Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Giornalismi digitali, misinformation e fake news. Quale giornalismo sportivo (di Francesco Pira, Professore associato di Sociologia dei processi culturali e comunicati nell'Università degli Studi di Messina)


Il contesto italiano mostra un percorso peculiare in relazione al modo in cui il sistema dei media si è evoluto; la televisione ha avuto un ruolo centrale, catalizzatore che ha guidato l'agenda setting anche degli altri media, ma ha anche contribuito a definire nel contesto italiano uno stile comunicativo e lo sviluppo di diversi generi. In tale contesto si inserisce il giornalismo sportivo e, più in generale, il rapporto tra sport e media digitali. Lo sport più di ogni altro settore, e prima di molti altri, ha compreso le potenzialità del digitale e delle piattaforme, dando vita ad un ambiente globale, capace di originare forme di business dal potenziale di crescita in continua accelerazione, che sfrutta le audience, la loro appartenenza, la polarizzazione per generare un continuum comunicativo multipiattaforma, dove l'informazione sportiva diviene parte di flussi molto più articolati e complessi, dove gossip, tifoseria partigiana, linguaggio d'odio e disinformazione giocano un ruolo significativo.

Parole chiave: Giornalismo sportivo, social media, disinformazione, gossip, piattaformizzazione.

 

Digital journalism, misinformation and fake news. Which sports journalism

The Italian context shows a peculiar path in relation to the way the media system has evolved, television has played a central role, a catalyst that has guided the agenda setting of other media as well, but also contributed to defining in the Italian context a communicative style and the development of different genres. Sports journalism and more generally the relationship between sports and digital media fits into this context. Sport more than any other and before many other sectors has understood the potential of digital and platforms, giving rise to a global environment, capable of generating forms of business with the potential for accelerating growth that exploits audiences, their belonging, and polarization to give life to a multiplatform communicative continuum, where sports information becomes part of much more articulated and complex flows, where gossip, partisan fanfare, hate speech and disinformation play a significant role.

Keywords: Sports journalism, social media, disinformation, gossip, platforming.

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Giornalismi e credibilità - 3. Sport e media digitali - 4. Conclusioni - NOTE


1. Introduzione

Nella società digitale i media sono ormai tessuto simbolico delle nostre vite. Tendono così ad influire sulla coscienza e sul comportamento allo stesso modo in cui l’esperienza reale interviene. All’interno di questo contesto evolutivo sempre più complesso, la funzione stessa dei media è mutata e il giornalismo ha subito forti trasformazioni. In questo contributo vogliamo mostrare i mutamenti avvenuti all’interno del sistema giornalistico italiano e che hanno dato vita a quei “giornalismi” di diversa matrice, che si scontrano e in alcuni casi si nutrono dell’industria della disinformazione, proponendo una finestra sul rapporto tra sport e media digitali. Il contesto italiano mostra un percorso peculiare in relazione al modo in cui il sistema dei media si è evoluto; la televisione ha avuto un ruolo centrale, catalizzatore, che ha guidato l’agenda setting anche degli altri media, ma ha anche contribuito a definire, nel contesto italiano, uno stile comunicativo e lo sviluppo di diversi generi. In lavori precedenti si è già affrontata l’evoluzione del giornalismo e l’impatto del fenomeno della disinformazione e delle fake news [1], che ha portato alla definizione di un modello per l’analisi dell’incidenza delle false notizie denominato “esagono delle fake news” [2]. In tale contesto si inserisce il giornalismo sportivo e, più in generale, il rapporto tra sport e media digitali, dove lo scopo appare sempre più non quello di narrare l’evento sportivo, di dare vita ad uno storytelling intorno all’impresa sportiva, e a chi ne è stato protagonista; “lo scopo non è più produrre qualcosa, bensì far spazio al gesto stesso del produrre, come ridimensionamento della componente culturale del racconto della notizia, nell’enfasi relativa della costruzione della medesima, sotto forma di gossip, pettegolezzo, insinuazione” [3]. Lo sport più di ogni altro settore, e prima di molti altri, ha compreso le potenzialità del digitale e delle piattaforme, dando vita ad un ambiente globale, capace di originare forme di business dal potenziale di crescita in continua accelerazione che sfrutta le audience, la loro appartenenza, la polarizzazione, in particolare nel mondo del calcio, per generare un continuum comunicativo multipiattaforma, dove [continua ..]


2. Giornalismi e credibilità

La televisione ha avuto un ruolo storicamente riconosciuto nell’evoluzione culturale stessa della società italiana del secondo dopoguerra. Una funzione di alfabetizzazione, di informazione, di promozione della cultura letteraria che, dagli anni Ottanta in avanti, con la nascita di network privati, ha modificato in profondo il costume della società, i suoi riti e i comportamenti individuali, tanto che possiamo affermare esservi stata un’azione unificante dei mezzi di comunicazione sulla società italiana. La potenza dell’azione della TV, generatrice di modernità e di uniformità culturale, e insieme di anomia […] è stata, d’altra parte, causa di squilibri, in un Paese dove non ci sono media in grado di farle da contrappeso: in primo luogo questo vale per una stampa letta da una percentuale ridotta della popolazione e condizionata, anche per questo, dal peso degli interventi di banche e di grandi imprese, da un lato, e dalle provvidenze statali, dall’altro. La coincidenza dell’età dell’oro della televisione con la fase più acuta delle migrazioni interne, e con l’attuazione piena dell’obbligo scolastico, ha comunque dato vita, a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta, a un sistema dei media autenticamente nazionale, centrato non tanto su valori astrattamente patriottici, quanto sul più banale dei nazionalismi, quello dell’audience unificata [5]. Dagli anni Cinquanta del ventesimo secolo ad oggi il contesto è diventato sempre più critico. Il risultato è che i media hanno e stanno continuando a svolgere un’azione catalizzatrice incapace di veicolare valori alti quanto piuttosto quella di essere specchio della società. Una deriva che l’avvento dei social ha acuito. Il principio di uniformità culturale e di un’audience unificata si sono rafforzati in conseguenza della forza di penetrazione del sistema della disinformazione. Questa era della multidimensionalità, di cui si nutrono anche tutti i grandi player del mondo dei media, rende evidente quanto sia mutato l’ambiente dove si sviluppa il nostro agire sociale. Gruppi, isole come risultato della polarizzazione della società, vittime della bolla dei filtri che “ci relega nel nostro ghetto dell’informazione, senza permetterci di vedere o esplorare tutto l’enorme mondo di [continua ..]


3. Sport e media digitali

I social media e la digitalizzazione stanno trasformando in modo profondo lo sport. La tecnologia ha prodotto nuovi modelli di interazione fruibili durante spettacoli ed eventi sportivi, nuovi impianti sportivi tecnologicamente all’avanguardia e che modificano totalmente l’esperienza degli spettatori. La cosiddetta fun experience è diventata centrale, lo sviluppo di applicativi da parte dei proprietari delle piattaforme spingono gli utenti fan-tifosi verso un modo nuovo di vivere gli eventi sportivi. A fronte di esperienze sempre più immersive e sempre più in real time, si cedono dati attraverso una profilazione sempre più sofisticata dei tifosi. Con l’esplosione dei social media, i club e gli atleti sono presenti sulle piattaforme. Un esempio su tutti è quello del calciatore Cristiano Ronaldo. I dirigenti di Facebook esortarono i manager del calciatore, nel 2009, ad aprire una propria pagina, sostenendo che il calciatore possedeva il potenziale per arrivare a contare 10 milioni di follower, ovvero l’intera popolazione del Portogallo, Oggi i suoi follower sono circa 122 milioni [13]. La dimensione della trasformazione in atto ci viene fornita da questa fotografia della presenza degli sportivi italiani sui social [14]. L’Osservatorio Social Vip di Pubblico Delirio 2021 ci mostra come Valentino Rossi risulti il più seguito, con 30.9 milioni di follower complessivi sui social Facebook, Instagram e Twitter. Seguito da Buffon (con 27.1 milioni di follower) e Balotelli (con 22.8 milioni di follower complessivi) [15]. Fonte: Osservatorio Social Vip – Pubblico Delirio. Anche le Olimpiadi di Tokyo hanno contribuito alla crescita delle community di alcuni atleti, come testimoniano Jacobs (58esimo e +153 posizioni), Tamberi (71esimo e +79) e Tortu (128esimo e +55). Ci sono, poi, Berrettini al 41esimo posto, che ha guadagnato 72 posizioni, Fognini al 66esimo, Sinner 75esimo, con +33 posizioni. Tra le donne Bebe Vio si posiziona al 30esimo posto nella classifica sportivi social 2021 su Instagram. La Vignali (19esima), Fiordelisi (31esima). Al 26esimo Federica Pellegrini. La spettacolarizzazione degli eventi sportivi, il racconto sempre più giocato sulle corde dell’emotività, oltre alla grandezza del gesto sportivo, che mostra sempre di più il privato degli atleti, tende a costruire un rapporto “personale” con i propri idoli, [continua ..]


4. Conclusioni

«Il male e la paura sono gemelli siamesi. Nessuno s’incontra mai senza l’altro. O forse non sono altro che due modi di chiamare la stessa esperienza, uno che indica ciò che si vede o si ode, e l’altro ciò che si avverte – qualcosa di esterno, ma anche di interno, dentro sé stessi –. Ciò che temiamo è il male, e ciò che è male è per noi da temere. Ma che cos’è il male? Questa domanda, sebbene posta in modo tanto ostinato e infaticabile, è insanabilmente viziata: siamo destinati a cercare invano una risposta fin dal momento in cui ci siamo posti la domanda» [24]. La società italiana è attraversata da un senso di paura che si accompagna a quello che l’Istat nel rapporto del 2018 (Istituto Nazionale di Statistica) ha definito, cattivismo, e che la pandemia non ha certo curato e, forse, acuito. In questo momento storico così delicato e che vede un futuro prossimo molto incerto, l’informazione non ha ancora trovato una sua nuova dimensione nel ruolo di mediatore, capace di leggere la realtà e decifrarla per l’opinione pubblica offrendo strumenti per comprenderla e porsi delle domande. Il rischio è che l’informazione e il pubblico si trasformino in due rette parallele. Siamo entrati nell’era del palinsesto informazionale. Siamo passati dall’era in cui esisteva una dimensione gerarchica delle fonti, a cui era attribuita autorevolezza e attendibilità, al crollo dell’autorevolezza e delle gerarchie, della credibilità e dell’atten­dibilità delle fonti classiche. Si entra così nell’era in cui l’utente crea il proprio palinsesto informazionale, che dà vita ad una nuova relazione tra gli individui digitali. Risulterà, quindi, del tutto evidente come, a fronte del crollo di autorevolezza, all’affer­marsi della nuova dimensione della disintermediazione, la comprensione del reale e la costruzione dell’identità pubblica non può più essere il frutto della sola capacità di decifrare i messaggi. Non siamo più nell’era del rapporto, seppure profondo, del lettore con la parola; la multidimensionalità mediatica e sociale ci pone di fronte alla necessità di sviluppare nuovi processi interpretativi della realtà. Una priorità proprio [continua ..]


NOTE