Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Associazioni sportive dilettantistiche ed enti del terzo settore (di Vincenzo Bassi  Professore a contratto di diritto tributario – Lumsa; dottore di ricerca in diritto costituzionale e diritto costituzionale europeo.)


This work is related to the different taxes regime between amateur sport associations and entities of the third sector.

After analyzing their own legale nature, the Author focuses on the different taxes regime between them.

SOMMARIO:

1. Premesse - 2. Natura fiscale dei contributi versati alle associazioni sportive in generale … - 2.2. …ai fini IVA - 3. Il particolare regime di favore previsto per le associazioni sportive dilettantistiche ex art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 - 4. Sull’impatto del d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117 sulla disciplina delle associazioni sportive dilettantistiche - 5. Sull’ambito e sulla portata del principio di democraticità negli ETS e nelle associazioni sportive dilettantistiche - 5.2. Principio di pari opportunità ed eguaglianza - 6. Conclusioni - NOTE


1. Premesse

Si dice spesso (e a ragione) che lo sport dilettantistico, pur definito minore, non costituisce certo la componente meno importante dell’intero mondo dello sport, anzi ne rappresenta la componente prevalente e più rappresentativo. Tuttavia, così come non è giusto equiparare lo sport professionistico a quello dilettantistico, allo stesso modo, all’interno dello sport dilettantistico, non tutti gli enti sportivi possono essere assimilati. Infatti, la gestione finanziaria ed economica di ciascuno degli enti sportivi è spesso diversa. Nella realtà, alcuni enti svolgono la propria attività sportiva attraverso i contributi dei benefattori e dei soci; altri, invece, riescono a finanziare lo svolgimento dell’atti­vità sportiva, anche attraverso corrispettivi connessi all’attività sportiva. Partendo da queste differenze, vale la pena analizzare l’imponibilità dei contributi e dei proventi realizzati dalle associazioni sportive dilettantistiche ex art. 90 della legge 27 dicembre 2002 n. 289 [1] e comprendere il senso delle disposizioni tributarie, generali e speciali, che hanno come destinatarie le associazioni sportive dilettantistiche [2]. Successivamente alla riforma del Terzo Settore, introdotta nel nostro ordinamento con la legge 6 giugno 2016, n. 106, e concretizzata con l’approvazione, recente, inter alia, del d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117, non è tuttavia sufficiente limitare l’analisi solo alle associazioni sportive di cui all’art. 90 della legge n. 289/2002. Tra i settori di intervento oggetto delle attività del nuovo istituto, l’art. 5, lett. t) del d.lgs. n. 117/2017 ha inserito infatti altresì «l’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche». Pertanto, nell’ambito delle attività sportive, sono previsti, sia da un punto di vista civilistico che fiscale, il regime generale applicabile a tutti gli enti non lucrativi, e due regimi speciali, a seconda se si tratta (i) di associazioni sportive dilettantistiche ex art. 90 della legge n. 289/2002, oppure (ii) di enti del Terzo Settore che organizzano e gestiscono attività sportive dilettantistiche. Tali regimi speciali presentano analogie e differenze, importanti. Ebbene, pur in mancanza di una vera e propria prassi [continua ..]


2. Natura fiscale dei contributi versati alle associazioni sportive in generale …

2.1. … ai fini dell’imposta sul reddito delle società (IRES) Le associazioni sportive [3] sono soggetti IRES e rientrano nella categoria degli enti non commerciali, in qualità di enti associativi, ovvero di quegli enti che, ai sensi dell’art. 73, comma 1, lett. c) del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (da qui in poi anche «TUIR»), non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di un’attività commerciale. La determinazione del reddito imponibile IRES per i suddetti enti segue, in linea di principio, le stesse regole delle persone fisiche. In particolare, ai sensi dell’art. 143 del TUIR, alla formazione del reddito complessivo concorrono, isolatamente, i redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi (artt. 6 e 8 TUIR). Con particolare riguardo agli enti associativi [4], questi ultimi non includono nella determinazione del reddito, inter alia [5], le somme versate dagli associati o dai partecipanti a titolo di quote o di contributi associativi (art. 148, comma 1, TUIR) destinati ad essere utilizzate per le finalità e nell’interesse generale dell’ente [6]. Per contributi associativi si possono intendere, per esempio, le quote o, in generale, i liberi contributi dei soci versati alle associazioni, per finanziare le attività dell’ente. Il versamento della suddetta quota o dei liberi contributi trova la sua ragione nel negozio associativo (e nella conseguente acquisizione da parte dell’associato o del partecipante della qualità di socio) e non in un differente rapporto contrattuale (di scambio) tra l’ente associativo e il socio. Infatti, l’attività istituzionale dell’associazione – finanziata come sopra – è rivolta al perseguimento dello scopo voluto dalla generalità degli associati, escludendo così un nesso di sinallagmaticità tra le somme versate dai soci (a titolo di quote o contributi associativi) e l’attività svolta dall’associazione stessa [7]. A una attenta analisi, non dovrebbe rilevare in generale l’uguaglianza quantitativa delle quote associative. Infatti, potrebbe accadere che alcuni soci versino quote maggiori, sulla base di quanto stabilito nel negozio associativo. L’ammontare della quota costituisce una vicenda attinente ai rapporti tra i soci e non incide sul vincolo di destinazione [continua ..]


2.2. …ai fini IVA

In materia IVA, per le associazioni sportive, vale la regola, generale, di esclusione dal campo di applicazione dell’imposta relativamente alle operazioni effettuate nell’ambito dell’attività istituzionale, finanziata dai versamenti e contributi dei soci, senza nesso di sinallagmaticità (art. 4, comma 4, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633). Tuttavia, le associazioni sportive diventano soggetti passivi IVA quando svolgono attività di natura commerciale [12]. In particolare, si considerano compiute nell’esercizio di attività commerciali le cessioni di beni e le prestazioni di servizi verso pagamento di corrispettivi specifici [13], sebbene effettuate in conformità alle finalità istituzionali.


3. Il particolare regime di favore previsto per le associazioni sportive dilettantistiche ex art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289

Una disciplina speciale [14] è prevista per determinati enti associativi tra cui rientrano anche le c.d. associazioni sportive dilettantistiche, ovvero quelle associazioni sportive, (i) le quali, pur perseguendo – come le normali associazioni sportive – non a scopo di lucro, lo sviluppo e la promozione di attività sportiva, (ii) sono affiliate o riconosciute dal CONI e dalle Federazioni sportive nazionali, ovvero affiliate o riconosciute dagli enti nazionali di promozione sportive riconosciuti dalle leggi vigenti, e (iii) il cui statuto risponde ai requisiti indicati dall’art. 90 della legge n. 289/2002. Infatti, ai fini delle imposte dirette, non si considerano effettuate nell’esercizio del­l’attività commerciale, inter alia, le attività svolte dalle associazioni sportive dilettantistiche [15] «in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici, nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali» (art. 148, comma 3, TUIR). Anche ai fini IVA, è prevista una disciplina particolare per le associazioni sportive dilettantistiche. In linea di principio, sono, infatti, escluse dal campo di applicazione dell’IVA – e non si considerano perciò «commerciali» – le prestazioni di servizi o le cessioni di beni, effettuate, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni sportive dilettantistiche, nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti [16], anche se fosse previsto il pagamento di corrispettivi specifici (art. 4, comma 4, d.P.R. n. 633/72) [17]. In merito (i) all’adeguamento dello statuto dell’associazione sportiva dilettantistica e (ii) all’affiliazione al Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) ai sensi del­l’art. 90 della legge n. 289/2002, va chiarito se esso costituisca un obbligo o un onere. A tal proposito va detto che solo se i requisiti ex art. 90 della legge n. 289/2002 sono soddisfatti, l’associazione accede a particolari sgravi fiscali (come quelle indicate [continua ..]


4. Sull’impatto del d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117 sulla disciplina delle associazioni sportive dilettantistiche

Com’è noto, possono rientrare nella categoria degli enti del Terzo Settore (qui di seguito «ETS») «le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo Settore» (art. 4, d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117). Alla luce del dispositivo in esame, mentre le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale e le imprese sociali, in genere, rientrano di diritto tra le figure tipizzate di ETS, le associazioni sportive invece no. Tuttavia, poiché ai sensi dell’art. 5, comma 1, lett. t), l’«Organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche» rappresenta un’attività d’interesse generale, allora, non v’è dubbio che una qualsiasi associazione o ente non lucrativo, che già organizza e svolge attività sportive dilettantistica, può acquisire la qualifica di ETS [20]. Pertanto, pur rientrando «l’organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche» tra le «attività di interesse generale» (art. 5, d.lgs. n. 117/2017) esercitabili dagli ETS, permane per il mondo sportivo dilettantistico la possibilità di scelta per l’ap­plicazione dell’attuale disciplina in tema di associazioni e società sportive dilettantistiche. Infatti, quella sugli ETS rappresenta una disciplina speciale e non generale; le disposizioni generali del codice civile oppure quelle altre, seppure speciali, relative ad altre categorie di enti non lucrativi (come le associazioni sportive dilettantistiche ex art. 90, legge 27 dicembre 2002, n. 289) sono comunque applicabili agli ETS, purché compatibili con la disciplina sugli ETS (art. 3, d.lgs. n. [continua ..]


5. Sull’ambito e sulla portata del principio di democraticità negli ETS e nelle associazioni sportive dilettantistiche

5.1. Principio di democraticità: «vitalità» degli organi sociali Le associazioni sportive dilettantistiche (unitamente agli altri enti non lucrativi di cui all’art. 148, comma 3, TUIR, i.e. le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose), e gli ETS devono dotarsi di uno statuto che disciplina l’ordinamento interno, la struttura di governo e la composizione e il funzionamento degli organi sociali dell’ente associativo nel rispetto dei principi di democraticità, pari opportunità ed eguaglianza di tutti gli associati e di elettività delle cariche sociali. Tale regola è nella sostanza identica ed è riportata in tre disposizioni; rispettivamente, si tratta dell’art. 90, comma 18, lett. e) della legge n. 289/2002 e dell’art. 148, comma 8, lett. e) del TUIR, con riguardo alle associazioni sportive dilettantistiche, e, infine, dell’art. 25, comma 2 del d.lgs. n. 117/217 per gli ETS. A questo punto, è opportuno analizzare, a beneficio di tutti gli enti de quibus, quando sono soddisfatti i suddetti principi di democraticità, pari opportunità ed eguaglianza di tutti gli associati e di elettività delle cariche sociali. In via preliminare, va dunque detto che, attraverso le disposizioni normative previste, per le associazioni sportive dilettantistiche e gli ETS si è voluto rendere effettivo, anche all’interno delle istituzioni associative, il principio di non discriminazione, oramai inserito persino nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo. Pertanto, attraverso il riconoscimento e l’attuazione formale e sostanziale dei principi di democraticità, pari opportunità ed eguaglianza di tutti gli associati e di elettività delle cariche sociali, si vuole garantire, molto più in generale, la parità di trattamento fra le persone quali che siano la nazionalità, il sesso, la razza, la religione o l’origine etnica, le tendenze sessuali, le convinzioni politiche, l’età e le eventuali minorazioni fisiche. All’interno di questa cornice valoriale così chiara, è evidente che non può essere lesa la libertà di ciascuna persona di associarsi (art. 18 Cost.). Lo sforzo degli associati, nel rispetto del pluralismo, deve [continua ..]


5.2. Principio di pari opportunità ed eguaglianza

Inoltre, merita una riflessione a parte la definizione del principio di pari opportunità e eguaglianza tra i soci. In particolare occorre soffermarsi sulla compatibilità di disposizioni statutarie, che prevedono diverse categorie di soci, con il principio di pari opportunità ed eguaglianza di tutti gli associati e di elettività delle cariche sociali. A tal proposito va detto che l’uguaglianza non può essere interpretata come un concetto astratto. Essa deve rappresentare invece una realtà ben precisa, in cui il trattamento deve essere uguale, se i soci sono ugualmente titolari degli stessi diritti e doveri [35]. In concreto, i soci possono pretendere ex lege, e non solo ex contractu e quindi in forza dello Statuto, parità di trattamento rispetto agli altri soci, se possono o vogliono assumersi le medesime responsabilità. In caso contrario, l’applicazione del principio di uguaglianza, senza considerare realisticamente il tipo e la natura delle responsabilità dei soci, genera ingiustizie, che il legislatore certamente non può aver voluto. In altre parole, il principio di uguaglianza non deve costituire il paravento per giustificare privilegi da parte di chi beneficia di strutture messe a disposizione di tutti, grazie al contributo, tuttavia, solo di alcuni soci. In un simile scenario, è ragionevole che proprio quei soci, benefattori o fondatori, ivi inclusi i loro successori, mantengano prerogative e competenze esclusive, in grado di incidere non tanto sul perseguimento generale degli scopi sociali (l’esercizio del­l’attività sportiva), quanto piuttosto sulla gestione particolare delle strutture. Pertanto, al di fuori di casi di discriminazione, possono essere previste discipline specifiche, riferite a specifiche categorie di soci, le quali sono giustificate dalla reale e concreta differente posizione e responsabilità dei soci all’interno del sodalizio. Infine, un’ulteriore riflessione concerne quelle previsioni, che limitano l’esercizio del diritto di voto ai soli soci minorenni. A tal proposito, non si tratta di una limitazione di natura discriminatoria: la maggiore età costituisce un requisito oggettivo, riconosciuto dalla legge (art. 2 c.c.) come fatto giuridico essenziale all’acquisizione della piena capacità d’agire. Pertanto, salva l’ipotesi in cui la [continua ..]


6. Conclusioni

Le associazioni sportive sono soggetti IRES e rientrano nella categoria degli enti non commerciali, in qualità di enti associativi. Ai fini fiscali, si applica, in via generale, la normativa sugli enti non commerciali di cui agli artt. 143 e 148, commi 1 e 2 del TUIR, e all’art. 4 del d.P.R. n. 633/1972. Rispettando determinati requisiti formali e sostanziali e, in particolare, potendo provare l’effettivo funzionamento e la democraticità degli organi sociali, nonché il soddisfacimento del principio di pari opportunità ed eguaglianza tra i soci, le associazioni sportive possono acquisire lo status giuridico e fiscale delle associazioni sportive dilettantistiche e/o degli ETS. Quella sugli ETS rappresenta, infatti, una disciplina speciale e non generale, come speciale è la disciplina sulle associazioni sportive dilettantistiche. Tuttavia, solo se non compatibili (art. 3, d.lgs. n. 117/2017), sono applicabili anche agli ETS le disposizioni generali del codice civile oppure quelle altre, seppure speciali, relative ad altre categorie di enti non lucrativi (come le associazioni sportive dilettantistiche ex art. 90, legge n. 289/2002). Infatti, entrambe le discipline speciali presentano differenze ma anche alcune analogie importanti, in primis, a proposito sui requisiti di democraticità – requisito da considerare essenziale allo status sia di associazione sportiva dilettantistica sia di ETS che organizzano e gestiscono attività sportive dilettantistiche. Ciò nonostante, scegliere se iscriversi al registro unico degli ETS oppure no, rappresenta per l’associazione sportiva dilettantistica, già operativa, una scelta da prendere sulla base di considerazioni prognostiche fondate su simulazioni e sull’esperienza. Il vantaggio dell’iscrizione al registro unico degli ETS, è dato dal beneficio fiscale a) per l’associazione sportiva dilettantistica ai sensi dell’artt. 79 e ss. del d.lgs. n. 117/2017, e b) per i suoi benefattori, che godranno di specifiche agevolazioni previste per le liberalità a favore degli ETS (art. 83, d.lgs. n. 117/2017). Tuttavia, quelle associazioni, perché iscritte al registro degli ETS, non potranno fruire del regime forfettario d’imposizione ai fini IVA e delle imposte sui redditi previsto dalla legge 16 dicembre 1991 n. 398, non applicabile proprio [continua ..]


NOTE