Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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La Federazione Italiana Giuoco Calcio non è organismo di diritto pubblico (di Antonio Nicodemo, Dottore di ricerca in Diritto pubblico nell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Avvocato)


Il Consiglio di Stato ha negato alla Federcalcio italiana la natura di «ente di diritto pubblico», ritenendo inesistente il requisito della «influenza pubblica dominante». La sentenza si caratterizza per l’adesione all’approccio «rigorista» nell’istruttoria in relazione al requisito appena richiamato. Tuttavia, il metodo adottato dal Consiglio supremo di amministrazione sembra in contrasto con le indicazioni fornite dal giudice europeo in materia. Per la Corte di giustizia dell’UE, infatti, lo studio sull’influenza pubblica dominante deve essere caratterizzato da un’indagine complessiva sui poteri che l’Autorità (di controllo) ha sulla federazione.

The Italian Football Federation is not a «body governed by public law»

The Council of State denied the Italian Football Federation the nature of a «body governed by public law», deeming the requirement of «dominant public influence» to be non-existent. The ruling is characterized by adherence to the «rigorist» approach in the investigation in relation to the requirement just mentioned. However, the method adopted by the Supreme Administrative Council seems to be in contrast with the indications provided by the European Judge on the matter. For the EU court of justice in fact, the study on dominant public influence must be characterized by an overall investigation of the powers that the (controlling) Authority has over the federation.

Pubblicato il 15/07/2021 N. 05348/2021REG.PROV.COLL. N. 04159/2018 REG.RIC. N. 04160/2018 REG.RIC. N. 04179/2018 REG.RIC. N. 04180/2018 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4159 del 2018, proposto daFIGC – Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Letizia Mazzarelli Luigi Medugno, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Panama n. 58; CONTRO De Vellis Servizi Globali s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Damiano Lipani, Francesca Sbrana e Sergio Grillo, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Vittoria Colonna n. 40; NEI CONFRONTI CONI – Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Sergio Fidanzia ed Angelo Gigliola, con domicilio digitale come da Pec Registri di giustizia; Consorzio Ge.Se.Av. s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenza Di Martino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pompeo Magno n. 7; sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4160 del 2018, proposto da FIGC – Federazione Italiana Giuoco Calcio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Letizia Mazzarelli Luigi Medugno, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Panama n. 58; CONTRO De Vellis Servizi Globali s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Damiano Lipani, Francesca Sbrana e Sergio Grillo, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Vittoria Colonna n. 40; NEI CONFRONTI CONI – Comitato Olimpico Nazionale Italiano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Sergio Fidanzia ed Angelo Gigliola, con domicilio digitale come da Pec Registri di giustizia; Consorzio Ge.Se.Av. s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenza Di Martino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pompeo Magno n. 7; sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4179 del 2018, proposto da Consorzio Ge.Se.Av. s.c.a.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenza Di Martino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pompeo Magno n. 7; CONTRO De Vellis Servizi Globali s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Damiano Lipani, Francesca Sbrana e Sergio Grillo, con domicilio eletto presso il loro studio in [continua..]
SOMMARIO:

1. Prologo - 2. I fatti di causa - 3. L’iter logico argomentativo osservato dal Consiglio di Stato - 4. Sul requisito dell’«influenza pubblica dominante». La fisionomia acquisita nel tempo e l’indirizzo del Consiglio di Stato tra la tesi «rigorista» e la tesi a «maglie larghe» - 5. Conclusioni - NOTE


1. Prologo

La Federazione Italiana Giuoco Calcio (da questo momento FIGC) non è organismo di diritto pubblico [1], ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 3, lett. d), del d.lgs. n. 50/2016. Tanto è stato stabilito dalla V sezione del Consiglio di Stato con la sentenza 15 luglio 2021, n. 5348. La conclusione cui è giunto il Supremo Consesso amministrativo avrà significative ripercussioni nella gestione dei contratti di fornitura, servizi e lavori che la FIGC affiderà al mercato [2]. Osservando, infatti, l’indicazione del Giudice Amministrativo la FIGC, non dovrà applicare il Codice degli appalti per la scelta del contraente. E ciò perché l’attribuzione della natura giuridica di organismo di diritto pubblico ha un rilievo esclusivo per ciò che concerne l’appli­cazione della normativa in materia di appalti pubblici [3]. Come si vedrà meglio in seguito, il Consiglio di Stato giunge all’appena riportata conclusione dopo aver indagato, sulla sussistenza o meno, in capo alla FIGC dei tre requisiti prescritti dalla legge per poter qualificare un determinato soggetto come «organismo di diritto pubblico» così sinteticamente individuabili: 1. la personalità giuridica; 2. lo svolgimento di attività finalizzate a soddisfare un fine pubblico; 3. l’influenza pubblica dominante. Tanto premesso, le conclusioni cui è giunto il Giudice Amministrativo appaiono solo in apparenza convincenti poiché, come si dimostrerà, non tengono conto di alcuni profili che rischiano di indebolire la decisione adottata. Più nel dettaglio, il Consiglio di Stato giunge alla conclusione sopra riportata dopo aver escluso la sussistenza del requisito dell’«influenza pubblica dominante» con riguardo al rapporto tra il CONI e la FIGC. In ordine a questo specifico requisito, come si dimostrerà in seguito, negli anni si è sviluppato in giurisprudenza un significativo dibattito [4] nell’ambito del quale la sentenza oggetto dell’odierno commento si inserisce a pieno titolo con una posizione meritevole di attenzione. La pronuncia del Consiglio di Stato segue alle indicazioni che, sulla specifica problematica, sono state fornite dal Giudice Europeo con riguardo al metodo da adottare nell’attività interpretativa. Nell’ambito del contenzioso che ha dato [continua ..]


2. I fatti di causa

La vicenda che ha dato origine alla sentenza in commento può essere così sintetizzata. Ai fini dell’affidamento del servizio di trasporto e facchinaggio la FIGC invitava alcuni operatori economici a formulare un’offerta nell’ambito di una procedura negoziata. La lettera di invito precisava che i primi due in graduatoria sarebbero stati invitati a migliorare la propria offerta attraverso una successiva negoziazione. Successivamente, la FIGC trasmetteva ad una delle imprese invitate un messaggio del seguente tenore: «con riferimento al presente confronto concorrenziale, essendo la Vostra società risultata tra le prime due in graduatoria all’esito della prima fase esperita a mezzo Portale FIGC, siete convocati per la seconda fase di negoziazione presso i ns Uffici […]». Conclusasi la seconda fase di negoziazione e non avendo ricevuto dalla FIGC alcun riscontro circa l’esito della procedura, una delle imprese invitate alla seconda fase invitava la stazione appaltante a volerne dare comunicazione in via ufficiale, altresì evidenziando il mancato rispetto dei principi di pubblicità e trasparenza da parte della stazione appaltante. A fronte di tale richiesta la FIGC replicava anzitutto precisando che non era tenuta al rispetto del d.lgs. n. 50/2016 e che l’offerta formulata da detta impresa non aveva avuto successo. L’operatore economico dunque impugnava tale comunicazione innanzi al TAR Lazio contestando, tra le altre cose, il mancato rispetto da parte della FIGC del d.lgs. n. 50/2016 poiché, a parere dell’operatore economico, la FIGC è un organismo di diritto pubblico. Con sentenza 13 aprile 2018, n. 4100, il Giudice adito accoglieva il ricorso, sul presupposto che la FIGC dovesse essere ricondotta al novero degli organismi di diritto pubblico, dovendo in tale veste necessariamente applicare le regole di cui al d.lgs. n. 50/2016. Avverso la sentenza la FIGC interponeva appello in Consiglio di Stato contestando, tra le altre cose, la qualifica di organismo di diritto pubblico.


3. L’iter logico argomentativo osservato dal Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato al fine di definire la controversia mette in evidenza le seguenti due circostanze: a) anzitutto per il Consiglio di Stato aspetto decisivo ed assorbente della controversia è la possibilità o meno di attribuire la natura di organismo di diritto pubblico alla FIGC. La riconduzione a tale categoria, infatti, comporterebbe l’obbligo per la FIGC di applicare alle proprie gare d’appalto la disciplina prevista dal vigente Codice degli appalti (d.lgs. n. 50/2016); b) in questi termini occorre considerare che tre sono le condizioni perché possa parlarsi di un «organismo di diritto pubblico» ai fini dell’applicazione della normativa in questione: deve trattarsi, in particolare, di un soggetto 1) dotato di personalità giuridica; 2) sottoposto ad influenza pubblica dominante; 3) istituito per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale. Dette condizioni debbono sussistere tutte. In merito a quest’ultimo punto va subito ricordato per ragioni di completezza espositiva che i tre requisiti indicati [5] devono essere – secondo la giurisprudenza comunitaria pacifica già affermatasi con i due leading case del 1998 (Mannesmann; BFI Holding) – cumulativamente posseduti affinché un soggetto sia considerato organismo di diritto pubblico ai fini dell’appli­cazione della normativa sugli appalti pubblici [6]. Tanto premesso, il Consiglio di Stato con la sentenza in commento ha indagato sulla sussistenza o meno dei tre caratteri indicati nella lettera sub b) del presente paragrafo in capo alla FIGC. Ebbene, per il Supremo Consesso amministrativo la FIGC sarebbe carente del secondo dei caratteri sopra indicati e, cioè, di quello consistente «nell’influenza pubblica dominante». Per il Consiglio di Stato, infatti, i poteri di direzione e controllo del CONI nei confronti della FIGC non sono tali da imporre a quest’ultima regole di gestione dettagliate e pervasive. Non è, infatti, dato riscontrare che il riconoscimento della FIGC ai fini sportivi consenta, di per sé solo, al CONI di esercitare (sia pure successivamente) un controllo attivo sulla gestione di tale Federazione, al punto di consentirgli di influire sulle decisioni di quest’ultima in materia di appalti pubblici. Né un potere di tal genere è implicito nella [continua ..]


4. Sul requisito dell’«influenza pubblica dominante». La fisionomia acquisita nel tempo e l’indirizzo del Consiglio di Stato tra la tesi «rigorista» e la tesi a «maglie larghe»

Come si è visto con il paragrafo che precede, il Supremo Consesso Amministrativo nel­l’attività di indagine finalizzata al riconoscimento del requisito dell’«influenza pubblica dominante» nel rapporto tra il CONI e la FIGC è giunto ad una conclusione che merita in questa sede di essere ulteriormente indagata al fine di apprezzarne la coerenza e di individuare eventuali criticità. Per fare ciò si ritiene opportuno richiamare il dibattito giurisprudenziale sviluppatosi sul­l’argomento. Come anticipato con il paragrafo introduttivo del presente lavoro, sul punto, a parere di chi scrive, si possono individuare due principali tesi: una tesi «restrittiva o rigorista» e una tesi «estensiva o a maglie larghe». Secondo la tesi «restrittiva o rigorista» detto requisito richiede che si riscontri un forte legame di subordinazione o dipendenza finanziaria del soggetto all’entità pubblica, relativo all’attività complessivamente svolta e ad un periodo temporale significativo [7]; secondo la tesi «estensiva o a maglie larghe» perché possa configurarsi detto requisito è sufficiente una situazione in cui i poteri pubblici controllino – anche in assenza di una periodicità puntualmente scandita – i conti annuali di gestione dell’ente, verificando la redditività e l’economicità dell’attività, e siano autorizzati a visitare i locali dell’or­ganismo [8]. In ordine al requisito indagato dal Consiglio di Stato con la sentenza in commento (l’influenza pubblica dominante), occorre poi ricordare che lo stesso è desunto da una serie di indici sintomatici [9] negli anni elaborati dalla giurisprudenza e consistenti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, nel finanziamento pubblico maggioritario, nel controllo pubblico sulla gestione, nella presenza negli organi amministrativi di componenti di nomina pubblica. Si tratta di fattori impiegabili anche disgiuntamente per l’integrazione del requisito in esame, nel senso che si ritiene sufficiente l’esistenza di uno solo di essi. Passando alla loro analitica disamina, va precisato che per «finanziamento» si intende la somma erogata da una pubblica amministrazione al soggetto beneficiario, al di fuori del vincolo di controprestazioni, idonea a creare una [continua ..]


5. Conclusioni

La sentenza in commento fissa un punto decisivo sull’autonomia contrattuale della FIGC. Il Consiglio di Stato, infatti, negando la natura di organismo di diritto pubblico alla FIGC autorizza la stessa a non applicare il d.lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici) per l’acquisto di beni e servizi o per l’aggiudicare appalti di lavori. Da ciò consegue che non solo l’autonomia contrattuale della FIGC diviene piena e, cioè, libera da qualsivoglia forma di limitazione in ordine alla scelta del contraente ma, con specifico riguardo alla fase processuale, gli atti di scelta del contraente debbono essere, eventualmente, contestanti innanzi al Giudice ordinario [17]. Il Supremo Consesso amministrativo giunge all’indicata conclusione affermando che non sussiste il requisito dell’«influenza pubblica», uno dei tre prescritti dalla legge perché un soggetto possa essere qualificato come tale. Per il Consiglio di Stato, infatti, il controllo esercitato dal CONI sulla FIGC è successivo e, comunque, non gli consente di influenzare le decisioni di quest’ultima in materia di appalti pubblici. Dette conclusioni sembrano però non tener conto delle norme contenute nell’art. 5, comma 2, lett. a), e nell’art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 242/1999, oltre che dagli artt. 20, comma 4 e 23, comma 1-bis e 1-ter oltre che dello Statuto del CONI secondo cui quest’ultimo può adottare nei confronti delle Federazioni sportive italiane atti di indirizzo, deliberazioni, orientamenti e istruzioni concernenti l’esercizio dell’attività sportiva disciplinata dalle stesse. Non solo. Come ricordato con il paragrafo introduttivo del presente lavoro, nel corso del giudizio sul punto è intervenuta la Corte di Giustizia Europea fornendo un chiaro indirizzo di metodo. Secondo il Giudice Europeo, infatti, l’indagine deve essere complessiva sui poteri che l’Autorità (controllante) dispone nei confronti della federazione. Ciò al fine di verificare in concreto la sussistenza di un controllo di gestione attivo il quale, nei fatti, potrebbe rimette in discussione l’autonomia di cui sopra fino al punto di consentire all’autorità summenzionata di influire sulle decisioni della federazione stessa in materia di appalti pubblici. Detta indagine però, nella vicenda in esame, come si è dimostrato, è [continua ..]


NOTE