Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Scontro tra sciatori e responsabilità del gestore (di Matilde Ratti, Avvocato, Dottoranda di diritto civile presso l’Università di Bologna.)


The Italian Supreme Court’s decision deals with the case of two skiers colliding while skiing downhill. The Court focuses on the liability of the ski resort for the damages suffered by the plaintiff. In facts, in the first and second degree, the Regional Courts granted the plaintiff with compensation by the other skier, but no amount was found to be due by the other resistant, the ski resort. The plaintiff brought then the case before the Supreme Court. He asked the Court to recognise the existence of the ski resort’s obligation to supervise skiers on its slopes. The Supreme Court did not acknowledge any contractual liability to supervise skiers on the company, since it would not have been reasonable to require such supervision in accordance to the ski pass contract. The Court reached the same conclusion in relation to the non-contractual liability: the obligation to supervise skiers could not be implied by article 2043 of the Italian Civil Code, the general provision on non-contractual liability. Nevertheless, in this decision, the Supreme Court stated the juridical principle according to which failure to oversee the skiers’ behaviour on the slopes can lead to non-contractual liability only if the ski resort has been promptly informed of the presence of a dangerous skier on the ski slops. In this specific case, no evidence of the ski resort being informed was brought before the Supreme Court’s attention. On the contrary, in this decision the Court seems to suggest that the plaintiff would have had a better chance to obtain compensation by grounding its requests on article 2051 of the Italian Civil Code, the provision dealing with the liability for things in someone’s care.

Corte di Cassazione, sez. III, 22 ottobre 2014, n. 22344   REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente – Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere – Dott. RUBINO Lina – Consigliere – Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere – Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere – ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso 2828/2011 proposto da: P.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LIVIO ANDRONICO 24, presso lo studio dell’avvocato ROMAGNOLI ILARIA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI SALVI giusta procura in calce al ricorso; – ricorrente – contro ZURICH INSURANCE PIC (già ZURIGO ASSICURAZIONI SPA) (OMISSIS), in persona del procuratore G.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIORGIO VASARI 5, presso lo studio dell’avvocato RAOUL RUDEL, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CESARE ALBERTI giusta procura a margine del controricorso; – controricorrente – e contro A.D. (OMISSIS), IDRITALIA SRL (OMISSIS), ASSICURAZIONI GENERALI SPA (OMISSIS), RAS RIUNIONE ADRIATICA SICURTA’ SPA; – intimati – Nonché da: IDRITALIA SRL (OMISSIS), in persona dell’amministratore unico sig.ra S.V., considerata domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ROSA MATTIA, unitamente all’avvocato GIANCARLO QUECCHIA giusta procura a margine del controricorso e ricorso incidentale; – ricorrente incidentale – contro P.M. (OMISSIS), A.D. (OMISSIS), ZURIGO ASSICURAZIONI SPA, ASSICURAZIONI GE­NERALI SPA (OMISSIS), RAS RIUNIONE ADRIATICA SICURTÀ SPA; – intimati – avverso la sentenza n. 1073/2009 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 04/12/2009 R.G.N. 586/05; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/07/2014 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA; udito l’Avvocato ILARIA ROMAGNOLI; udito l’Avvocato RAOUL RUDEL; udito l’Avvocato ROSA MATTIA; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per l’accoglimento.   SVOLGIMENTO DEL PROCESSO   Il (OMISSIS) P.M., mentre sciava sulle piste del monte (OMISSIS), in Comune di (OMISSIS), rimase coinvolta in un incidente, riportando lesioni gravissime con postumi permanenti invalidanti nella misura dell’85-90% e perdita totale della capacità lavorativa specifica. Con citazione notificata il 17 dicembre 1998 l’infortunata, assumendo che il sinistro si era verificato per colpa esclusiva di un altro sciatore, A.D., lo convenne innanzi al Tribunale di Brescia insieme al gestore dell’impianto, Idritalia s.r.l., [continua..]
SOMMARIO:

1. La fattispecie esaminata dalla Suprema Corte - 2. L’obbligo di vigilanza e la responsabilità contrattuale - 3. L’omissione imputabile in mancanza di un obbligo legale - 4. Pericoli sulle piste e responsabilità del custode - 5. Considerazioni conclusive - NOTE


1. La fattispecie esaminata dalla Suprema Corte

La sentenza in esame affronta il caso dello scontro tra sciatori avvenuto durante la discesa sulle piste. Uno sciatore salta un dosso particolarmente insidioso, a visuale impedita, e investe la ricorrente. Questa agisce in giudizio per ottenere ristoro delle gravissime lesioni riportate. Conviene lo sciatore e conviene altresì la società che gestisce gli impianti di risalita. Sia in primo sia in secondo grado, lo sciatore è condannato al risarcimento dei danni, mentre è rigettata la domanda proposta nei confronti del gestore degli impianti. La danneggiata ricorre dunque in Cassazione, lamentando l’illogicità della decisione del giudice di merito nel ritenere l’inesistenza di un obbligo in capo al gestore del comprensorio sciistico di vigilare sulla condotta degli sciatori. Con un secondo motivo di gravame, lamenta vizi motivazionali in relazione all’affermata assenza di situazioni di pericolo che il gestore avrebbe dovuto eliminare: non avrebbero i giudici considerato che il sinistro era avvenuto in corrispondenza di un dosso a visuale impedita. Il ricorso è però rigettato dalla Suprema Corte, che da un lato esclude la sussistenza di un dovere generale del gestore di vigilare sulla condotta dei singoli utenti (seppur con una precisazione di cui si darà conto) e dall’altro giudica tardiva l’allegazione della ricorrente circa la pericolosità del dosso. Nonostante la Corte affermi che, in via ipotetica, il dosso avrebbe anche potuto svolgere la funzione di rallentare la discesa degli sciatori, tra le righe della decisione pare scorgersi la corretta preferenza per il secondo dei motivi proposti. Se fosse stato possibile ricostruire una responsabilità in capo al gestore, questa sarebbe derivata dalla presenza di pericoli sulla pista, come ad esempio un dosso, e non dalla violazione di un presunto obbligo generalizzato di vigilare sulla condotta degli utenti.


2. L’obbligo di vigilanza e la responsabilità contrattuale

La decisione in esame ricerca la fonte dell’obbligo di vigilanza diffuso sulla condotta degli sciatori. Sotto il profilo della responsabilità contrattuale, l’argomentazione della Corte è concisa: non può ricadere sul gestore degli impianti la responsabilità della condotta degli utenti poiché si tratterebbe di un’obbligazione inesigibile sotto il profilo pratico. Lo sport dello sci è infatti un’attività intrinsecamente pericolosa e le piste sono di ragguardevoli dimensioni: non pare dunque azionabile un obbligo di tale portata. È invece pacifico, secondo quanto afferma la Corte, che la responsabilità contrattuale del gestore degli impianti di risalita sorga in forza del contratto di ski-pass concluso dallo sciatore. Da questo discendono dunque gli obblighi del gestore di garantire la buona manutenzione delle piste, di prevenire situazioni di pericolo per gli sciatori, di predisporre le opportune protezioni e segnalazioni. Gli obblighi, però, non possono estendersi fino a ricomprendere un dovere diffuso di vigilanza sulla condotta degli utenti. Il riferimento al contratto atipico di ski-pass e la configurabilità di una responsabilità contrattuale per i sinistri che avvengono sulle piste sono richiamati rapidamente dalla Corte, ma pare utile soffermarvisi poiché rappresentano il frutto di evoluzioni dottrinali e giurisprudenziali tutt’altro che scontate. In un primo momento, infatti, l’unico strumento azionabile per il risarcimento del danno occorso allo sciatore durante la fase di discesa delle piste era quello della responsabilità extracontrattuale, poiché non si intravedeva alcun collegamento negoziale tra l’atto della discesa dello sciatore e il gestore degli impianti di risalita. Il contratto di ski-pass compare nelle decisioni delle corti di merito in un secondo momento [1], a seguito di almeno due circostanze. In primo luogo, lo sport dello sci è sempre più diffuso e sorge l’esigenza di allocare la responsabilità civile per i purtroppo frequenti incidenti che avvengono nella fase di discesa delle piste [2]. In secondo luogo, il gestore degli impianti di risalita è sempre più sovente soggetto coincidente con il concessionario delle piste da sci: non solo gestisce gli impianti di risalita, ma permette anche la fruizione dei tracciati di discesa [3]. [continua ..]


3. L’omissione imputabile in mancanza di un obbligo legale

L’esistenza di un generale obbligo di sorveglianza da parte del gestore degli impianti è negata dalla Corte anche sotto il profilo della responsabilità aquiliana. Tale obbligo è, ribadisce la Corte, sempre inesigibile. Tuttavia, diverso sarebbe se il gestore avesse avuto notizia della presenza sulle piste da sci di uno sciatore particolarmente spericolato, che mettesse a repentaglio la sicurezza della discesa degli altri utenti. Si domanda allora la Corte se nel caso specifico esistano gli estremi per configurare una culpa in omittendo del gestore e per ricostruire la responsabilità ex art. 2043 c.c. Per rispondere al quesito, la Cassazione afferma di sposare quell’orien­tamento giurisprudenziale che riconosce l’illiceità di determinate condotte omissive a prescindere dall’esistenza di un vero e proprio obbligo giuridico di impedire l’evento [11]: l’illecito omis­sivo è configurabile come atipico. Non serve una previsione normativa, ma al contrario basta una situazione pratica che faccia sorgere un obbligo di solidarietà sociale a carico del gestore. Sarebbe dunque imputabile, producendo la responsabilità civile, quell’omissione del gestore contraria all’art. 2 della Carta costituzionale. Tuttavia, precisa la Corte, nessun obbligo di vigilare potrebbe essere sorto nel caso di specie, data l’assenza di qualsiasi allegazione relativa a segnalazioni al gestore. La colpa nell’omissione del gestore avrebbe dovuto essere argomentata sulla base della prova che questi avesse contezza e percezione della condotta imperita o pericolosa dello sciatore che ha investito la ricorrente. Invece, nei giudizi di merito, nulla è emerso che provasse la possibilità del gestore di intercettare la condotta pericolosa dello sciatore. Ammettendo di accogliere la teoria dell’atipicità della colpa omissiva, pare di poter ritenere logicamente corretto l’iter argomentativo della Corte. Tuttavia, il ragionamento esposto rischia di assumere i tratti di un esercizio quasi esclusivamente teorico, generando dubbi circa la possibilità di applicarlo in future decisioni. Come detto, si ricorre all’art. 2 Cost. per affermare l’esistenza di un obbligo di prevenzione a carico del gestore degli impianti e allocando l’onere probatorio in capo alla danneggiata. In assenza della prova della possibilità di [continua ..]


4. Pericoli sulle piste e responsabilità del custode

Non si dubita che la responsabilità aquiliana del gestore delle piste da sci per i sinistri occorsi nella fase di discesa possa essere ricondotta all’art. 2043 c.c., ma, come dimostra la decisione in esame, non è mai agevole ricostruire, specialmente nel caso dell’omissione, una tale responsabilità [14]. La verifica della responsabilità extracontrattuale del gestore deve infatti tenere conto di alcuni aspetti che incidono, caso per caso, sull’imputabilità al gestore. Pare in primo luogo che non possa prescindersi dalla valutazione dell’esistenza, in normali circostanze, di irregolarità nei tracciati, poiché questi si snodano in un ambiente naturale. Lo sciatore è ben consapevole che sta praticando uno sport rischioso e, sotto il profilo giuridico, dovrà considerarsi che questi implicitamente ne accetti il rischio. Dovrà di conseguenza immaginarsi un obbligo di manutenzione delle piste che non ecceda nel dovere di rimuovere ogni possibile rischio [15]. Né potrà imputarsi al gestore alcun aggravio di responsabilità legato alla foga agonistica che può sollecitare azioni imprudenti durante ogni pratica sportiva. A titolo esemplificativo, correttamente nella decisione in esame viene negata la responsabilità del gestore per non aver predisposto alcuna delimitazione tra il tracciato slalom presente nei pressi del luogo del sinistro e la parte di pista libera, considerato che i due tracciati non si sovrapponevano. Come anticipato, si intuisce, invece, nelle parole della Corte che la decisione avrebbe potuto forse pendere verso altra soluzione se parte attorea avesse fondato la sua difesa sull’incidenza del comportamento omissivo del gestore in relazione alla presenza di un dosso «cieco» sulla pista da sci. Pare dunque opportuno domandarsi se possano essere invocate altre norme in materia di fatto illecito per fondare la responsabilità extracontrattuale del gestore [16]. Non aiuta a chiarire la questione la legge 24 dicembre 2003, n. 363. All’art. 4 è esplicitata la possibilità di agire nei confronti del gestore dell’impianto per responsabilità extracontrattuale [17], ma il legislatore, forse volutamente, non specifica a quali casi di fatto illecito possa essere ricondotta la responsabilità in esame. Oltre alla norma di carattere generale, ci si [continua ..]


5. Considerazioni conclusive

Come spesso accade in materia di responsabilità civile, il fatto oggetto della decisione in esame pare presentare, sotto il profilo giuridico, non poche complessità. Se parte attorea avesse allegato tempestivamente le prove dell’esistenza di un dosso pericoloso e se, secondo quanto sembra affermare la Corte, la domanda di risarcimento fosse stata fondata sull’art. 2051 c.c., in un unico caso avrebbero avuto occasione di essere affrontate questioni relative al concorso causale del comportamento della danneggiata (che sosta sotto un dosso), al concorso del gestore (per la presenza di pericoli sulle piste) e al concorso della condotta dello sciatore (che abban­dona il percorso slalom per avventarsi su un dosso «cieco»). La Suprema Corte è chiamata invece a valutare l’esistenza di un dovere diffuso di vigilare sulla condotta degli utenti in capo al gestore. Non riconosce la possibilità che un simile obbligo possa discendere dalla responsabilità contrattuale e lo ritiene, invero, inesigibile anche sotto il profilo della responsabilità extracontrattuale. Tuttavia, facendo leva sulla teoria dell’atipicità della colpa omissiva non respinge del tutto l’argomento e, in forza del dovere di solidarietà sociale espresso all’art. 2 Cost., specifica che se il gestore avesse avuto notizia della presenza di uno sciatore pericoloso sulle piste, avrebbe dovuto intervenire. Nella decisione non sono esplicitati l’estensione o il contenuto positivo dell’obbligo di vigilanza riconosciuto, ma d’altro canto la Corte conclude che non sussistono nel caso in esame le circostanze fattuali che avrebbero permesso di ritenere responsabile il gestore, non consapevole della presenza dello sciatore pericoloso. Infine, facendo riferimento all’art. 2051 c.c., la Cassazione sembra suggerire che la responsabilità del gestore potrebbe più agevolmente configurarsi facendo affidamento ad una responsabilità di tipo oggettivo. Pare quindi che la Suprema Corte indirettamente fornisca un’indica­zione sulla natura della responsabilità extracontrattuale del gestore, lasciando scorgere una preferenza per il richiamo alla responsabilità del custode nel caso di sinistro tra sciatori avvenuto nella fase di discesa delle piste.


NOTE