Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Questione di illegittimità costituzionale e giudice sportivo come giudice a quo (di Aniello Merone, Professore associato di Diritto processuale civile nell’Università Europea di Roma)


La decisione del Collegio di Garanzia dello Sport n. 63/2021 merita particolare attenzione nella misura in cui, nell’affrontare la questione interpretativa legata all’introduzione di un limite al numero di mandati in cui è possibile ricoprire una carica federale, consente di ampliare l’indagine e la riflessione sula possibilità per il giudice sportivo di disapplicare le norme in contrasto con il diritto euro-unitario, nonché di sollevare la questione pregiudiziale di legittimità costituzionale.

Parole chiave: Giudice sportivo, disapplicazione norme, pregiudizialità costituzionale, legittimazione, autonomia, ordinamento sportivo.

On sport judge’s power to appeal for constitutional compatibility

The decision of the Sports Guarantee Board no. 63/2021 deserves particular attention to the extent that, in addressing the interpretative question linked to the introduction of a limit to the number of mandates in which it is possible to hold a federal office, it allows to broaden the investigation and reflection on the possibility for sports judge to set aside the rules in contrast with the Euro-unitary law, as well as to raise the preliminary question of constitutional legitimacy.

Keywords: Sports judge, non-application of rules, constitutional prejudice, legitimacy, autonomy, sports system.

PROVVEDIMENTO: PROT. n. 01098/2021 IL COLLEGIO DI GARANZIA TERZA SEZIONE composta da Massimo Zaccheo – Presidente Emanuela Loria – Relatrice Giulio Bacosi Roberto Bocchini Roberto Carleo – Componenti ha pronunciato la seguente DECISIONE Nel giudizio iscritto al R.G. ricorsi n. 7/2021, presentato, in data 17 gennaio 2021, dal sig. Roberto Pellegrini, rappresentato e difeso dall’avv. Claudia Pezzi, contro la Federazione Italiana Tennis (FIT), non costituitasi in giudizio, e contro il Comitato Regionale Toscana della FIT, non costituitosi in giudizio, nonché, quale controinteressato, nei confronti del sig. Alberto Bandini, non costituitosi in giudizio, per l’annullamento e la riforma della decisione n. 7/2020 della Corte Federale di Appello presso la FIT, comunicata a mezzo PEC in data 18 dicembre 2020 e pubblicata in pari data, con la quale, ai sensi dell’art. 1.1.4, comma 5, del Regolamento Organico FIT, è stato rigettato il ricorso proposto dal suddetto ricorrente per l’annulla­mento dell’esclusione della sua candidatura dalla pubblicazione dei nominativi dei candidati alla carica di Consigliere del C.R. Toscana della FIT, avvenuta con comunicazione di “Rifiuto di Candidatura” prot. 735 del 9 dicembre 2020, cui ha fatto seguito l’esclusione della candidatura dalla pubblicazione dei nominativi dei candidati in data 14 dicembre 2020, per il superamento del limite massimo di tre mandati, di cui all’art. 54, comma 2, Statuto FIT e in virtù di quanto disposto dall’art. 1.1.4 del Regolamento Organico FIT. Viste le difese scritte e la documentazione prodotta dalle parti costituite; uditi, nell’udienza del 27 aprile 2021, il difensore della parte ricorrente – sig. Roberto Pellegrini – avv. Claudia Pezzi, nonché il Procuratore Nazionale dello Sport, avv. Dora Mantovano, per la Procura Generale dello Sport c/o il CONI, intervenuta ai sensi dell’art. 59, comma 2, lett. b), e dell’art. 61, comma 3, del Codice della Giustizia Sportiva del CONI; udita, nella successiva camera di consiglio dello stesso giorno, la relatrice, cons. Emanuela Loria. RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO 1. L’oggetto del presente contenzioso è costituito dal provvedimento del 9 dicembre 2020 emesso dal Presidente del Comitato regionale Toscana, con il quale il signor Roberto Pellegrini, odierno ricorrente, è stato escluso dall’elenco dei nominativi dei candidati all’elezione di componente del Consiglio del Comitato regionale Toscana della Federazione Italiana Tennis (di seguito FIT). L’esclusione è stata disposta in applicazione della disposizione dell’art. 54.2 dello Statuto federale, che preclude ai componenti dei Consigli regionali (oltre che a chi ricopre le altre cariche elettive) di svolgere le funzioni associative di rappresentanza per più di tre [continua..]
SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Disapplicazione delle norme in contrasto con il diritto euro-unitario - 3. Pregiudizialità costituzionale e legittimazione del giudice sportivo - 4. Pregiudizialità costituzionale e autonomia dell’ordinamento sportivo - 5. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

La decisione del Collegio di Garanzia dello Sport n. 63/2021 [1] merita particolare attenzione nella misura in cui, nell’affrontare la questione interpretativa legata all’introduzione di un limite al numero di mandati in cui è possibile ricoprire una carica federale, consente di ampliare l’indagine e la riflessione ad un tema d’indubbio interesse che pone non soltanto l’argomento della legittimità costituzionale delle disposizioni indagate ma, sotto il prisma di una luce nuova, interroga sulla possibilità che a sollevare tale questione (pregiudiziale) possa essere in via diretta il giudice sportivo. Il contenzioso origina da un provvedimento di esclusione dall’elenco dei nominativi dei candidati all’elezione di componente del Consiglio di Comitato regionale, emesso in applicazione della disposizione dell’art. 54.2 dello Statuto federale [2], che preclude a chi ricopre cariche elettive di svolgere le funzioni associative di rappresentanza per più di tre mandati [3]. L’impugnazione della decisione ha onerato il Collegio del confronto con una serie di censure che miravano ad ottenere la disapplicazione delle norme, tanto di legge quanto di quelle statutarie federali, di applicazione del principio summenzionato, poiché confliggenti con le disposizioni della Convenzione europea sui diritti dell’uomo (CEDU) e con i principi della Carta dei diritti fondamentali dell’UE (Carta di Nizza), oltre che tacciate d’illegittimità costituzionale, con espressa richiesta di sollevare la relativa questione di legittimità [4]. Il Collegio di Garanzia ha dapprima escluso la possibilità di procedere alla disapplicazione, atteso che “la disposizione dell’art. 54 comma 2 dello Statuto federale promana direttamente dalle regole sovraordinate del CONI e prima ancora dalla legge con il corollario che l’au­spicata disapplicazione finirebbe per costituire, ancorché indirettamente, decisione incidente sulla normativa del CONI, che è evidentemente sottratta agli organi di giustizia sportiva delle singole Federazioni, che, piuttosto, sono tenute ad uniformarsi a quanto disposto dall’Ente sovraordinato” [5]. Conclusione che, a detta del Collegio di Garanzia, troverebbe conforto anche nella ricostruzione del rapporto tra il CONI e le Federazioni sportive operato dalla Corte Giustizia UE [continua ..]


2. Disapplicazione delle norme in contrasto con il diritto euro-unitario

La controversia in oggetto pone come primo (delicato) tema quello che attiene al potere-dovere degli organi di giustizia sportiva di disapplicazione incidenter tantum (con effetti circoscritti al caso concreto) delle norme primarie (e dell’ordinamento interno) che si assumono in conflitto con le sovraordinate norme euro-unitarie che tutelano le libertà ed i diritti del singolo nel contesto associativo privatistico, così come interpretate dalla giurisprudenza europea. La risposta offerta è di segno negativo, non solo perché “l’auspicata disapplicazione finirebbe per costituire, ancorché indirettamente, decisione incidente sulla normativa del CONI” [10], ma poiché è lo stesso contrasto prospettato, tra norme federali (che hanno introdotto il limite dei tre mandati) ed euro-unitarie ad essere escluso (e corrispondentemente negata la disapplicazione delle prime), ritenendo che la FIT costituisce (al pari delle altre federazioni) un “organismo di diritto pubblico” [11] e, pertanto, in contemplazione delle finalità pubbliche perseguite, i diritti del singolo sarebbero recessivi rispetto al perseguimento dell’interesse generale. Per il Collegio di Garanzia è l’insieme di tali argomenti a comporre ed esaurire il quadro, inducendo la Suprema corte sportiva a negare la disapplicazione, ma colpisce la risolutezza con cui “alla luce dell’interesse pubblico perseguito dalle disposizioni di legge a cui lo stesso Statuto del CONI si è adeguato”, pur essendo ben noto che, ai sensi del d.lgs. n. 242/1999, le federazioni sportive sono associazioni di diritto privato [12], si orienta l’attenzione verso le recenti conclusioni cui è pervenuta la CGUE nella sentenza del 3 febbraio 2021 [13], ove si afferma che “qualora una Federazione sportiva nazionale eserciti attività di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale e quindi assicuri effettivamente la realizzazione dei compiti elencati dall’art. 23, comma 1, dello Statuto del CONI, soddisfa il requisito enunciato all’articolo 2, paragrafo 1, punto 4, lettera a), della direttiva 2014/24 e quindi può essere annoverata tra gli organismi di diritto pubblico ai fini … della sottoposizione alla disciplina in materia di appalti pubblici”. Orbene, il tema della natura delle federazioni ha impegnato [continua ..]


3. Pregiudizialità costituzionale e legittimazione del giudice sportivo

Tema immediatamente connesso e su cui, parimenti, la pronuncia è pervenuta ad un esito poco appagante, è quello che attiene alla legittimazione, in capo agli organi di giustizia sportiva, a sollevare questione di costituzionalità delle norme statali, di cui le norme sportive sono diretta applicazione. Legittimazione che viene negata, sia con riferimento agli organi endo-federali radicati nelle singole federazioni sportive nazionali sia all’organo eso-federale rappresentato dal Collegio di Garanzia del CONI, sulla scorta di argomentazioni tutt’altro che persuasive, ed, anzi, finiscono per sollevare più dubbi di quanti avrebbero in animo dissiparne, e del rilievo che la medesima non compete comunque agli organi di giustizia sportiva ma spetta ai Giudici amministrativi dinanzi ai quali le decisioni dei primi potranno comunque essere impugnate con ricorso giurisdizionale [29]. In primis, appare difficile comprendere il riferimento e la portata generale che il Collegio sembra voler attribuire all’art. 39, comma 7, del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, in forza del quale la sospensione dei procedimenti pendenti di fronte agli organi di giustizia sportiva è consentita “quando debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale di merito e la relativa causa sia stata già proposta davanti all’Autorità Giudiziaria”. Si tratta di una disposizione che si occupa di un tema specifico, riguardante – come ricavabile dalla stessa rubrica dell’articolo – la “efficacia della sentenza dell’autorità giudiziaria nei giudizi disciplinari” instaurati al cospetto degli organi di giustizia sportiva, e pertanto senz’altro distinto e distante, per non dire estraneo, al tema sollevato di fronte al Collegio di Garanzia e relativo al legittimo esercizio del potere di sollevare incidente di costituzionalità. La portata precettiva dell’art. 39 si ricollega alla previa pendenza di una causa pregiudiziale dinanzi alla Autorità giudiziaria ed all’esigenza di chiarire quale sia l’efficacia della relativa decisione rispetto alla causa (dipendente) oggetto del giudizio (disciplinare) di fronte agli organi di giustizia sportiva [30]. Appare, pertanto, come un richiamo sostanzialmente inconferente, riferendosi ai presupposti ed effetti della c.d. pregiudizialità di merito e non [continua ..]


4. Pregiudizialità costituzionale e autonomia dell’ordinamento sportivo

Infine, ulteriore argomento sul quale poggia la decisione in commento – intrinsecamente collegato a quello analizzato nel paragrafo che precede – è quello che valorizza la c.d. autonomia dell’ordinamento e della giustizia sportivi [53] rispetto all’ordinamento e alla giurisdizione statali [54], quale risultante dall’art. 2 della legge 19 agosto 2003, n. 280 [55], che indurrebbero a negare che il Collegio di Garanzia possa essere riconosciuto quale “giudice a quo” ed a ritenere, contestualmente, che la legittimazione a sollevare incidente di costituzionalità debba essere unicamente attribuita agli organi giurisdizionali della Giustizia amministrativa, di fronte ai quali potranno essere impugnate le decisioni emergenti dall’esaurimento dei gradi di giustizia sportiva. Orbene, al netto delle perplessità già espresse, nel caso di specie è proprio l’esigenza di valorizzare la autonomia dell’ordinamento e della giustizia sportivi che parrebbe dover orientare verso conclusioni distinte e distanti da quelle cui perviene il Collegio di Garanzia. Infatti, è proprio la tutela della menzionata autonomia che sembrerebbe suggerire l’oppor­tunità di riconoscere, in capo al Collegio di Garanzia (quale organo di vertice della giustizia sportiva), il potere-dovere di sollecitare il sindacato di costituzionalità del Giudice delle Leggi tutte le volte in cui sia chiamato ad impiegare una norma primaria di cui si afferma il contrasto con le previsioni della Costituzione. Si tratta di un equilibrio non semplice [56], ma la opposta soluzione fatta propria dal Collegio di Garanzia sembra pregiudicare, anziché favorire, la autonomia dell’ordinamento e della giustizia sportivi, giacché pone l’uno e l’altra in una posizione subordinata rispetto alla giurisdizione statale [57], assegnando unicamente a quest’ultima il ruolo di giudice a quo rispetto alle questioni di costituzionalità, anche quando esse finiscano per prospettarsi ed emergere nell’am­bito dei processi sportivi. Ed infatti, pare difficilmente contestabile che, sottraendo al Collegio di Garanzia la legittimazione ad interloquire con la Corte costituzionale, che al contempo viene riservata alla sola giurisdizione statale dei giudici amministrativi, si introduce un incentivo alla impugnazione delle decisioni degli [continua ..]


5. Conclusioni

Dalle considerazioni svolte in queste poche pagine, senz’altro insufficienti ad abbracciare la ponderosità del tema, parrebbe utile un supplemento di riflessione in merito alla possibilità che il Collegio di Garanzia possa sollevare questione di legittimità costituzionale, riconoscendo nel medesimo, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1, legge cost. n. 1/1948 e 23, legge n. 87/1953 – attesa la acquisita irrilevanza della sua appartenenza ad un ordinamento “autonomo” rispetto all’ordinamento statale – un “giudice” dinanzi al quale si svolge un “giudizio” in pendenza del quale può essere promosso incidente di costituzionalità. Non sembra concretamente esaustivo il mero richiamo all’esercizio di una “funzione giustiziale” (presunta, nella misura in cui la si assume contrapposta ad una funzione giurisdizionale) laddove, al di là di stereotipati espedienti linguistici, occorrerebbe interrogarsi se il Collegio di Garanzia sia organo cui spetta “l’applicazione obiettiva del diritto nel caso concreto, ai fini della risoluzione di una controversia, con le garanzie di contraddittorio e di imparzialità tipiche della giurisdizione civile ordinaria”, sicché, sotto l’aspetto considerato, il giudizio che si svolge dinanzi ad esso “non si differenzia da quello che si svolge davanti agli organi statali della giurisdizione, anche per quanto riguarda la ricerca e l’interpretazione delle norme applicabili alla fattispecie” [59].


NOTE