strada che porta a disegnare regole certe ed un sistema di tutela sempre più improntato alle regole del giusto processo sportivo. Solo così sarà possibile, per il futuro, continuare a garantire l’autonomia del sistema della giustizia sportiva in uno con la possibilità di ottenere, nei casi previsti dell’articolo 3, della legge 280/03, la tutela da parte dei giudici statali».

[9] Cfr. A. Merone, La giustizia sportiva nell’aspetto giurisdizionale, in Il diritto dello sport, suppl. al vol. XXXVIII-6/2006, in Giur. merito, 2006, nonché Id., Il Tribunale arbitrale dello sport, Torino, 2009; sul riparto di giurisdizione tra giudice sportivo e giudice amministrativo v. A. Buonfino, Profili risarcitori nel procedimento disciplinare sportivo e giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in questa Rivista, 2016, I, p. 56 ss.; A.E. Basilico, La riforma della giustizia sportiva, in Riv. dir. amm., 2014, VI, p. 647 ss.

[10] V. C. Castronovo, Pluralità degli ordinamenti, autonomia sportiva e responsabilità civile, in Europa e dir. priv., 2008, III, p. 545 ss.

[11] Si veda S. Papa, Alcune riflessioni sull’organizzazione e sui principi ispiratori della giustizia domestica operante nell’ordinamento sportivo, in L’Europa e lo sport. Profili giuridici, economici e sociali, a cura di S. Bastianon, Torino, 2014, p. 113 ss.

[12] Per un approfondimento in tema di valutazione della responsabilità delle società sportive, v. M. Vigna, Attenuanti e responsabilità oggettiva delle società nei casi di match-fixing: stiamo sbagliando strada? Analisi dei casi Novara e Pro Patria, in questa Rivista, 2017, I, p. 45 ss.; v. anche L. Quaresimale, Evento sportivo e responsabilità civile dell’organizzatore, in questa Rivista, 2016, II, p. 178 ss.; M. Serio, Il processo disciplinare sportivo: rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento statale, in Europa e dir. priv., 2009, 3, p. 773.

[13] V. sul punto l’intervento di M. Orlandi, L’accertamento dei fatti e il diritto al contraddittorio, al convegno “Il Giusto processo sportivo”, tenutosi a Roma il 3 dicembre 2015, presso il CONI, video su http://www.rivistadirittosportivo.coni.it/it/rivista-di-diritto-sportivo-dottr/dottrina/11073-il-giusto-processo-sportivo.

[14] Sul tesseramento v. V. Occorsio, Il rapporto di tesseramento nel diritto sportivo. Tra documento e status, in questa Rivista, 2017, I, p. 192 ss.

[15] Cfr. la decisione della Corte federale di Appello FIT, 10 ottobre 2015, n. 16, attinente ad un illecito sportivo e in cui le prove – rappresentazioni – erano intercettazioni, e la relativa decisione nel giudizio di impugnazione presso il Collegio di Garanzia dello Sport, SS.UU., 16 dicembre 2015, n. 6, in http://www.coni.it/images/collegiodigaranzia/2016/Decisione_n._6-2016_-_ricorsi_n._90-2015_-_92-2015_-_PGS-FIT-_Starace_-_Bracciali.pdf.

[16] Analoghe previsioni sono contenute nei Regolamenti di Giustizia di altre Federazioni sportive. V. ex multis, l’art. 1 del Regolamento di Giustizia e Disciplina della Federazione Italiana Bocce; l’art. 2 del Regolamento di Giustizia della Federazione Italiana Pallacanestro.

[17] La tutela del diritto e la sanzione della condotta sono quindi anticipate al momento in cui la condotta mette in pericolo il diritto, a prescindere se quest’ultimo venga poi leso.

[18] Cfr. la breve sintesi di L. Musumarra, Giustizia sportiva e standard probatorio, in Persona e danno, 17/10/2012 in https://www.personaedanno.it/articolo/giustizia-sportiva-e-standard-probatorio-lina-musumarra.

[19] V. Corte di giustizia Federale FIGC, SS.UU., decisione 23 agosto 2012; v. anche la decisione del Collegio di Garanzia dello Sport., SS.UU., 19 dicembre 2017, n. 93, in http://www.coni.it/images/­collegio­digaranzia/­Decisione_93-2017_-_Ric._99-2017_-_DEboli-FIGC_-_Copia.pdf; cfr. S. Venturi, Giustizia tecnica e disciplinare nell’alveo della giurisdizione esclusiva del giudice sportivo: armonie e disarmonie tra ordinamenti sportivo e statale, in Rass. dir. econom. dello sport, 2012, II, p. 83 ss.

[20] V., da ultimo, il caso della Federazione Italiana Pallacanestro in Consiglio federale a Roma. La revoca delle deleghe alla Lega di Serie A, la diffida dalla partecipazione ai campionati non riconosciuti da FIBA e FIP, 22 marzo 2016, in www.fip.it/news.asp?IDNews=8998; sul punto v. S. Bastianon, Le federazioni e il mercato dell’organizzazione degli eventi sportivi, in questa Rivista, 2016, I, p. 67 ss.

[21] V. Euroleague Basketball presents a complaint before the European Commission against FIBA and FIBA Europe, in www.euroleaguebasketball.net; FIBA files complaint against Euroleague, in www.fiba.com.

[22] Corte giust. UE, 15 dicembre 1995, causa C-415/93, URBSFA c. Bosman, in http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:61993CJ0415&from=IT.

[23] European Commission – Press release, Antitrust: Commission opens formal investigation into International Skating Union’s elegibility rules, Brussels, 5 October 2015.

[24] Si veda L. Ferrara, F. Orso, op. cit., p. 5 ss.

[25] In tema si rinvia per completezza al saggio di M. Granieri, Una lettura alternativa circa l’ar­gomento della specificità dell’attività sportiva alla luce delle norme di concorrenza in Europa, in questo stesso numero della Rivista, 2018, I, pp. 29-44.

[26] Deliberazione del Consiglio Nazionale n. 1344 del 23 ottobre 2006.

[27] Norme Organizzative Interne della FIGC; cfr. V. Occorsio, Fusioni, scissioni e conferimenti d’azienda di società calcistiche: il regolamento speciale delle norme interne di federazione (NOIF), in questa Rivista, 2016, I, p. 3 ss.

[28] V. sempre V. Occorsio, op. ult. cit., p. 10.

[29] Art. 128, comma 2, Regolamento Organico della Federazione Italiana Pallacanestro.

[30] Art. 9, Regolamento Organico della Federazione Italiana Nuoto.

[31] Si pensi al trasferimento dei certificati verdi, cioè l’energia rinnovabile immessa nell’ambiente.

[32] V. Occorsio, Fusioni, scissioni ecc., cit., p. 9.

[33] Rileva sempre V. Occorsio, op. ult. cit., p. 10, che la non cedibilità del solo titolo sportivo è coerente con la ratio del sistema, tesa ad assicurare la “conservazione unitaria” di tutte le componenti dell’azienda sportiva nelle vicende circolatorie o successorie.

[34] V. art. 16, Regolamento Affiliazione e Tesseramento della Federazione Italiana Pallavolo.

[35] R. Chieppa, Sport, diritto sportivo, giochi d’azzardo e scommesse sportive, sponsorizzazioni, rischi e attrazioni, alterazioni o manipolazioni delle competizioni sportive, in questa Rivista, 2017, II (cit., pp. 21-22 del manoscritto) segnala, con vivida efficacia come «la complessità del fenomeno sportivo e la contiguità con interessi economici e di ordine contrattuale e patrimoniale, esige una estrema attenzione a difendere i principi di lealtà e correttezza, propri della natura dell’attività sportiva, e di dare ogni impulso a tutte le iniziative dirette a difendere lo sport da quelle interferenze esterne, che possono alterare il valore e l’efficacia sociale dello sport, con effetti di decadenza dello stesso sport. Il rischio di interferenze esterne va attentamente monitorato ed efficacemente prevenuto in quei collegamenti ad alcuni interessi economici contigui in attività, spesso ai margini della legalità o tipicamente illegali (scommesse, specie quelle clandestine e/o a livello incontrollato in particolari transnazionale) o, in modo sempre più grave, commiste ad iniziative con aspetti criminosi (c.d. combine e alterazioni o manipolazioni delle competizioni sportive, ovvero occasione per usura o azioni intimidatorie a carattere di criminalità organizzata)».

[36] Come noto, le leghe di professionisti sono solamente sei e distribuite tra la Federazione Italiana Gioco Calcio, la Federazione Pugilistica Italiana, la Federazione Ciclistica Italiana, la Federazione Motociclistica Italiana, la Federazione Italiana Golf e la Federazione Italiana Pallacanestro. Cfr. M. Serio, Riorganizzazione del Sistema di Giustizia Sportiva e funzione nomofilattica delle Corti Federali di ultima istanza, in Nuove autonomie, fascicolo I, 2010, pp. 55-68.

[37] V. art. 12-bis, comma 2, Statuto CONI, modificato con deliberazione n. 1549 – art. 2, comma 4 – del 4 maggio 2016.

[38] Sicché, nell’attuale sistema della giustizia sportiva, le caratteristiche tipiche dell’arbitrato sportivo residuano nel solo panorama dell’arbitrato internazionale dello sport (su cui si rinvia a A.M. Gambino, Princìpi e prassi dell’arbitrato sportivo, in questa Rivista, 2017, I, p. 120 ss.).

[39] Una ulteriore distinzione tra giustizie sportive è fatta da L. Colantuoni, Diritto sportivo, Torino, 2009, il quale distingue la giustizia sportiva in giustizia tecnica, giustizia disciplinare, giustizia economica e giustizia amministrativa.

[40] Una sorte di diritto sub-frazionato, sulla cui dinamica si rimanda a N. Irti, “Codici di settore”: compimento della ‘decodificazione’, in M.A. Sandulli (a cura di), Codificazione, semplificazione e qualità delle regole, Milano, 2005, p. 17 ss.

Fascicolo 1 - 2018