Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Prime riflessioni sulla legge 20 gennaio 2016, n. 12 e dintorni: tesseramento, vincolo e cittadinanza sportiva (con uno sguardo particolare al nuoto) (di Stefano Bastianon, Professore associato di Diritto dell’Unione europea nell’Università di Bergamo.)


This paper analyses the recent Italian law dated 20 January 2016, No. 12 concerning the measures to promote social integration of foreign children (aged less than 18 years) residing in Italy through admission in sports clubs. The author analyses the basic provisions of the new law in the wider framework of the Italian discipline of sporting activities with its own peculiarities, namely the dichotomy between professional sport and amatorial sport and the right of a national federation to allow the transfer of athletes only after a very long period of time. The author underlines the importance of the new law to promote social integration of foreign children through sport, but underlines that the main problems to be solved arise not only from the rules governing the membership to a given federation, but also from the rules governing the possibility to field foreign players.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. La distinzione tra sport professionistico e sport dilettantistico: un’ano­malia tipicamente italiana - 3. Le ricadute della dicotomia professionismo/dilettantismo sugli istituti del tesseramento e del vincolo sportivo - 4. La legge 20 gennaio 2016, n. 12 sul tesseramento dei minori stranieri - 5. E dopo il tesseramento cosa succede? Dal tesseramento alla effettiva partecipazione dell’atleta all’attività sportiva - 6. Qualche considerazione di sintesi - NOTE


1. Premessa

In data 1° febbraio 2016 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana la legge 20 gennaio 2016, n. 12 recante disposizioni per favorire l’integra­zione sociale dei minori stranieri residenti in Italia mediante l’ammissione nelle società sportive appartenenti alla federazioni nazionali, alle discipline associate o agli enti di promozione sportiva. Da un punto di vista generale qualsiasi iniziativa finalizzata ad utilizzare il fenomeno sportivo quale strumento di integrazione sociale non solo deve essere salutata con genuino entusiasmo, ma si presenta, altresì, in linea con la funzione sociale dello sport da tempo riconosciuta a livello europeo. Giova, al riguardo, ricordare che nel Libro bianco sullo sport del 2006 la Commissione aveva osservato che «lo sport è un fenomeno sociale ed economico d’importanza crescente che contribuisce in modo significativo agli obiettivi strategici di solidarietà e prosperità perseguiti dall’Unione europea. L’ideale olimpico dello sviluppo dello sport per promuovere la pace e la comprensione fra le nazioni e le culture e l’istruzione dei giovani è nato in Europa ed è stato promosso dal Comitato olimpico internazionale e dai comitati olimpici europei. Lo sport ha una forte attrattiva per i cittadini europei, la maggioranza dei quali pratica con regolarità un’attività sportiva. Esso è anche fonte di valori importanti come lo spirito di gruppo, la solidarietà, la tolleranza e la correttezza e contribuisce così allo sviluppo e alla realizzazione personali. Lo sport inoltre promuove il contributo attivo dei cittadini dell’UE alla società, aiutando in tal modo a rafforzare la cittadinanza attiva. La Commissione riconosce il ruolo essenziale dello sport nella società europea, particolarmente in questa fase in cui deve avvicinarsi maggiormente ai cittadini e affrontare i problemi che li interessano da vicino» [1]. Inoltre, sempre nel Libro bianco è stato sottolineato che «lo sport è una sfera dell’attività umana che interessa in modo particolare i cittadini dell’Unione europea e ha un potenziale enorme di riunire e raggiungere tutti, indipendentemente dall’età o dall’origine sociale. Secondo un sondaggio Eurobarometro del novembre 2004, il 60% circa dei cittadini europei [continua ..]


2. La distinzione tra sport professionistico e sport dilettantistico: un’ano­malia tipicamente italiana

Prima di introdurre, seppur per sommi capi, il tema relativo agli istituti del tessera­mento e del (conseguente) vincolo sportivo, non può prescindersi da un veloce riferimento alla dicotomia, tipicamente italiana, tra sport professionistici e sport dilettantistici. Il riferimento normativo obbligato è rappresentato dalla legge del 23 marzo 1981, n. 91 (recante norme in materia di rapporto tra società e sportivi professionisti), successivamente (alla sentenza Bosman) modificata dalla legge 18 novembre 1996, n. 586, a mente della quale: a) l’esercizio dell’attività sportiva, sia essa svolta in forma individuale o collettiva, sia in forma professionistica o dilettantistica, è libero; b) si considerano sportivi professionisti gli atleti (oltre che gli allenatori, i direttori tecnici sportivi e i preparatori atletici) che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica. In tale contesto è noto che il CONI, con delibera del 22 marzo 1988, n. 469, ha stabilito unicamente che deve considerarsi attività sportiva professionistica quella definita tale dalle singole federazioni sportive. Attualmente, pertanto, la qualifica di un atle­ta come professionista o dilettante prescinde completamente dalle modalità di svolgimento dell’attività sportiva e dipende unicamente dal fatto se quella determinata federazione di volta in volta considerata ha qualificato la disciplina da essa organizzata co­me professionistica o dilettantistica. Salvo errori, allo stato attuale in Italia appartengono al settore professionistico soltanto le seguenti quattro federazioni: i) la F.I.G.C. (Federazione Italiana Gioco Calcio) per quanto riguarda i campionati di serie A, B e Lega Pro; ii) la F.I.P. (Federazione Italiana Pallacanestro) per quanto riguarda i campionati maschili di serie A1 e A2; iii) la F.C.I. (Federazione Ciclistica Italiana) per quanto riguarda le gare su strada e su pista; iv) la F.I.G. (Federazione Italiana Golf). Ciò significa, in termini pratici che [continua ..]


3. Le ricadute della dicotomia professionismo/dilettantismo sugli istituti del tesseramento e del vincolo sportivo

La (illegittima) dicotomia tra atleti professionisti e atleti dilettanti produce, sul piano normativo interno, ulteriori ed intollerabili disparità di trattamento che toccano direttamente la sfera, sportiva e personale, dell’atleta. Come noto, l’atleta (in questo caso non importa se professionista o dilettante) acquista tale qualifica per effetto del tesseramento, ossia l’atto attraverso il quale entra a far parte della federazione cui è affiliata la società sportiva per la quale lo stesso atleta svolge la propria attività. Con il tesseramento, infatti, l’atleta acquista il diritto di prendere parte all’attività agonistica organizzata dalla federazione di appartenenza. A mero titolo esemplificativo, si ricorda che l’art. 5, punto 2, dello Statuto della F.I.N. (Federazione Italiana Nuoto) stabilisce che «gli atleti entrano a far parte della Federazione all’atto del tesseramento»; inoltre, il successivo punto 6 del medesimo articolo prevede che «per poter svolgere attività federale gli atleti devono essere muniti della tessera della F.I.N. valida per l’anno in corso, rilasciata per lo svolgimento dell’attività in favore di una società». Per effetto del tesseramento, inoltre, l’atleta si impegna ad osservare tutte le norme statutarie e re­golamentari della federazione nonché quelle degli altri organismi internazionali ai quali la federazione in questione aderisce. Prendendo ancora spunto dalla disciplina del nuoto, l’art. 6, punto 5, dello Statuto della F.I.N. stabilisce che «tutti i soggetti della Federazione, affiliati e tesserati, hanno l’obbligo di osservare lo statuto, i regolamenti federali, le delibere e le disposizioni dei competenti organi federali, nonché di rispettare le regole del dilettantismo emanate dal C.I.O., dalla F.I.N.A. e quelle emanate dagli altri organi internazionali a cui la F.I.N. aderisce». Contestualmente al tesseramento e per effetto di quest’ultimo, l’atleta assume nei confronti della società sportiva di appartenenza un obbligo di esclusiva (di varia durata), in forza del quale lo stesso atleta è obbligato a prestare la propria attività sportiva a favore della società sportiva che ha provveduto a tesserarlo e a non prestare la propria attività sportiva in favore di altre società sportive: si [continua ..]


4. La legge 20 gennaio 2016, n. 12 sul tesseramento dei minori stranieri

Da più parti annunciata come la legge sulla cittadinanza sportiva o sullo ius soli sportivo, la legge n. 12/2016 in realtà si limita ad introdurre «disposizioni per favorire l’integrazione sociale dei minori stranieri residenti in Italia mediante l’ammissione nelle società sportive (e nelle associazioni sportive [6]) appartenenti alla federazioni nazionali, alle discipline associate o agli enti di promozione sportiva». Si tratta di una legge composta da un solo articolo, suddiviso in due commi: a) in base al comma 1, i minori di anni diciotto che non sono cittadini italiani e che risultano regolarmente residenti nel territorio italiano almeno dal compimento del decimo anno di età possono essere tesserati presso società sportive appartenenti alle federazioni nazionali o alle discipline associate o presso associazioni ed enti di promozione sportiva con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani; b) in base al comma 2, il tesseramento di cui al comma 1 resta valido, dopo il compimento del diciottesimo anno di età, fino al completamento delle procedure per l’ac­quisizione della cittadinanza italiana da parte dei soggetti che, ricorrendo i presupposti di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, hanno presentato tale richiesta. Risulta evidente anche ad una semplice lettura delle disposizioni sopra ricordate che la legge n. 12/2016 non ha affatto introdotto nel nostro ordinamento giuridico né la cittadinanza sportiva, né lo ius soli sportivo. Il cittadino straniero, ancorché nato in Italia, non acquista la cittadinanza italiana soltanto perché svolge un’attività sportiva all’interno di una società affiliata ad una federazione sportiva italiana. Più semplicemente (e semplicisticamente) si stabilisce il principio per cui i minorenni non italiani, ma regolarmente residenti in Italia almeno dal compimento del decimo anno di età, devono essere tesserati presso le società sportive secondo le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani. In base a tale disposizione, pertanto, ciò che rileva è che il minore straniero sia regolarmente residente in Italia (dal compimento del decimo anno di età), non anche che sia nato in Italia (da qui l’erroneità di ogni riferimento al termine ius soli); inoltre, il minore straniero [continua ..]


5. E dopo il tesseramento cosa succede? Dal tesseramento alla effettiva partecipazione dell’atleta all’attività sportiva

Per un atleta, qualunque sia la sua età, l’aspetto principale è rappresentato dalla possibilità di prendere parte attivamente alla manifestazioni sportive in vista delle quali si allena ogni giorno affrontando sacrifici e rinunce. Già nel 1995, in occasione della sentenza Bosman, la Corte di giustizia ha riconosciuto che la partecipazione di un atleta alle competizioni sportive costituisce l’oggetto essenziale dell’attività di un atleta [14]. Ciò detto, è sufficiente avere una seppur minima conoscenza delle varie realtà sportive per rendersi conto del fatto che il tesseramento di un atleta straniero rappresenta una condizione necessaria, ma assolutamente non sufficiente, per garantire l’effettiva partecipazione dell’atleta stesso alle manifestazioni sportive. Ancora una volta il caso del nuoto fornisce lo spunto per svolgere alcune riflessioni al riguardo. Pur essendo uno sport tradizionalmente concepito come uno sport individuale, le competizioni di nuoto possono essere di due tipi: a) manifestazioni con formula a squadra, nelle quali l’atleta rappresenta sé stesso e la propria squadra e viene premiato sia l’atleta, sia la squadra di appartenenza (in virtù dei successi ottenuti dai propri atleti). In tali manifestazioni si disputano sia gare individuali, sia gare di squadra (staffette); b) manifestazioni individuali, nelle quali l’atleta rappresenta soltanto sé stesso e solo l’atleta viene premiato. Per la stagione 2015-16 la ripartizione delle categorie del nuoto è definita dal seguente prospetto:                                  Maschi                        Femmine Esordienti B            10-11 anni                   9-10 anni Esordienti A            12-13 anni                   11-12 [continua ..]


6. Qualche considerazione di sintesi

Nelle pagine che precedono si è cercato di illustrare le ragioni per le quali il tesseramento costituisce uno soltanto, e, forse, neppure il principale, degli ostacoli che gli atleti stranieri, soprattutto se minorenni, sono costretti ad affrontare nel nostro paese al fine di poter praticare liberamente l’attività sportiva. Il recente intervento legislativo rappresentato dalla legge n. 12/2016, per quanto lodevole, non appare adeguato ad affrontare (e risolvere) un problema assai più vasto, che non può essere riduttivamente ricondotto in via esclusiva al tema del tesseramento degli atleti stranieri minorenni. Da questo punto di vista, la novella legislativa difetta di una visione ampia ed organica del tema relativo alla pratica dello sport in Italia e, per tale motivo, le risposte che offre risultano parziali e settoriali. Il tema del tesseramento degli atleti, invero, seppur rilevante, rientra perfettamente in quelle tematiche che a buon diritto dovrebbero appartenere in via esclusiva al potere di autoregolamentazione delle federazioni sportive. L’esempio del rugby italiano si ri­vela, al riguardo, particolarmente significativo. In base alla Circolare informativa deliberata in data 14 marzo 2015 dal Consiglio federale della F.I.R., si considerano di for­mazione italiana i giocatori di cittadinanza italiana o anche straniera che non siano provenienti da federazioni straniere e che siano stati tesserati o che abbiano svolto l’at­tività sportiva in Italia per almeno due stagioni sportive, nei settori propaganda e/o juniores, di società italiane. Inoltre, è prevista l’equiparazione ai giocatori di formazione italiana, esclusivamente ai fini regolamentari, anche dei giocatori stranieri stabilmente residenti in Italia, che non abbiano mai praticato il gioco del rugby in precedenza e tesserati per la prima volta in Italia senza provenire da altra federazione. A tale proposito, si precisa che la locuzione «stabilmente residente in Italia» sta ad indicare il fatto che l’atleta ha stabilito in modo duraturo in Italia i propri interessi personali/familiari e di occupazione. A completamento di quanto sopra è previsto che il tesseramento di giocatori stranieri under 14 non incontra alcun limite. Emerge da quanto esposto che nel rugby, anche prima dell’entrata in vigore della legge n. 12/2016, il minore straniero stabilmente residente in Italia non solo [continua ..]


NOTE
Fascicolo 2 - 2016