Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Analisi critica alla luce del principio di neutralità dello Sport (di Laura Santoro, Professoressa ordinaria di Diritto privato e Diritto sportivo nell'Università degli Studi di Palermo )


Il presente contributo analizza la portata dei provvedimenti assunti dalle Federazioni sportive internazionali, sulla scia delle raccomandazioni del CIO a seguito della condanna della Russia per la violazione della tregua olimpica, di cancellazione degli eventi sportivi programmati in Russia e Bielorussia e di esclusione delle rappresentative nazionali e delle squadre, oltre che degli atleti ed ufficiali di gara, russi e bielorussi da tutte le competizioni sportive internazionali. Sulla base delle fonti normative e della giurisprudenza del TAS, si esamina criticamente il contenuto del principio di neutralità, in accostamento al principio di autonomia dello sport, da un lato, ed al principio di non discriminazione, dall’altro, alla ricerca di una definizione del principio di neutralità ed alla delimitazione della sua portata, nella duplice direzione in cui esso opera: dall’ordinamento sportivo verso l’esterno e dall’esterno verso l’ordinamento sportivo. I risultati dell’analisi conducono a svolgere considerazioni critiche nei riguardi dei provvedimenti assunti dagli organismi sportivi internazionali di esclusione dei singoli atleti e delle squadre che non siano rappresentative nazionali.

“Sports sanctions” in the context of the war emergency. Critical analysis in the light of the principle of neutrality of Sport

The paper analyzes the extent of the measures taken by the international sports federations, in the wake of the recommendations of the IOC following the condemnation of Russia for the violation of the Olympic truce, with specific regard to the cancellation of sporting events scheduled in Russia and Belarus and the exclusion of national and of teams, as well as athletes and match officials, Russians and Belarusians from all international sporting competitions. On the basis of the normative sources and the jurisprudence of the CAS, the content of the principle of neutrality is critically examined, in combination with the principle of autonomy of sport, on the one hand, and the principle of non-discrimination, on the other, in search of a definition of the principle of neutrality and the delimitation of its scope, in the twofold direction in which it operates: from the sports organization towards the outside and from the outside towards the sports organization. The results of the analysis lead to critical considerations regarding the measures taken by international sports organizations for the exclusion of individual athletes and teams that are not national representatives.

SOMMARIO:

1. La risposta dell’ordinamento sportivo all’invasione russa - 2. La correlazione tra i principi di autonomia e di neutralità dello sport - 3. Analisi del principio di neutralità dello sport: profili di criticità - 4. Alla ricerca di una definizione del principio di neutralità dello sport - 5. I pronunciamenti del TAS sul principio di neutralità dello sport - 6. Considerazioni conclusive - Appendice - NOTE


1. La risposta dell’ordinamento sportivo all’invasione russa

Lo stesso giorno dell’invasione del territorio dell’Ucraina da parte delle forze militari russe, il 24 febbraio 2022, il CIO, per bocca del suo Presidente, diffonde una dichiarazione di aperta condanna giustificata sulla base della “violazione della tregua olimpica” [1]. Va, in proposito, ricordato che la tregua olimpica, ripristinata nel 1992 sulla falsariga dell’omonimo istituto dell’antica Grecia, viene deliberata prima di ogni edizione dei Giochi olimpici dall’assemblea generale dell’ONU ed ha vigore dal settimo giorno antecedente all’apertura delle Olimpiadi sino al settimo giorno successivo alla chiusura delle Paralimpiadi. Al momento dell’invasione russa, quindi, le Olimpiadi si erano appena concluse da quattro giorni e si attendeva, da lì a poco, l’inau­gurazione delle Paralimpiadi, fissata al 4 marzo 2022. La cronologia degli eventi sopra richiamati lascia intendere che il Presidente Vladimir Putin abbia tenuto in debita considerazione la celebrazione delle Olimpiadi e non parimenti delle Paralimpiadi, ritenute forse di non egual valore sotto il profilo simbolico e mediatico, nonostante i maggiori successi conseguiti nella storia dalla Federazione Russa nelle Paralimpiadi invernali rispetto alle Olimpiadi invernali, come attestato dal confronto dei rispettivi medaglieri [2]. Già durante la celebrazione delle Olimpiadi, tuttavia, la Federazione Russa aveva manifestato l’intenzione di estendere il suo controllo politico entro i confini dell’Ucraina dopo che il 15 febbraio la Duma all’unanimità aveva votato il riconoscimento dell’indipendenza delle autoproclamate “Repubbliche di Donetsk e Luhansk”, cui aveva fatto seguito, proprio il giorno prima dell’invasione russa, l’approvazione, da parte del Consiglio dell’Unione Europea, dei Regolamenti nn. 260 e 261 con i quali venivano adottate sanzioni economiche contro la Federazione Russa concernenti i settori finanziario, dell’energia e dei trasporti, nonché il controllo e il finanziamento delle esportazioni e la politica in materia di visti, che si andavano a sommare alle sanzioni già introdotte a far data dal 4 marzo 2014 in risposta alla annessione della Crimea e di Sebastopoli all’indomani della Rivoluzione di Maidan [3].

Alla dichiarazione di condanna del Presidente Thomas Bach segue, il giorno successivo, il comunicato del Comitato esecutivo del CIO [4] con il quale si invitano tutte le Federazioni internazionali, in ragione dell’intervenuta violazione della tregua olimpica, a riallocare o cancellare gli eventi sportivi programmati in Russia e Bielorussia e a garantire assoluta priorità alla salute e sicurezza degli atleti; al contempo, si stabilisce che non siano esposte le bandiere, né suonati gli inni della Russia e Bielorussia in tutti gli eventi sportivi internazionali rispetto ai quali non siano già vigenti le sanzioni applicate dalla WADA nel 2019 nei confronti della Russia per la nota vicenda del doping di Stato e, infine, viene espresso da parte del CIO pieno supporto al Comitato Internazionale Paralimpico in vista dell’imminente avvio delle Paralimpiadi di Pechino 2022.

A seguito del comunicato del CIO sopra detto, in pari data, viene deciso dai rispettivi organismi sportivi internazionali il trasferimento della finale della UEFA Champions League da San Pietroburgo a Parigi, la cancellazione della tappa del Gran Premio di Formula 1 in programma a Soči dal 23 al 25 settembre 2022, l’annullamento, da parte della FIS, di tutte le gare di Coppa del mondo delle discipline sportive invernali già programmate in Russia, così come pure lo spostamento ad altra sede della 44ª edizione delle Olimpiadi di scacchi in calendario a Mosca dal 26 luglio all’8 agosto 2022.

Un provvedimento ancora più incisivo viene assunto dal CIO tre giorni dopo, il 28 febbraio, allorché viene raccomandata l’esclusione degli atleti ed ufficiali di gara russi e bielorussi da tutte le competizioni sportive internazionali.

Il percorso argomentativo che conduce a tale determinazione è complesso e merita di essere richiamato. Il CIO, in proposito, afferma che «Il Movimento olimpico è compatto nella sua missione di contribuire alla pace attraverso lo sport e di unire il mondo in una competizione pacifica al di là di ogni disputa politica. I Giochi olimpici, le Paralimpiadi, i campionati e le coppe del mondo, così come molti altri eventi sportivi, uniscono atleti di Paesi che si trovano in conflitto e talvolta persino in guerra. Allo stesso tempo il Movimento olimpico è compatto nel ritenere giusto che gli atleti non vengano puniti per le decisioni dei loro governanti, se essi non partecipino attivamente alle stesse» («if they are not actively participating») e, in questo senso, il CIO è «impegnato a garantire eque competizioni per tutti senza alcuna discriminazione (…). Tuttavia, la guerra in Ucraina pone il Movimento olimpico in un grave dilemma» poiché, «mentre gli atleti russi e bielorussi possono continuare a partecipare agli eventi sportivi, molti atleti ucraini ne sono impediti a causa della invasione russa». Le superiori considerazioni conducono, quindi, il CIO alla decisione, a cuor pesante (“with heavy hearth”), motivata dalla necessità «di proteggere l’integrità delle competizioni sportive e la sicurezza di tutti i partecipanti», di invitare tutte le Federazioni e gli organizzatori di eventi sportivi internazionali ad escludere gli atleti e gli ufficiali di gara russi e bielorussi da tutte le competizioni internazionali, ovvero, laddove ciò non sia possibile per ragioni organizzative a causa del breve preavviso, a far sì che gli atleti e gli ufficiali di gara russi e bielorussi partecipino sotto insegne neutrali e nessun simbolo nazionale, bandiera, vessillo o inno russi o bielorussi sia esposto, lasciando comunque alle stesse Federazioni, «nelle ipotesi limite in cui le azioni sopradette non siano attuabili per ragioni di ordine giuridico o organizzativo», il compito di rinvenire soluzioni atte a risolvere il dilemma prospettato. Da ultimo, viene deliberato di revocare le onorificenze olimpiche già conferite a Putin e agli oligarchi Dmitry Chernyshenko e Dmitry Kozak [5].

Mentre quest’ultima misura, unitamente a quelle consistenti nella cancellazione degli eventi sportivi in programma in Russia e Bielorussia e nel divieto di esporne i simboli nazionali, vengono presentate come vere e proprie «sanzioni per la violazione della tregua olimpica», l’esclusione degli atleti viene, invece, giustificata come «misura protettiva dell’integrità delle competizioni sportive e della sicurezza dei partecipanti», in risposta alle espresse dichiarazioni, seguite subito dopo l’invasione della Ucraina da parte della Russia, con cui alcune Federazioni internazionali annunciavano l’in­ten­zione di boicottare le competizioni sportive in cui fossero impegnati atleti o squadre del Paese invasore o del suo principale alleato [6].

Il 3 marzo 2022, il giorno prima dell’inizio delle Paralimpiadi, il Presidente del Comitato internazionale Paralimpico (IPC), Andrew Parsons, richiamando in premessa il principio di neutralità dello sport e la necessità di garantire la sicurezza degli atleti che poteva risultare compromessa dal clima di tensione instauratosi nel villaggio olimpico, comunica la decisione di escludere gli atleti russi e bielorussi dalle Paralimpiadi, sull’assunto che «è dovere del Movimento paralimpico di garantire lo svolgimento delle Paralimpiadi assicurando che nella pratica dello sport prevalga lo spirito del fairplay, sia bandita ogni forma di violenza (…) e vengano rispettati i principi etici fondamentali» e, in conclusione, rivolgendosi direttamente agli atleti coinvolti, addebita quanto deciso nei loro confronti alla responsabilità dei loro governanti («To the Para athletes from the impacted countries, we are very sorry that you are affected by the decisions your governments took last week in breaching the Olympic Truce. You are victims of your governments’ actions») [7].

Al comunicato del CIO segue la pronta risposta da parte delle Federazioni internazionali le quali tutte, salvo poche eccezioni, adottano provvedimenti in totale aderenza alle raccomandazioni espresse dai vertici del Movimento olimpico e di quello paralimpico, escludendo dalle competizioni internazionali non soltanto le rappresentative nazionali di Russia e Bielorussia, bensì anche le affiliate ed i tesserati alle federazioni sportive di detti Paesi. Tra le Federazioni che assumono provvedimenti non totalmente in aderenza alle raccomandazioni del CIO e dell’IPC, possono distinguersi quelle che hanno limitato il provvedimento di esclusione alle sole rappresentative nazionali e quelle che, assumendo una posizione intermedia, hanno, invece, escluso tutte le squadre russe e bielorusse, oltre che le rappresentative nazionali, ma non anche i singoli atleti, ammessi a partecipare, ma sotto insegne neutrali [8].


2. La correlazione tra i principi di autonomia e di neutralità dello sport

La diversità di posizioni assunte dalle Federazioni sportive internazionali non deve destare stupore; essa, infatti, è testimonianza della autonomia di cui le stesse Federazioni sono titolari nella regolamentazione e organizzazione delle attività sportive dalle stesse rappresentate. Sul presupposto, per l’appunto, dell’autonomia delle Federazioni sportive, il TAS, nel giudizio arbitrale promosso dalla Federazione calcistica Russa contro la FIFA per l’annullamento della delibera da questa assunta in merito all’e­sclusione della prima da tutte le competizioni internazionali sotto l’egida della stessa FIFA, sul quale più sotto si dirà, ha espressamente riconosciuto che la Federazione internazionale “did not require an order from the IOC or another international organisation such as the United Nations to provide it with the competence to act, because the competence already existed within its own Statutes and regulations” [9].

D’altra parte, è sempre in applicazione del principio di autonomia dello sport che, sul piano dei rapporti internazionali tra l’istituzione del CIO, da una parte, e gli Stati nazionali, dall’altra, il primo, ai sensi del punto 27.9 del capitolo 4 della Carta olimpica, ha la facoltà di sospendere o ritirare il riconoscimento dei comitati olimpici nazionali se «la costituzione, la legge o altri regolamenti in vigore nel paese interessato, o l’azione da parte di qualsiasi organo governativo o altro ostacola l’attività del comitato o la realizzazione o l’espressione della sua volontà», al fine di proteggere l’autonomia dell’intero Movimento olimpico.

Nell’affermare il principio di autonomia dello sport, la Carta Olimpica, al contempo, sull’assunto che le istituzioni rappresentative dello sport operano all’interno del contesto sociale, sancisce, sul piano dei rapporti esterni con i soggetti istituzionali, il principio di neutralità politica e, sul piano dei rapporti interni con i propri tesserati ed affiliati, il principio di non discriminazione per motivi «di razza, colore, sesso, orientamento sessuale, lingua, religione, opinioni politiche, etnia, classe sociale, censo, nascita o altro status».

In questa prospettiva di osservazione, i principi di neutralità politica e di non discriminazione divengono tratti caratteristici dell’ordinamento sportivo, che lo colorano quale società libera, multietnica, aperta alle minoranze, portatrice di valori che si rispecchiano nelle libertà delle Costituzioni democratiche.

Non è un caso, infatti, che il principio di autonomia dello sport, quello di neutralità e quello di non discriminazione si trovino enunciati nella Carta Olimpica tra i Principi fondamentali dell’Olimpismo, i primi due in accostamento tra loro, nel punto 5, ed il terzo nel punto immediatamente seguente, in connessione logica con i primi due [10]. Così pure, negli Statuti e nei regolamenti delle Federazioni internazionali i due principi sopra detti si rinvengono sovente enunciati in disposizioni collocate tra loro vicine [11]; talvolta è dato ritrovarli all’interno della medesima disposizione [12], ovvero, altre volte ancora, si trovano enunciati l’uno nello Statuto, e l’altro nel Codice etico [13].

La lettura del principio di neutralità in accostamento al principio di autonomia dello sport sta a significare, dunque, il divieto di ingerenze dall’esterno nell’ordinamento sportivo e, al contempo, il contenimento dell’azione di governo dello sport entro i fini propri dello stesso ordinamento sportivo. In altri termini, la neutralità dello sport giova a spiegare la impermeabilità dell’ordinamento sportivo rispetto alle vicende di ordine politico che toccano gli Stati.

Questa impermeabilità, invero, appare talvolta messa a dura prova allorché, ad esempio, da parte di alcuni Stati, in opposizione ad altri, si cerca di impiegare i Giochi olimpici per finalità di ordine politico minacciando o, addirittura, attuando il boicottaggio delle proprie rappresentative nazionali [14].

I principi di autonomia e di neutralità dello sport divengono particolarmente densi di significato in termini diplomatici, nonché carichi di efficacia sul piano pratico, quando i comitati olimpici nazionali sono in balia di governi autocratici, per i quali le affermazioni sportive rappresentano sostanzialmente espressioni di propaganda politica.

Essi assumono, tuttavia, particolare rilievo, anche in presenza di sistemi di governo improntati a regole di democrazia, ogni qual volta si sia in presenza della regolamentazione di medesimi aspetti del settore dello sport, sia da parte dell’ordinamento statale che da parte dell’ordinamento sportivo, con una contrapposizione tra regole che, alla prova dei fatti, si rivelano inconciliabili tra loro. Ed è dato constatare in ipotesi siffatte come sovente, sulla base dei contingenti rapporti di forza tra i menzionati ordinamenti, l’ordinamento statale ceda il passo e venga, addirittura, costretto a modificare proprie disposizioni normative per renderle compatibili con le regole dello sport [15].


3. Analisi del principio di neutralità dello sport: profili di criticità

Come declamato in apertura della Carta Olimpica, l’Olimpismo è una filosofia di vita, il cui scopo è mettere lo sport al servizio dello sviluppo armonico dell’umanità al fine di promuovere una società pacifica attenta alla conservazione della dignità umana, e per tale via lo sport viene riconosciuto come un diritto individuale.

Parimenti il fine del Movimento olimpico, quale sommatoria di tutti gli elementi, soggettivi e oggettivi, che lo compongono [16], consiste nel «contribuire alla costruzione di un mondo pacifico e migliore mediante l’educazione dei giovani attraverso lo sport in conformità ai valori dell’Olimpismo».

La missione e il ruolo del CIO, ai sensi della Regola 2 della Carta Olimpica, comprendono, per ciò che interessa specificamente il tema del presente contributo, il «bandire la violenza» (comma 1), «incoraggiare e supportare lo sviluppo, l’organiz­zazione e il coordinamento dello sport e delle competizioni sportive» (comma 2), «assicurare la regolare celebrazione dei Giochi» (comma 3), «promuovere la pace» (comma 4), «promuovere la neutralità politica e l’autonomia dello sport» (comma 5), «agire contro ogni forma di discriminazione con riguardo», tra l’altro, alle «opinioni politiche» (comma 6).

Il principio di neutralità politica dello sport è declinato nel prosieguo della Carta olimpica nella Regola 44, comma 4, che reca il divieto di esclusione dai Giochi olimpici per motivi, tra gli altri, di carattere politico, nella Regola 50, comma 2, che vieta qualsiasi forma di manifestazione o propaganda politica, religiosa o razziale nei siti olimpici e nella Regola 55, comma 3, che fa divieto ai capi di Stato e ad ogni altra autorità o esponente politico di prendere la parola nel contesto dei Giochi olimpici per l’intero periodo di loro svolgimento, salvo che in occasione della dichiarazione ufficiale di apertura che spetta al capo di Stato del Paese ospitante, il cui contenuto, peraltro, è specificamente definito, parola per parola, dalla stessa Regola 55, al comma 1, così da impedire la possibilità di ogni eventuale messaggio di altra natura o finalità.

Il principio di neutralità viene richiamato, altresì, nel Codice etico del CIO, all’art. 1, comma 2, ove è detto che «Il fondamento dell’Olimpismo è il rispetto dei principi etici fondamentali, tra i quali il principio di universalità e neutralità politica del Movimento Olimpico». La neutralità politica dello sport diviene, quindi, “principio etico fondamentale universale” del Movimento olimpico, declinato unitamente al valore della “universalità” che discende dalla natura sovranazionale dell’ordinamento giuridico sportivo [17] e, in specie, dalla natura universale delle organizzazioni sportive internazionali [18].

Al principio di neutralità politica fa seguito il dovere di mantenere «rapporti armoniosi con le autorità statali, nel rispetto del principio di autonomia sancito dalla Carta Olimpica» (art. 1, comma 3 del Codice etico) [19]. Proprio sull’assunto della necessità di mantenere rapporti armoniosi con le autorità statali ed evitare di essere coinvolte in controversie politiche le autorità di governo dello sport sovente intervengono, come anche di recente accaduto [20], per limitare la libertà di espressione degli atleti là dove questi intendano utilizzare i riflettori dello sport per esprimere le proprie opinioni sulle questioni socio-politiche.

D’altra parte, la neutralità politica nello sport non può espandersi sino ad escludere in assoluto la libertà di manifestazione del pensiero dei partecipanti ad attività sportive, cosicché l’attenzione va spostata sulla questione relativa all’identificazione del criterio che possa valere a realizzare un equo bilanciamento tra gli opposti interessi: da un lato, quello sotteso alla necessità di garantire la neutralità politica delle istituzioni sportive e, dall’altro, quello che si sostanzia nella libertà di manifestazione del pensiero, espressione, tra le più significative, degli ordinamenti liberal-democratici, i cui principi e valori trovano riflesso nei principi e valori sportivi [21].

Tale criterio va identificato, a nostro avviso, nella contingenza della gara, vista nella sua duplice accezione spaziale e temporale. In questo senso, la libertà di parola al di fuori dell’arena sportiva non è teoricamente coperta dalla Regola 50.2, come, invero, recentemente riconosciuto nel corso delle Olimpiadi invernali di Soči dal Presidente del CIO, allorché, pur richiamando i partecipanti ai Giochi all’obbligo di astenersi da qualsiasi manifestazione di contenuto politico, ha al contempo affermato che «è anche chiaro che gli atleti godono del diritto alla libertà di parola, quindi se vogliono fare una dichiarazione politica durante una conferenza stampa sono assolutamente liberi di farlo» [22]. Questa linea di indirizzo ha trovato avallo, più di recente, nelle Linee guida emanate dalla Commissione Atleti del CIO, pubblicate in vista delle Olimpiadi invernali di Pechino 2022, ove si statuisce che agli Atleti vada riconosciuta «la possibilità di esprimere le proprie opinioni, anche durante conferenze stampa e interviste, cioè nelle zone miste, nell’International Broadcasting Center (IBC) o nel Main Media Center (MMC); alle riunioni di squadra; su media digitali o tradizionali, o su altre piattaforme» [23].

L’esame dei vari casi in cui si è fatto appello al principio di neutralità dello sport rivela l’assenza di una univoca interpretazione in ordine alla sua portata applicativa, che talvolta mette capo ad un chiaro intento di strumentalizzazione dello stesso principio proprio in ragione delle diverse interpretazioni cui esso può prestarsi, come per l’appunto è accaduto nella vicenda Russia-Ucraina, allorché esso è stato invocato a propria difesa sia da chi ha imposto le sanzioni sportive, sia da chi le ha subite.

L’unico precedente nella storia assimilabile, per portata, alle sanzioni sportive applicate nei confronti della Russia e Bielorussia è rappresentato dagli interventi degli organismi sportivi attuati nella seconda metà del secolo scorso nei confronti del Sudafrica per protesta contro il regime dell’apartheid, che nel linguaggio corrente vengono ricordati con la denominazione di ‘boicottaggio sportivo del Sudafrica’ [24]. Si è trattato, però, in quell’occasione, di interventi dei diversi organismi sportivi internazionali seguiti a distanza anche di diversi anni tra loro, e non, invece, come nel caso che qui ci occupa, nel volgere di pochi giorni o, tutt’al più, di qualche settimana.

Ed invero, proprio con riguardo alle sanzioni sportive comminate in occasione della invasione dell’Ucraina da parte della Russia, si è criticamente osservato da una parte della dottrina come le recenti vicende abbiano squarciato il velo della «presunta neutralità dello sport», rivelando come «sport e politica internazionale tendano a intrecciarsi in maniera strutturale» [25]. Ne risulterebbe, quindi, una chiara violazione della neutralità politica del movimento sportivo a dispetto delle dichiarazioni di principio contenute nella Carta Olimpica e nel Codice etico.

Più in generale, secondo una parte della dottrina, la «presunta neutralità dello sport» sarebbe conseguenza della contestuale previsione, con carattere di contraddittorietà, accanto al principio di neutralità, di una serie di diritti e valori, quali la dignità dell’uomo, la pace, la non discriminazione, la cui tutela è sovente alla base di accese questioni politiche, il che «pone i soggetti del Movimento olimpico in un potenziale costante imbarazzo, poiché, da un lato, essi devono dimostrarsi totalmente “neutrali”, astenendosi da qualsiasi intervento o commento inerente a temi politici, religiosi o razziali, ma dall’altro, in ossequio alla stessa Carta, devono porre in essere ogni azione utile “against any form of discrimination and violence in sport”» [26].


4. Alla ricerca di una definizione del principio di neutralità dello sport

La rilevata contraddizione tra neutralità politica e tutela dei diritti fondamentali in seno all’ordinamento sportivo può, a nostro avviso, trovare una composizione ove ci si intenda sull’esatto significato da assegnare al principio di neutralità dello sport.

Il compito dell’interprete non è, invero, agevole stante l’assenza di una definizione nelle carte federali e, come si è visto, nella stessa Carta Olimpica, come è stato anche sottolineato dal TAS allorché, nelle tre pronunce riferite alla vicenda in esame, delle quali si darà conto più oltre, il massimo organo di giustizia dell’ordinamento sportivo ha affrontato la questione se la decisione assunta dalla FIFA e dalla UEFA di esclusione della rappresentativa russa e di quattro squadre di calcio di nazionalità russa dalle competizioni internazionali integrasse violazione dei principi di neutralità dello sport e di non discriminazione [27].

In un altro precedente del TAS la questione inerente alla violazione del principio di neutralità dello sport è stata, invece, affrontata, dalla prospettiva diametralmente opposta, in riferimento ad una disposizione impartita dal Governo iraniano ad un atleta di rilievo internazionale tesserato della Federazione iraniana di judo, al fine di costringerlo a non partecipare alle gare nelle quali avrebbe dovuto affrontare un avversario di nazionalità israeliana, in ragione del disconoscimento sul piano politico dello Stato di Israele da parte dello Stato iraniano [28]. Anche in questa occasione, non è dato ricavare dalla pronuncia del TAS una definizione del principio di neutralità politica, ma se ne specifica il contenuto tramite l’identificazione della sua portata applicativa che viene riferita all’esclusione di qualsivoglia interferenza politica sulle attività delle organizzazioni sportive da cui consegue anche il diritto in capo agli atleti di esercitare liberamente l’attività sportiva in assenza di costrizioni di ordine politico [29].

Or dunque, da quanto sin qui detto si ricava come la neutralità politica dello sport possa leggersi in una duplice direzione: dall’ordinamento sportivo verso l’esterno e dall’esterno verso l’ordinamento sportivo.

Nella prima direzione, con riguardo ai soggetti istituzionali che compongono l’or­dinamento sportivo, essa richiama i principi fondamentali insiti nel concetto generale di neutralità, quali il divieto di partecipazione a un conflitto e il mantenimento di un atteggiamento di imparzialità nei confronti delle parti in guerra. In questo senso la neutralità dello sport implica che l’ordinamento sportivo non possa, per sua stessa autolimitazione, esprimere giudizi in ordine alle scelte di ordine politico espresse dagli Stati, sempre che esse non abbiano ricadute dirette entro i confini dello stesso ordinamento sportivo. Pertanto, ponendo mente all’emergenza bellica in atto, in ossequio al principio di neutralità sancito dalla Carta Olimpica e ripreso dagli Statuti degli organismi che compongono il Movimento Olimpico, è inibito alle autorità di governo dello sport esprimere in generale, al di fuori del contesto sportivo, il proprio veto avverso l’aggressione militare della Russia contro l’Ucraina, come invece ben può fare, ed ha fatto, il governo dello Stato italiano, al pari dei governi degli altri Stati membri della UE, nonché della stessa UE e degli USA.

Con riguardo ai soggetti non istituzionali dell’ordinamento sportivo, quali i singoli tesserati ed affiliati, il principio di neutralità dello sport impone agli stessi il divieto di traslare la competizione sportiva in competizione politica, così da piegare l’attività sportiva a finalità diverse da quelle riferite propriamente al raggiungimento del miglior risultato in classifica, nel quale si sostanza il fine dell’ordinamento sportivo.

Nella seconda direzione la neutralità politica implica che gli Stati che compongono la comunità internazionale, o qualsiasi altro soggetto politico, non possa esercitare interferenze di ordine politico nel mondo dello sport, né direttamente mediante l’azione di governo di tali Stati, né indirettamente mediante l’operato di tesserati o affiliati che appartengono alla comunità sportiva.

In considerazione, peraltro, del fatto che, in tutti gli Stati, con differente grado di intensità ed impegno finanziario, lo sport è inserito nelle politiche attive di governo, per i benefici ad esso correlati sul piano della promozione della salute, del benessere, della socialità, ecc., v’è da chiarire – compito non sempre di facile soluzione – dove si situa la linea di confine, talvolta, invero, alquanto sottile, tra l’azione di governo di uno Stato che presta particolare attenzione alle politiche in materia di sport, di per sé pienamente legittima, e quella, invece, che si traduce nell’impiego dello sport a fini di propaganda politica, vietata perché in contrasto con il principio di neutralità dello sport. Se, infatti, può risultare chiaramente evincibile l’uso politico dello sport nei regimi dittatoriali, non altrettanto chiaro può esserlo nei sistemi politici strutturati, almeno all’apparenza, sul modello democratico. Ed un esempio è rappresentato, per l’ap­punto, dalla Federazione Russa sotto la presidenza di Putin che, non a caso, ha fatto della materia sport uno dei tratti distintivi della sua azione di governo. È significativo, in questo senso, l’intervento del Presidente Putin nel corso della riunione del ‘Consiglio per lo sviluppo della cultura fisica e dello sport’, convocato all’indomani delle Olimpiadi di Londra 2012 per programmare le nuove strategie in ambito sportivo, a seguito del mancato raggiungimento dell’obiettivo, che la Federazione Russa si era prefissato, di salire sul podio in venti delle trentasette discipline rappresentate ai Giochi olimpici, allorché ha assertivamente puntualizzato che «le vittorie sportive contribuiscono a rafforzare il patriottismo nel paese e il prestigio della nazione all’e­stero» [30]; ed è nello stesso senso significativo il fatto che lo stesso Putin abbia ricoperto importanti cariche in seno all’ordinamento sportivo, quale quella di Presidente onorario della Federazione internazionale di Judo, sino alla sua sospensione deliberata dalla stessa Federazione, in conformità alle sanzioni adottate dal CIO, all’indomani dell’invasione dell’Ucraina.


5. I pronunciamenti del TAS sul principio di neutralità dello sport

Utili spunti di riflessione in ordine alla valutazione delle sanzioni sportive applicate in ragione dell’invasione dell’Ucraina, alla luce del principio di neutralità dello sport, si ricavano dall’esame delle pronunce del TAS, cui sopra si è fatto cenno, in relazione ai ricorsi promossi dalla Federazione calcistica Russa avverso i provvedimenti di esclusione dalle competizioni internazionali adottati dalla FIFA e dalla UEFA il 28 febbraio 2022, ed al ricorso promosso dalle società di calcio FC Zenit, FC Soči, PFC CSKA Moscow e FC Dynamo Moscow contro la UEFA in riferimento al provvedimento da quest’ultima assunto il 2 maggio 2022, in dipendenza del precedente provvedimento del 28 febbraio, di esclusione della Federazione calcistica Russa e delle squadre ricorrenti dalle liste UEFA per l’accesso ai campionati e alle Coppe europee, e di revisione del coefficiente della Federazione per la stagione sportiva 2022/2023 [31].

In tutti e tre i giudizi vengono sollevati, tra i motivi di ricorso, quelli afferenti all’il­legittimità dei provvedimenti impugnati per contrasto con i principi di neutralità dello sport e di non discriminazione, sui quali si concentrerà l’attenzione.

Le parti ricorrenti, in particolare, lamentavano, con riguardo alla pretesa violazione del principio di neutralità dello sport, che la FIFA e la UEFA avessero adottato i provvedimenti nei loro confronti di esclusione dalle competizioni sportive sotto la pressione, da una parte, del CIO e, dall’altra, delle federazioni calcistiche nazionali, quali quelle svedese, polacca e ceca, che avevano preannunciato il boicottaggio delle gare nei turni di qualificazione ai Mondiali di calcio 2022. Con riguardo al principio di non discriminazione, le ricorrenti contestavano che analoghi provvedimenti non erano stati assunti nel passato in occasione di conflitti bellici che avevano coinvolto altri Paesi, quali Israele, Francia, Azerbaijan, Turchia, Armenia, e, invero, la stessa Russia durante il conflitto in Ucraina nel 2014.

Il TAS, nel rigettare tutti e tre i ricorsi, con specifico riguardo ai motivi sopradetti, fonda la sua decisione sulla motivazione che i provvedimenti impugnati risultavano legittimi poiché assunti sulla base di ragioni, non di ordine politico, bensì di opportunità in relazione a «circostanze straordinarie e imprevedibili» («circumstances extraordinary and unforeseen»), identificate nell’interruzione dei collegamenti aerei da e per la Russia tali da compromettere la possibilità per i team russi di raggiungere la sede di svolgimento delle gare; negli elevati rischi per la sicurezza correlati alla partecipazione alle competizioni della rappresentativa e delle squadre russe; nella difficoltà di trovare una città disponibile ad ospitare le partite in cui avrebbero dovuto giocare le squadre russe, con la garanzia al contempo di adeguate misure di sicurezza contro i rischi di danni non soltanto entro il recinto del campo di gioco per i partecipanti a vario titolo alla competizione (atleti, tecnici, ufficiali di gara, ecc.), ma, più in generale, per tutta la città ospitante, nonché nell’ondata di generale condanna dell’invasione russa da parte della comunità internazionale e, in specie, nel rifiuto frapposto dalle altre squadre a scendere in campo contro le ricorrenti.

Nell’applicare, dunque, il criterio del “balance of interest” tra l’interesse della Federazione e delle squadre russe alla partecipazione alle competizioni sportive, da un lato, e quello della FIFA e della UEFA a garantire il regolare svolgimento delle competizioni in uno con la sicurezza dei partecipanti, dall’altro, il TAS conclude, dunque, nel senso della prevalenza di quest’ultimo.

In linea con la motivazione sopra detta, si pone l’interpretazione data dal TAS circa la natura giuridica dei provvedimenti impugnati, di cui viene escluso il carattere disciplinare, che era denunciato dalle ricorrenti, anche sotto il profilo di un’im­plicita e mascherata natura sanzionatoria [32], e viene affermato, invece, il carattere amministrativo correlato alla finalità di assicurare il regolare e ordinato svolgimento delle competizioni.

Non appare, a nostro avviso, condivisibile la giustificazione a fondamento dei provvedimenti di esclusione della Federazione calcistica e delle squadre russe, consistente nell’obiettivo di garantire il regolare e sicuro svolgimento delle competizioni, là dove, tra le circostanze straordinarie e imprevedibili, viene inclusa anche quella riferita al minacciato boicottaggio sportivo da parte delle altre federazioni calcistiche.

Se può, infatti, in linea di principio ammettersi che l’esclusione dalle competizioni della Federazione Russa e delle squadre russe poggi su ragioni di natura organizzativa o, più propriamente, tecnico-sportiva, e non anche di natura politica, è però certamente da escludersi che il boicottaggio rappresenti una ragione di ordine meramente sportivo, giacché altrimenti si perverrebbe all’assurda conclusione di ammettere che un gareggiante, magari il più forte, possa venire eliminato dai concorrenti non all’esito della gara, ma per il solo fatto della minaccia azionata da tutti gli altri gareggianti, d’ac­cordo tra loro, di non scendere in campo contro di lui, compromettendo così il regolare svolgimento della competizione.

V’è quindi da ammettere, come invero è evidente, che il boicottaggio delle competizioni minacciato da più parti del contesto sportivo internazionale avesse una valenza prettamente di ordine politico, e che la FIFA e la UEFA, nel dar seguito alle minacce, ne abbiano condiviso la sostanza.

Il ragionamento sopra espresso non conduce alla conclusione che i provvedimenti di esclusione dalle competizioni adottate dalla FIFA e dalla UEFA debbano ritenersi necessariamente in contrasto con il principio di neutralità politica, giacché, secondo quanto sopra espresso riguardo al significato da assegnare a tale principio, ben possono le autorità di governo dello sport esprimere il proprio giudizio in ordine alle scelte di ordine politico, o militare come nel caso che ci occupa, espresse dagli Stati allorché esse abbiano ricadute dirette entro i confini dello stesso ordinamento sportivo. Sotto questo profilo, è di tutta evidenza che l’invasione della Ucraina da parte della Russia abbia comportato, dalla prospettiva dell’ordinamento sportivo, immediate e drammatiche conseguenze per lo sport ucraino in ragione della forzata sospensione di tutte le attività sportive, riguardata sia, dal lato oggettivo, in riferimento alla cancellazione delle manifestazioni sportive, sia, dal lato soggettivo, in riferimento alla costretta inattività sportiva degli atleti che, in risposta alla chiamata obbligatoria alle armi da parte del Governo ucraino, sono dovuti scendere non più sul campo di gara, bensì sul campo di guerra.


6. Considerazioni conclusive

Tirando le fila di quanto sopra detto, possono svolgersi le seguenti considerazioni conclusive.

Con riguardo alle autorità di governo dello sport, è certamente da ammettersi che le stesse possano entrare nel merito della situazione in atto allorché si verta sull’or­ganizzazione o lo svolgimento delle manifestazioni e competizioni sportive cui partecipino i Paesi coinvolti nel conflitto; e così, dunque, è da ritenersi pienamente legittimo l’intervento del CIO e delle Federazioni internazionali con cui si è disposta la cancellazione delle competizioni sportive in programma nei territori russo e bielorusso, con conseguente riprogrammazione delle stesse in altri Paesi, nonché l’esclusione delle rappresentative russa e bielorussa dalle competizioni internazionali.

In altri termini, non risultano contravvenire al principio di neutralità politica i prov­vedimenti delle autorità di governo dello sport azionati contro le Federazioni sportive russe e bielorusse e le loro rappresentative nazionali, in quanto espressione dello Stato russo e dello Stato suo alleato.

Ciò che non appare, invece, parimenti legittima è la determinazione di escludere anche i singoli atleti o le squadre che non siano rappresentative nazionali. In siffatte ipotesi, infatti, il provvedimento di esclusione non è diretto a colpire lo Stato russo, ma singoli enti o persone fisiche per il solo fatto della loro nazionalità, contravvenendo, quindi, al principio di non discriminazione.

Il presupposto che può valere a giustificare l’esclusione dalle competizioni deve consistere, infatti, usando le parole del Presidente del CIO, in una “active participation” alla politica di aggressione militare contro l’Ucraina, e non già nel semplice tesseramento o affiliazione ad una Federazione russa o bielorussa.

Il concetto di “active participation”, quale presupposto fondante il provvedimento di esclusione dalle competizioni sportive, va interpretato, peraltro, nel senso che non soltanto l’espressa dissociazione, ma anche il semplice silenzio possano valere a rendere immuni atleti e società sportive [33].

Parimenti non condivisibile è la scelta, operata, come sopra visto, da alcune Federazioni internazionali, di differenziare il trattamento rispettivamente riservato alle società ed agli atleti, escludendo le prime, al pari delle rappresentative nazionali, ed ammettendo invece i secondi, sebbene sotto insegne neutrali.

Con riguardo a quest’ultima determinazione, non può farsi, infatti, alcuna differenza di trattamento tra società ed atleti, la cui unica distinzione, nel quadro dei rapporti istituzionali con la Federazione di appartenenza, è data dalla natura giuridica del soggetto, ente o persona fisica, che pratica l’attività sportiva. D’altra parte, non ci vuol molto a rendersi conto della fallacia del provvedimento che colpisce la singola squadra sol perché affiliata ad una Federazione russa, ove si consideri che detta squadra può essere composta, come invero è l’ipotesi più comune, da giocatori di differente nazionalità che, dunque, allo stato non possono giocare anche se non sono russi, mentre, al contempo, giocatori di nazionalità russa, che militano tra le fila di squadre non affiliate alla Federazione russa, possono continuare a giocare [34].

L’unica ragione che potrebbe allora giustificare il provvedimento di esclusione delle squadre russe dalle competizioni europee adottato dalla FIFA e dalla UEFA come sanzione legittima contro lo Stato russo, seppure difetti nei provvedimenti di esclusione un’espressa enunciazione in tal senso, potrebbe semmai rinvenirsi nella circostanza che tutte le squadre russe escluse dalle competizioni internazionali, seppur formalmente riconducibili a soggetti terzi, possano nella sostanza considerarsi espressione dello Stato russo in ragione della fitta rete di ingenti interessi economici che lega il governo centrale alle imprese gestite dagli oligarchi vicini a Putin che ne controllano gli assetti proprietari [35].


Appendice

Le superiori considerazioni sono state espresse da chi scrive il 21 novembre 2021 alla presenza, tra gli altri partecipanti al Convegno su “Sport e Guerra” presso il CONI, dei Membri onorari del CIO, Franco Carraro, Manuela Di Centa e Mario Pescante.

Si dà conto, qui di seguito, per una più completa comprensione delle considerazioni esposte, delle determinazioni assunte dal CIO successivamente alla data predetta.

Il 9 dicembre 2021 nel corso dell’11° Summit Olimpico – organismo presieduto dal Presidente del CIO e composto dai più importanti esponenti del Movimento Olimpico, con il compito di svolgere consultazioni sulle questioni più rilevanti per il futuro del Movimento Olimpico – è stata affrontata, in primis, quella inerente alle sanzioni sportive comminate nei confronti, in specie, degli atleti e delle squadre russe e bielorusse alla luce del «grave dilemma» che aveva fondato le determinazioni assunte dal CIO all’indomani dell’invasione russa. All’esito della discussione, il Summit Olimpico ha deliberato, a larga maggioranza, di mantenere ferme le sanzioni nei riguardi degli Stati e dei governi russo e bielorusso, confermando al contempo il pieno sostegno e solidarietà, con i correlati aiuti economici, agli atleti ucraini ed al Comitato olimpico nazionale ucraino in vista delle Olimpiadi di Parigi 2024 e delle Olimpiadi invernali di Milano – Cortina 2026 ed ha, altresì, all’unanimità espresso l’avviso che vengano svolti ulteriori accertamenti in merito all’iniziativa del Consiglio Olimpico d’Asia di accogliere gli atleti russi e bielorussi, e che il Comitato esecutivo del CIO porti avanti una serie di consultazioni dirette a rivedere le «misure di protezione» che hanno fondato i provvedimenti di esclusione degli atleti e delle squadre russe e bielorusse.

Il 28 marzo 2022, all’esito delle consultazioni svolte, il Comitato esecutivo del CIO ha deliberato le seguenti disposizioni: 1) di confermare le misure di solidarietà in favore degli atleti ucraini e del Comitato olimpico nazionale ucraino; 2) di reiterare la condanna dell’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione russa in quanto violazione della tregua olimpica e, per l’effetto, di confermare le sanzioni consistenti: a) nel divieto di svolgimento di qualsiasi manifestazione sportiva internazionale in Russia e Bielorussia; b) nel divieto di presentazione della bandiera, dell’inno, o di qualsiasi altro simbolo nazionale riferibili alla Russia e Bielorussia; c) nel divieto di invito o di accredito di funzionari governativi russi o bielorussi in tutti gli eventi sportivi internazionali; 3) di modificare, in riferimento alla partecipazione alle competizioni sportive internazionali, ma non anche alle Olimpiadi di Parigi 2024 e di Milano – Cortina 2026, le precedenti raccomandazioni adottate il 28 febbraio 2021, sostituendole con le nuove raccomandazioni rivolte alle Federazioni internazionali e ad ogni altro organizzatore di eventi sportivi internazionali, secondo cui: a) venga consentita la partecipazione alle competizioni sportive degli atleti con passaporto russo e bielorusso sotto insegne neutrali, ma non anche alle squadre composte da atleti con passaporto russo e bielorusso; b) non sia consentita la partecipazione alle competizioni sportive agli atleti ed al personale di supporto che abbiano dato sostegno attivo alla guerra o che prestino servizio armato con le forze militari russe o bielorusse.


NOTE

[1] Il relativo comunicato stampa è consultabile on line all’indirizzo: https://olympics.com/ioc/news/ioc-strongly-condemns-the-breach-of-the-olympic-truce. La dichiarazione di condanna della violazione della tregua olimpica segue la dichiarazione pronunciata dal Presidente Thomas Bach, il 4 febbraio 2022, nel corso della cerimonia di inaugurazione dei Giochi Olimpici invernali di Pechino, con la quale si esprimeva il seguente auspicio: «In this Olympic spirit of peace, I appeal to all political authorities across the world: observe your commitment to this Olympic Truce. Give peace a chance», e, parimenti, quella pronunciata, il 20 febbraio 2022, nel corso della cerimonia di chiusura dei Giochi, in cui, rivolgendosi ai protagonisti dei Giochi, riaffermava l’auspicio di una soluzione pacifica del conflitto ormai alle porte («You not only respected each other. You supported each other. You embraced each other, even if your countries are divided by conflict. You overcame these divisions, demonstrating that in this Olympic community we are all equal. We are all equal – regardless of what we look like, where we come from, or what we believe in. This unifying power of the Olympic Games is stronger than the forces that want to divide us: you give peace a chance. May the political leaders around the world be inspired by your example of solidarity and peace»).

[2] La Russia si posiziona soltanto al 5° posto nel medagliere storico delle Paralimpiadi invernali, su un totale di 20 Nazioni, mentre è soltanto al 10° posto nel medagliere storico delle Olimpiadi invernali; la situazione è ribaltata con riferimento ai Giochi estivi, giacché nel medagliere delle Olimpiadi è situata al 2° posto, contro soltanto il 24° posto nel medagliere delle Paralimpiadi. I dati sono tratti dal sito: guidaolimpiadi.it.

[3] La politica dell’UE sulle sanzioni economiche contro la Federazione Russa prende avvio nella sessione straordinaria del Consiglio “Affari esteri” sulla situazione in Ucraina, il 3 marzo 2014, tenutasi nel corso del G8, allorché viene deciso di sospendere i preparativi per il vertice del G8, in programma a Soči nel mese di giugno, che, infatti, sarà spostato a Bruxelles, nonché i colloqui bilaterali con la Federazione Russa sul nuovo accordo in materia di visti. Da quel momento la Russia non farà più parte del G8, essendone stata prima temporalmente allontanata e poi, per determinazione del governo russo il 13 gennaio 2017, avendo la stessa dichiarato formalmente l’intenzione di abbandonare permanentemente il G8; intenzione, da ultimo, confermata nel mese di giugno 2018. Seguono le prime misure restrittive individuali (congelamento dei beni e divieto di viaggio) deliberate nei confronti di funzionari considerati responsabili di azioni che minacciano l’integrità territoriale dell’Ucraina e di appropriazione indebita di fondi statali ucraini, nonché le sanzioni economiche concernenti la limitazione degli scambi con la Russia in settori economici specifici, il divieto di importazione di prodotti, investimenti e servizi turistici, e di esportazione di taluni beni e tecnologie. La questione ucraina resta all’attenzione degli organismi Europei anche negli anni successivi, e le misure sanzionatorie sopra dette sono oggetto di una serie di proroghe, senza soluzione di continuità, in allineamento, peraltro, agli accordi di Minsk, sino al febbraio 2022, allorché vengono deliberate misure specifiche in risposta all’invasione armata russa. Tali misure, deliberate il 23 febbraio 2022, comprendono sanzioni mirate nei confronti di 351 membri della Duma di Stato russa e di altre 27 persone, restrizioni alle relazioni economiche con le zone non controllate dal governo delle regioni di Donetsk e Luhansk e restrizioni all’accesso della Russia ai servizi e ai mercati finanziari e dei capitali dell’UE. Il giorno seguente, i leader dell’UE, riuniti in un vertice straordinario, concordano ulteriori sanzioni nei confronti della Russia, che concernono il settore finanziario, i settori dell’energia e dei trasporti, i beni a duplice uso, il controllo e il finanziamento delle esportazioni, la politica in materia di visti, nonché ulteriori sanzioni nei confronti di cittadini russi e la fissazione di nuovi criteri di inserimento nell’elenco dei soggetti sanzionati. Il 28 febbraio viene deliberato il Terzo pacchetto di sanzioni in risposta all’invasione russa che comprende il divieto di effettuare operazioni con la Banca centrale russa, un pacchetto di sostegno da 500 milioni di euro per finanziare l’invio di attrezzature e forniture alle forze armate ucraine, il divieto di sorvolo dello spazio aereo dell’UE e di accesso agli aeroporti dell’UE da parte dei vettori russi. Il successivo 2 marzo vengono aggravate le misure di ordine finanziario con l’ap­provazione del blocco dell’accesso a SWIFT per le sette principali banche russe (Bank Otkritie, Novikombank, Promsvyazbank, Bank Rossiya, Sovcombank, Vnesheconombank (VEB) e VTB Bank), e contestualmente l’introduzione del divieto di “investire, partecipare o contribuire in altro modo a progetti futuri cofinanziati dal Fondo russo per gli investimenti diretti” e di “vendere, fornire, trasferire o esportare banconote in euro alla Russia o a qualsiasi persona fisica o giuridica o entità in Russia”. La cronistoria di tutte le azioni adottate dalla U.E. in risposta alla situazione Russia – Ucraina, con i relativi provvedimenti, è visionabile on line all’indirizzo: https://www.consilium.europa.eu.

[4] Il comunicato è consultabile on line all’indirizzo: https://olympics.com/ioc/news/ioc-eb-urges-all-ifs-to-relocate-or-cancel-their-sports-events-currently-planned-in-russia-or-belarus. Si riporta, qui di seguito, il testo integrale: «The IOC EB today urges all International Sports Federations to relocate or cancel their sports events currently planned in Russia or Belarus. They should take the breach of the Olympic Truce by the Russian and Belarussian governments into account and give the safety and security of the athletes absolute priority. The IOC itself has no events planned in Russia or Belarus. In addition, the IOC EB urges that no Russian or Belarussian national flag be displayed and no Russian or Belarussian anthem be played in international sports events which are not already part of the respective World Anti-Doping Agency (WADA) sanctions for Russia. At the same time, the IOC EB expresses its full support to the International Paralympic Committee (IPC) for the upcoming Paralympic Winter Games Beijing 2022.The IOC EB expresses its deep concerns about the safety of the members of the Olympic Community in Ukraine and stands in full solidarity. It notes that the special IOC task force is in contact with the Olympic Community in the country to coordinate humanitarian assistance where possible. The IOC EB asks the task force to continue to closely monitor the situation and to keep the IOC EB informed and updated, also with regard to potential amendments of today’s resolution».

[5] Trattasi della più alta onorificenza, denominata Ordine Olimpico, istituita nel 1975 in sostituzione del precedente Diploma Olimpico di Merito, che viene concessa dal CIO a chi si sia largamente distinto nello sport ed abbia contribuito in maniera decisiva allo sviluppo delle Olimpiadi e dell’attività sportiva. Gli unici due italiani insigniti di tale onorificenza sono stati Giulio Andreotti nel 1990 e Valentino Castellani, già sindaco di Torino, nel 2006, quest’ultimo, com’è evidente, in relazione all’organizzazione delle Olimpiadi invernali di Torino dello stesso anno. Tra le sanzioni personali comminate al Presidente Putin va ricordata, altresì, la revoca del titolo “cintura nera onoraria di 9° dan” conferitagli dalla World Taekwondo (Federazione sportiva internazionale riconosciuta dal CIO in rappresentanza della disciplina del taekwondo).

[6] Il primo intervento in questo senso è stato attuato dalla Federazione di calcio svedese che, il 26 febbraio 2022, pubblica sul suo account Twitter un comunicato in cui annuncia che la rappresentativa di calcio maschile non avrebbe giocato il match contro la Russia di qualificazione ai Mondiali di calcio del Quatar, quale che fosse la sede di gioco prescelta. Il giorno seguente, la Federazione calcistica Polacca diffonde una dichiarazione di contenuto similare, nella quale specifica che il rifiuto di scendere in campo contro la nazionale russa sarebbe valso a prescindere, oltre che dalla sede di gioco, anche dal nome usato dalla squadra russa, e, parimenti, lo stesso giorno, anche la Federazione calcistica Ceca emette un comunicato con cui annuncia che non avrebbe preso parte ad alcuna partita in calendario contro la nazionale russa per le qualificazioni ai Mondiali di calcio 2022.

[7] Il testo integrale della dichiarazione del Presidente dell’IPC è consultabile, on line, all’indirizzo: https://www.paralympic.org/news/ipc-decline-athlete-entries-rpc-and-npc-belarus-beijing-2022.

[8] Così, per l’appunto, la FIFA, lo stesso giorno del comunicato del CIO, ufficializza la decisione di escludere i team della Federazione calcistica Russa dalle proprie competizioni e, quindi, anche la rappresentativa nazionale russa dai Mondiali di calcio del Qatar, mutando radicalmente la posizione assunta soltanto il giorno prima nel senso di consentirne la partecipazione sebbene sotto la diversa denominazione di Russian Football Union (RFU), senza diritto all’uso dell’inno e della bandiera della Federazione Russa e con obbligo di disputare le partite casalinghe in campo neutro. Sempre nella giornata del 28 febbraio 2022 la UEFA adotta il provvedimento di esclusione di tutte le squadre russe, oltre che della rappresentativa nazionale, dalle sue competizioni internazionali (Nation League, Europei di calcio femminile, Champions, Europa e Conference League, Champions femminile e Youth League), con effetto anche per la stagione sportiva 2022-2023, e di cestinare la candidatura già presentata dalla Russia per Euro 2028 e 2032; nella stessa direzione e in pari data si muove l’Eurolega di basket che, oltre ad annunciare l’interruzione della partnership con il colosso bancario russo VTB Bank, provvede a sospendere le squadre Cska Moscow, Unics Kazan e Zenit San Pietroburgo dalla competizione Eurolega e la squadra Lokomotiv Kuban dall’Eurocup. Stessa prontezza di intervento non dimostra, invece, la FIBa, che, dopo un’iniziale esitazione, soltanto nel mese di maggio ufficializza la decisione di escludere dai Mondiali le rappresentative russa e bielorussa, nonché gli arbitri e gli ufficiali di campo dei due Paesi, spinta peraltro dalle forti critiche rivoltele da parte di alcune delle federazioni nazionali ad essa associate, tra le quali la Federazione Italiana Pallacanestro (F.I.P.) la quale, con il comunicato diffuso a fine marzo 2022, aveva annunciato il boicottaggio della partita di qualificazione contro la Russia in calendario il successivo 1° luglio. Nello stesso giorno del comunicato del CIO e dei provvedimenti di FIFA e UEFA anche la World Rugby decide di adottare analogo provvedimento di sospensione nei riguardi delle rappresentative nazionali e di tutti i club russi e bielorussi da tutte le competizioni internazionali, prevedendo al contempo la cessazione a tempo indeterminato della Federazione di rugby russa dall’appartenenza alla stessa Federazione internazionale. Nei giorni successivi seguono i provvedimenti delle altre federazioni internazionali, che, come sopra detto, salvo esigue eccezioni, si sono mosse tutte nel senso di escludere dalle competizioni non soltanto le rappresentative di Russia e Bielorussia, bensì anche le squadre e gli atleti. Così, infatti, la Federazione internazionale volleyball il 1° marzo 2022, d’intesa con la Confederazione Europea Volleyball (CEV), ufficializza lo spostamento della sede dei Mondiali di pallavolo maschili in programma in Russia dal 26 agosto all’11 settembre 2022, escludendo al contempo da tutte le competizioni internazionali le rappresentative russa e bielorussa, nonché tutti i club, atleti e giudici di gara russi e bielorussi di pallavolo, beach volley e snow volley, mentre la Confederazione Europea sospende, altresì, i rappresentanti al suo interno dei due predetti Paesi; in pari data la World Athletics adotta il provvedimento di esclusione degli atleti russi e bielorussi da tutte le competizioni internazionali, e così parimenti la FISA (canottaggio), l’ICF (canoa/Kayak), la FIE (scherma), la IGF (golf), la FIG (ginnastica), la IWF (sollevamento pesi), IJF (judo), UWW (wrestler), FINA (nuoto), UIPM (pentathlon), WTF (taekwondo), ITTF (tennis tavolo), ISSF (sport di tiro), WA (tiro con l’arco), ITU (triathlon), ISAF (vela), FIBT (bob e skeleton) che concerne la sola Russia, giacché la Bielorussia non è membro della Federazione Internazionale, FILO (slittino), IPU (pattinaggio), FIS (scii e snowboard). La ITF (tennis), la UCI (ciclismo), la IBU (biathlon), la FIM (motociclismo) decidono, invece, di escludere dalle competizioni le squadre ammettendo, invece, i singoli atleti ma sotto insegne neutrali, mentre l’AIBA (boxe), dopo avere in un primo tempo emesso il provvedimento di divieto di partecipazione alle competizioni sportive internazionali a carico dei propri atleti, lo ha poi prontamente ritirato (non è probabilmente irrilevante il fatto che il presidente federale sia il russo Umar Kremlyov).

[9] CAS/2022/A/8708; il lodo è pubblicato on line sul sito istituzionale del CAS all’indirizzo: https://
www.tas-cas.org/fileadmin/user_upload/8708_FINAL_Award__FINAL_.pdf.

[10] Il 5° Principio fondamentale dell’Olimpismo recita: «Recognising that sport occurs within the framework of society, sports organisations within the Olympic Movement shall apply political neutrality. They have the rights and obligations of autonomy, which include freely establishing and controlling the rules of sport, determining the structure and governance of their organisations, enjoying the right of elections free from any outside influence and the responsibility for ensuring that principles of good governance be applied». Il testo della Carta Olimpica, attualmente vigente, approvato l’8 agosto 2021, è consultabile, on line, in lingua inglese e spagnola sul sito istituzionale del CIO all’indirizzo: https://olympics.
com/ioc/documents/international-olympic-committee/olympic-charter.

[11] Così, ad esempio, nello Statuto della FIFA (FIFA Statutes), all’art. 4, intitolato «Non discrimination, equality and neutrality», al comma 1 viene enunciato il principio di non discriminazione a motivo, tra gli altri, delle opinioni politiche («Discrimination of any kind against a country, private person or group of people on account of race, skin colour, ethnic, national or social origin, gender, disability, language, religion, political opinion or any other opinion, wealth, birth or any other status, sexual orientation or any other reason is strictly prohibited and punishable by suspension or expulsion»); al comma 2, viene enunciato il principio di neutralità politica («FIFA remains neutral in matters of politics and religion. Exceptions may be made with regard to matters affected by FIFA’s statutory objectives»). I principi di non discriminazione per motivi politici e di neutralità politica vengono, poi, richiamati con riguardo specifico al contenuto precettivo delle carte federali delle Federazioni sportive nazionali all’art. 15 («Member associations’ statutes must comply with the principles of good governance, and shall in particular contain, at a minimum, provisions relating to the following matters: (a) to be neutral in matters of politics and religion; (b) to prohibit all forms of discrimination; (c) to be independent and avoid any form of political interference») e delle Confederazioni all’art. 23 («The confederations’ statutes must comply with the principles of good governance, and shall in particular contain, at a minimum, provisions relating to the following matters: (a) to be neutral in matters of politics and religion; (b) to prohibit all forms of discrimination; (c) to be independent and avoid any form of political interference»).

[12] Così, ad esempio, nello Statuto della FINA (Fina Constitution) ove al punto C 4, intitolato «Discrimination – political neutrality», si legge che «FINA shall not allow any discrimination against national federations or individuals (competitors, officials, judges, delegates, ecc.) on the grounds of race, gender, religion, sexual orientation, gender identity, or political affiliations, languages or abilities. FINA is politically neutral. Political activity or demonstrations are prohibited at FINA events»; parimenti nello Statuto della Fiba (FIBA general Statutes), ove, all’art. 1.3., è detto che «FIBA maintains absolute political and religious neutrality and does not tolerate any form of discrimination».

[13] Così, ad esempio, nelle carte federali della FIVB giacché il principio di non discriminazione si trova enunciato nello Statuto (FIVB Statutes, art. 1.5.4 «No discrimination The FIVB shall not discriminate between individuals or between nations and shall refrain from any involvement in political, religious, philosophical or racial matters»), mentre quello di neutralità politica è enunciato nel Codice etico (FIVB Code of Ethic, art. 9.2.2 «Respect of the principle of the universality and political neutrality of the Olympic Movement»).

[14] L’episodio nella storia forse più critico è rappresentato dal boicottaggio dei Giochi olimpici di Berlino del 1936, minacciato negli Stati Uniti e in alcuni Paesi europei, su pressione di diverse organizzazioni ebraiche che valutavano l’evento, più che come la più importante manifestazione sportiva al mondo, piuttosto come un’occasione senza precedenti per il regime di Hitler di fare propaganda del Nazismo e della sua ideologia. Si consideri che, soltanto tre anni prima, tutte le organizzazioni sportive tedesche avevano adottato la politica dei “solo Ariani”, in base alla quale “Ebrei o in parte Ebrei”, così come anche i rom (zingari), vennero sistematicamente esclusi dal mondo sportivo, impedendo di far parte di associazioni sportive e vietando l’uso degli impianti sportivi, e nello stesso anno gli Stati Uniti avevano fatto richiesta al CIO di spostare la sede dei Giochi in altra città, ricevendo però risposta negativa. Tra gli atleti ebrei esclusi dalle competizioni si ricordano il tennista Daniel Prenn, componente della squadra tedesca di Coppa Davis e la saltatrice Gretel Bergmann, rimossa dalla rappresentativa tedesca di salto in alto. L’uni­ca atleta, “in parte Ebrea”, ammessa a partecipare alle Olimpiadi di Berlino del 1936 fu la schermitrice Helen Mayer. Nonostante la natura discriminatoria di molte delle regole di ammissione ai Giochi del 1936, il boicottaggio rimase soltanto sulla carta e ben 49 Paesi, tra cui gli Stati Uniti, vi presero parte. Durante la celebrazione dei Giochi il regime nazista rallentò il programma politico antisemita e le sue mire espansionistiche, cercando di offrire al pubblico degli spettatori e della stampa l’immagine di una Germania tollerante e pacifica e, d’altra parte, i risultati sportivi segnarono un duro contraccolpo per le teorie naziste della supremazia della razza ariana, oltre che per i nove podi conseguiti da atleti ebrei, soprattutto per le quattro medaglie d’oro vinte dall’atleta afroamericano Jesse Owens, la cui storia ha ispirato, tra l’altro, l’arte cinematografica. Più di recente, movimenti diretti al boicottaggio delle Olimpiadi sono emersi in occasione dei Giochi di Montréal del 1976 da parte di 28 nazioni africane in segno di protesta contro la Nuova Zelanda, rea di aver fatto giocare la propria rappresentativa di rugby contro la nazionale del Sudafrica, che al tempo era sospesa da tutte le competizioni sportive; così pure in occasione dei Giochi di Mosca del 1980 cui non presero parte gli Stati Uniti in segno di protesta contro l’invasione del­l’Afghanistan da parte della Russia, mentre alcuni Paesi europei, tra cui l’Italia, vi presero parte, ma sotto le insegne del CIO e così anche, quattro anni dopo, in occasione dei Giochi di Los Angeles cui non parteciparono, questa volta, i Paesi del Patto di Varsavia.

[15] Cfr. G. Liotta, Ordinamento statale e ordinamento sportivo, in G. Liotta, L. Santoro, Lezioni di diritto sportivo, V ed., Milano, 2020, p. 15. Si pensi, ad esempio, al caso che ha interessato lo Stato greco il quale, dopo aver emanato una legge che non riconosceva l’indipendenza decisionale della Federazione calcistica nazionale, è stato sostanzialmente costretto dalla FIFA a modificarla radicalmente, giacché quest’ultima aveva emanato una deadline minacciando di escludere la nazionale greca dagli imminenti campionati europei e, più di recente, alla situazione di conflitto tra istituzioni sportive e statali che si è riproposta allorché lo Stato greco ha dovuto annullare il proprio provvedimento di cancellazione della Coppa di Grecia — adottato nel marzo del 2016 a seguito dei violenti scontri avvenuti durante l’incontro calcistico di semifinale tra il Paok Salonicco e l’Olympiacos — allorché la FIFA aveva comunicato che, in caso contrario, trascorso un breve termine perentorio, le avrebbe comminato la squalifica dalle competizioni internazionali. Così pure può ricordarsi la vicenda che ha interessato la Federazione calcistica albanese nel marzo 2008, allorché la FIFA ha espulso da tutte le competizioni internazionali sia la nazionale di calcio sia le singole squadre, in risposta all’ingerenza del governo che pretendeva di esercitare un controllo sui bilanci della predetta Federazione. Nella specie, la FIFA ha revocato il provvedimento di espulsione soltanto a seguito della decisione del governo albanese, peraltro assunta in tempi molto brevi, di avviare un tavolo di trattativa con la stessa FIFA e la Federazione. Sempre nel 2008, la FIFA ha adottato un provvedimento di sospensione nei confronti della Federazione calcistica del Ciad, in polemica con il locale Ministero dello Sport che, violando il principio d’indipendenza delle associazioni affiliate alla FIFA, sancito dall’art. 17 del suo Statuto, aveva sciolto il Comitato esecutivo della menzionata Federazione sportiva e lo aveva sostituito con un altro organo. Il Ministero, per ottenere la revoca della sospensione, ha dovuto emanare un decreto che annullava i precedenti provvedimenti e ripristinava sostanzialmente lo status quo ante. Solo così il Ciad è stato ammesso a partecipare alle qualificazioni dei Mondiali sudafricani del 2010. Episodi analoghi a quello testé descritto hanno interessato anche le Federazioni calcistiche del Kenya nel 2004, dell’Iran nel 2006 e del Kuwait nel 2007. In ciascuno di questi casi la FIFA ha adottato un provvedimento di sospensione dai campionati internazionali delle rispettive Federazioni a causa delle accertate interferenze dei governi locali sulla amministrazione e sulle procedure elettorali interne di queste ultime. Sta di fatto che tutti e tre i governi dei menzionati Stati, dopo poco tempo, per ottenere la revoca del sopracitato provvedimento di sospensione hanno dovuto cedere ai dictat della FIFA e ritornare sui loro passi. Sulla linea fin qui evidenziata, può menzionarsi, altresì, il provvedimento di sospensione che ha colpito la Federcalcio nigeriana in dipendenza della decisione adottata dal governo di sanzionare la propria nazionale, ritirandola per due anni dalle gare internazionali, per la débâcle patita ai campionati mondiali di calcio svoltisi in Sudafrica nel 2010. Anche in questo caso, infatti, all’ultimatum di quarantotto ore della FIFA è seguita la pronta risposta del governo nigeriano che ha revocato il provvedimento precedentemente assunto. Non può, infine, non citarsi il caso che ha toccato da vicino il governo italiano allorché, in risposta alla minaccia azionata dal CIO di far partecipare gli atleti italiani alle Olimpiadi di Tokyo sotto insegne neutrali, ove non fossero stati assunti provvedimenti idonei a salvaguardare l’autonomia del CONI dall’ingerenza della politica, messa a repentaglio dal nuovo assetto del CONI avviato con la Legge di Stabilità 2019, è stato emanato in extremis il d.l. 29 gennaio 2021, n. 5, recante “Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI)” (in G.U. n. 23 del 29 gennaio 2021, conv. in legge 24 marzo 2021, n. 43, in G.U. n. 77 del 30 marzo 2021), così provvedendo ad aumentare, seppur di poco, la dotazione finanziaria del CONI ed a ritrasferire in suo favore alcuni beni e risorse umane. In particolare, si è stabilito che venisse assegnata al CONI, per l’esple­tamento dei compiti relativi al proprio funzionamento e alle proprie attività istituzionali, una dotazione organica nella misura di 165 unità di personale, delle quali 10 unità di personale dirigenziale di livello non generale, composta in parte da unità di personale già assunte alla data del 2 giugno 2002, in servizio presso Sport e Salute S.p.A., salvo il diritto di opzione a favore di ciascun dipendente per restare in servizio presso quest’ultima, e per la restante parte da unità di personale assunte mediante concorsi pubblici per titoli ed esami, con una quota pari al 50% dei posti messi a concorso, suddivisi per le singole qualifiche funzionali dirigenziale e non dirigenziale, riservata al personale dipendente a tempo indeterminato di Sport e Salute S.p.A. collocato in posizione di avvalimento presso il CONI che risulti assunto dopo la data predetta del 2 giugno 2002. Si è previsto, inoltre, l’incremento del finanziamento in favore del CONI sino all’importo di 45 milioni di euro, con contestuale decremento di quello in favore di Sport e Salute S.p.A. sino a 363 milioni, nonché il trasferimento al CONI di alcuni beni, individuati nell’Allegato A, ed il rinvio alla stipula di appositi contratti di servizio, da attuarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto legge, per la disciplina delle modalità di utilizzazione in comune degli ulteriori beni individuati nell’Allegato B.

[16] Con riguardo al lato soggettivo, esso raccoglie al suo interno le istituzioni operanti nel contesto sportivo internazionale più sopra richiamate. Con riguardo al lato oggettivo, esso contempla una serie di attività (Congresso olimpico, Solidarietà olimpica, Giochi olimpici) e di beni, materiali e immateriali (simbolo olimpico, bandiera olimpica, motto olimpico, emblema olimpico, inno olimpico, fiamma olimpica, fiaccola olimpica e torcia olimpica).

[17] In dottrina si usa spiegare la natura dell’ordinamento sportivo facendo riferimento anche al suo carattere ‘transnazionale’; così, v. M. Vellano, Il CIO e il governo transnazionale dello sport, in questa Rivista, 2017, fasc. 2, p. 143 ss.

[18] Il sistema ordinamentale sportivo si basa su una struttura rigidamente piramidale e sul rispetto della regola «ein-platz-prinzip», vale a dire della rappresentanza unitaria secondo cui viene dato accesso alla Federazione internazionale ad una sola Federazione nazionale per ogni singola disciplina sportiva; si veda, ad esempio, lo Statuto della FINA in cui, al punto C.7.1, si prevede che «The national body governing swimming, open water swimming, diving, high diving, water polo, artistic swimming, and Masters in any country or Sport Country shall be eligible to become a FINA Member in application of FINA Rule C 9» ed al punto C.7.2 che «There can only be one (1) body recognised by FINA as Member and as the only national governing body for Aquatics in a country or Sport Country. The jurisdiction of a Member shall be limited to the political boundaries of the country or Sport Country that it represents». In argomento e, più in generale, sulla configurazione del CIO e sui rapporti con le Federazioni sportive internazionali, v. M. Vellano, op. cit., par. 3.

[19] Questa relazione viene poi affermata con chiara evidenza nelle carte federali di tutte le Federazioni internazionali; v., ex multis, il Codice etico della FIA (Fédération Internationale de l’Automobile), il cui art. 3 dispone che «le Parti e le Terze Parti della FIA si adoperano per mantenere relazioni armoniose con le autorità nazionali, nel rispetto del principio di universalità e di neutralità politica della FIA»; negli stessi termini v. anche il Codice etico della FIFA (art. 14).

[20] Si pensi, in proposito, al divieto sancito dal CIO di mostrare simboli a sostegno dei diritti LGBTQ durante le Olimpiadi invernali di Soči poiché percepito come una protesta contro la legge sulla propaganda omosessuale introdotta dal governo russo nel 2013 e, ancor più di recente, il rifiuto frapposto dalla UEFA alla richiesta di consentire all’Allianz Arena di Monaco di essere illuminata con i colori del­l’arcobaleno durante la partita tra la nazionale tedesca e quella ungherese nel campionato Euro 2020, perché ritenuta propaganda politica contro la posizione del parlamento nazionale ungherese sui diritti LGBTQ. Non può non citarsi, andando indietro nel tempo, il famoso episodio avvenuto il 17 ottobre 1968, nel corso della premiazione alle Olimpiadi di Città del Messico della gara dei 200 metri piani maschile, allorquando gli atleti afroamericani Tommie Smith e John Carlos, rispettivamente medaglia d’oro e medaglia di bronzo, si presentarono sul podio senza scarpe, indossando calze nere e, durante l’inno nazionale americano, abbassarono lo sguardo e, invece della mano sul cuore, ripeterono il saluto nero del movimento delle Black panthers alzando il pugno avvolto in un guanto nero a significare, in segno di protesta contro la segregazione razziale, il loro distacco dalle istituzioni americane, espressione del potere dei bianchi. Al gesto degli atleti si associò il podista australiano medaglia d’argento, Peter Norman, il secondo uomo più veloce del mondo nel 1968, pronunciando la frase: “I will stand with you” e indossando sul podio, durante la premiazione, la coccarda del Progetto Olimpico per i Diritti Umani. La carriera sportiva di tutti e tre gli atleti, a seguito di questi fatti, ebbe termine quel giorno.

[21] In questo senso, cfr. L. Melica, La presunta “neutralità” del diritto trasnazionale dello sport, in Diritto dello Sport, 2021, vol. 2, n. 2, p. 4.

[22] V. http://olympics.com/ioc/news. Si consideri, in proposito, peraltro, come il governo russo, qualche mese prima dell’inizio delle Olimpiadi invernali di Soči, avesse emanato un decreto che vietava nella città russa qualsiasi manifestazione durante il periodo delle Olimpiadi, e che era stato, ad un mese circa dall’inizio dei Giochi, sostituito da un nuovo decreto nel quale si riconosceva che le manifestazioni potessero avere luogo, purché il numero dei partecipanti fosse limitato e i luoghi ed i percorsi degli eventi fossero previamente concordati con le autorità cittadine e le forze di polizia.

[23] V. IOC Athletes’ Commission, Rule 50.2 Guidelines – Olimpic Winter Games Beijing 2022; il documento è consultabile on line all’indirizzo: https://olympics.com/athlete365/app/uploads/2021/11/Rule-50.2-Guidelines-Olympic-Winter-Games-Beijing-2022-Nov-2021.pdf.

[24] Va, in proposito, ricordata la sospensione della Federazione calcistica del Sudafrica deliberata dalla FIFA nel 1963, cui è seguito il ritiro da parte del CIO dell’invito del Sudafrica a partecipare ai Giochi Olimpici di Tokio del 1964, e successivamente la formale espulsione del Sudafrica dal CIO nel 1970. Nello stesso anno, il provvedimento di sospensione della Federazione di atletica leggera del Sudafrica fu adottato dalla IAFF, dopo che analoga mozione era stata, invece, respinta. Particolarmente incisivo è stato l’intervento della Federazione internazionale di rugby, che rappresentava, e rappresenta tutt’ora, uno degli sport più popolari del Paese, giacché la rappresentativa nazionale fu bandita dalle competizioni internazionali e, in particolare, dalla Coppa del mondo per quasi per venti anni, dal 1975 al 1987. Nel 1979 la rappresentativa del Sudafrica fu bandita dalla Coppa del Mondo di golf, sebbene i giocatori continuarono ad essere ammessi a partecipare alle competizioni internazionali, così come pure avvenne nell’ambito del tennis, non senza accese polemiche. Viene comunemente fatto rientrare nel boicottaggio sportivo del Sudafrica anche l’Accordo di Gleneagles, siglato il 15 giugno nel 1977 dagli Stati facenti parte del Commonwealth, il quale prevedeva, tra l’altro, la sospensione di ogni contatto sportivo con rappresentanti del Sudafrica tacciati di condotta razzista.

[25] L. Goretti, Le sanzioni sportive contro la Russia e il mito dello ‘sport neutrale’, in www.
affarinternazionali.it
, 23 maggio 2022.

[26] Carta Olimpica, par. 27, punto 2.5. In argomento cfr. L. Melica, La presunta “neutralità” del diritto trasnazionale dello sport, cit., p. 1 ss.

[27] V. CAS 2022/A/8708, punto 144; CAS 2022/A/8709, punto 125 e CAS 2022/A/8865, punto 117.

[28] La vicenda approdata all’attenzione del TAS concerne, nello specifico, l’atleta iraniano Saied Mollaei, campione del mondo nella disciplina del judo, il quale, nel corso di alcune competizioni internazionali svoltesi tra il mese di ottobre 2018 ed il mese di agosto 2019, subì pressioni del governo iraniano finalizzate a perdere intenzionalmente alcune gare per evitare di incontrare nei turni successivi l’atleta israeliano Sagi Muki. Così, infatti, durante il Grand Slam di Abu Dhabi, il 28 ottobre 2018, Saied Mollaei, dopo avere vinto soltanto un mese prima il titolo di campione del mondo, perse nell’incontro di semifinale, mentre nell’altra semifinale era impegnato Sagi Muki; un mese dopo, al Grand Prix dell’Aja, ritrovandosi nello stesso lato del tabellone con l’avversario israeliano, perse al primo turno; così pure nella gara successiva disputatasi un mese dopo al World Masters di Guangzhou ed al Grand Slam di Parigi, nel febbraio 2019, dove perse ai quarti di finale, prima di incontrare in semifinale Sagi Muki e, parimenti, nel Campionato del mondo di Tokyo dell’agosto 2019. A seguito della richiesta di informazioni in merito alla procedura per il cambio di nazionalità fatta pervenire da Saied Mollaei alla Federazione internazionale di judo, quest’ultima avviò dapprima una interlocuzione con le autorità politiche e sportive iraniane diretta a risolvere bonariamente la vicenda e, successivamente, constatato il perdurare delle pressioni sull’atleta, accompagnate anche da minacce nei riguardi della sua famiglia, avviò il procedimento disciplinare contro la Federazione iraniana di judo, che si è concluso con i provvedimenti sanzionatori oggetto di impugnazione innanzi al TAS.

[29] V. CAS 2019/A/6500 – CAS 2019/A/6580, con cui il collegio arbitrale presieduto dal Presidente Franco Frattini (nei due giudizi riuniti, vertenti sulle impugnazioni promosse dalla Federazione iraniana di judo contro il provvedimento interinale di sospensione emesso il 18 settembre 2019 dalla Federazione internazionale di Judo ed il successivo provvedimento definitivo, emanato il 22 ottobre 2019) ha confermato il provvedimento temporaneo, mentre ha annullato con rinvio quello definitivo sotto il profilo della sua indeterminatezza, in quanto non circoscritto ad una specifica «competition or duties», come, invece, richiesto dallo Statuto federale. Il provvedimento è consultabile, on line, sul sito istituzionale del CAS all’indirizzo: https://www.tas-cas.org/fileadmin/user_upload/CAS_award_6500_6580.pdf.

[30] Solamente negli ultimi dieci anni la Russia, sotto la presidenza di Putin, ha organizzato: le Universiadi ed i Mondiali di atletica nel 2013, le Olimpiadi invernali e il Gran premio di Formula 1 a Soči nel 2014, i Mondiali di nuoto nel 2015 e i Mondiali di hockey nel 2016 e, infine, la Coppa del mondo di calcio nel 2018. Che lo sport sia questione di Stato in Russia è attestato, d’altra parte, volgendo lo sguardo all’altro lato della medaglia, dalla politica di doping di Stato attuata nel periodo compreso tra il 2011 e il 2015 per la quale lo sport russo è stato gravemente sanzionato dalla WADA.

[31] Secondo quanto stabilito dalle UEFA Competition Regulations, i coefficienti UEFA rappresentano il sistema impiegato per calcolare quante squadre di ogni singola Federazione calcistica nazionale sono ammesse a partecipare alle competizioni europee. Essi vengono aggiornati dopo ogni turno delle competizioni UEFA per singolo club. I coefficienti dei club vengono calcolati tenendo conto della somma di tutti i punti ottenuti nei precedenti cinque anni, oppure del coefficiente della Federazione di appartenenza durante lo stesso arco di tempo, utilizzando il valore più alto tra i due. Il coefficiente stagionale di una Federazione viene calcolato sommando i punti ottenuti da tutte le sue squadre in una determinata stagione di UEFA Champions League (UCL), UEFA Europa League (UEL) e UEFA Europa Conference League (UECL) e dividendo la somma totale per il numero di club iscritti nelle tre competizioni, v. https://it.uefa.
com/nationalassociations/uefarankings/club/about.

[32] Il riferimento viene, in particolare, operato dai giudici del TAS alle decisioni che presentano «disguised sanction» o «inherent disciplinary aspect». Sul punto, va richiamata la giurisprudenza del TAS (CAS 2011/O/2422) sulla c.d. Osaka rule, così denominata per il fatto che fu emanata durante la riunione del Comitato esecutivo del CIO svoltasi ad Osaka il 27 giugno 2008. Secondo tale disposizione, chi fosse stato condannato per doping alla sanzione della squalifica per un periodo superiore a sei mesi non avrebbe potuto partecipare alle edizioni delle Olimpiadi estive e invernali, successive al termine finale del periodo di squalifica. La Osaka rule è stata dichiarata invalida dal TAS con il lodo 4 ottobre 2011, a seguito del ricorso presentato dal Comitato olimpico degli USA in vista della partecipazione dell’atleta LaShawn Merrit ai Giochi olimpici di Londra 2012. La decisione del TAS si fonda sulla motivazione che la disposizione in esame, pur inserita tra le norme che regolano i criteri di partecipazione alle Olimpiadi (eligibility rules), implicitamente nella sostanza aveva natura sanzionatoria e, come tale, rappresentava una duplicazione di sanzione rispetto a quella comminata sulla base della regolamentazione di settore, contenuta nel Codice mondiale antidoping.

[33] Ad un giudizio fortemente critico si espone, quindi, la decisione assunta il 1° aprile 2022 dal Ministro dello sport britannico, Nigel Huddleston, di subordinare la partecipazione degli atleti russi e bielorussi alle competizioni sportive di qualsiasi disciplina in Gran Bretagna alla sottoscrizione di una dichiarazione di espressa presa di posizione contro la guerra in Ucraina e contro l’operato di Vladimir Putin (“Se dicono di essere neutrali, vogliamo la certezza che siano sinceramente neutrali e che non ci sia alcun collegamento con Putin”) e, parimenti, la determinazione assunta dall’All England Lawn Tennis and Croquet Club, organizzatore del torneo di Wimbledon, in espresso accordo con la predetta decisione del governo inglese, di escludere dal torneo tutti gli atleti russi e bielorussi, così ponendosi in contrasto con quanto stabilito nel mese di marzo dalla Federazione internazionale del tennis (ITF) nel senso di consentire, invece, la partecipazione degli atleti russi e bielorussi, senza però riferimento nella classifica APT alla loro nazionalità.

[34] Solo considerando il campionato italiano di calcio di Serie A, basti pensare al calciatore russo Aleksej Andreevič Mirančuk che gioca nella squadra del Torino.

[35] Il F.C. Zenit appartiene alla società Gazprom; il F.C. Sochi è stato fondato e tutt’ora appartiene all’oligarca, molto vicino a Putin, Boris Romanovich Rotenberg, proprietario della banca SMP che collabora attivamente con Gazprom. Il PFC Cska Moscow, durante l’epoca sovietica, era completamente di proprietà delle Forze Armate, note come Armata Rossa; dopo il crollo dell’Unione Sovietica capitali privati sono entrati nella proprietà del club, del quale solo una quota di minoranza appartiene al ministero russo della Difesa; dal 2001 il suo Presidente è Evgenij Giner, il Presidente del comitato finanziario della Federazione calcistica Russa; il F.C. Dynamo è di proprietà del magnate Alexei Fedorychev (numero uno del colosso Fedcominvest). È divenuto di recente presidente anche del club di basket Roca Team prendendo il posto dell’ucraino Sergey Dyadechko dopo dieci anni di presidenza.