Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Gli archivi per la storia dello sport in Italia. Natura, tutela, fruibilità, valorizzazione (di Donato Tamblé, Docente di Teoria archivistica comparata presso la Scuola di Archivistica, Paleografia e Diplomatica dell’Archivio di Stato di Roma. Presidente del Centro Studi Sports Records-Archivi e memoria dello sport.)


The essay takes into consideration the sport archives in Italy from the point of view of the archival science, the evolution of the discipline of protection, use and enhancement. The different types of public and private archives in the sector are examined. Archival legislation is summarized in its evolution. The role of the Archival Superintendencies and promotion and awareness raising activities by archivists, historians and associations, regarding the recovery, conservation and use of these sources are emphasized. In particular, the interventions of the archival administration for the enhancement of sport documentation and the most significant stages of cultural awareness of documentary sources for the history of sport, are remembered. In conclusion, a national program on sports archives is proposed, for the best preservation and use of this important sector of the Italian cultural heritage.

SOMMARIO:

1. Gli archivi dello sport e l’archivistica sportiva - 2. La conservazione delle fonti per la storia dello sport in Italia - 3. Gli archivi di persona degli sportivi - 4. Il sistema della tutela nell’organizzazione archivistica italiana e gli archivi concernenti lo sport - 5. La situazione attuale della tutela - 6. Gli interventi dell’amministrazione archivistica per la valorizzazione della documentazione dello sport - 7. Il lungo cammino per la valorizzazione delle fonti documentarie per la storia dello sport - 8. Conclusioni - NOTE


1. Gli archivi dello sport e l’archivistica sportiva

Una prima considerazione, di carattere archivistico disciplinare, è essenziale.

Bisogna infatti distinguere fra le due locuzioni: «archivi dello sport» e «archivi sportivi», che esprimono due distinte tipologie di documentazione.

«Archivi dello sport» è una definizione più ampia e generale, perché comprende tutti gli archivi che al loro interno presentano documentazione riguardante a qualsiasi titolo lo sport. Sono quindi «archivi dello sport», ed anche «fonti per la storia dello sport» tutti gli archivi che contengono documenti di argomento e carattere sportivo, ovvero interessanti per la storia del fenomeno sportivo in tutti i suoi molteplici aspetti.

Sono invece propriamente definibili «archivi sportivi» gli archivi di tutti gli enti e i soggetti pubblici e privati che si occupano specificamente di sport e di attività sportive.

Un’altra distinzione che va fatta è quella tra «Archivi sportivi istituzionali» e «Archivi sportivi privati».

Gli archivi sportivi costituiscono un importante settore del patrimonio culturale nazionale. Questi archivi servono anzitutto garantire il buon funzionamento degli enti sportivi. Ma conservare in modo appropriato, tutelare e valorizzare le fonti primarie dello sport – evitando ogni rischio di danneggiamento o dispersione – è fondamentale per una rilettura più ampia e articolata della sua storia.

L’archiviazione non consiste in una passiva conservazione documentaria, ma è un’operazione culturale che permette la persistenza del valore originario dei documenti nel loro contesto di formazione e di utilizzo da parte di chi li ha prodotti e ricevuti. A questo scopo si è sviluppata una specifica disciplina, un sapere professionale teorico e pratico, con un proprio corpus dottrinale.

L’archivistica, infatti, è la scienza che si occupa degli archivi, della loro formazione, gestione, utilizzo, ordinamento, conservazione e fruizione. In questo contesto sono considerati archivi i complessi organici di documentazione prodotta da soggetti pubblici o privati, collettivi o individuali, per lo svolgimento delle proprie attività e dei propri fini, di cui costituiscono prova e memoria.

L’archivistica è una disciplina le cui origini si ritrovano già presso le più antiche civiltà, ma si è sviluppata progressivamente in una disciplina scientifica negli ultimi due secoli e comprende una parte teorica, nella quale sono definiti i suoi principi, e in una metodologia operativa che si basa su quei principi.

L’archivistica è unitaria nella parte dottrinaria (archivistica generale), ma assume specifiche configurazioni a seconda degli ambiti istituzionali cui si riferisce (archivistica speciale).

Si può così parlare dell’archivistica della pubblica amministrazione, dell’archivi­stica aziendale, dell’archivistica giudiziaria, dell’archivistica notarile, dell’archivistica militare, dell’archivistica musicale, dell’archivistica ecclesiastica, e, naturalmente, anche dell’archivistica sportiva.

Lo scopo fondamentale dell’archivistica è quello di organizzare e rendere fruibili gli archivi secondo le finalità e le specificità di ogni particolare tipologia di ente, la cui storia istituzionale e amministrativa gli archivi riflettono.

L’archivistica si occupa altresì della conservazione permanente o storica dei complessi documentari che di volta in volta esauriscono la loro funzione diretta di documentazione (ai fini amministrativi, contabili, giuridici) per gli enti che li hanno posti in essere, ma che hanno comunque una potenzialità di utilizzo culturale e storico e devono quindi essere conservati e tutelati come archivi storici.

Tale conservazione presuppone la selezione dei documenti destinati a durevole permanenza e lo scarto periodico di quelli che perdono completamente ogni valore amministrativo giuridico senza che sia stato riconosciuto loro un valore culturale e storico.

Per la correttezza di tali operazioni si deve far riferimento, dal punto di vista giuridico, al Codice dei Beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) e dal punto di vista scientifico e metodologico all’archivistica ed ai suoi principi.


2. La conservazione delle fonti per la storia dello sport in Italia

La conservazione e la corretta gestione delle fonti per la storia dello sport in Italia sono state per molto tempo problematiche e discontinue.

Infatti, la consapevolezza di quel settore tipologico degli archivi definibile come «archivi dello sport» o «archivi sportivi» ha tardato a lungo ad emergere e a farsi strada.

Questo peraltro è abbastanza strano e contraddittorio in un Paese a larga vocazione sportiva e dotato di un sistema archivistico statale consolidato e di grande valenza.

Eppure gli archivi sportivi sono troppo spesso labili, irreperibili, smarriti, dispersi, talora distrutti.

La conservazione dei documenti e delle concrete memorie dello sport non viene infatti assicurata con il rigore e la scrupolosità adoperati in altri contesti e non sempre mantiene nel tempo le caratteristiche proprie dell’archivio nel pieno senso del termine.

Un altro grave danno all’integrità dei complessi documentari sportivi è provocato dal collezionismo, che porta allo smembramento degli archivi e alla decontestualizzazione dei documenti, impropriamente estrapolati e delocalizzati.

Ma la causa più insidiosa e pervasiva della disgregazione e della distruzione degli archivi sportivi è l’analfabetismo archivistico dei soggetti produttori e conservatori di archivi sportivi, l’ignoranza cioè, da parte di costoro, del concetto e del valore del­l’archivio, come complesso unitario e interrelato di documentazione, che richiede di essere trattato da archivisti professionisti, secondo i dettami della scienza archivistica.

Si tratta della principale causa di cattiva conservazione e spesso disgregazione degli archivi sportivi.

Inoltre, spesso si considera l’archivio sportivo come una collezione, ovvero una raccolta volontaria e indipendente dall’originario soggetto produttore o destinatario dei documenti. Si pensa perciò di poterne disporre ad libitum, per sceglierne alcuni pezzi da inserire in altre raccolte soggettive, spostandoli e scollegandoli dai contesti originari, senza pensare che in questo modo si distrugge l’universitas rerum propria dell’ar­chivio e si perde gran parte del suo significato.

Un’altra confusione frequente è quella fra l’archivio e il museo. Anche in questo caso prevale un’ottica espositiva, che decontestualizza i componenti dell’archivio e non ne permette la fruibilità per gli studi storici e sistematici.

Tutte queste situazioni e questi modi di operare producono archivi incompleti, mutilati, parziali e lacunosi, e nei casi più gravi dissolvono del tutto gli archivi originali e condannano all’annichilimento gli stessi documenti.

Vengono così meno o si disperdono e si snaturano le fonti storiche, senza le quali non si può fare una seria ricerca.

Come ha affermato, con una frase lapidaria, Christina Bianchi, archivista del­l’Olym­pic Museum di Losanna, «Without archives there is no history. Partial archives create partial history» [1].

Solo un approccio archivistico e scientifico al problema può garantire la salvaguardia degli archivi sportivi e la piena fruizione nella loro integrità. In questo ambito è stato determinante negli ultimi decenni il coinvolgimento diretto dell’Amministra­zio­ne archivistica statale, a livello centrale (Direzione generale archivi) e periferico (Archivi di Stato e Soprintendenze archivistiche).

Ma c’è ancora molto da fare per la tutela delle fonti archivistiche di interesse storico-sportivo.

Occorre un vasto programma di conoscenza e organizzazione di un materiale amplissimo ed eterogeneo, e dunque di complessa e varia inventariazione.

A monte bisogna superare definitivamente la confusione concettuale, storico dottrinale sul ruolo e l’importanza dello sport nella società e nella cultura ed i conseguenti e correlati preconcetti sulla storia dello sport e sulle sue fonti. In particolare, il diffuso pregiudizio che fino a tempi recenti ha portato a non ritenere lo sport un fatto culturale, ha avuto conseguenze sia sul fare storia dello sport, che sul considerare degne di conservazione archivistica le fonti documentarie dello sport. Infatti, da un lato per lungo tempo la storia dello sport non è stata considerata in ambito universitario una vera e propria disciplina storica di pari livello con le altre, con una sua specifica autonomia e dignità scientifica. D’altro lato, nel settore della conservazione documentaria si è assistito a una vera e propria dispersione e spesso distruzione di fonti documentarie sportive, specie nel settore privato.

La stessa archivistica tradizionale non ha preso in considerazione questa tipologia di archivi e non ha dettato norme specifiche per la loro salvaguardia, se non quelle generali valevoli per qualsiasi archivio.

Emblematico di questa situazione quanto si riscontrava già nel 1994, nelle prime indagini sulle presenze documentarie delle associazioni sportive in Liguria:

«Le società sportive […] per la natura volontaristica, la povertà dei mezzi e l’ine­vitabile discontinuità operativa, salvo rare eccezioni, difficilmente sono in grado di offrire una documentazione razionalmente ordinata della propria attività. A ciò va aggiunto il fatto che l’enfasi è solitamente posta sull’evento agonistico e la memoria prevalentemente consegnata alle testimonianze orali» [2].

Questa carenza di organizzazione archivistica da parte delle associazioni sportive è stata rilevata anche da Federico Valacchi:

«per quanto i canoni di corretta amministrazione delle società (tutte rigorosamente dilettantistiche) fossero quasi sempre applicati, ed abbiano lasciato riscontro in serie documentarie tipiche degli archivi di molte società sportive, quali i libri di amministrazione, o i registri dei soci, presso i soggetti produttori ab origine non si forma una precisa coscienza archivistica e i relativi archivi finiscono fuori controllo. La percezione che la maggior parte dei soggetti produttori ha dei propri archivi risulta decisamente bassa, fatte salve le solite, lodevoli eccezioni» [3].

Da qui la critica, che condividiamo in pieno:

«Nella maggior parte dei casi, quindi, presso le società sportive sembra mancare o faticare ad affermarsi un concetto di corretta gestione archivistica, fatto questo che condiziona inevitabilmente i modelli di sedimentazione fin dalla loro formazione. La sensazione è che la documentazione generata in fase corrente, non appena esaurita la propria funzione, venga in qualche modo dimenticata, fatta eccezione per quelle testimonianze che i soggetti produttori ritengono particolarmente significative rispetto al concetto di memoria che essi hanno di sé» [4].

Sono, insomma criteri museali, antitetici rispetto a quelli archivistici, perché basati sulle singolarità documentarie e non sui complessi interrelati – ad informare le modalità di selezione e conservazione delle società sportive private (e spesso non solo di quelle).

È il concetto di cimelio, di oggetto autonomo e autosignificante, ad essere privilegiato rispetto al concetto di fonte archivistica contestualizzata e parte di una universitas rerum, di un insieme polisemantico, che esprime compiutamente la memoria del­l’attività del soggetto produttore dell’archivio.

Tutto ciò, naturalmente, non costituisce soltanto una violazione delle norme archivistiche, ma anche un danno irrimediabile per la ricerca storica, che si vede privata di una notevole quantità di fonti e che in quelle residuali non trova più i contesti documentari di riferimento e le informazioni che ne deriverebbero.


3. Gli archivi di persona degli sportivi

Lo stesso accade per un’altra categoria di archivi privati sportivi, quella dei soggetti sportivi individuali, ovvero gli archivi di persona.

Se per «archivio» intendiamo il complesso integrale della documentazione prodottasi su qualsivoglia supporto nel corso della vita e dell’attività di un soggetto (persona fisica o giuridica) dobbiamo spesso riconoscere che la conservazione dei documenti e delle memorie oggettive e oggettuali dei protagonisti dello sport non viene assicurata con lo stesso scrupolo di altre situazioni e non mantiene nel tempo le caratteristiche proprie dell’archivio in senso stretto. Ciò è dovuto a varie ragioni che riassumiamo brevemente.

Anzitutto che cosa sono gli archivi degli sportivi, cioè gli archivi dei campioni e dei protagonisti dello sport? Sono al tempo stesso «archivi di persona», di una specifica tipologia «archivi di sportivi», e in questo senso rientrano anche nella categoria degli «archivi sportivi», sono un particolare tipo di archivi sportivi. Ma, come per gli archivi delle società – se non in misura ancora maggiore – sono troppo spesso archivi evanescenti nel tempo, archivi introvabili, archivi che scompaiono.

Varie sono le cause di perdita e dispersione degli archivi dei campioni sportivi. Alcune sono comuni anche ad altri tipi di archivi di persone famose, come i divi dello spettacolo e del cinema. Anzitutto il feticismo, l’idolatria dei fans e dei tifosi, che li porta a desiderare il possesso di oggetti – e fra questi anche i documenti – dei propri idoli. Una forma meno patologica, ma anch’essa lesiva dei complessi documentari, è il collezionismo, che porta allo smembramento degli stessi e alla decontestualizzazione, spesso irreversibile di documenti, impropriamente estrapolati e delocalizzati. Ma, a monte di tutto questo, la causa più insidiosa e pervasiva della disgregazione e della distruzione degli archivi degli sportivi è l’ignoranza del concetto d’archivio e del valore dell’archivio, come complesso unitario e interrelato di documentazione.

Come abbiamo già visto si tratta della principale causa di cattiva conservazione e spesso dissoluzione degli archivi sportivi in genere.

Bisogna convincersi della necessità di un approccio archivistico e scientifico al problema e di conseguenza diffondere il concetto che gli archivi dei campioni sportivi, dei grandi protagonisti dello sport, vanno salvaguardati nella loro integrità come gli archivi di tutti gli altri professionisti: architetti, letterati, musicisti, scienziati, artisti, avvocati, politici. La metodologia della ricerca storica e le esigenze della prosopografia e della biografia degli sportivi richiedono fonti complete e archivi organicamente conservati. Intorno a un personaggio sportivo si vanno accumulando giorno dopo giorno una quantità di documenti, che con le loro interrelazioni con la carriera dello specifico individuo costituiscono il suo archivio. Dalle foto ai ritagli di giornali, dai diplomi alle medaglie e ai trofei, dai filmati alle lettere dei tifosi, dai contratti con le società alle interviste, e così via, in un crescendo diacronico che, ben conservato e salvaguardato nella sua globalità, costituisce una narrazione in diretta e dall’interno della sua vita e dei suoi successi. Questa inner history è continuamente minacciata di frammentazione se non addirittura di cancellazione da tutti coloro che pensano di poterne decontestualizzare in tutto o in parte gli elementi, di appropriarsene o di alienarli, e in casi estremi addirittura di regalarli o venderli come souvenir.

L’altro grave pericolo che corrono gli archivi degli sportivi è l’oblio, la dimenticanza, la rimozione dallo status di «personaggio», una volta che la sua parabola sportiva volge al declino, quando ormai altri campioni sono sulla cresta dell’onda e attirano e focalizzano l’attenzione dell’opinione pubblica, dei mass media, dello star system, del success business. Con lo spegnersi dei riflettori su di loro e la malinconia della vecchiaia, che può degenerare in depressione, sono molti a disfarsi essi stessi di tante memorie che li hanno accompagnati per anni, specie quando non ci sono eredi interessati alla conservazione e alla trasmissione di queste testimonianze, viste come un ingombro cartaceo e oggettuale, o come un assett di cimeli, un qualcosa che va venduto finché può avere un interesse residuale e quindi un valore economico destinato a scemare rapidamente. In altri casi è la stessa divisione ereditaria dei beni fra figli e nipoti a sconvolgere gli archivi e a disintegrarne l’ordinamento distruggendone la completezza e l’integrità. Una sorte simile a quella degli archivi di altre persone operanti nelle più diverse professioni e in vari settori, i documenti dei quali sono strettamente legati all’interesse individuale alla conservazione da parte del soggetto produttore o di suoi parenti.

Anche nel settore dello sport, la carenza di sensibilità archivistica e la sottovalutazione dell’importanza delle carte e della loro qualità di universitas rerum, sono in definitiva la causa comune della dispersione documentale.


4. Il sistema della tutela nell’organizzazione archivistica italiana e gli archivi concernenti lo sport

Un argine a questa dispersione, a questa vasta distruzione della memoria scritta e oggettivata in documenti, è stato posto in Italia dalla legislazione archivistica, che, sin dai primi anni dopo l’Unità, ha avuto lo scopo di tutelare gli archivi pubblici a partire dalla loro formazione, così da assicurare la conservazione permanente e in modo integrale della documentazione prodotta dagli uffici governativi rendendola nel contempo consultabile, secondo i limiti temporali stabiliti [5]. Ci soffermiamo brevemente su tale legislazione generale poiché, pur non citandoli espressamente, riguarda anche gli archivi sportivi e i documenti di carattere sportivo e ne ha favorito la conservazione.

La normativa archivistica postunitaria si concentrò inizialmente soprattutto sulla documentazione prodotta dagli uffici statali e sull’organizzazione di una coerente rete territoriale di istituti archivistici. Tuttavia già nel r.d. n. 2552/1875, all’art. 22, si stabilì un primo principio di vigilanza sugli archivi degli enti pubblici «delle provincie, dei comuni, dei corpi morali tutelati dal Governo o esistenti per virtù di legge, nonché quelli delle curie diocesane e delle dignità ecclesiastiche pel tempo in cui esse esercitarono la civile giurisdizione», disponendo che fossero «custoditi ordinatamente dalla provincia, dal comune, dal corpo morale, dalla dignità ecclesiastica» e che fossero sog­getti alla vigilanza statale.

Successivamente, nel 1939, la prima legge unitaria organica sugli archivi [6], estendeva espressamente le competenze dell’Amministrazione archivistica alla documentazione non statale, prodotta dagli enti e dai privati, istituendo nove Soprintendenze archivistiche come organi preposti alla vigilanza di tali soggetti.

La legge archivistica del 1963 [7] portò a diciotto il numero delle Soprintendenze e distinse al Titolo IV del provvedimento la «vigilanza» in due categorie: capo I, «Vigilanza sugli archivi degli enti pubblici» (artt. 30-35) e capo II «Vigilanza sugli archivi privati di notevole interesse storico» (artt. 36-43). Tale normativa venne poi trasferita nel Testo Unico sui Beni Culturali [8] del 1999 senza sostanziali modificazioni.

Infine, da ultimo, le leggi sulla gestione, sulla tutela e sulla fruizione del patrimonio archivistico sono state rinnovate nel 2004 dal Codice dei beni culturali e del paesaggio [9], tuttora vigente. La normativa archivistica precedente è stata recepita nel Codice in un contesto di tutela coordinata di tutti i beni culturali.

Va ricordato che la tutela non riguarda solo gli archivi ma anche i singoli documenti, sia di proprietà pubblica che privata. Infatti il Codice, riprendendo quanto già disposto dalla legge archivistica del 1963, qualifica come beni culturali «gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico» [10] e dichiara altresì «beni culturali, quando sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13 […] gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante» [11]. Più oltre sono dichiarati inalienabili oltre agli archivi facenti parte dei beni del demanio culturale (ovvero «appartenenti allo Stato, alle regioni e agli altri enti pubblici territoriali»), anche «i singoli documenti appartenenti ai soggetti di cui all’articolo 53, nonché gli archivi e i singoli documenti di enti ed istituti pubblici diversi da quelli indicati al medesimo articolo 53» [12].

Per quanto riguarda i privati (famiglie, persone, associazioni ed enti di natura privata, imprese), ai fini del riconoscimento della qualifica di beni culturali per gli archivi e/o i singoli documenti di cui siano proprietari o detentori è necessaria la dichiarazione da parte del MIBACT, dell’interesse storico particolarmente importante.

Quindi i soggetti di cui sopra che abbiano interesse ad ottenere tale riconoscimento dovrebbero farsi parte attiva presso le Soprintendenze archivistiche.

Si consideri tuttavia che «il soprintendente può comunque accertare d’ufficio l’esi­stenza di archivi o di singoli documenti dei quali siano proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, i privati e di cui sia presumibile l’interesse storico particolarmente importante» [13].

La soprintendenza vigila altresì sul commercio di documenti; infatti «coloro che esercitano il commercio di documenti, i titolari delle case di vendita, nonché i pubblici ufficiali preposti alle vendite mobiliari hanno l’obbligo di comunicare al soprintendente l’elenco dei documenti di interesse storico posti in vendita» [14]. Inoltre, i privati proprietari, che acquisiscano in qualsiasi modo documenti di presumibile interesse storico hanno l’obbligo di comunicarlo alla Soprintendenza archivistica entro 90 giorni dal­l’acquisizione [15].

Dalla dichiarazione di interesse storico discendono alcuni obblighi e divieti volti ad assicurare l’integrità dei beni in questione e la loro consultabilità. In particolare, si prescrivono l’adeguata conservazione, la richiesta di autorizzazione alla Soprintendenza Archivistica per l’eventuale spostamento, la denunzia alla medesima dell’eventuale trasferimento di proprietà dei beni (entro 30 giorni) e il consenso alle visite ispettive della Soprintendenza. Anche gli interventi sugli archivi dichiarati sono soggetti ad autorizzazione da parte della Soprintendenza Archivistica, ai sensi dell’art. 21 del Codice. Fanno parte di tali interventi i lavori di riordinamento, inventariazione, restauro nonché le riproduzioni fotografiche o digitali degli archivi. A seguito della dichiarazione gli archivi «possono essere consultati dagli studiosi che ne facciano motivata richiesta tramite il soprintendente archivistico, secondo modalità concordate tra i privati stessi e il soprintendente» [16].

Come si è detto gli archivi e i documenti dello Stato, delle Regioni e di qualsiasi ente pubblico sono considerati dalla legge beni culturali ex se. Nel caso che enti o istituti pubblici cambino la loro natura giuridica e vengano privatizzati – come è varie volte successo – i rispettivi archivi e documenti rimangono sottoposti a tutela, ai sensi dell’art. 13, comma 2, del Codice, senza la necessità che intervenga la dichiarazione d’interesse storico. La tutela degli archivi dello Stato e degli enti pubblici territoriali ha consentito la conservazione naturale di molta documentazione di carattere sportivo prodotta e ricevuta dalle pubbliche amministrazioni nell’esercizio delle loro funzioni.


5. La situazione attuale della tutela

Anche gli archivi del CONI e degli enti pubblici di carattere sportivo sono vigilati ai fini della tutela e della correttezza di gestione dei rispettivi archivi dal Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo (MIBACT) attraverso le Soprintendenze Archivistiche, che recentemente hanno assunto competenza anche in materia di tutela libraria e sono quindi state ridenominate Soprintendenze Archivistiche e Bibliografiche.

La stessa vigilanza è estesa anche agli archivi privati di società, persone giuridiche, enti, non pubblici nonché di persone o famiglie, per i quali sia intervenuta, da parte del MIBACT, la dichiarazione di particolare interesse storico ovvero di rilevante carattere culturale.

Le Soprintendenze Archivistiche e Bibliografiche sono organi periferici del MIBACT, dipendono dalla Direzione generale per gli Archivi ed hanno competenza sugli archivi presenti nel territorio della regione o delle regioni cui si riferiscono. Attualmente, a seguito di alcuni recenti accorpamenti di istituti, sono 16. Le Soprintendenze svolgono le loro funzioni ai sensi del predetto Codice dei beni culturali e del paesaggio e dei regolamenti organizzativi del Ministero (quello in vigore è il d.P.C.M. 2 dicembre 2019, n. 169 [17]).

La documentazione prodotta dagli uffici dello Stato è controllata ai fini della conservazione e della successiva fruizione anche per finalità di studio e di ricerca dalla rete degli Archivi di Stato, presenti in ogni città capoluogo di provincia, per un totale di 100 sedi. Questi Istituti, attraverso apposite commissioni, esercitano la funzione di «sorveglianza», su tale documentazione presso gli uffici produttori, e ne valutano il valore permanente ai fini del conseguente versamento periodico agli stessi Archivi di Stato, che sono preposti alla conservazione e alla fruizione.

In molti casi la documentazione presente negli Archivi di Stato riguarda lo sport, perché gli uffici statali centrali e periferici hanno spesso fra le loro funzioni o attribuzioni specifiche competenze su determinati aspetti delle attività sportive (per esempio per autorizzazioni di vario genere – eventi, interventi urbanistici e architettonici, controlli, vigilanza dell’attività sportiva, ecc.).


6. Gli interventi dell’amministrazione archivistica per la valorizzazione della documentazione dello sport

Una prima serie episodica di interventi di routine sugli archivi sportivi ha avuto luogo a seguito della legge archivistica del 1963 nell’ambito di una normale attività di vigilanza sugli enti pubblici da parte delle soprintendenze. Così, per esempio, la Soprintendenza archivistica per il Lazio tentò un primo parziale censimento degli archivi del CONI nel maggio del 1968. Un quadro più completo se ne ebbe solo nel marzo 1990 in una relazione da parte di una archivista ispettrice della stessa Soprintendenza, che rilevò uno stato non idoneo di conservazione con accatastamento di faldoni nei depositi degli uffici «quando non erano più utili al quotidiano svolgimento delle pratiche» [18]. A seguito di questi interventi fu avvertita la necessità di una più razionale organizzazione e di una articolazione dei fondi archivistici secondo la struttura dell’ente e le competenze degli uffici.

Altri modesti interventi ministeriali sugli archivi sportivi furono effettuati sul territorio da alcune soprintendenze, ma fino agli anni Novanta del Novecento non vi fu alcuna particolare attenzione da parte dell’Amministrazione archivistica al settore sportivo e agli enti e soggetti produttori delle relative fonti documentarie.

Ancora una volta a fare da battistrada fu la Soprintendenza archivistica per il Lazio che attirò l’attenzione su questo particolare settore di fonti con il convegno del 1994 Le sudate carte, svoltosi a Roma presso la Scuola dello Sport del CONI, ed organizzato in collaborazione con la Società di storia dello sport e dell’educazione fisica «La Pallacorda».

Un interesse più ampio e diretto per il settore dello sport venne espresso da parte dell’Ufficio centrale per i Beni archivistici (ora Direzione generale per gli Archivi) nel 1996 quando proprio al tema dello sport fu dedicata l’agenda annuale degli Archivi di Stato, in occasione del Centenario dei giuochi olimpici moderni. In quella sede vennero pubblicate ottanta immagini di documenti tratti dagli Archivi di Stato e da altri archivi pubblici e privati.

Si sviluppò da allora una più viva sensibilità per l’argomento e per la tutela e la valorizzazione delle relative fonti, in particolare per quelle prodotte da enti e privati, di competenza delle Soprintendenze archivistiche, che avviarono le prime indagini conoscitive e i primi censimenti [19]. L’esempio del Lazio venne seguito e portato avanti anche in altre regioni: in particolare, le Soprintendenze della Puglia, della Toscana, della Lombardia, del Piemonte e della Liguria negli anni Novanta del secolo scorso si attivarono nella specifica opera di tutela e rilievo di questi archivi.

Nel 1997 fu avviato il censimento degli archivi degli enti e delle associazioni sportive in Puglia coordinato dall’archivista di Stato Rosalba Catacchio [20]. Nel 1998 si sperimentò un censimento di archivi delle società di ginnastica lombarde, nell’ambito del quale venne realizzato l’inventario della società ginnastica milanese «Forza e Coraggio» [21].

Nel 1999 il cambiamento della natura giuridica delle Federazioni sportive (1999) diede una nuova occasione di intervento alla Soprintendenza Archivistica per il Lazio per iniziare a recuperare le fonti utili a tracciare la strada della storia degli Enti sportivi italiani.

Il censimento sugli archivi sportivi di Roma, svolto dalla Soprintendenza Archivistica per il Lazio soprattutto riguardo agli archivi del CONI, ha evidenziato la consistenza documentazione esistente. Il primo archivio del CONI ad essere inventariato dalla Soprintendenza Archivistica per il Lazio fu quello della Scuola dello Sport di Roma, il cui inventario venne poi pubblicato [22]. Si tratta come è noto di una fonte storica di particolare interesse, specie per quanto riguarda storia della formazione dei Maestri di sport e degli istruttori nelle diverse discipline sportive.

Successivamente sono state censite tutte le Aree direzionali dell’Ente CONI: dagli Organi collegiali, all’Ufficio del Personale, all’Impiantistica, ai Centri di Preparazione Alto livello, al Comitato provinciale e a quello regionale, all’Ammini­strazione e Finanze, agli Affari legali e contenzioso, al Territorio e Promozione dello sport, alla Comunicazione e Rapporti con i media. Questo censimento – svoltosi tra il 2004 e il 2006 con il coordinamento dell’archivista di Stato Nora Santarelli della Soprintendenza archivistica per il Lazio e realizzato tramite la società Memoria s.r.l. – ha riguardato anche gli archivi storici del Comitato Provinciale di Roma e di quello Regionale del Lazio. La documentazione si è conservata con una certa regolarità a partire dagli anni ’50 de Novecento, con alcune eccezioni per il periodo precedente, dagli anni ’30 [23].

Il censimento è proseguito con le stesse modalità nel 2006 con le Federazioni sportive [24].

Un’altra operazione importante è stata realizzata per l’archivio della sezione romana del Club Alpino Italiano, dichiarato di notevole interesse storico nel 1995 e quindi riordinato e inventariato a cura della Soprintendenza archivistica per il Lazio [25].

Ricordiamo inoltre il censimento dell’archivio del Reale Circolo Canottieri Tevere Remo di Roma, espletato nel 2007 [26].


7. Il lungo cammino per la valorizzazione delle fonti documentarie per la storia dello sport

Vari congressi, riunioni e seminari, animarono il dibattito scientifico sugli archivi sportivi e diffusero una maggiore cognizione e sensibilità in materia. Basti ricordare, nel 1998 Sport: archivi e memorie (Fermo e Porto San Giorgio); nel 2004 (25 maggio) a cura della Soprintendenza archivistica per il Lazio, la Giornata di studio sugli archivi dello Sport, presso le Piscine del Foro Italico a Roma e nello stesso anno il IX Congresso Internazionale della European Committee for the Sports History-CESH (Crotone 23-26 settembre) con una sezione tematica sugli archivi dello Sport; nel 2005 (12 dicembre) il Seminario Lo sport negli archivi, presso l’Università di Roma Tor Vergata. Una tavola rotonda sugli «Archivi sportivi» si svolse anche al X congresso del CESH a Pisa 17-20 settembre 2009.

Particolarmente importante anche il Meeting della Provisional Section On Sport Archives dell’International Council on Archives (ICA/CIA), tenutosi a Torino nel 2005 per iniziativa dell’archivista di Stato Isabella Orefice, allora presidente dell’As­sociazione Nazionale Archivistica Italiana (ANAI) e tesoriera della suddetta Section on sport archives.

Omettiamo per brevità altre iniziative congressuali, rimandando alla più ampia e aggiornata rassegna pubblicata da Angela Teja sul sito di «Olimpia. Rivista interdisciplinare su donna e sport» [27], ricordando solo, a questo proposito, il seminario L’altra metà dell’archivio (15 settembre 2010) presso l’Università degli Studi “Foro Italico” di Roma, dedicato agli archivi di donne sportive [28].

La storia dello sport veniva intanto sdoganata in ambito accademico e universitario attraverso l’attivazione di corsi specifici e con interessanti sviluppi anche interdisciplinari, in particolare con le scienze sociali, la storia economica, la storia militare, le scienze sanitarie. Gli storici dello sport, senza più complessi d’inferiorità, potevano rivendicare la dignità scientifica del loro settore di ricerca e pretendere l’accesso alle fonti. Significativo a questo proposito il numero monografico dedicato dalla Siss alla storiografia dello sport in Italia [29]. Particolarmente importante per lo sdoganamento della disciplina, il suo collegamento con la storia delle istituzioni, operato in particolare da Francesco Bonini [30].

La Società Italiana di Storia dello Sport, costituita a Firenze nel 2004, dava subito l’avvio a un proprio specifico «progetto Archivi», che esprimeva l’esigenza degli storici di poter disporre di archivi ordinati e fruibili. Il progetto sugli archivi dello sport di cui è stata promotrice Angela Teja, ha prodotto molteplici iniziative ed ha portato, fra l’altro, nel 2013 alla pubblicazione di un Quaderno SISS interamente dedicato alla tematica archivistica sportiva [31].

Nel frattempo, si intensificavano le azioni di tutela, censimento e inventariazione di archivi sportivi da parte delle soprintendenze [32]. Alle regioni già nominate, che proseguivano i lavori e le azioni intraprese, si aggiungevano iniziative in Abruzzo, Campania, Umbria, Sardegna, Friuli.

Il Lazio rimaneva in qualche modo il capofila del progetto archivi dello sport, anche per il ruolo centrale della Soprintendenza archivistica per il Lazio, che, come è noto, ha compiti di vigilanza su tutti gli enti di livello nazionale con sede in Roma e nella regione.

Nel 2010 la Soprintendenza archivistica per il Lazio e la Società Italiana di Storia dello Sport stipulavano una convenzione per il recupero e la salvaguardia della documentazione di interesse storico dello sport italiano attraverso una serie di azioni comuni fra cui il completamento del censimento dei principali archivi pubblici e privati presenti nel Lazio e la creazione di Centri di documentazione di storia dello sport.

Sarebbe oggi necessario provvedere a un aggiornamento di tali lavori e alla verifica della effettiva conservazione ordinata e integrale di queste importantissime fonti. In questo senso appare indispensabile sollecitare la cooperazione fra l’Amministrazione archivistica e il CONI.

A questo proposito va ricordato che un primo progetto di accordo per la tutela e valorizzazione degli archivi sportivi fra la Direzione generale degli Archivi del MIBACT ed il CONI fu condotto nel 2011 con l’attiva partecipazione del sottoscritto, all’epoca Soprintendente archivistico per il Lazio, che in quell’occasione propose anche la realizzazione di un portale dedicato agli archivi dello sport «di accesso integrato in rete alle risorse archivistiche on line del Paese» e la realizzazione di un Polo Archivistico dello sport, il cui fulcro sarebbe stato costituito dall’Archivio generale del CONI. La bozza di convenzione scambiata fra le parti nel novembre 2011 non poté essere perfezionata, per la prematura messa in pensione del direttore generale Luciano Scala con decorrenza al 20 dicembre di quell’anno, a seguito delle nuove disposizioni di legge in materia che prevedevano al raggiungimento di 40 anni di contributi e di 60 anni di età. Varie circostanze non hanno consentito finora la realizzazione di tale progetto, che potrebbe essere ripreso ora, nell’ambito delle iniziative per la ripartenza post Covid del Paese.

Una lettera di intenti per la cooperazione nella valorizzazione degli archivi sportivi e per il recupero e la salvaguardia della documentazione cartacea e visiva di interesse storico dello sport italiano fu peraltro condivisa fra il CONI, e la Soprintendenza archivistica del Lazio nel marzo 2013. Tale documento richiamava anche la possibile realizzazione di un Archivio Generale dello Sport o Polo Archivistico Sportivo e di un Portale degli Archivi dello Sport nell’ambito del Sistema Archivistico Nazionale promosso dalla Direzione Generale per gli Archivi.

Anche la SISS ribadiva il suo interesse alla realizzazione di un Centro Archivi del CONI come «impresa culturale» e dedicava alla proposta uno specifico quaderno monografico che nella prefazione veniva definito «Un progetto esemplare per l’ottimizza­zione delle fonti per la Storia dello sport in Italia […] perché unisce nel binomio economia e cultura il senso dell’operazione, suscettibile di coinvolgere l’interesse di molti e sotto diversi punti di vista» [33].

Sempre presso la Soprintendenza archivistica per il Lazio, nel luglio 2014, veniva costituito il Centro Studi «Sports Records – Archivi e memoria dello sport», che si pone come un’istituzione di sostegno dell’attività della Soprintendenza – con cui ha stipulato un’apposita convenzione [34] – nel settore degli archivi sportivi e riunisce archivisti, storici e docenti per portare avanti la ricerca e lo studio dell’archivistica sportiva e promuovere, più in generale, la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio archivistico, librario e museale relativo allo sport, e le conseguenti attività di studio, tutela, ricerca e formazione.

In occasione della Settimana «Ispirati dagli Archivi» (marzo 2016) promossa dal­l’Associazione Nazionale Archivistica Italiana, il Centro Studi Sports Records, presieduto dallo scrivente, ha lanciato un appello, pubblicato sullo specifico sito dell’iniziativa, perché sia potenziata la considerazione verso gli archivi e la memoria dello sport [35].

Con lo stesso spirito, sempre nel 2016, è stato costituito all’interno della SISS, un «Dipartimento Beni culturali sportivi, diretto da Angela Teja e Donato Tamblé, e articolato in quattro sezioni: Beni archivistici, librari, audiovisivi; Beni museali, iconografici, simbolici; Censimenti, comunicazione e valorizzazione; Tradizioni culturali e fonti orali dello sport.

Nel 2017, alla fine di febbraio, a Roma, presso la Scuola di Archivistica, paleografia e diplomatica dell’Archivio di Stato di Roma, si è tenuto, con la direzione scientifica dello scrivente, il primo corso di «Archivistica sportiva», Introduzione agli archivi dello sport, organizzato d’intesa fra il Centro Studi Sports Records e l’Associazione Nazionale Archivistica Italiana (ANAI) – sezione Lazio, con i patrocini della Società Italiana di Storia dello Sport (SISS), della Soprintendenza archivistica e bibliografica del Lazio e dell’Archivio di Stato di Roma. Si è trattato di un grande risultato di collaborazione interistituzionale nel campo della formazione e dell’informazione sulla corretta gestione degli archivi sportivi. Il corso – il primo di questo genere in Italia – è stato rivolto alla formazione e all’aggiornamento professionale di addetti agli archivi sportivi, ma ha inteso anche fornire una preparazione archivistica di base, una propedeutica alla gestione e al corretto uso degli archivi sportivi, sia in sede corrente che in sede storica. Iniziative di questo genere contribuiscono non solo alla migliore conservazione degli archivi sportivi, ma anche alla loro più ampia conoscenza.

Un’altra iniziativa di sensibilizzazione a livello europeo, suscettibile di sviluppi in anche in Italia, è stato il progetto predisposto dal CESH, che nel 2007 ha presentato, unitamente alla Section on Sport Archives dell’International Council on Archives (ICA-SPO), all’allora Ministro della Cultura europeo Jan Figel, una petizione intesa a coinvolgere l’Unione europea in un censimento degli archivi sportivi.

Dieci anni dopo, il 30 maggio 2017, sempre da parte del CESH e dell’ICA-SPO, è stata presentata un’altra petizione al Parlamento europeo, dal titolo Call for the safeguarding of sports archives [36].

Particolarmente significative sono le iniziative archivistiche del Centro Sportivo Italiano – l’ente cattolico di promozione dello sport riconosciuto dal CONI – che ha riordinato e aperto al pubblico nel 2018 il proprio Archivio Storico Centrale, custodito a Roma all’interno dell’ISACEM, l’Istituto per la Storia dell’Azione Cattolica e del Movimento Cattolico in Italia «Paolo VI». In particolare, il 15 maggio 2018, in occasione dell’apertura al pubblico dell’Archivio romano, si è tenuto il seminario di studi Gli archivi dello sport per la storia contemporanea organizzato dall’Università Lumsa, in collaborazione con lo stesso CSI, la Società italiana per la storia dello sport, l’UNISPORT di Roma e l’ISACEM.

Il CSI si è occupato anche degli archivi periferici, in particolare quelli dei Comitati provinciali, effettuando un censimento per verificarne lo stato di conservazione, le mo­dalità di gestione e le possibilità di riordinare e rendere disponibile tutta la documentazione presente a livello regionale e territoriale dell’Associazione.

Il CSI ha quindi stipulato una convenzione con gli archivi diocesani e l’Associa­zione Archivistica Ecclesiastica per meglio conservare, gestire, rendere fruibili e valorizzare gli archivi dei Comitati provinciali. Il protocollo d’intesa – presentato nell’am­bito di S Factor. Lo Sport migliore per un’Italia migliore (Roma 6/7 luglio 2018) – prevede fra l’altro la possibile realizzazione di un «angolo dello sport» all’interno degli archivi diocesani, con il deposito in essi degli archivi dei Comitati provinciali del CSI [37]. Inoltre è stato elaborato per questi archivi un nuovo titolario a cura di Gaetano Zito per la corretta classificazione dei documenti redatti o ricevuti dagli organismi del CSI [38].

Il Centro Sportivo Italiano ha inoltre organizzato il 10 aprile 2019, presso il Museo diocesano di Albano (RM), una giornata di studi seminariale sugli archivi sportivi. L’incontro, svoltosi nell’ambito delle celebrazioni previste per il 75° anno di fondazione del CSI, aveva l’obiettivo di individuare soluzioni concrete e offrire suggerimenti pratici agli operatori per la gestione e conservazione degli archivi dei Comitati. Una tavola rotonda ha presentato le Linee guida per la conservazione degli archivi dello sport elaborate dal CSI. La giornata di studi è stata integrata dalla riproposizione in forma allargata della mostra «Nati per correre» [39], sulla storia del CSI, e ha avuto il patrocinio della Società Italiana di Storia dello Sport, del Centro Studi «Sports Records-Storia e Memoria dello sport» e dell’Associazione Archivistica Ecclesiastica.


8. Conclusioni

L’identificazione e la tutela degli archivi sportivi rimane un compito urgente e ineludibile, che richiede il coinvolgimento di vari soggetti: anzitutto le Soprintendenze archivistiche, ma anche e in sinergia, il CONI, le società sportive, gli studiosi di storia dello sport, il mondo accademico, gli amministratori pubblici, le comunità locali, e i singoli cittadini interessati a preservare un patrimonio memoriale e di identità, che può servire anche a dare coesione, integrazione e compartecipazione fra gli individui, e a livello diacronico, cioè intergenerazionale. Un patrimonio documentario, che ha pure un grande valore educativo e che merita di essere recuperato, mantenuto e reso disponibile con tutta la sua potenzialità didattica e formativa della personalità individuale e collettiva.

Il lavoro degli archivisti di Stato ed il sempre maggiore interesse degli storici dello sport sta portando finalmente al recupero e alla salvaguardia delle fonti e alla riattivazione scientifica e semantica di questi archivi, ma il cammino da fare è ancora lungo e richiede anche il superamento di pregiudizi, preconcette ostilità, incomprensioni e riserve ideologiche, che in passato hanno spesso fermato o rallentato i progetti di intervento scientifico e di valorizzazione degli archivi sportivi.

La riqualificazione culturale del fenomeno sportivo, nei suoi aspetti sociali e istituzionali e nella sua dimensione storica, è il primo passo di una lunga battaglia per la salvaguardia della memoria sportiva.

Affinché possa emergere il patrimonio documentario di natura privata, occorre poi che sia potenziata l’azione delle Soprintendenze archivistiche dotandole di personale sufficiente per l’esercizio della vigilanza e della tutela.

È tempo di fare il punto sullo stato dell’arte e di rilanciare un grande programma nazionale sugli archivi sportivi. Oggi più che mai si sente l’esigenza di sviluppare politiche e progetti per gli archivi sportivi in grado di renderli diffusamente conosciuti e liberamente accessibili per gli studiosi e per i cittadini comuni.

Ne indichiamo di seguito quelli che a nostro avviso ci sembrano i punti salienti.

Fare sistema con realtà e istituzioni similari, realizzando uno o più poli archivistici sportivi, luoghi di pubblico deposito nei quali sia possibile trasferire e rendere fruibile documentazione di enti e privati che non possano conservarla direttamente.

Attivare una nuova campagna di censimenti su scala nazionale diretta e coordinata dalle Soprintendenze archivistiche e bibliografiche.

Anche nel settore degli archivi sportivi affidare i lavori archivistici sempre ad archivisti professionisti, in possesso nei necessari requisiti e titoli di studio specifici. Incoraggiare la redazione di inventari, guide, studi specifici e renderli disponibili anche on line.

Mettere in rete le risorse documentarie – specie quelle iconografiche – e gli strumenti di ricerca.

Diffondere la conoscenza della documentazione sportiva mediante specifici servizi didattico-educativi, visite scolastiche, laboratori in archivio, mostre temporanee o per­manenti.

Favorire la formazione di archivisti specializzati nel settore sportivo e nelle sue specifiche istituzioni.

Sensibilizzare infine gli storici ed i cultori di materie storiche alla conoscenza di base dell’archivistica e della specifica metodologia di ricerca come garanzia di scientificità e compiutezza dei propri lavori.

In conclusione, siamo fiduciosi che gli archivisti, custodi istituzionali della memoria della società, e gli storici, interpreti di questa memoria, non permetteranno che sia trascurata la memoria dello sport nell’Agenda dell’Italia in ripartenza.


NOTE

[1] C. BIANCHI, Sports History? Sports Archives!, in Journal of Olympic History, 7, n. 1, 1999, pp. 28-29.

[2] C. BERTIERI (a cura di), Sport & memoria. Censimento degli archivi storici delle società liguri, Genova, 1994, p. 5.

[3] F. VALACCHI, Gli archivi dello sport, in R. GUARASCI, E. PASCERI (a cura di), Archivi privati. Studi in onore di Giorgetta Bonfiglio-Dosio, Roma, 2011, pp. 472-473.

[4] F. VALACCHI, Gli archivi dello sport, cit., p. 493.

[5] Per un quadro completo della legislazione archivistica italiana nella sua evoluzione storica, cfr.: E. LODOLINI, Legislazione sugli archivi: Storia, normativa, prassi, organizzazione dell’Amministrazione archivistica, I, Dall’Unità d’Italia al 1997, II, Dal 1° gennaio 1998 al 1° agosto 2004, Bologna, 2005.

[6] Legge 22 dicembre 1939, n. 2006, Nuovo ordinamento degli Archivi del Regno (G.U. 17 gennaio 1940, n. 013).

[7] D.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409. Norme relative all’ordinamento ed al personale degli Archivi di Stato (G.U. 31 ottobre 1963, n. 285).

[8] D.l. 29 ottobre 1999, n. 490, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell’articolo 1 della legge 8 ottobre 1997, n. 352. (G.U. Serie Generale, 27 dicembre 1999, n. 302 – Suppl. Ordinario n. 229).

[9] D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137, (G.U. 24 febbraio 2004, n. 45 – Supplemento Ordinario n. 28).

[10] D.lgs. n. 42/2004, cit., Titolo I, Parte I, Capo I, art. 10, comma 2, lett. b).

[11] D.lgs. n. 42/2004, cit., Titolo I, Parte I, Capo I, art. 10, comma 3, lett. b).

[12] D.lgs. n. 42/2004, cit., Titolo I, Parte I, Capo IV, sez. I, artt. 53 e 54, comma 2, lett. c).

[13] D.lgs. n. 42/2004, cit., Titolo I, Parte I, Capo IV, sez. III, art. 63, comma 5, lett. c).

[14] D.lgs. n. 42/2004, cit., Titolo I, Parte I, Capo IV, sez. III, art. 63, comma 4.

[15] Ibid.

[16] D.lgs. n. 42/2004, cit., Titolo I, Parte II, Capo III, art. 127.

[17] D.P.C.M. 2 dicembre 2019, n. 169, Regolamento di organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, degli uffici di diretta collaborazione del Ministro e dell’Organismo indipendente di valutazione della performance (G.U. Serie Generale 21 gennaio 2020, n. 16).

[18] SOPRINTENDENZA ARCHIVISTICA PER IL LAZIO, CONI, fasc.1/1, relazione della dott.ssa Emanuela Marinelli.

[19] Una rassegna dell’attività delle Soprintendenze archivistiche – e in particolare di quella del Lazio – si trova nel volume Lo Sport negli archivi in Italia, a cura di N. SANTARELLI, A. TEJA, Roma, 2010.

[20] Cfr. R. CATACCHIO, Gli Archivi Sportivi della Puglia, in Lo Sport negli archivi in Italia, cit., pp. 101-125. ID., L’archivio di Giosuè Poli a Bari, ivi, pp. 169-174.

[21] Società Ginnastica Milanese Forza e Coraggio. Inventario dell’Archivio storico (1870-1970), Milano, 1998.

Cfr. anche S. GIUNTINI, L’archivio storico della società ginnastica milanese «Forza e coraggio» (1870-1970), in Lo Sport negli archivi in Italia, cit., pp. 137-139.

[22] Scuola dello Sport (CONI), Inventario dei fondi archivistici (1966-1990), a cura di F. SIMONELLI, coordinamento scientifico di N. Santarelli, Roma, 2003.

[23] Una puntuale descrizione delle serie documentarie ed una sintetica inventariazione a cura di N. Santarelli è stata pubblicata nel citato volume Lo sport negli archivi in Italia, cit., pp. 23-60.

[24] N. SANTARELLI, Gli archivi di alcune federazioni sportive, ibid., pp. 67-100.

[25] N. SANTARELLI, L’archivio del CAI della sezione di Roma, in Lo sport negli archivi d’Italia, cit., pp. 145-160.

[26] N. SANTARELLI, L’archivio del “Reale Circolo Canottieri Tevere Remo”, Roma [1872]-2006, in Lo sport negli archivi d’Italia, cit., pp. 165-168.

[27] A. TEJA, Tappe per la salvaguardia degli archivi sportivi in Italia, rubrica Archivi & Sport in: https://www.rivistaolimpia.it/archivi/.

[28] Gli atti sono pubblicati nel volume: A. TEJA (a cura di), L’altra metà dell’archivio. Archivi di donne sportive, Università degli Studi “Foro Italico”, Roma, 2010.

[29] La Storiografia dello sport in Italia, a cura di M. IMPIGLIA e M. M. PALANDRI, Quaderni della Società Italiana di Storia dello Sport, n. 3, maggio 2014.

[30] Cfr. F. BONINI, Il CONI nella storia dello sport e dell’Italia contemporanea, Roma, 2015; ID., Le istituzioni sportive italiane, storia e politica, Torino, 2006; ID., Prospettive per la storia dello sport, in A.TEJA, D. TAMBLÉ, L. DE LUCA (a cura di), Sport e Grande Guerra: il contributo del Sud, Atti del Seminario Internazionale Caserta, 5-6 ottobre 2017, Vicchio-Firenze, 2018.

[31] Quaderni della Società Italiana di Storia dello Sport, n. 2, 2013.

[32] I risultati sono confluiti nel Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche (SIUSA), cfr., https://siusa.archivi.beniculturali.it/. Con riferimento allo sport il SIUSA registra attualmente 1289 complessi archivistici riferibili a 1157 soggetti produttori e 79 soggetti conservatori (settembre 2020).

[33] D. TAMBLÉ, Un progetto esemplare per l’ottimizzazione delle fonti per la Storia dello sport in Italia, in A. TEJA (a cura di) Ipotesi per un’impresa culturale. L’organizzazione di un centro Archivi del CONIQuaderni della Società Italiana di Storia dello Sport, n. 2, 2013.

[34] La convenzione, di durata triennale è stata rinnovata fra le parti il 23 marzo 2018.

[35] http://new.archivisti2016.it/adesioni/item/593-centro-studi-sports-records-archivi-e-memoria-dello-
sport.

[36] EUROPEAN PARLIAMENT, Petition No. 0527/2017; cfr. https://www.europarl.europa.eu/at-your-service/ en/be-heard/petitions.

[37] Il testo è stato pubblicato nel Notiziario dell’Associazione Archivistica Ecclesiastica, 54, dicembre 2018, pp. 6-7. Al punto 3 della convenzione si stabilisce in particolare: «L’Associazione Archivistica Ecclesiastica favorirà la possibilità di accogliere, da parte degli archivi diocesani, gli archivi delle strutture territoriali CSI, così da favorirne la conservazione e la fruizione, secondo accordi e modalità che saranno definite a livello diocesano».

[38] Cfr. ROSALBA CATACCHIO, ANGELA TEJA, GAETANO ZITO (a cura di), L’Archivio del CSI: istruzioni per la conservazione, il riordino, l’inventariazione e la valorizzazione dei materiali documentali dei Comitati territoriali del CSI, Roma 2019.

[39] La mostra «Nati per correre» era stata allestita originariamente nel 2017 (8-9 dicembre) all’interno del Meeting di Assisi ed è stata riproposta ad Albano, in un nuovo allestimento presso il Museo Diocesano, dal 10 aprile al 25 maggio 2019. Il catalogo della mostra con testi di Francesca Garello e Angela Teja è scaricabile dal link: https://www.csi-net.it/index.php?action=pspagina&idPSPagina=3919.