Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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L'edificazione di nuovi impianti sportivi come chiave del rilancio del settore: obiettivi e risultati ottenuti dalla c.d. Legge sugli stadi (di Federico Spanicciati, Dottorando di ricerca in diritto amministrativo presso l’Università di Roma Tre.)


This paper analyses the edification of sports facilities, focusing its attention on the aims and results contemplated by art. 1, co. 303-306, Law n. 147/2013 (“Stadium law”) and by the Decret Law n. 50/2017.

SOMMARIO:

1. I contenuti della norma - 2. L’utilità della legge sugli stadi come variazione degli iter tradizionali - 3. Utilizzi concreti della legge sugli stadi - 4. La riforma 2017 - 5. Conclusioni - NOTE


1. I contenuti della norma

Nel 2013, al fine di rendere più facile, veloce e appetibile la costruzione o la ristrutturazione di impianti sportivi, considerati un volano per importanti investimenti economici sui territori, sono state approvate delle misure ad hoc, nel linguaggio comune spesso denominate «legge sugli stadi» [1]. Innanzitutto si deve notare come questa «legge» in realtà si riduca ad appena due commi inseriti nella legge di stabilità 2014, legge n. 147/2013 [2]. Il contenimento di queste previsioni in una legge a materia economico-finanziaria sottolinea come ad essere centrale in questo intervento normativo non sia la riflessione urbanistico-ter­ri­toriale relativa ad edificazioni o manutenzioni di compendi potenzialmente anche molto impattanti sui territori. Al contrario, al centro della ratio legis sono poste mere finalità di rilancio economico tramite nuovi investimenti in un settore ritenuto redditizio e, dunque, in grado di attrarre capitali relativamente ingenti [3]. Tale legge prevede che, per favorire la costruzione o l’ammodernamento di impianti sportivi, vengano stabilite nuove forme di remunerazione del capitale e nuove procedure amministrative semplificate di approvazione dell’intervento. L’aspetto più interessante della legge riguarda l’iter progettuale di approvazione dell’opera, che sarebbe dovuto essere innovativo rispetto agli iter urbanistici normali. In capo al soggetto interessato incombe innanzitutto l’obbligo di presentare uno studio di fattibilità, quale progetto preliminare, corredato dal piano economico-finan­ziario dell’intervento e dall’accordo intervenuto con una o più associazioni sportive che utilizzino l’impianto in misura prevalente. Questo studio di fattibilità può prevedere esclusivamente la proposta di interventi strettamente funzionali alla fruibilità dell’impianto sportivo e al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa, sempre che tali interventi concorrano, sotto un profilo sociale, occupazionale ed economico, a favorire la valorizzazione dell’ambito territoriale in cui viene costruito il nuovo impianto sportivo. L’insieme dei documenti necessari, e in particolare l’accordo con una o più società che utilizzino l’impianto in modo prevalente, serve a dimostrare alla [continua ..]


2. L’utilità della legge sugli stadi come variazione degli iter tradizionali

La legge in analisi prevede un procedimento amministrativo che si incardina sull’i­stituto della conferenza dei servizi, alla cui normativa si rinvia per tutto ciò che non è esplicitamente disposto. A ben vedere non è chiaro come tale legge dovrebbe agevolare il privato, che già all’epoca di approvazione di questa poteva utilizzare l’istituto della conferenza dei servizi in modo analogo, avendo adempimenti e termini procedimentali paragonabili a quelli previsti dalla legge sugli stadi. Anzitutto la suddetta legge prevede l’utilizzo di una conferenza dei servizi preliminare, al fine di valutare il pubblico interesse dell’opera in ottica dell’approvazione definitiva. Tale conferenza non si discosta da quanto già disciplinato dall’art. 14-bis, legge n. 241/1990, che prevede: La conferenza di servizi può essere convocata per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi, su motivata richiesta dell’interessato, documentata, in assenza di un progetto preliminare, da uno studio di fattibilità, prima della presentazione di una istanza o di un progetto definitivi, al fine di verificare quali siano le condizioni per ottenere, alla loro presentazione, i necessari atti di consenso. Le uniche variazioni previste dalla legge sugli stadi riguardano, invero, alcuni limiti alla facoltà di presentazione del privato, la quale, come visto: non può prevedere altri tipi di intervento, salvo quelli strettamente funzionali alla fruibilità dell’impianto e al raggiungimento del complessivo equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa e concorrenti alla valorizzazione del territorio in termini sociali, occupazionali ed economici e comunque con esclusione della realizzazione di nuovi complessi di edilizia residenziale; a ciò va, peraltro, aggiunta la necessità di accordo con una società sportiva che usi l’impianto in modo prevalente. Anche riguardo ai tempi per la prima fase dell’iter la legge sugli stadi rinvia interamente alla normativa della conferenza dei servizi preliminare [9]. Ai normali termini di legge è aggiunto il termine di 90 giorni dalla presentazione dello studio di fattibilità per l’approvazione, da parte del comune, della dichiarazione di pubblico interesse. Questa è l’unica differenza reale tra la normativa [continua ..]


3. Utilizzi concreti della legge sugli stadi

A questo punto ci si chiede quale sia stata l’efficacia pratica di questa norma, di cui si è vista la scarsa innovazione rispetto alle procedure tradizionali. Innanzitutto, dobbiamo notare che le norme in oggetto parlano di generici impianti sportivi, mentre nel gergo comune si parla semplicisticamente di legge sugli stadi. Anzi, esplicitamente tale norma rinvia ad una tipologia di impianti che per dimensione dovrebbe favorire più la costruzione di strutture medie che non di grandi stadi, come, invece, una lettura banalizzante si limita ad interpretare [28]. Sicché concentrare l’analisi sulle sole strutture di grandi dimensioni è fuorviante. Uno studio sull’utilizzo di tale legge che si allarghi anche ad eventuali impianti minori, tuttavia, non è possibile data la carenza di dati: non è, infatti, reperibile al momento alcun report che elenchi gli interventi approvati dai vari comuni, o in corso di approvazione, tramite l’utilizzo della procedura speciale prevista dalla legge sugli stadi. Tale carenza potrebbe essere sintomatica proprio di uno scarso utilizzo di questa norma, talmente ridotto da non destare l’attenzione degli enti preposti alla gestione delle politiche sportive. Questa possibile conclusione sembra avvalorarsi studiando l’utilizzo della legge sugli stadi per l’edificazione di grandi impianti, numericamente più ridotti, ma sicuramente più facili da individuare. Va anzitutto segnalato che l’unica tipologia di grandi impianti finora interessata da tentativi di approvazione, secondo la legge in analisi, sono proprio gli stadi calcistici. In tal senso, la dicitura giornalistica «legge sugli stadi» sembra sia divenuta ex post appropriata. Tale riduzione ai soli impianti calcistici è, invero, comprensibile alla luce della realtà economica che deve essere sottesa all’intervento: queste norme si rivolgono, infatti, ad investitori che costruiscono impianti remunerandosi con i proventi dati dal­l’attrattività commerciale dell’impianto stesso, garantita dalla presenza di un grande brand sportivo che deve utilizzare prevalentemente l’impianto. In sostanza, la legge sugli stadi è ontologicamente pensata per sport ad alta capacità di redditività commerciale, con società sportive in grado di attrarre un numero di fruitori dell’impianto molto elevato e [continua ..]


4. La riforma 2017

I problemi fin qui studiati sono emersi al punto da attirare le attenzioni del legislatore, che ha ritenuto di dover novellare estesamente la normativa. È interessante notare come la modifica normativa sia intervenuta proprio sui profili problematici fin qui sottolineati e analizzati, a dimostrazione, non solo della correttezza dell’analisi svolta, ma anche dell’attenzione del legislatore rispetto ad un settore che si considera ancora strategico. Il d.l. n. 50 del 24 aprile 2017 prevede, all’art. 62, ampie precisazioni e modificazioni circa l’applicazione della legge sugli stadi. Per quel che è di nostro interesse, il comma 1 è da ritenersi ridondante, se non tendenzialmente inutile, eccetto che per un aspetto rilevantissimo [52]. Infatti, questo comma nel complesso non fa altro che esplicitare delle facoltà che, non essendo altrove impedite ed essendo viceversa insite nelle previsioni precedenti, non aggiungono nulla a quanto già poteva essere fatto prima della riforma. Che tale previsione sia ridondante lo dimostrano gli iter avviati di cui si è già trattato: sia nel caso dello stadio della Roma che dello stadio del Cagliari, ad esempio, è prevista la demolizione del precedente manufatto preesistente sull’area, con modifica di sagoma e volumetria. In ambedue i casi, come in quello di Firenze, è poi ammessa pacificamente la possibilità di inserire molteplici opere aggiuntive per garantire il bilanciamento dell’operazione economica. Nei casi di Cagliari, Firenze, ma probabilmente anche in quello di Bologna, è, infine, previsto l’utilizzo del diritto di superficie come strumento per consentire l’intervento in un’area pubblica, garantendo al contempo alla società l’utilizzo dell’area per un tempo sufficiente a rendere l’operazione in pareggio. È, quindi, evidente come il comma 1 non preveda nulla che già non sia permesso ed utilizzato nelle operazioni in approvazione: probabilmente si è voluto solo dare un quadro normativo ancor più esplicito in grado di rassicurare il privato e le amministrazioni circa le possibilità di eseguire tali operazioni. L’unico aspetto innovativo a cui ci si riferiva consiste nel fatto che la norma non prevede più l’esclusione delle cubature residenziali come componenti inseribili nella proposta, al fine di [continua ..]


5. Conclusioni

L’analisi teorica ed empirica dei meccanismi previsti dalla legge sugli stadi e della relativa efficacia non consente di potersi dire soddisfatti per la sua introduzione. Come visto, questa legge originariamente non faceva chiarezza sui rapporti che intercorrevano tra la procedura speciale e i restanti atti d’assenso comunque necessari, non introduceva un contingentamento dei tempi al di fuori delle sole conferenze dei servizi e, soprattutto, non metteva il privato al riparo da eventuali mutamenti di volontà politica, prevedibili in caso di iter particolarmente distesi nel tempo. La riforma del 2017 corregge parzialmente questi vizi, ma, come visto, non è in grado di mettere il privato del tutto al riparo dalla dilatazione dei tempi e da eventuali ripensamenti delle amministrazioni comunali. Peraltro, la modifica della previsione circa l’edilizia residenziale introduce un margine di incertezza particolarmente pericoloso. Quello che emerge dall’analisi, al momento solo teorica della novella legislativa, è che questa nella pratica difficilmente andrebbe a risolvere in maniera definitiva i profili di reale disfunzionamento della normativa. Preme, infatti, sottolineare che non ha molta utilità l’enucleazione espressa di facoltà già insite nella legge attuale e nella normativa generalmente applicabile ad ogni intervento, se non si risolve il profilo principale di malfunzionamento dell’intera legge sugli stadi: la non vincolatività di questa procedura su quella di adeguamento degli strumenti urbanistici [57]. Ci si può, infine, chiedere: il diritto amministrativo non offriva già gli strumenti sufficienti a rendere perfettamente perseguibile il fine dell’incremento delle dotazioni sportive delle città senza dover introdurre nuove procedure diversificate? Probabilmente la risposta è sì [58]. E allora quel che si nota è che tale norma, più che un’utilità giuridica, forse ha avuto, fin dal principio, perlopiù un’utilità politica: dare un visibile sostegno, espresso in norme, agli investitori del settore sportivo e spingere i comuni a facilitare tali investimenti, cercando di imbrigliarli tramite un procedimento speciale. Abstract


NOTE