Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Calcio e trasferimenti: un´analisi economica (di Mariateresa Maggiolino,  Associate Professor (L. 230/5), Diritto Commerciale, Università Commerciale “Luigi Bocconi”.)


Before “Bosman” ruling the migration of players was limited by high transaction costs (transfer fees) and «three-plus-two» rule whereby in European competition the number of foreign players were restricted. The European Court of Justice, in this judgement, considered those restrictions in contrast with the freedom of movement of workers and liberalized the transfer system. The power was handed to the player, who can leave a club on a free transfer as soon as his contract expired, demanding to the new clubs a huge salaries to compensate the absence of a transfer fee.

Twenty years after Bosman-ruling, players can move more easily between clubs and the restrictions on the number of foreign players from EU nations a team could roster is ended.

In this paper, through an economic analysis, I will examine the composition of the transfer and the allowance to understand whether the revenue revolutions have influenced the competitive balance of the championship.

SOMMARIO:

1. L’industria del calcio europeo - 2. La sentenza Bosman e le sue conseguenze regolamentari - 3. I volumi dei trasferimenti e la redistribuzione dei talenti - 4. La concentrazione della ricchezza e la divisione tra soggetti “esportatori” e soggetti “importatori” - 5. La composizione dei trasferimenti - 6. Conclusioni - NOTE


1. L’industria del calcio europeo

Dai tempi della sentenza Bosman [1] a oggi l’industria del calcio europeo è cresciuta in misura considerevole financo a dispetto della grave crisi economica e finanziaria che ha colpito il vecchio continente (e non solo) dal 2009 in poi. Infatti, dal 1995 al 2014 le entrate dei club delle prime divisioni dei 54 Paesi UEFA (Union des associations européennes de football) sono aumentate ad un tasso medio annuo del 9,5%, laddove – giusto per avere contezza di questi numeri – in un lasso temporale assimilabile, ossia dal 1995 al 2016, in un’area geograficamente più limitata, ma certamente paragonabile, per la forza intrinseca delle economie che la compongono, ossia la zona Euro, il tasso di crescita medio è stato dello 0,36%, crollando al – 3% nel 2009 e raggiungendo il “picco” dell’1,20% nel secondo quarto del 1997. Certo, vero è che, anche gli oltre 20,7 miliardi di dollari [2] ricavati nel 2014 da tutte le squadre delle maggiori divisioni UEFA risultano comunque prossimi al solo 0.2% del PIL dei Paesi dell’area Euro (pari a circa 12.199 miliardi di dollari) e di poco superiori allo 0,1% del PIL degli Stati Membri dell’Unione Europea (prossimo a 18.495 miliardi di dollari) [3]. Tuttavia, lo sviluppo che sta vivendo la peraltro matura industria del calcio popolata anche da società fondate agli inizi del secolo scorso resta impressionante, non solo perché in evidente contro-tendenza, ma, altresì, perché da qualche anno, ossia da quando nel 2010, la UEFA ha adottato il Financial Fair Play Plan [4], questo sviluppo è divenuto economicamente sostenibile e, dunque, destinato a perdurare [5]. Ora, a trainare tale crescita sono stati, e sono ancora, i ricavi derivanti dalla vendita dei diritti televisivi che, ad esempio, nel nostro Paese nel 2014 hanno pareggiato gli 1,2 miliardi di dollari, ossia il 51% delle entrate prodotte dalla serie A e quantificate in oltre 2,3 miliardi di dollari [6]. Tuttavia, accettando di considerare i giocatori alla stregua di elementi del patrimonio delle squadre, i loro valori di bilancio, i quali grossomodo corrispondono alle indennità di trasferimento versate per “acquistarli” e diminuite dei valori eventualmente già ammortizzati, giocano un ruolo non marginale nel determinare la solidità e la sostenibilità dello sviluppo [continua ..]


2. La sentenza Bosman e le sue conseguenze regolamentari

L’attuale sistema dei trasferimenti, che ha contribuito a estendere i confini del­l’industria del calcio ben al di là degli stati nazionali, è nato dalla sentenza Bosman e dal conseguente accordo del 2001 tra la FIFA, la UEFA e la Commissione Europea [13]. Prima della sentenza Bosman la migrazione dei giocatori all’interno dei confini dell’allora comunità economica europea era, infatti, limitata da due ordini di previsioni: (i) le regole che rendevano qualsiasi specie di trasferimento potenzialmente costosa, consentendo che financo il trasferimento di un calciatore a scadenza di contratto avvenisse a fronte del pagamento di una indennità di compensazione al team dal quale il calciatore si allontanava; e (ii) le norme adottate dalle federazioni nazionali per contingentare il numero dei giocatori stranieri ammessi a giocare una stessa partita. In Italia, ad esempio, vigeva la regola del “3+2” in virtù della quale nessuna squadra poteva schierare più di cinque calciatori stranieri per partita, due dei quali dovevano aver giocato nel nostro Paese per un periodo ininterrotto di almeno cinque anni. La sentenza Bosman, invece, valutando questo genere di disposizioni contrarie al diritto alla libera circolazione dei lavoratori, finì per incrementare sia il potere contrattuale che i calciatori potevano vantare nei confronti dei loro club, sia la mobilità dei calciatori stranieri [14]. Più nel dettaglio, tutto ebbe inizio nel 1990 quando Jean Marc Bosman, essendosi rifiutato di rinnovare il contratto che lo vedeva legato al Royal Football Club di Liegi, giudicandolo assai poco conveniente, venne dichiarato cedibile ad altra società. Visto che nessuna altra società si mostrava disposta a versare l’indennità di trasferimento richiesta dal Royal Football Club, Bosman trovò autonomamente un ingaggio presso la società francese di Dunkerque, la quale avrebbe comunque versato una, sebbene più contenuta, indennità alla squadra belga. Nondimeno, evidentemente perché economicamente non soddisfatto dalla transazione, il Royal Football Club rese nei fatti impossibile il trasferimento, impedendo a Bosman di giocare per l’intera stagione. Di conseguenza, Bosman avviò un’azione legale che, dopo alterne e articolate vicende, venne rinviata alla Corte di Giustizia nel 1995, a norma [continua ..]


3. I volumi dei trasferimenti e la redistribuzione dei talenti

A dispetto della persistente crisi economica, negli ultimi cinque anni il numero dei trasferimenti internazionali è sempre stato crescente, fino a superare, già nel 2014, la soglia dei 13.000 trasferimenti annui. Per amor di contezza, se non esistessero le regole federali che, onde garantire la stabilità dei contratti, individuano, nei mesi di gennaio, luglio e agosto, gli intervalli temporali dedicati al c.d. “calcio-mercato”, nel 2015 si sarebbero potuti trasferire 37 giocatori al giorno, uno ogni 25 minuti (cfr. Tab. 2). Guardando, poi, al numero di trasferimenti operati dalle Big Five negli anni 2011/12 e 2012/13, esso ha eguagliato le 5.491 unità [28]. Quando, poi, si sceglie di declinare questi numeri su base geografica (cfr. Tab. 3), ci si accorge che: (i) i club delle federazioni asiatica e nordamericana “importano” più giocatori di quanti non ne “esportino”; (ii) le squadre soggette al governo della UEFA restano le più dinamiche e vivaci, essendo coinvolte in oltre la metà di tutti i trasferimenti internazionali; e (iii) al netto dei trasferimenti interni ai club appartenenti alla medesima confederazione, sono oltre mille i giocatori che lasciano una squadra della UEFA o una squadra della CONMEBOL (Confederación Sudamericana de Fútbol) alla volta di squadre che militano in nord America, Asia, Africa o financo in Oceania, nelle federazioni facenti capo alle rispettive confederazioni, CONCACAF (Confederation of North, Central American and Caribbean Association Football), AFC (Asian Football Confederation), CAF (Confédération Africaine de Football), e OFC (Oceania Football Confederation).     Tabella 2 – Volumi (Dati FIFA) Anno Tot 2015 13.558 2014 13.090 2013 12.718 2012 11.998 2011 11.883     Tabella 3 – Volumi 2014 su base geografica (Dati FIFA) Verso Da CAF CONCACAF CONMEBOL OFC AFC UEFA Tot in [continua ..]


4. La concentrazione della ricchezza e la divisione tra soggetti “esportatori” e soggetti “importatori”

Se ora si passa dagli appena menzionati dati in volume ai corrispondenti dati in valore, gli andamenti testé individuati trovano un certo grado di conferma. In primo luogo, vero è che il sistema dei trasferimenti internazionali mobilita somme di denaro sempre maggiori, che già nel 2014 hanno superato il tetto dei 4 miliardi di dollari (cfr. Tab. 4). Volendo poi ripetere l’esercizio di prima e declinando il dato in valore su base geografica, due ulteriori elementi emergono con tutta evidenza. In primo luogo, sebbene tra le squadre “esportatrici” di denari si contino club nord americani e asiatici (coerentemente peraltro con la loro natura di team “importatori” di talenti) quasi il 90% dei valori mobilitati nel mercato riguarda trasferimenti internazionali interni alla UEFA, e ciò a chiara conferma non solo della ricchezza dei campionati europei, ma anche di come il mercato sia concentrato (cfr. Tab. 5). In secondo luogo, laddove alcuni Paesi si sono specializzati nel ruolo di Paesi-vivaio [29] o, comunque, di Paesi “esportatori” di giocatori o di Paesi “hub” tra i diversi continenti, altri Paesi alimentano la competitività dei loro campionati affidandosi soprattutto ai talenti provenienti dall’estero, risultando dunque “importatori” netti (cfr. Tab. 6).     Tabella 4 – Valori indennità (Dati FIFA – milioni $) Anno Valore 2015 4.180 2014 4.063 2013 3.980 2012 2.720 2011 2.900     Tabella 5 – Valori indennità 2014 su base geografica (Dati FIFA, milioni di $) Verso Da CAF CONCACAF CONMEBOL OFC AFC UEFA Tot in uscita % CAF 5 0 -- -- 4 23 32 1% CONCACAF -- 12 9 -- 2 57 79 2% CONMEBOL 0 47 33 -- 85 239 402 10% OFC -- -- -- -- -- 1 1 0% AFC 0 -- 7 -- 35 18 61 1% UEFA 4 49 95 -- 161 3.179 3.488 86% Tot in [continua ..]


5. La composizione dei trasferimenti

Nei report ufficiali le categorie dei trasferimenti internazionali e nazionali non sono le uniche a essere prese a riferimento per descrivere le caratteristiche del mercato. Vi è, infatti, chi distingue anche tra cessioni a titolo definitivo, prestiti in entrata e in uscita [31], e scambi, nonché chi evidenzia la differenza tra i trasferimenti accompagnati dal versamento di un’indennità e i trasferimenti che, invece, avvengono senza che la squadra acquirente debba corrispondere alcuna somma di denaro alla squadra di provenienza del giocatore. Come si diceva nel secondo paragrafo, i trasferimenti senza indennità riguardano i giocatori a parametro zero che hanno anche superato i 23 anni di età, giacché per i trasferimenti dei calciatori con meno di 23 anni è comunque previsto il pagamento di un’indennità a titolo di compensazione per gli investimenti in formazione a favore della o delle squadre in cui il giocatore ha precedentemente militato. I trasferimenti con indennità, invece, hanno ad oggetto dei giocatori ancora sotto-contratto, ossia seguono una risoluzione anticipata del contratto, senza giusta causa, e alle indennità di trasferimento, le quali possono essere anche in parte condizionate alle performance dei giocatori ceduti, si sommano, oltre alle eventuali indennità di formazione, i dovuti contributi di solidarietà, di cui si diceva sempre nel secondo paragrafo. Guardando, dunque, ai dati degli ultimi anni, essi evidenziano come la stragrande maggioranza dei trasferimenti internazionali abbia riguardato giocatori a “parametro-zero”, ossia proprio quelle situazioni disciplinate dalla sentenza Bosman, in cui i giocatori arrivati alla naturale scadenza del contratto possono lasciare il proprio club senza dover pagare (o far pagare alla nuova squadra di adozione) alcuna compensazione (cfr. Tab. 9). Trova, dunque, conferma l’idea secondo cui il giudizio della Corte di Giustizia avrebbe incentivato la mobilità dei giocatori, riducendo i costi dei loro trasferimenti. Per contro, risulta ridotto il numero dei trasferimenti dei giocatori sotto-contratto e crescente il numero dei prestiti. Questi strumenti sono sempre più spesso interpretati dalle squadre per aggiustare le loro politiche circa il parco giocatori. Essi consentono non solo di offrire ai più giovani tempo e modo di crescere, ma anche ai calciatori in [continua ..]


6. Conclusioni

I dati sopra riportati mostrano la vivacità (in volumi) e l’importanza (in valori) del mercato dei trasferimenti a vent’anni dalla sentenza Bosman. Inoltre, essi suggeriscono come le squadre e le federazioni si siano date dei ruoli in questi mercati, agendo prevalentemente da soggetti “esportatori” o “importatori” di giocatori, nonché da soggetti dediti allo sviluppo dei talenti locali o all’acquisto di grandi campioni dai mercati internazionali. In aggiunta, dall’analisi sulla composizione dei trasferimenti e delle indennità si evincono due tendenze principali. In primo luogo, a fronte di moltissimi trasferimenti di giocatori a fine contratto e dunque, a parametro zero (salvo il versamento della indennità di formazione, laddove dovuta), si contano pochi trasferimenti di giocatori ancora sotto-contratto, di cui solo alcuni per quelle cifre milionarie che colpiscono l’opinione pubblica. In secondo luogo, le squadre ricorrono sempre più spesso a prestiti e trasferimenti con indennità condizionate per ridurre i rischi e i costi dei trasferimenti “sbagliati” e dei trasferimenti dei giocatori sotto-contratto. Per un verso, questo stato di cose suggerisce come la durata dei contratti e la presenza in questi di eventuali clausole di buy-out diventi una questione strategica meritevole di una diversa analisi empirica. Per altro verso, le tendenze evidenziate confermano l’idea secondo cui il mercato dei calciatori si articolerebbe in tre segmenti: il primo, monopolizzato dai c.d. fuori-classe, contesi da non più di trenta clubs (la c.d. money league) che, oltre a spendere cifre molto importanti per acquistarli, cercano di diventare sufficientemente competitive e attraenti per questi giocatori; il secondo segmento, dove il numero dei talenti è maggiore e i teams interessati affiancano alle strategie di acquisto quelle di sviluppo dei vivai; ed un terzo segmento, dove il numero dei calciatori disponibili è talmente elevato da incentivare forme di sfruttamento e vessazione ai loro danni. Al riguardo, sono impressionanti le cifre diffuse dalla FifPro la quale, analizzando le condizioni di lavoro dei calciatori dell’est europeo, ha denunciato come il 41,4% di loro non siano pagati. Ultima questione da essere considerata è se questo mercato dei trasferimenti con la sua polarizzazione a favore delle squadre più ricche [continua ..]


NOTE