Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

indietro

stampa articolo indice fascicolo leggi articolo leggi fascicolo


Irrilevanza della natura, pubblicistica o privatistica, dell´attività fondante il ricorso al giudice amministrativo nel riparto di giurisdizione tra giustizia sportiva e giustizia statale (di Laura Santoro, Professoressa ordinaria di Diritto privato nell’Università degli Studi di Palermo)


Le Sezioni Unite della Cassazione, nella sentenza in commento, che chiude una complessa vicenda processuale avviata in sede di giustizia endofederale della Unione Italiana Tiro a Segno (UITS), proseguita innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, quindi portata alla cognizione della giustizia amministrativa in primo e in secondo grado prima di approdare alle Sezioni Unite mediante regolamento di giurisdizione, affrontano la questione se una controversia in ambito elettorale, concernente nella specie il rinnovo delle cariche sociali di una sezione di Tiro a segno nazionale, rientri o meno tra le materie riservate alla cognizione del giudice sportivo, ai sensi dell’art. 2, co, 1, lett. a, della legge n. 280/2003. L’analisi della decisione, nel solco dei precedenti delle stesse Sezioni Unite e del Consiglio di Stato, alla luce delle pronunce della Corte costituzionale nn. 49/2001 e 160/2019, è occasione per puntualizzare come il criterio di riparto della giurisdizione tra la giustizia sportiva, ex art. 2, comma 1, e quella statale, ex art. 3, della legge n. 280/2003, non si fondi sulla valenza privatistica, nel primo caso, e pubblicistica, nel secondo caso, dell’attività regolamentata dalle norme federali applicabili nel caso concreto.

Irrilevance of the nature, public or private, of the activity justifying the appeal to the administrative jurisdiction in the context of the separation between sports justice and statal justice

The Plenary section of the Supreme Court, in this judgement, which closes a complex legal case started before the sports judges of Italian Shooting Sport Federation, continued at the Sports Guarantee Board, then brought to the knowledge of the administrative justice of first and second level before coming to the knowledge of the Supreme Court, address the question whether an electoral dispute, concerning specifically the renewal of the board of a sports association, falls within the matters reserved to the judgement of sports justice pursuant to art. 2.1, lett. a, of the Law no. 280/2003. The analysis of this decision, taking into account the precedents of the Supreme Court and the State Council, in the light of the rulings of Constitutional Court no. 49/2001 and 160/2019, permits to point out how the criterion for the distinction between matters reserved and those not reserved to sports justice pursuant to articles 2.1 and 3 of the Law no. 280/2003, is not based on the private value, in the first case, and public value, in the second case, of the activity regulated by the federal rules applicable in a specific matter.

SENTENZA sul ricorso 31421-2020 proposto da: C.O.N.I. – COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA VENTIQUATTRO MAGGIO 43, presso lo STUDIO LEGALE CHIOMENTI, rappresentato e difeso dagli avvocati GIULIO NAPOLITANO e GIORGIO VERCILLO; – ricorrente – UNIONE ITALIANA TIRO A SEGNO, Ente Pubblico posto sotto la vigilanza del Ministero della Difesa, in persona del Commissario Straordinario pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VARRONE 9, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO VANNICELLI, che la rappresenta e difende; – controricorrente e ricorrente incidentale – nonché contro M.S., C.G.; – intimati – avverso la sentenza n. 2320/2020 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 07/04/2020. Udita la relazione della causa svolta nella camera dì consiglio del 07/12/2021 dal Consigliere FRANCESCO TERRUSI; lette le conclusioni scritte dell’Avvocato Generale CARMELO SGROI, il quale conclude per il rigetto del ricorso. FATTI DI CAUSA M.S., che nel 2017 era stato eletto tra i consiglieri dall’assemblea degli associati dell’Asso­ciazione sportiva dilettantistica Tiro a segno nazionale – sezione di Palermo (hinc solo Tsn) – riunita in sessione elettorale, e che era stato successivamente escluso dalla carica per la sussistenza di una causa di ineleggibilità dovuta al rapporto di lavoro subordinato con la medesima sezione di Palermo, impugnò dinanzi al TAR del Lazio la decisione del Collegio di garanzia dello Sport, conclusiva dei reclami interni previsti dall’ordinamento degli associati. In cinque motivi lamentò, tra l’altro, che la competenza a decidere sul reclamo avverso i risultati elettorali si sarebbe dovuta attribuire alla commissione di disciplina d’appello, non derogabile né modificabile da deleghe di sorta, e che il procedimento di adozione della decisione sul reclamo si era svolto senza rispettare le garanzie processuali e del contraddittorio previste dal codice di giustizia sportiva del Coni. Nel merito sostenne che il rapporto esistente con la sezione Tsn di Palermo non fosse qualificabile come lavoro subordinato ma come collaborazione coordinata e continuativa, e che quindi non potesse dar luogo a causa di ineleggibilità. Nella resistenza del Coni e dell’Unione italiana tiro a segno (Uits) l’adito TAR dichiarò il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione, in applicazione della regola di riparto di cui agli artt. 1, 2, 3 del d.l. n. 220 del 2003, conv. dalla I. n. 280 del 2003, come interpretati dalla sentenza della Corte costituzionale 11 febbraio 2011, n. 49. Su appello del S. il Consiglio di stato, con la sentenza n. 2320 pubblicata il 7 aprile 2020, ha ribaltato la decisione, segnatamente ritenendo che la controversia relativa alla ineleggibilità [continua..]
SOMMARIO:

1. Antefatto e decisa in ambito sportivo e statuale - 2. Le motivazioni dei giudizi in ambito statuale - 3. La ratio fondante il riparto di giurisdizione ai sensi degli artt. 2 e 3 legge n. 280/2003 - NOTE


1. Antefatto e decisa in ambito sportivo e statuale

La sentenza in commento si pone a conclusione di una complessa vicenda processuale avviata in sede di giustizia endofederale della Unione Italiana Tiro a Segno (UITS), proseguita innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, quindi portata alla cognizione della giustizia amministrativa in primo e in secondo grado e, da ultimo, delle Sezioni Unite della Cassazione mediante regolamento di giurisdizione. Nei fatti, a seguito dell’assemblea elettiva per il rinnovo delle cariche sociali dell’Asso­ciazione sportiva dilettantistica Tiro a segno nazionale – Sezione di Palermo (articolazione periferica interna della UITS), la Commissione di disciplina, operando su delega del Commissario Straordinario della UITS, aveva emanato il provvedimento di non convalida dell’elezione di un tesserato che lo aveva, quindi, impugnato innanzi alla Commissione di disciplina d’appello, organo di giustizia statutariamente competente ratione materiae a decidere in unico grado le controversie in ambito elettorale. Il ricorrente rilevava in tale sede come la decisione di non convalida resa dalla Commissione di disciplina rappresentasse esercizio di funzione amministrativa e non giustiziale, giacché resa in assenza di contraddittorio e, pertanto, dovesse riconoscersi la facoltà di impugnarla innanzi all’organo statutariamente competente, ovvero la Commissione di disciplina d’appello, così da assicurare il pieno rispetto del diritto di difesa. La Commissione di disciplina d’appello, nelle more ridenominata Corte federale d’appello con l’entrata in vigore del nuovo Statuto della UITS, non dava, però, seguito ad alcuna attività processuale ma, con provvedimento a firma del suo Presidente, dichiarava il ricorso inammissibile, ritenendo che con la decisione di non convalida dell’elezione da parte della Commissione di disciplina dovesse ritenersi esaurito il giudizio di impugnazione in unico grado previsto dallo Statuto UITS. Il tesserato, lamentando che nei fatti un giudizio non fosse stato mai svolto e che lo Statuto federale, come sopra detto, assegnava la competenza in materia alla Commissione di disciplina d’appello, proponeva ricorso al Collegio di Garanzia dello Sport, il quale, però, addiveniva alla declaratoria di inammissibilità del ricorso stesso [1]. Il Collegio di Garanzia, infatti, avvalorando il provvedimento del Presidente della Commissione di [continua ..]


2. Le motivazioni dei giudizi in ambito statuale

Le motivazioni espresse dalle Sezioni Unite della Cassazione nella decisione in commento sono perfettamente in linea con le riflessioni che si è avuto occasione di svolgere in un precedente scritto già prima della decisione resa dal Consiglio di Stato in sede di gravame [5]. Esse, pertanto, appaiono pienamente condivisibili, eccetto che per l’erroneo riferimento al “vincolo sportivo” invece che al vincolo di giustizia sportiva, il quale – v’è da temere – sembrerebbe non consistere in un mero refuso visto che nei medesimi termini è riportato nelle pronunce nn. 32358/2018 e 12149/2021 delle stesse Sezioni Unite [6]. Il richiamo operato dalle Sezioni Unite ai suoi precedenti, alla luce delle decisioni della Corte costituzionale nn. 49/2011 e 160/2019, giova a dipanare i dubbi che persistono tra gli interpreti circa il significato da assegnare al riparto di giurisdizione tra giustizia sportiva e giustizia statale, a ragione, peraltro, dell’infelice formulazione legislativa dell’art. 2, comma 1, in combinato disposto con l’art. 1, comma 2, della legge n. 280/2003. Particolare apprezzamento merita la parte della motivazione in cui si evidenzia il «fine del corretto svolgimento delle attività sportive» come elemento qualificante le «norme regolamentari, organizzative e statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni», contemplate dall’art. 2, comma 1, lett. a), legge n. 280/2003, la cui “osservanza ed applicazione” costituisce materia riservata alla cognizione della giustizia sportiva. È, infatti, attraverso la enucleazione di tale fine in seno alla norma sportiva di cui si fa applicazione nel caso all’esame del giudice che è possibile stabilire se ricorra o meno la riserva di giurisdizione in favore della giustizia sportiva, giacché altrimenti non vi sarebbe spazio alcuno per il ricorso al giudice statale, esaurendo le “norme regolamentari, organizzative e statutarie”, tutte quelle di fonte sportiva. V’è da notare, in proposito, che nella prima decisione delle Sezioni Unite, emessa dopo l’entrata in vigore della legge n. 280/2003 (n. 5775/2004, nel cui solco si pone dopo pochi mesi la decisione di pari tenore del Consiglio di Stato n. 5025/2004 [7]), allorché (al punto 4) vengono individuate le differenti tipologie di [continua ..]


3. La ratio fondante il riparto di giurisdizione ai sensi degli artt. 2 e 3 legge n. 280/2003

La tesi nel senso che il criterio del riparto di giurisdizione tra la giustizia sportiva, ex art. 2, comma 1, e quella statale, ex art. 3, della legge n. 280/2003, andrebbe ricercato nella valenza privatistica, nel primo caso, e pubblicistica, nel secondo caso, dell’attività regolamentata dalle norme federali applicabili nel caso concreto sembrerebbe avallata prima facie dal fatto che, com’è noto, il d.l. n. 202/2003, prima della conversione nella legge n. 280/2003, prevedeva tra le materie oggetto di riserva in favore della giustizia sportiva anche quelle aventi ad oggetto «l’ammissione e l’affiliazione alle federazioni di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati» (art. 2, comma 1, lett. c) e «l’organizzazione e lo svolgimento delle attività agonistiche non programmate ed a programma illimitato e l’ammissione alle stesse delle squadre ed atleti (art. 2, comma 1, lett. d)». L’intervenuta cancellazione delle lett. c e d dell’art. 2, comma 1, del d.l. n. 202/2003, in sede di conversione in legge, ha acquistato, dunque, il significato, secondo l’opinione corrente in dottrina e giurisprudenza, di un implicito riconoscimento, da parte del legislatore, della giurisdizione del giudice statale, nella specie il TAR Lazio, per le controversie vertenti su tali materie che, pertanto, ricadono nell’ambito di applicazione dell’art. 3 della legge n. 280/2003 [11]. Orbene, le materie sopra menzionate rientrano tra quelle che lo Statuto del CONI (art. 23), in conformità alla disposizione di cui all’art. 15 del d.lgs. n. 242/1999, come modificato dal d.lgs. n. 15/2004, considera aventi “valenza pubblicistica”, e da ciò, per l’appunto, sembrerebbe a prima vista potersi trarre una conferma nel senso che la giurisdizione del giudice statale, ex art. 3 legge n. 280/2003, potrebbe riconoscersi solo in presenza di situazioni riconducibili al­l’espletamento, da parte degli organismi sportivi, di attività a valenza pubblicistica. Non appare decisiva per contrastare tale asserzione l’obiezione che potrebbe muoversi sulla base del rilievo che l’art. 23 dello Statuto del CONI assegna valenza pubblicistica anche ad altre attività, quali quelle relative «all’utilizzazione dei contributi pubblici; alla prevenzione e repressione del doping, nonché le [continua ..]


NOTE