Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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I principi fondamentali dell'olimpismo e la loro applicazione nelle situazioni a forte impatto geopolitico (di Luigi Melica, Professore ordinario di Diritto pubblico comparato nell'Università del Salento)


Alla luce dei recenti eventi, in particolare dello scoppio del conflitto russo-ucraino, le autorità della governance sportiva globale stanno lottando come mai prima d'ora per trovare un equilibrio tra l'applicazione dei principi fondamentali dell’Olimpismo stabilito nella Carta olimpica, che sono ispirati ai valori della pace e della non-discriminazione, e la valorizzazione della «neutralità politica» che la Carta stessa impone alle organizzazioni sportive e a tutti gli atleti. In questo senso, la forte risposta della governance sportiva nei confronti della Federazione Russa (e dei suoi atleti) rende il quadro ancora più contraddittorio di quanto non fosse già. Dopo aver descritto e analizzato la situazione attuale, questo contributo mira a suggerire un'in­terpretazione della Carta olimpica e dei suoi principi che possono facilitare il compito delle istituzioni sportive.

Parole chiave: Olimpiadi, valori olimpici, neutralità politica, Carta olimpica, governance sportiva.

The fundamental principles of olympism and their application in situations with a strong geopolitical impact

In the light of recent events, in particular the outbreak of the Russian-Ukrainian conflict, the authorities of the global sports governance are struggling as never before to find a balance between the application of the Fundamental principles of Olympism established in the Olympic Charter, which are inspired to the values of peace and non-discrimination, and the enhancement of the «political neutrality» that the Charter itself imposes on sports organizations and on all athletes. In this sense, the strong response of sports governance towards Russian Federation (and its athletes) makes the picture even more contradictory than it already was. Having described and analyzed the current situation, this contribution aims to suggest an interpretation of the Olympic Charter and its principles that can facilitate the task of the sporting institutions.

Keywords: Olympism, Olympic values, political neutrality, Olympic Charter, sports governance.

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Le decisioni adottate dalle autorità sportive a seguito dell’inva­sione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa: la fine della neutralità politica dello sport? - 2.1. Gli effetti delle decisioni adottate e il loro impatto sul principio di neutralità politica nello sport - 3. Natura giuridica, forza e valore normativo della Carta olimpica - 4. Valori dell’Olimpismo e «blocco di costituzionalità» nella interpretazione della Carta olimpica - NOTE


1. Introduzione

Quando il Presidente francese Macron, poco prima dell’inizio dei Campionati del mondo di calcio in Qatar, affermava che «non bisogna politicizzare lo sport», non solo non placava le proteste nei riguardi della FIFA e del Qatar, ma addirittura accresceva le contestazioni [1]. Il Qatar è indubitabilmente una forma di stato autoritaria anche se non è l’unico il cui Comitato olimpico e le Federazioni nazionali partecipano alle competizioni sportive internazionali [2]: ne esistono, infatti, molti altri a partire dalla Federazione Russa, già assegnataria dei precedenti Campionati del mondo [3]. La raccomandazione di Macron, al di là del suo interesse personale [4], ha un fondamento oggettivo: se, infatti, il mondo dello sport inseguisse le scelte politiche di uno Stato, rischierebbe di perdere molti atleti e forse anche di dissolversi. Le Olimpiadi delle origini, in fondo, rivelavano la loro valenza neutrale con la «tregua olimpica» che aveva lo scopo, garantendo l’incolumità della città di Olimpia, di raffreddare le conflittualità tra Stati: vigeva, infatti, la consuetudine secondo cui durante le gare si sospendevano le guerre in corso e questo permetteva agli atleti degli Stati belligeranti di gareggiare [5]. La Carta olimpica sembra aver recepito questa consuetudine, proclamando la «neutralità dello sport» [6] e prevedendo specificamente che le competizioni sportive non sono gare tra Stati, ma tra atleti e squadre [7]. Ciò non toglie, tuttavia, che gli atleti esprimano il proprio pensiero e dissenso anche platealmente contro le violazioni dei diritti umani perpetrate indifferentemente dalle autorità sportive e da altri Stati, ivi compreso il proprio. Anzi, accade di sovente che atleti famosi colgano l’occasione delle trasmissioni in mondovisione delle gare sportive per lanciare forme di protesta contro le pratiche liberticide di alcuni Paesi attraverso dichiarazioni e manifestazioni di chiara pregnanza politica (cfr. infra, par. 2). Casi simili esistono da sempre ed ultimamente sono divenuti talmente numerosi da preoccupare le autorità sportive, le quali faticano a trovare una linea comportamentale equa e rispettosa dei diritti di tutti. Da un lato, infatti, risulta giuridicamente problematico, oltre che politicamente inopportuno, limitare la libertà di pensiero degli atleti, [continua ..]


2. Le decisioni adottate dalle autorità sportive a seguito dell’inva­sione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa: la fine della neutralità politica dello sport?

Non è la prima volta che le guerre contaminano i Giochi olimpici e altre manifestazioni sportive; tuttavia, mai, prima del conflitto russo-ucraino, le autorità sportive avevano deliberato esclusioni di atleti che si accingevano a gareggiare. Come già detto, però, era la prima volta che un Paese aveva violato la tregua olimpica attraverso un intervento armato mosso contro un altro Paese. Al limite, in passato, i Governi avevano utilizzato politicamente l’arma del «boicottaggio» sportivo non inviando le proprie delegazioni in segno di protesta contro atti armati, i quali, però, erano avvenuti precedentemente rispetto all’inizio delle gare olimpiche. Nel caso dei Giochi olimpici di Melbourne, iniziati il 22 novembre 1956, ad esempio, le delegazioni olimpiche di Spagna, Paesi Bassi e Svizzera non presero parte alla manifestazione in segno di protesta contro l’invasione dell’Ungheria da parte dell’Unione Sovietica: allora, però, non era stata violata la tregua olimpica perché la guerra, nonostante fosse iniziata solo un mese prima, si era conclusa il 4 novembre con la ricostituzione del governo filosovietico diretto da János Kádár. Analogamente, con l’invasione dell’Afghanistan da parte del­l’Unione sovietica, cui fece seguito il boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca da parte di 65 delegazioni olimpiche [15], non era stata violata la tregua olimpica in quanto il conflitto era iniziato un anno prima (nel dicembre 1979). Invece, nel caso dei Giochi olimpici cinesi, la guerra o comunque l’invasione iniziava quando nel villaggio olimpico erano presenti le delegazioni sportive dei Paesi belligeranti e non si concludeva prima dell’inizio delle gare. Quindi, in nome dell’essenza stessa dello sport olimpico inteso come veicolo di «pace», il CIO riteneva intollerabile il comportamento dello Stato russo [16] e si schierava con il Paese invaso, esprimendo piena solidarietà alla comunità olimpica dell’Ucraina, i cui atleti – affermava – «sono nei nostri cuori e nei nostri pensieri» [17]. Pur consapevole di colpire gli atleti russi e bielorussi che non avevano avuto alcun peso o influenza nelle decisioni politiche (ricordiamo la regola 6 della Carta olimpica, cfr. supra), il CIO raccomandava a tutte le Federazioni sportive di decretare la loro [continua ..]


2.1. Gli effetti delle decisioni adottate e il loro impatto sul principio di neutralità politica nello sport

La decisione del Comitato paralimpico veniva replicata in tutte le competizioni successive anche perché il conflitto, nel frattempo, non cessava. Come prevedibile, le cancellazioni o spostamenti di gare già programmate si susseguivano a catena, a partire dalla finale di Champions League di calcio spostata da San Pietroburgo a Parigi [28], a seguire con il Gran premio di Formula 1 che si doveva tenere a Sochi nel mese di settembre [29]. Anche i Mondiali di pallavolo, da disputare in Russia, venivano spostati [30] e l’associazione dell’Eurolega di basket che, come noto, è una lega privata e, come tale, non vincolata alle decisioni adottate dalla Federazione internazionale del basket, decideva comunque di escludere le squadre russe [31]. Più in generale, ogni gara tra squadre europee e squadre russe che si sarebbe dovuta disputare in territorio russo o bielorusso veniva spostata. Solo in alcuni casi si attuava la regola 6 della Carta, invitandosi gli atleti russi e bielorussi a titolo personale e non in rappresentanza dei propri Paesi, escludendosi ogni forma di immagine riconducibile allo Stato stesso, quali bandiere, simboli e intonazione dell’inno nazionale [32]. Non solo, ma le manifestazioni di contrarietà al Governo russo e di solidarietà al popolo ucraino si moltiplicavano esprimendosi anche platealmente all’interno dei luoghi dove si disputano le gare sportive, in chiara dissonanza dal contenuto della Carta olimpica. Quest’ultima, infatti, vieta ogni tipo di «[…] demonstration or political, religious or racial propaganda» in tutti luoghi dove si svolgono le competizioni sportive [33]. Tuttavia, in quelle circostanze, sarebbe stato complicato vietare e sanzionare le proteste anche perché, i diversi tesserati (atleti, tecnici e gli stessi vertici di autorità sportive), esprimevano un pensiero critico nei riguardi di un comportamento – le azioni del Governo russo – che era incompatibile con i valori dello sport consacrati nella Carta olimpica. Senza considerare che le autorità dello sport avrebbero dovuto aprire centinaia, se non migliaia, di procedimenti disciplinari, poiché le contestazioni, subito dopo l’invasione dell’Ucraina, si erano manifestate spontaneamente un po’ dappertutto. Due giorni dopo l’inizio del conflitto, per fare un esempio, alla vigilia della partita [continua ..]


3. Natura giuridica, forza e valore normativo della Carta olimpica

In presenza di situazioni e fattispecie simili a quelle sopra richiamate, chi scrive si era già domandato se non fosse opportuno allineare l’applicazione ed interpretazione della Carta olimpica alle regole dell’interpretazione giuridica osservate in attuazione dei Testi costituzionali [45], includendo, nel bilanciamento dei diversi interessi, tutti i principi/valori contenuti nella Carta. In questa prospettiva, è proprio la Carta olimpica ad avvalorare questa lettura, definendo sé stessa un atto giuridico avente valore costituzionale, ossia “a basic instrument of a constitutional nature” [46]. Nella consapevolezza di non poter esaurire in poche righe la descrizione delle norme olimpiche, vorrei unicamente offrire un quadro generale delle regole e della mission dell’Olimpismo, la cui attuazione, in forza della stessa Carta, spetta al CIO e a tutti i soggetti del Movimento olimpico. La Carta olimpica, infatti, contiene lo Statuto del Comitato Internazionale Olimpico e sancisce i diritti ed obblighi spettanti ai Soggetti costitutivi del Movimento olimpico, ossia il Comitato olimpico internazionale, le Federazioni internazionali, i Comitati nazionali olimpici ed i Comitati organizzatori dei giochi olimpici. Essa, inoltre, caratterizza l’Olimpismo con una bandiera e fonda l’intera comunità olimpica sul motto Citius-Altius-Fortius. Non solo, ma il suo testo si fonda su un preambolo, su una serie di principi fondamentali e su regole a loro volta attuate da disposizioni attuative ed esecutive (bylaws) che nel Testo sono riportate sotto ciascuna regola a riprova della necessità di assicurare un’interpretazione omogenea ed uniforme. Lo scopo principale del Movimento Olimpico è mettere lo sport al servizio dello sviluppo armonioso dell’umanità e promuovere la pace tra gli uomini nel rispetto della dignità di tutti (“with a view to promoting a peaceful society concerned with the preservation of human dignity”, Principio fondamentale n. 2). In questo senso, la Carta si fonda sul principio cardine che “la pratica dello sport è un diritto dell’uomo”, e, pertanto, “ogni individuo deve avere la possibilità di praticare lo sport secondo le proprie esigenze” in uno spirito di amicizia, solidarietà e fair play (Principio fondamentale n. 4). Centrale, nel perseguimento di tali obiettivi, [continua ..]


4. Valori dell’Olimpismo e «blocco di costituzionalità» nella interpretazione della Carta olimpica

Da quanto sin qui esposto e tornando alle vicende riguardanti il caso russo-ucraino e i campionati del mondo di calcio svoltisi in Qatar, sorge spontaneo domandarsi se sia giunto il momento di avviare una più generale riflessione sulle modalità di applicazione ed interpretazione della Carta olimpica. Certamente, il principio fondamentale della neutralità dello sport difficilmente potrà essere applicato con la stessa assolutezza del passato. Più in generale, ritengo che la Carta debba essere applicata ed interpretata secondo i canoni dell’interpretazione costituzionale, inserendo nel parametro di giudizio delle diverse decisioni tutti i principi/valori fondamentali dell’Olimpismo. Come più sopra sottolineato, la Carta sollecita espressamente i Comitati olimpici e le Federazioni internazionali e nazionali ad applicare e promuovere, senza alcuna forma di discriminazione, una serie di principi/valori non strettamente collegati alla gara sportiva, ma inerenti allo sport in generale. A partire dallo sviluppo dello «sport per tutti», a seguire con la «promozione delle donne nello sport ad ogni livello e in tutte le strutture», alla «promozione dell’etica sportiva», allo «spirito del fair play», alla repulsione verso la «violenza nello sport», alla «lotta contro il doping e le droghe nello sport», alla tutela della «salute degli atleti» [58]: tutti questi principi devono essere realizzati «without discrimination of any kind, such as race, colour, sex, sexual orientation, language, religion, political or other opinion, national or social origin, property, birth or other status» (Principio fondamentale n. 6). Ma vi è di più: anche il valore – essenza dell’Olimpismo, ossia di promuovere una società pacifica che preservi la dignità umana (Principio fondamentale n.), non può non essere incluso nel “blocco di costituzionalità”. Ebbene, proprio su queste basi la Federazione del calcio europeo (UEFA) aveva fondato la decisione di escludere le squadre russe e bielorusse dalle competizioni internazionali osservando che la messa al bando non rispondeva, come sostenuto dalla Federcalcio russa [59], ad interessi politici superiori lesivi della Carta olimpica e dello Statuto della Federazione [60], ma all’oggettiva situazione creata [continua ..]


NOTE