Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Restrizioni verticali e ruolo dell´esclusiva: i diritti audiovisivi del calcio tra efficienza economica e benessere sociale (di Augusto Preta, Director International Institute of Communications, docente di Economia e Diritto delle Comunicazioni, Università Europea di Roma.)


Premium contents (i.e. in particular, sports events and football, first-release Hollywood movies) are seen as primary means of differentiation among broadcasters in both the pay-TV and the free-to-air sector, given their ability to attract high audience and, as a consequence, to drive subscriptions and advertising investments. Moreover, the sale of sports broadcasting rights is a key element for the football industry, being the biggest source of revenue for most sports organizations. The paper analyses the incentives for media operators to opt for an exclusive distribution agreement (across platforms) of premium contents rather than a non-exclusive one: it then compares the effects of both types of dealings on the competitive process and on consumer welfare. Our specific field of inquiry is represented by sport premium rights of the Italian professional league (Serie A). Firstly, the paper surveys the exclusive distribution theory in general economic literature, recalling the main contributions on this subject; the theoretical framework is then applied to the media industry and, specifically, to content owners’ incentive to sell on exclusive basis. Secondly, we focus on the downstream market (the broadcasters’ one) and examine whether and under which conditions it is profitable for rights’ purchasers to resell contents to their competitors. Finally, the main theoretical findings are applied to the selling procedures of audiovisual football rights, suggesting a potential overhaul of the Italian current model towards the European best practices.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. La distribuzione esclusiva nella teoria economica: applicazione al settore audiovisivo - 2.1. Conseguenze dell’esclusiva sulla catena produttiva verticale - 2.2. Conseguenze dell’esclusiva sul benessere del consumatore - 3. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

I contenuti sportivi rappresentano una componente fondamentale della programmazione televisiva, sia in chiaro che a pagamento. La disponibilità di tali contenuti arricchisce infatti l’offerta editoriale, rendendola maggiormente attraente tanto agli abbonati delle televisioni pay, quanto agli inserzionisti pubblicitari, che operino sia in contesti free-to-air sia a pagamento. La commercializzazione dei diritti audiovisivi si inserisce al contempo all’interno dell’ecosistema complesso e articolato rappresentato dall’industria del calcio e ne costituisce una fondamentale fonte di ricavi. Nell’ultimo decennio, in Italia, si è assistito a un progressivo deterioramento finanziario di tale settore che ne ha compromesso la competitività in Europa: una crisi aggravata dall’esistenza di un circolo vizioso, all’interno del quale ciascun elemento di criticità risulta inoltre essere collegato da uno stretto legame di dipendenza alle altre componenti, per cui un intervento volto ad accrescere l’efficienza del settore potrà produrre effetti significativi e radicali solo se messo in relazione con gli altri. La debolezza strutturale del sistema calcio italiano si riflette inoltre sulle sue performance nelle competizioni internazionali, in particolare nella UEFA Champions League e nell’Europa League. Nella tabella 1, è riportato il posizionamento delle principali top division nel country ranking UEFA [1]. Tabella 1 – Posizionamento nel country ranking UEFA delle top division [continua ..]


2. La distribuzione esclusiva nella teoria economica: applicazione al settore audiovisivo

Gli effetti dell’assegnazione esclusiva dei contenuti premium sul welfare totale vengono analizzati con maggior chiarezza se inquadrati nel framework teorico generale riguardante gli accordi verticali di distribuzione esclusiva. Le restrizioni verticali possono determinare effetti anticoncorrenziali che si sostanziano in un affievolimento delle pressioni competitive, sia intrabrand che interbrand. Nello specifico, occorre distinguere le conseguenze sulla concorrenza intramarca (intrabrand) da quelle sulla concorrenza intermarca (interbrand), con la consapevolezza che spesso le restrizioni alla prima aumentano l’efficienza del sistema e, dunque, qualora la competizione tra marchi sia sufficientemente intensa e non esistano barriere all’entrata a livello di produzione o distribuzione, non destano forti preoccupazioni concorrenziali [6]: le figure 1 e 2 offrono una visualizzazione grafica del diverso livello di analisi a cui si fa riferimento quando si parla di concorrenza intramarca (esternalità orizzontali, tra distributori) e intermarca (esternalità verticali, tra catene produttive). Figura 1 – Concorrenza intrabrand      Figura 2 – Concorrenza interbrand                    Con riferimento al nostro ambito di analisi (i diritti audiovisivi sul Campionato di Calcio Serie A), si noti come la Lega detenga una posizione dominante nel mercato a monte al punto da porsi come monopolista di tale contenuto: una restrizione verticale introdotta nella fase distributiva secondo un modello di esclusiva «territoriale» multipiattaforma avrebbe dunque ripercussioni solo sulla concorrenza intrabrand nel mercato a valle; non sarebbero invece ravvisabili effetti pregiudizievoli della concorrenza interbrand poiché, con il passaggio alla vendita collettiva dei diritti del 2008, un solo soggetto opera sul mercato a monte. Questa considerazione si fonda sull’ipotesi secondo la quale non esisterebbero ulteriori competizioni sportive e calcistiche diverse dalla Serie A di così forte richiamo, da poter essere considerate, agli occhi dell’utente finale, «eventi sostituibili» agli incontri disputati nel campionato di calcio nazionale. Tale ipotesi può apparire tuttavia frutto di una semplificazione eccessiva in relazione al contesto attuale, laddove [continua ..]


2.1. Conseguenze dell’esclusiva sulla catena produttiva verticale

Focalizziamo innanzitutto l’attenzione sulle condizioni necessarie affinché l’asse­gna­zione esclusiva di contenuti premium emerga come strategia ottima per un content owner a monte e un distributore acquirente a valle. Armstrong, tra i primi ad occuparsi di tale aspetto, dimostra come una clausola di esclusiva incrementi la profittabilità lungo la catena verticale, aumentandone dunque l’efficienza [14]. Il modello proposto dall’economista – modello di differenziazione spaziale à la Hotelling, basato su un duopolio di prezzo – incorpora e formalizza gli elementi costitutivi del settore pay, quali: i) concorrenza di prezzo tra imprese che offrono prodotti differenziati (sulla base di diverse tecnologie trasmissive, diversi pacchetti basic, fornitura di servizi a pacchetto o meno) [15]; ii) aumento dell’attrattività presso i consumatori mediante il controllo di diritti premium; iii) perdita di profitti in caso di mancata acquisizione di questi ultimi. Il controllo esclusivo dei contenuti premium attribuisce all’acquirente un vantaggio competitivo, generando dunque un’esternalità negativa nei confronti del concorrente. Formalmente, l’acquisto dei diritti equivale a una «asta con esternalità», caratterizzata dal fatto che l’esito della stessa influisce sulla concorrenza nel mercato downstream [16]. In tale contesto, l’esclusiva si impone come modalità distributiva che massimizza i profitti della catena verticale. Qualora i diritti fossero ceduti ai broadcaster in modalità non esclusiva, il beneficio per questi ultimi sarebbe nullo, in quanto l’acquisizione non garantirebbe loro alcun vantaggio in termini di differenziazione dal concorrente. Il prezzo di riserva, che ciascun broadcaster è disposto a offrire, risulterebbe dunque inferiore rispetto a un modello di acquisizione esclusiva; ugualmente il profitto conseguibile dal content owner si attesterebbe su livelli più bassi [17]. La tesi di Armstrong si è progressivamente radicata nel dibattito economico: la distribuzione esclusiva dei premium content è dunque vantaggiosa per il content owner (si veda, per esempio, Harbord e Ottaviani, 2001 e Seabright e Weeds, 2006) [18]. In effetti, sul punto, già Wachtmeister (1998), precedentemente, aveva notato come l’esclu­siva nella vendita di [continua ..]


2.2. Conseguenze dell’esclusiva sul benessere del consumatore

La teoria economica sugli accordi di esclusiva territoriale ha messo in luce la difficoltà di quantificare in maniera chiara le conseguenze di tale restrizione verticale sul benessere del consumatore. L’impatto sul consumer welfare deriva infatti dal bilanciamento di due opposti effetti: il primo, negativo, causato dall’allentamento della concor­renza intrabrand; l’altro, positivo, determinato dal superamento dei fenomeni di free-riding, che comportano parallelamente un innalzamento del livello della qualità e dei servizi offerti. Per quanto riguarda il primo aspetto, l’adozione di un’esclusiva multipiattaforma, che elimina la pressione competitiva proveniente dai distributori concorrenti e attribuisce maggior potere di mercato all’acquirente dei diritti, può determinare un aumento del prezzo richiesto per la sottoscrizione dell’abbonamento (nel caso di una pay TV) e una conseguente riduzione del numero di spettatori per un determinato contenuto premium sportivo rispetto alla non esclusiva. In seguito a ciò, il consumer surplus subisce chiaramente una riduzione. Tuttavia, un produttore dotato di potere di mercato può praticare una discriminazione dei prezzi al dettaglio, la quale, in precise circostanze, determina un aumento del benessere totale: se l’unico broadcaster acquirente dei premium content è in grado di segmentare la domanda sulla base dell’elasticità dei diversi gruppi, applicando a ciascuno un prezzo differente (determinato in maniera da estrarre il massimo surplus del consumatore), la quota di consumatori che può avere accesso al servizio è maggiore come, parimenti, il livello di efficienza raggiunto. La teoria economica dimostra che la discriminazione di prezzo riduce il benessere sociale in modo certo solo nel caso in cui l’output totale non aumenta; in tutti gli altri casi, l’effetto è ambiguo. Circa il secondo aspetto, ossia quello relativo alla qualità, l’analisi economica ha enfatizzato gli effetti positivi in termini di efficienza delle clausole di esclusiva territoriale, in quanto consentono di internalizzare le esternalità legate alla produzione di servizi pre-vendita di beni d’esperienza o complessi, agli investimenti specifici per migliorare la qualità del contenuto e al rafforzamento della brand reputation: tali problematiche caratterizzano anche i contenuti [continua ..]


3. Conclusioni

Alla luce del quadro delineato nei capitoli precedenti appare evidente come l’indu­stria calcio italiana presenti forti elementi di criticità, che hanno contribuito negli ultimi anni, a differenza di quanto accaduto in altri contesti nazionali, a diminuire l’ap­peal del campionato nazionale. Questa minore competitività del sistema, evidenziata dalla perdita dei top player, che preferiscono altri campionati, e provata dal country ranking UEFA per l’accesso alle competizioni continentali, è conseguenza di diversi fattori, che determinano in definitiva la scarsa competitività finanziaria e sportiva del sistema italiano rispetto alle top division europee. Presentandosi il settore calcistico come un ecosistema composito, ciascun elemento di criticità risulta essere collegato da uno stretto legame di dipendenza alle altre componenti, per cui qualsiasi intervento volto ad accrescere l’efficienza e la competitività del settore non può produrre effetti significativi e radicali, se non messo in relazione con gli altri. Tale circolo vizioso è indicativo del progressivo deterioramento che ha investito l’in­tera industria calcio italiana negli ultimi anni: si impone dunque un radicale cambiamento che coinvolga tutti gli elementi chiave del sistema e che inneschi un rinnovamento finanziario, normativo e culturale. Alla luce di tutto ciò, nonostante rappresentino solo un aspetto e certamente non il più drammatico della crisi, le modalità di vendita dei diritti audiovisivi costituiscono un tassello importante del cambiamento richiesto a tutto il sistema, in termini di efficienza, incentivi all’innovazione, qualità dello spettacolo e concorrenza. Con il conforto della teoria economica, il presente studio ha pertanto cercato di dimostrare come la vendita in esclusiva per prodotto e multipiattaforma possa rappresentare, a determinate condizioni, il meccanismo più efficace per ripristinare e garantire adeguati incentivi all’innovazione e al miglioramento qualitativo del contenuto offerto, con conseguenze positive sul benessere sociale.  


NOTE