Questo lavoro affronta criticamente l’esame della regolamentazione delle attività sportive e delle correlate manifestazioni nei diversi provvedimenti emergenziali di fonte governativa, succedutisi in ragione dell’andamento della curva epidemiologica.
This essay reproduces the report held at the conference on 4 December 2020, concerning “The impact of the Covid-19 pandemic in sports law”. The article deals with the issue of the effects of the pandemic on sporting and international events, tracing, in particular, the progress of sporting activity progressively as the restrictive measures worsen.
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1. Prime misure restrittive: eventi sportivi in luoghi chiusi aperti al pubblico e in luoghi chiusi a porte chiuse - 2. Estensione delle misure restrittive: le categorie concettuali dell’ordinamento sportivo negli impieghi del legislatore - 3. Regime di lockdown: sedute di allenamento degli atleti di interesse nazionale e discipline sportive individuali - 4. Riduzione delle misure restrittive: sport da contatto ed eventi sportivi di interesse nazionale - 5. Le misure di contenimento dei contagi nel settore del calcio professionistico - NOTE -
Alla dichiarazione dello stato di emergenza connessa all’epidemia in atto è seguita una feconda attività di produzione normativa di fonte governativa, che si è tradotta sino ad oggi, senza contare le diverse ordinanze e circolari dei singoli Ministeri, in venti decreti legge e ventidue Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri (DPCM) [1]. Di questi, quelli di cui occorre tener conto ai fini della presente indagine sono il d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito in legge 5 marzo 2020, n. 13, recante “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da Covid-19”, cui hanno fatto seguito i DPCM in data 1° marzo 2020, 4 marzo 2020, 8 marzo 2020, 9 marzo 2020, 11 marzo 2020, 22 marzo 2020 e 26 marzo 2020, e il d.l. 25 marzo 2020, n. 19, convertito in legge 22 maggio 2020, n. 35, recante “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19”, cui hanno fatto seguito i DPCM in data 1° aprile 2020, 10 aprile 2020, 17 maggio 2020, 11 giugno 2020, 14 luglio 2020, 7 agosto 2020, 7 settembre 2020, 13 ottobre 2020, 18 ottobre 2020, 24 ottobre 2020, 3 novembre 2020 e, infine, 3 dicembre 2020. L’analisi dei sopra citati provvedimenti permette di cogliere quale sia stato l’indirizzo seguito dal Governo in ordine all’ambito delle attività sportive e delle manifestazioni ad esse correlate in rapporto all’andamento in senso crescente ovvero discendente della curva epidemiologica. Ciò che si trae da questa analisi, come risulterà più chiaramente nel prosieguo del discorso, è la sensazione dell’assenza di un indirizzo chiaro ed univoco, ma piuttosto di un procedere a tentoni con continue correzioni di rotta, per di più, talvolta, con l’impiego di nozioni e il riferimento ad istituti dell’ordinamento sportivo a dir poco non propriamente corretti. Il risultato è un miscuglio di norme difficilmente coordinabili tra loro, se non addirittura talvolta manifestamente contraddittorie. Così appunto partendo dal primo DPCM sopra citato va osservato come il testo non risulti di agevole interpretazione là dove, differenziando le aree di applicazione delle disposizioni ivi contenute tra i “comuni di cui all’allegato 1” (vale a dire i dieci Comuni della Regione Lombardia [2] e il Comune [continua ..]
In ragione dell’aggravamento della situazione pandemica, con la diffusione dei contagi in diverse altre aree del Paese, il Governo con il successivo DPCM del 4 marzo 2020 (art. 1, comma 1, lett. c) ha provveduto ad estendere la misura della sospensione degli eventi e delle competizioni sportive di ogni ordine e disciplina svolti in ogni luogo, sia pubblico che privato, a tutto il territorio nazionale, mantenendo la previsione della possibilità di svolgimento di tali eventi e competizioni e delle sedute di allenamento nelle aree non ricomprese nell’allegato 1 al DPCM 1° marzo 2020, limitandone al contempo l’ambito di applicazione, dal punto di vista soggettivo, ai soli “atleti agonisti” ed estendendolo, dal punto di vista oggettivo, agli eventi sportivi svolti “all’aperto senza la presenza di pubblico”, oltre che “all’interno di impianti sportivi utilizzati a porte chiuse”. In seno alla stessa disposizione sopra richiamata si è, inoltre, previsto che “Lo sport di base e le attività motorie in genere, svolte all’aperto ovvero all’interno di palestre, piscine e centri sportivi di ogni tipo, sono ammessi esclusivamente a condizione che sia possibile consentire il rispetto della raccomandazione di cui all’allegato 1, lettera d)”, vale a dire la misura del distanziamento interpersonale di un metro. Dal tenore della richiamata disposizione si evince come l’attività agonistica, nelle previsioni delle sopra dette misure restrittive, venga distinta dallo sport di base e dalle attività motorie. Sul punto è dato osservare criticamente che, mentre risulta condivisibile la distinzione di trattamento riservata all’attività agonistica a raffronto con l’attività motoria, in quanto la prima rappresenta una species dell’attività sportiva, non parimenti comprensibile appare la diversità di trattamento operata prendendo a riferimento lo sport di base, e non invece le attività sportive amatoriali in genere, che risultano, dunque, al di fuori del limitato ambito dello sport di base, totalmente neglette [4]. L’incertezza che si coglie dalla lettura dei provvedimenti in esame è confermata dal successivo DPCM, che segue a distanza soltanto di quattro giorni, ove la nozione di “atleti agonisti” viene sostituita con quella di [continua ..]
In conformità all’avvenuta approvazione di un regime di generale lockdown, con il DPCM del 10 aprile 2020 viene sancita la sospensione, oltre che degli eventi e delle competizioni sportive di ogni ordine e disciplina, anche delle “sedute di allenamento degli atleti, professionisti e non professionisti, all’interno degli impianti sportivi di ogni tipo”, senza nulla dire specificamente per le sedute di allenamento svolte all’aperto senza la presenza di pubblico. Il divieto anche per queste ultime deve, quindi, ricavarsi in via di interpretazione sistematica alla luce del fatto che lo stesso DPCM aveva, in via di eccezione, consentito lo svolgimento di “attività motoria in prossimità della propria abitazione” in forma individuale e nel rispetto della distanza interpersonale di almeno un metro, così implicitamente escludendo la possibilità in generale di svolgere ogni attività sportiva. In linea con la progressiva riduzione del regime di lockdown, a far data dal DPCM 26 aprile 2020, vengono nuovamente consentite le sedute di allenamento, nei limiti più sotto specificati, nel dichiarato intento di “consentire la graduale ripresa delle attività sportive” pur “nel rispetto di prioritarie esigenze di tutela della salute connesse al rischio di diffusione da COVID-19”, ferma restando la sospensione per “gli eventi e le competizioni sportive di ogni ordine e disciplina”. Sembra a prima vista che il Governo abbia in questa sede operato una, almeno parziale, correzione di tiro rispetto alle criticità sopra evidenziate. L’art. 1, comma 1, lett. g) del sopra citato DPCM 26 aprile 2020, infatti, estende agli atleti riconosciuti di interesse nazionale “dal Comitato Italiano Paralimpico (CIP) e dalle rispettive federazioni” la possibilità di svolgere sedute di allenamento, al pari di quanto consentito agli atleti normodotati. Resta invece immutata la previsione dello svolgimento di detti allenamenti “a porte chiuse”, sebbene sia caduto il riferimento specifico “agli impianti sportivi”; viene inserito, d’altra parte, l’obbligo del “rispetto delle norme di distanziamento sociale” e il divieto di “assembramento” e, soprattutto, viene limitato l’ambito di applicazione della disposizione soltanto agli “atleti di [continua ..]
Con il successivo DPCM dell’11 giugno 2020 viene disposta “a decorrere dal 12 giugno 2020” la possibilità di riprendere lo svolgimento degli eventi e delle competizioni sportive che siano “riconosciuti di interesse nazionale dal CONI, dal CIP e dalle rispettive federazioni”, nonché di quelli “organizzati da organismi sportivi internazionali (…) a porte chiuse ovvero all’aperto senza la presenza di pubblico”, pur sempre nel rispetto dei protocolli sanitari. Si prevede poi che “anche le sessioni di allenamento degli atleti professionisti e non professionisti, degli sport individuali e di squadra” possano svolgersi purché a porte chiuse e nel rispetto dei suddetti protocolli sanitari. Alla successiva lett. g) del medesimo articolo si prevede, infine, che gli “sport di contatto” siano consentiti soltanto a decorrere dal 25 giugno 2020 e soltanto nelle “Regioni e Province Autonome che, d’intesa con il Ministero della Salute e dell’Autorità di Governo delegata in materia di sport, abbiano preventivamente accertato la compatibilità delle suddette attività con l’andamento della situazione epidemiologica nei rispettivi territori”. Ancora una volta il tenore delle disposizioni emanate dal Governo rivela un uso, a dir poco, impacciato dei termini e dei concetti afferenti all’ordinamento sportivo, con esiti ermeneutici che lasciano sorpresi. Non si comprende, invero, quale sia il significato delle specificazioni sul piano soggettivo operate dal Governo nel DPCM 11 giugno 2020 e ripetute, tra l’altro, anche nel DPCM 7 agosto 2020, per indicare l’ambito di svolgimento degli allenamenti consentiti, giacché non è dato identificare un atleta che non sia ricompreso entro le categorie degli atleti “professionisti e non professionisti, degli sport individuali e di squadra”. Peraltro, si espone altresì a notazione critica l’impiego della nozione di “sport di contatto” per delimitare lo specifico ambito applicativo cui viene riferita la disciplina sopra detta di cui alla lett. f) dell’art. 1, comma 1, del DPCM 11 giugno 2020, e che viene ripetuta nel DPCM 7 agosto 2020 (art. 1, comma 1, lett. h), in assenza di una definizione regolamentare nelle carte federali, né in seno alla normativa CONI, che valga a catalogare detti [continua ..]
Con riferimento specifico al settore del calcio va ricordato che, in vista della ripresa delle partite del Campionato di calcio programmata per il 20 giugno 2020, la FIGC ha predisposto una proposta di “Integrazione dei protocolli sanitari” fino a quella data impiegati per gli allenamenti, che è stata inviata al Comitato Tecnico Scientifico istituito presso il Dipartimento della Protezione civile. Quest’ultimo, in seno alla riunione del 12 giugno 2020 (verbale n. 88) [15], dopo avere preliminarmente dichiarato di valorizzare “la considerazione espressa (…) dalla FIGC mirante a rendere maggiormente agevole lo svolgimento delle attività sportive delle Società di calcio professionistiche della Serie A” e accertando, da un lato, la “non compatibilità” della suddetta proposta con le disposizioni contenute nel d.l. n. 33/2020 in ordine alle misure della quarantena obbligatoria e precauzionale (c.d. isolamento fiduciario) e, dall’altro, “l’attuale evoluzione epidemica favorevole”, ha concluso nel senso di ritenere “ricevibile dal punto di vista squisitamente medico scientifico (…) la proposta di effettuare test per la ricerca dell’RNA virale il giorno della successiva gara programmata per tutto il gruppo squadra così da avere i risultati dell’ultimo tampone entro 4 ore e consentire l’accesso alla stadio e la disputa della gara solo ai soggetti negativi al test molecolare”. Le indicazioni espresse dal CTS sono state successivamente recepite dal Dipartimento di Prevenzione Sanitaria presso il Ministero della Salute che, con la circolare 18 giugno 2020, n. 21463, ha disposto che “l’operatore di sanità pubblica del Dipartimento di Prevenzione territorialmente competente (…) per quanto riguarda l’attività agonistica di squadra professionistica nel caso in cui risulti positivo un giocatore ne dispone l’isolamento ed applica la quarantena dei componenti del gruppo squadra che hanno avuto contatti stretti con un caso confermato. Il Dipartimento di prevenzione può prevedere che, alla luce del citato parere del 12 giugno 2020 n. 88 del Comitato tecnico scientifico nominato con ordinanza del Capo Dipartimento della Protezione Civile n. 630 del 3 febbraio 2020, alla quarantena dei contatti stretti possa far seguito, per tutto il “gruppo squadra”, [continua ..]
* Contributo sottoposto alla procedura di double blind peer review ed approvato. Il presente scritto riproduce la Relazione su “I riflessi della pandemia sugli eventi sportivi e internazionali”, tenuta al Convegno dal titolo “L’impatto della pandemia da Covid-19 nel diritto dello sport”, svoltosi il 4 dicembre 2020 in collegamento dal Salone d’Onore del CONI. [1] Il computo è qui operato tenendo conto dei provvedimenti emanati sino al 4 dicembre 2020, data di svolgimento del Convegno su “L’impatto della pandemia da COVID-19 nel diritto dello sport”. [2] Si tratta dei Comuni di Bertonico, Casalpusterlengo, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Codogno, Fombio, Maleo, San Fiorano, Somaglia e Terranova dei Passerini. [3] Si tratta del Comune di Vo’. [4] V’è al riguardo da osservare che la nozione di sport di base non viene univocamente impiegata dagli operatori del settore. In ambito federale, tale nozione viene correntemente impiegata per identificare le attività sportive praticate dalle fasce più giovani. Così, ad esempio, nell’ambito della Federcalcio l’attività di base è quella che riguarda i tesserati e le tesserate di età compresa tra i cinque e i dodici anni, divisi nelle categorie Piccoli Amici, Primi Calci, Pulcini ed Esordienti, che ha carattere eminentemente promozionale, ludico e didattico ed è organizzata su base strettamente locale; si veda, in proposito, la Circolare attività di base FIGC in https://www.figc.it/it/giovani/grassroots/attivita-di-base. Al di fuori dell’ambito federale, nell’ordinamento statale così come parimenti in quello comunitario, la nozione di sport di base appare impiegata, invece, in contrapposizione alla nozione di sport di vertice e/o di alto livello. Così appunto è dato rinvenire nella disciplina di fonte statale oggetto di esame, ovvero nel Libro Bianco sullo Sport in https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52007DC0391&from=IT, in cui la nozione di sport di base viene richiamata al par. 2.4 (Promuovere il volontariato e la cittadinanza attiva attraverso lo sport), al par. 3.2 (Creare una base più sicura per gli aiuti pubblici allo sport) ove viene associata alla nozione di Sport per tutti e, infine, al par. 4.2 (Libera [continua ..]