Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


La storia dello sport oggi in Italia: bilanci e rilanci (di Francesco Bonini, Professore ordinario di Storia delle istituzioni politiche e Rettore della Libera Università Maria SS. Assunta Lumsa di Roma)


La storia dello sport, anche in Italia, ha ormai uno statuto riconosciuto. L'articolo presenta le istituzioni che promuovono la ricerca storica, associazioni, riviste e collane editoriali, e le linee di sviluppo della storiografia. Nel paragrafo conclusivo sono illustrate le fonti: biblioteche, archivi e musei. Si conclude sul tema identitario della maglia azzurra

Parole chiave: Società italiana di storia dello sport; diplomazia sportiva, associazioni sportive, istituzioni sportive, musei dello sport, archivi dello sport, biblioteche dello sport, Accademia Olimpica Italiana.

The history of sport in Italy today: balances and relaunches

The history of sports even in Italy now has a recognized status. The article presents the institutions that promote historical research, associations, journals, publishing series, and the lines of development of historiography. The concluding paragraph discusses sources: libraries, archives and museums. It concludes on the identity theme of blue jersey.

Keywords: Italian society of sport history, Sports diplomacy, Sports associations, Sports institutions, Sports museums, Sports archives, Sports libraries, Italian Olympic Academy.

La storia dello sport oggi, anche in Italia, è un campo riconosciuto. Sono ormai lontani i tempi in cui non si poteva non constatare il ritardo o l’episodicità di una produzione storiografica pure non priva di contributi significativi. Allora proprio questa riconosciuta maturità può essere l’occasione per ripercorrere temi e indirizzi ormai consolidati, indicando anche piste di investimento e di sviluppo.

A partire da una nota apparentemente formale. La specificazione «dello sport» applicata alla «storia» è da intendersi tanto in senso oggettivo che soggettivo. Sembra un’astruseria grammaticale, ma ci permette di entrare nel nostro argomento. Il genitivo è soggettivo quando esprime il soggetto dell’azione implicitamente espressa. Il genitivo è oggettivo quando esprime l’oggetto dell’azione implicitamente espressa.

Così, nel nostro caso, «storia dello sport», in senso soggettivo, sottolinea come la dimensione storica sia molto importante nel sistema sportivo, che è inserito, appunto, nel tempo, in un processo di miglioramento continuo: il record, l’albo d’oro, la hall of fame, le società sportive, sono tutti dati che è opportuno considerare non solamente dal punto di vista tecnico.

In senso, invece, oggettivo disegna un campo specifico di studi storici, un punto di vista molto significativo per lo sviluppo della conoscenza storica: in particolare per l’età contemporanea, se lo sport, come si pratica ancor oggi, è per certi aspetti «una invenzione vittoriana», come titolò nel lontano 1983 Edoardo Grandi, ma anche coubertiniana, ovvero mondializzata in forme diverse e non prive di contraddizioni nel tratto finale dell’Ottocento. E poi incrementalmente, ma sempre modificato fino al tempo presente. Tuttavia, sempre rinviando ad una radice, ad una dimensione culturale e storica, ancora più risalente che rimanda appunto all’antichità olimpica.

SOMMARIO:

1. Un percorso di investimento culturale - 2. Storici e storiografia - 3. Luoghi, strumenti e fonti della storia dello sport - NOTE


1. Un percorso di investimento culturale

L’Accademia Olimpica Nazionale Italiana è, statutariamente, l’ente di elaborazione culturale del sistema sportivo italiano, come in parallelo avviene a livello CIO. Recentemente è stato pubblicato un impegnativo volume, Il libro d’Oro per lo Sport Italiano [1], in cui si coglie, direi in modo istituzionale, questa duplice identità funzionale della storia dello sport, utilizzando la preposizione «per», che abbiamo sottolineato.

Non a caso il volume muove proprio dalla dimensione storica.

I cinque contributi di taglio storico danno conto dei risultati della storiografia, scandendo una periodizzazione ormai divenuta classica. Per questo è opportuno ripercorrerli molto brevemente.

Il primo, dedicato a Lo sport e lo Stato in età liberale, ci riporta al momento genetico appena evocato, un processo europeo, che Coubertin contamina dai college inglesi. L’Italia «tiene il passo europeo della formazione di un sistema sportivo moderno» attraverso l’iniziativa, ovvero l’«attivismo e lo spontaneismo» dell’associazionismo, su cui si innesta un CONI inteso come struttura confederale, formalizzato solo alla vigilia del tornante periodizzante della Grande guerra.

Il titolo del contributo sul periodo successivo è espressivo: Il Coni e il fascismo. Sintetizzando nel sottotitolo I trionfi sportivi, la fine dell’autonomia, la tragedia finale.

Il fascismo è il periodo – peraltro specularmente a tutto il mondo sviluppato – del grande sviluppo dello sport, che nelle Arènes totalitaires – per riprendere il titolo del lavoro di una delle più brillanti storiche europee dello sport, Daphné Bolz [2] – trova una vetrina, un forte impulso, ma anche una evidente strumentalizzazione, in un processo di statizzazione [3].

In Italia la statizzazione, peraltro, avviene in forme che, grazie alla struttura tipicamente italiana dell’ente, salvaguarda almeno alcune delle peculiarità dell’ordina­mento sportivo.

Così può capitare che profili di campioni, ultimo dei quali Gino Bartali – qualche tempo fa inopinatamente maltrattato senza alcuna base documentaria da Stefano Pivato –, sfuggissero all’allineamento al Regime. Il filo dell’attenzione all’ordinamento sportivo come asse della storia dello sport permette di cogliere la continuità dello sviluppo anche nella stagione successiva.

Con il titolo Lo sport agli sportivi, viene presentato il periodo 1944-1978, caratterizzato dalla lunga leadership di Giulio Onesti, attraverso gli appuntamenti olimpici di Cortina 1956 e, soprattutto, di Roma 1960, l’«Olimpiade perfetta».

L’ultimo saggio di taglio storico-(politico), Il sistema sportivo italiano contemporaneo, ci proietta nel processo, iniziato a fine secolo, con la crisi del Totocalcio, e attualmente ancora in atto, di (contraddittorio) riordinamento istituzionale del sistema sportivo italiano. Un passaggio che pone il problema storico-politico dell’identità e delle peculiarità del caso italiano, che in ogni caso mantiene un livello di competitività sempre piuttosto elevato, come dimostra il ranking olimpico costantemente soddisfacente.

La questione del complesso riordinamento del sistema sportivo si collega con un altro capitolo del Libro d’oro dello sport italiano, ovvero Lo sport nella Costituzione.

Di fronte ormai a diversi esempi di costituzioni democratiche che lo prevedono, viene reiterata e formalizzata nel Libro d’oro la proposta di inserire nella nostra Carta di un riferimento allo sport.

In effetti, la confusa riforma del titolo V della seconda parte della Costituzione aveva introdotto (art. 117) un riferimento incidentale all’«ordinamento sportivo», indicato tra le materie di legislazione concorrente tra Stato e regioni. La proposta, invece, è più risolutamente di intervenire sulla prima parte della Costituzione, come si è fatto per la prima volta nel corso della XVIII legislatura per l’ambiente, con la legge cost. 11 febbraio 2022 n. 1, che modifica l’art. 9 in particolare, oltre all’art. 45.

Sport e attività sportiva sarebbero menzionati con riferimento alla salute, al benessere, alla formazione, alla cultura, all’educazione, con un eventuale riferimento all’or­dinamento sportivo tanto nazionale quanto internazionale e, per la precisione, olimpico.

Nel Libro d’oro Sono ospitati altri due contributi, sempre di taglio storico. Il saggio dedicato a Chiesa e sport presenta un itinerario che dà conto degli interventi dei Pontefici, a partire da Pio X, spettatore in Vaticano di giochi ginnici internazionali proprio nel momento in cui Coubertin si era mosso senza successo per organizzare a Roma i Giochi del 1908, per arrivare, attraverso il ricchissimo magistero di Pio XII, fino ai giorni nostri.

Completa il profilo storico, che mostra la necessità di un rinnovato e meglio coordinato impegno di ricerca sulla vicenda (quantomeno) delle grandi Federazioni e dello stesso Comitato Olimpico, un saggio in cui sono presentati alcuni tra i più grandi protagonisti della dirigenza sportiva italiana. La scelta è caduta su Eugenio Brunetta d’Usseaux, primo segretario generale del CIO, Carlo Montù, primo organizzatore del CONI, Alberto Bonacossa, presidente di diverse federazioni ed influente membro del CIO nel periodo delicatissimo a cavallo della seconda guerra mondiale, fino a Giulio Onesti, rifondatore del CONI dopo il fascismo e Bruno Zauli, che di quel CONI fu l’anima tecnico-sportiva.

Una dirigenza sportiva, nei vari tempi, di livello mondiale, in grado di dialogare alla pari con la presidenza del Comitato Olimpico Internazionale, in tutti i periodi che, come si è visto, scandiscono un arco ben più che centenario.

Uno sport in cui la presenza femminile è studiata nel saggio su Ginnastica e sport di genere (femminile, plurale). Questa dimensione, peraltro, è ormai corrente e riconosciuta: lo dimostra anche il fatto che nel 2021 il premio Bancarella sport è andato proprio ad un bel volume di Antonella Stelitano dedicato alla storia del ciclismo femminile [4].

Dopodiché anche la SIS, la Società Italiana delle Storiche, ha dedicato il congresso 2022, tenutosi a Roma il 17-19 novembre, dal proprio punto di vista esplicitamente femminista, a Che ‘genere’ di sport? Prospettive storiche di lungo periodo.

Il volume dell’Accademia Olimpica contiene anche altri contributi sulla dimensione sociale e sulle dimensioni educativa, economica, artistica e culturale, oltre che agonistica, fisica e psicologica dello sport: tutti aspetti che hanno, con tutta evidenza, anche una dimensione storica e la cui considerazione contribuisce, appunto, ad una storia dello sport globale.

In realtà, il quadro coerente ed ampio suggerito da questa pubblicazione, non a caso coordinata da Antonio Lombardo, uno degli studiosi che saldano le diverse «generazioni» di storici, tra i lavori di dissodamento pionieristico e una storiografia più articolata, presenta due aspetti significativi. Da un lato, è il frutto di una stagione importante di investimento nella ricerca, di cui dà conto criticamente sintetizzandone i risultati, dall’altro, indica gli obiettivi e picchetta le linee di un percorso ulteriore, sempre meglio integrato, in quanto sullo schema istituzionale occorre sempre meglio articolare gli altri apporti, tecnici, culturali, economici e sociali.

Questa stagione è animata dalla SISS, Società italiana di storia dello sport (www.storiasport.com). Fondata nel 2004 in relazione con l’esperienza del CESH, il Comitato Europeo di Storia dello Sport, costituito nel 1994, a sua volta diramazione (un poco dialettica) dell’ISPHES [5], la cui componente italiana era particolarmente numerosa e vivace, ha la caratteristica di essere una realtà culturale e scientifica e non meramente accademica. Tiene ogni anno un convegno tematico e pubblica una collana di «Quaderni della Società italiana della storia dello sport». Vale la pena di ripercorrere questa produzione, edita per alcuni anni dalla cooperativa editoriale che aveva dato vita dagli anni Ottanta all’originale esperienza di Lancillotto e Nausica, rivista di critica e storia dello sport, su cui torneremo, e successivamente da Aracne.

I temi dei Quaderni, i primi numeri dei quali sono anche disponibili on line sul sito della Società, possono aiutarci a descrivere ulteriormente il perimetro degli interessi degli studi di storia dello sport e coglierne l’inserimento nei più ampio dibattito storiografico. Vi figurano, tra gli altri, il tempo delle due guerre mondiali, in occasione dei rispettivi anniversari, lo sport femminile, di cui si è detto, e profili disciplinari, a proposito di pugilato, sport equestri e ciclismo. L’ultimo congresso della Società è stato dedicato al periodo fascista e l’intervento del curatore Ermino Fonzo, di prossima pubblicazione nel Quaderno n. 11, è stato anticipato proprio sulla nostra Rivista, a dimostrazione di una sinergia che si sviluppa dal primo numero della Rivista di Diritto Sportivo.

A questa iniziativa editoriale, sempre sostenuta dalla SISS, si affiancano il sostegno a pubblicazioni specifiche e a una vivace convegnistica, la promozione di occasioni di formazione in particolare degli insegnanti, per cui hanno lavorato Franco Molinari, Deborah Guazzoni ed Emanuele Grisanti. I licei sportivi sono un bacino molto interessante di sperimentazione della didattica della storia dello sport, per molti aspetti ancora poco strutturato.

Sul piano più strettamente accademico la SISS ha promosso la pubblicazione di una rivista scientifica, che completa il quadro sistemico: Storia dello sport. Rivista di studi contemporanei (disponibile on-line: https://storia-sport.it/index.php/sp). Dal 2019 questa pubblicazione, strutturata su una parte monografica e diverse rubriche permanenti, permette, oltre agli approfondimenti scientifici, una recensione della più rilevante convegnistica e ad una attenta discussione bibliografica.

In effetti, in questo modo, anche l’Italia è dotata di una rivista scientifica dedicata, così da dialogare anche con più strutturata storiografia europea.

Cosa che non esclude, com’è giusto, la circolazione delle ricerche anche su riviste scientifiche generaliste. Ai due capi del percorso più recente di sviluppo della storia dello sport classiche riviste di storia generale hanno dedicato alla storia dello sport numeri monografici. Memoria e Ricerca ha dedicato, ormai diversi anni fa, un fascicolo ad Associazioni sportive. Identità sociali e modernizzazione [6]; più di recente un’al­tra rivista, Passato e Presente, ha pubblicato un fascicolo dedicato a Sport popolare e popolarità dello spor[7], completato con un’esauriente rassegna bibliografica, curata da Lorenzo Venuti [8].


2. Storici e storiografia

Rimandando in termini sistematici a quel contributo, possiamo segnalare alcuni nodi più specificamente significativi. Cui fa da cornice la recente Storia dello sport in Italia, frutto del lavoro di uno dei pionieri della disciplina, Stefano Pivato e di un docente francese strettamente connesso con gli sviluppi della storiografia italiana, Paul Dietschy, tradotto da Nicola Sbetti.

Gli autori risolvono, nel primo dei sei capitoli, con sagace equilibrio, la vexata quaestio delle origini: «quello che appare nel corso del XIX e XX secolo non è altro che il frutto di una lunga maturazione e di un groviglio di pratiche che si influenzano fra loro» [9]. Segue una sintesi polifonica, ovvero modulata su diversi registri. Una storia, insomma, rilevante non solo di per sé, in quanto tale, ma anche «come indizio che spiega l’evoluzione del costume nazionale» [10]. La sottolineatura è nostra, a mostrare, tra i diversi, il punto di vista privilegiato degli autori, la cui collaborazione e duplice e convergente prospettiva dimostra come la storia dello sport, anche quando si concentra su un determinato quadro nazionale, in Italia, non può che avere una prospettiva internazionale. Di qui l’utilizzazione di fonti molteplici, con particolare attenzione alla comunicazione, fino alle canzonette ed ai programmi televisivi, talent compresi. Le opere di sintesi come sappiamo o rappresentano il dissodamento preliminare di un terreno poco frequentato, oppure raffinano, sintetizzano e rilanciano un collettivo investimento. È questo il caso del volume in questione.

A proposito di pionieri, molto significativo è il caso di Fabrizio Felice. Data 1976 il suo pionieristico lavoro sullo sport durante il fascismo [11]. Era allora il tempo in cui, dal punto di vista accademico, un’opera di storia dello sport era considerata un divertissement pittoresco. In realtà, quel lavoro, per la prima volta in termini rigorosi e documentati, dava conto, da un lato, dell’importanza dello sport nel processo di fascistizzazione dell’Italia e degli italiani, dall’altro, dell’importante investimento che questo aveva comportato non solo in funzione del Regime, ma anche come dato di più lungo periodo. Fabrizio dopo diversi anni è ritornato a pubblicare significativi volumi, nelle collane Sport di Sedizioni e Il podio – storia e cultura dello sport di Aracne, in cui riprende, approfondisce e rilancia questo percorso inizialmente interrotto, confermando il periodo fascista come non solo cronologicamente centrale nel percorso di sviluppo dello sport e, dunque, anche come terreno importante di studi. Fabrizio Felice, con una rigorosa attenzione alle fonti, qualifica la prospettiva dello sport come persuasivo punto di vista per cogliere non solo il dato politico, ma anche quello più ampiamente sociale e culturale di un’epoca.

Direttore delle due collane è Sergio Giuntini, autore di molti e rilevanti studi di storia dello sport italiano, europeo e internazionale. Caratteristica dei lavori di Giuntini è, da un lato, la grande competenza tecnica e la piena padronanza delle fonti, dal­l’altro, una marcata sensibilità sociale, oltre che l’attenzione ai tratti biografici, alla personalità dei protagonisti: atleti, tecnici, dirigenti sportivi.

Uno sport che, peraltro, è sempre più globale, ma non può non essere piantato nelle diverse realtà e biografie.

Esperienza significativa è stata anche la scuola romano-teramana di critica e storia dello sport, come recita il sottotitolo della coltissima rivista Lancillotto e Nausica, giunta al cinquantesimo numero. Ne sono stati animatori, tra gli altri, Luciano Russi, Paolo Ogliotti, Aldo Russo, Lauro Rossi e Adolfo Noto. Ultima iniziativa del gruppo, attraverso la cooperativa editoriale, è stata la ripubblicazione dei lavori di uno dei pionieri della storia culturale dello sport, Alighiero Manacorda.

All’impulso di quel gruppo e della Scuola coagulatasi intorno all’esperienza del­l’Università di Teramo nel polo didattico di Atri, nei primi anni duemila, è legato il filone di studi di storia delle istituzioni sportive, di cui ai lavori anche di sintesi dell’autore di queste pagine e successivamente di Tito Forcellese. Ad essi si possono collegare anche i lavori di Antonio Lombardo, autore di un pionieristico saggio su Coubertin e poi animatore di diverse iniziative dalla Cattedra di Storia dello sport a Tor Vergata, e di diverse ricerche sul CONI [12] e le Federazioni sportive, anche pubblicate dalla casa editrice Il Vascello di Roma.

Che lo sport rappresenti un ordinamento di grande interesse, per cogliere i più importanti temi della storia politico-istituzionale dell’età contemporanea, lo conferma la ricerca che Nicola Sbetti ha dedicato a Sport e politica estera nell’Italia del secondo dopoguerra, con il titolo evocativo Giochi diplomatici [13]. Questo volume, insieme a quello di Tito Forcellese sulle candidature olimpiche italiane [14], illustra molto efficacemente come la «diplomazia sportiva» rappresenti un punto di vista di fondamentale rilievo, meritevole anche di ulteriori sviluppi.

Il rilievo politico-istituzionale, ma anche economico e sociale è al centro degli interessi di Enrico Landoni, dagli studi su Milano a quelli sul fascismo, come pure a Siena di Saverio Battente ed Eleonora Belloni, che hanno studiato tra l’altro, rispettivamente, la pallacanestro e il ciclismo, questo anche nei suoi aspetti funzionali ed economico-industriali. Così come Daniele Serapiglia, esponente invece di una scuola bolognese, come peraltro lo stesso Sbetti, che ha studiato tra l’altro la pallavolo e l’inve­stimento sportivo nei regimi autoritari di Portogallo e Spagna. In occasione dei principali appuntamenti sportivi globali risultano saggi più agili, non meramente d’occa­sione, tra cui spiccano quelli dedicati alla storia politico-istituzionale dei Giochi Olimpici e del Campionato mondiale di calcio, con titoli parlanti [15].

Ritorna un dato fondamentale, ovvero il carattere strutturalmente internazionale, o, forse più propriamente globale dello sport e, dunque, anche della storia dello sport: che si può dire oggi dall’Italia misura senza alcun complesso con il quadro europeo, come mostrano proprio i lavori e i percorsi di ricerca di questa più giovane generazione.

Che, peraltro, forse proprio a muovere dal riconosciuto patrimonio della storia dello sport, sviluppa anche quelle trame interdisciplinari, o, più esattamente trans-disci­plinari, da cui abbiamo preso le mosse.

Si segnalano qui due iniziative: la prima, nell’ambito dell’Ismed del CNR, con la pubblicazione di un’ampia ricerca Visioni di gioco, su Calcio e società da una prospettiva interdisciplinare, con contributi oltre che di storici di sociologi, letterati, economisti, politologi, filosofi, giuristi, statistici [16]. Un altro progetto trans-disciplinare è, invece, frutto, presso il Museo delle Civiltà di Roma, di un dialogo in particolare con gli antropologi, promosso da Salvatore Mancuso [17].

Percorsi che, peraltro, ci ricordano la radice, diremmo, personalista e umanista dello sport, nelle sue molteplici dimensioni.


3. Luoghi, strumenti e fonti della storia dello sport

Caratteristica fondamentale e molto significativa del sistema sportivo italiano dal quale abbiamo preso le mosse è la straordinaria varietà del tessuto: centomila società sportive. Del resto anche il rapido itinerario sugli studi mostra una evidente policentricità.

Il dato sul numero delle associazioni e delle società comporta in tutti questi soggetti, o almeno in una loro parte consistente, così come nel sistema di comunicazione, cartacea, ma ormai soprattutto digitale, una naturale attenzione anche ai percorsi storici. Questo genera una straordinaria produzione, ovviamente molto diseguale, anche se non soprattutto o esclusivamente a carattere, a vario titolo, memorialistico o celebrativo. È un patrimonio molto ampio, ma pulviscolare, rispetto al quale si avverte sempre più urgente, in ordine proprio anche allo sviluppo di quella cultura sportiva che necessariamente comporta la consapevolezza della dimensione storica, l’assenza di una centrale di catalogazione e, dunque, di valorizzazione attraverso quantomeno la condivisone delle informazioni.

La pur benemerita Biblioteca Sportiva Nazionale dovrebbe essere il soggetto naturale chiamato a realizzare, grazie anche alle tecnologie, questa opera almeno di catalogazione, non potendo essere ipotizzabile una acquisizione sistematica. Se è vero che la complessa transizione istituzionale che il sistema sportivo italiano ha conosciuto, da quasi ormai un ventennio, sembra arrivata ad una certa stabilizzazione, potrebbe essere questo un momento opportuno per rilanciare questa benemerita istituzione? La domanda non suoni retorica. Non dimentichiamo, infatti, l’importante lavoro che appunto ormai diversi anni fa, dal 2007, prima della sospensione delle attività, la Biblioteca aveva cominciato a svolgere digitalizzando quotidiani e periodici sportivi dalla fine dell’Ottocento al periodo fascista.

È vero che operano in Italia alcune altre biblioteche specializzate, ma questo dato, pur anch’esso meritorio, non fa che accentuare un senso di parcellizzazione, cui effettivamente oggi le tecnologie possono ovviare senza neppure che siano necessari investimenti particolarmente onerosi, purché si prenda risolutamente l’iniziativa.

Non diverso è il quadro degli archivi, monitorato tra l’altro da un centro studi promosso da Donato Tamblè, Sport’s records, oltre che dalle iniziative di Angela Teja. Le iniziative di alcune soprintendenze regionali mostrano come il patrimonio sia nello stesso tempo ingente e disperso. Cosa che vale tanto per le singole personalità, quanto per le società sportive e a livello nazionale per le Federazioni, gli Enti di promozione sportiva e lo stesso CONI.

Stupisce, infatti, come tra le diverse Federazioni, come pure negli altri soggetti, gli enti di promozione sportiva e le stesse istituzioni benemerite, sia così diversa la sensibilità per la conservazione e la gestione dei documenti. Eppure non sarebbe né complicato, né oneroso fissare standard comuni. Si veda, a titolo di esempio e buona pratica, il lavoro compiuto negli ultimi decenni da Livio Toschi ben documentato in occasione del 120° anniversario della Fijlkam [18].

Il terzo e connesso luogo della storia dello sport, ma anche per la storia dello sport, in quanto centro propulsore, oltre che deposito di fonti, sono i musei.

Anche in questo settore, di rilievo crescente nella fruizione del patrimonio culturale, si era ipotizzata una grande iniziativa nazionale. L’aveva rilanciata, da ultimo, Mario Pescante, come Sottosegretario con delega per lo sport, nei primi anni Duemila, identificando anche una sede in uno degli edifici più iconici dello straordinario complesso del Foro Italico, la Casa delle armi, ovvero l’Accademia di scherma, ritornata nella disponibilità dopo esser stata utilizzata anche come aula bunker per la celebrazione dei grandi processi degli anni Ottanta.

Se questa, come, peraltro, tante altre iniziative «accentrate» risultano di difficile, impossibile realizzazione, proprio per la struttura profonda del Paese, costitutivametne multiforme e policentrico, risulta necessario, ma anche possibile, mettere in rete proprio le centinaia di iniziative legate a società, luoghi, discipline.

Oltre che un valore in sé, i musei infatti possono essere, da un lato, luoghi di aggregazione e di sviluppo di una public history dello sport, dall’altro, rappresentano un patrimonio di fonti fondamentali non solo per la storia materiale dello sport, ma per tutti gli aspetti della stessa. Luoghi dove investire, come, da ultimo, la FIGC per il museo del calcio di Coverciano, organizzato da Fino Fini, storico medico della nazionale italiana e ora riorganizzato nell’ambito della Federazione sotto la direzione di Matteo Marani. Intendendolo come un possibile hub culturale in grado di dare, accanto ad un importante centro tecnico, il senso di un investimento anche nella dimensione storica.

Che proprio questo ultimo riferimento al Museo (della storia) del calcio tinge di azzurro, l’iconico colore delle rappresentative italiane, che apre ad una ulteriore dimensione, quella simbolico-identitaria, ulteriore elemento e pista di ricerca.

Nel quadro della visione prismatica della storia dello sport, foriera di molti altri frutti.


NOTE

[1] Il libro d’Oro per lo Sport Italiano. Un contributo per pensare lo sport che verrà, Roma, 2022. La sottolineatura nel titolo è nostra, la citazione è a p. 29. Sono ricordati, nell’ordine, i saggi di E. Belloni, A. Lombardo, N, Sbetti, F. Bonini, S. Cassese, A. Stelitano, S. Giuntini, R. Frasca.

[2] Paris, 2008, disponibile anche on-line: https://books.openedition.org/editionscnrs/5573?lang=it.

[3] Se la ricerca di Bolz ha come sottotitolo Hitler, Mussolini et les jeux du stade, nell’altro sistema totalitario, l’Unione Sovietica, lo sport viene formalmente costituzionalizzato, ovvero inserito nel testo della costituzione dal 1936, in qualche modo formalizzando proprio con questa funzione strumentalizzata e subordinata al partito unico. Il cruciale articolo 126 dispone: «In conformità con gli interessi dei lavoratori e allo scopo di sviluppare l’autonomia organizzativa e l’attività politica delle masse popolari, è assicurato ai cittadini dell’URSS il diritto di unirsi in organizzazioni sociali: sindacati, consorzi cooperativi, organizzazioni della gioventù, organizzazioni sportive e di difesa, associazioni culturali, tecniche e scientifiche, mentre i cittadini più attivi e più coscienti provenienti dalle file della classe operaia e da altri strati di lavoratori si riuniscono nel Partito Comunista (bolscevico) dell’URSS, che è il reparto d’avanguardia dei lavoratori nella loro lotta per il consolidamento e lo sviluppo del regime socialista, e che rappresenta il nucleo direttivo di tutte le organizzazioni dei lavoratori, sia sociali che statali».

[4] A. Stelitano, Donne in bicicletta, Portogruaro, 2020.

[5] R. Renson, Community: Scholarly Organisations and Congresses, in Making Sport History: Disciplines, Identities and the Historiography of Sport, ed. by P. Delheye, London, 2014.

[6] N. 17/2008, a cura di F. Bonini e V. Verratti.

[7] N. 111/2020, a cura di P. Causarano, F. Tacchi, L. Venuti.

[8] Le traiettorie della storia dello sport, in Passato e Presente, 111/2020, cit., pp. 229-254.

[9] S. Pivato e P. Dietschy, Storia dello sport in Italia, Bologna, 2021, pp. 13-14.

[10] S. Pivato e P. Dietschy, Storia dello sport, cit., p. 8.

[11] F. Felice, Sport e fascismo, Rimini, 1976; si veda l’intervista in cui nel 2019, rispondendo alle domande di Nicola Sbetti e Alberto Molinari, illustra la sua esperienza umana e di ricerca: https://
rivista.clionet.it/vol3/fabrizio-alle-origini-della-storia-dello-sport-in-italia/.

[12] In particolare si veda il volume che raccoglie gli studi organizzati in occasione del centenario del CONI: Il Coni nella storia dello sport e dell’Italia contemporanea, a cura di F. Bonini, A. Lombardo, Roma, 2014.

[13] N. Sbetti, Giochi diplomatici. Sport e politica estera nell’Italia del secondo dopoguerra, Treviso-Roma, 2020.

[14] T. Forcellese, L’Italia e i Giochi olimpici. Un secolo di candidature: politica, istituzioni e diplomazia sportiva, Milano, 2013.

[15] R. Brizzi e N. Sbetti, La diplomazia nel pallone. Storia politica dei Mondiali di calcio (1930-2022), Milano, 2022, che aggiorna R. Brizzi e N. Sbetti, Storia della Coppa del mondo di calcio (1930-2018). Politica, sport, globalizzazione, Milano, 2018; N. Sbetti, Giochi di potere. Olimpiadi e politica da Atene a Londra 1896-2012, Milano, 2012.

[16] Si vedano i due volumi Visioni di gioco. Calcio e società da una prospettiva interdisciplinare, a cura di M. Lupo, A. Emina, I. Benati, Bologna, 2020 e 2022.

[17] C. Mancuso (a cura di), Percorsi di storia e antropologia dello sport, Bologna, 2022.

[18] L. Toschi, 120 anni di storia e 26 Olimpiadi. 1902-2022, Roma, 2022.