In questo contributo l’Autore analizza il caso Superleague da due diverse prospettive. Da un lato, l’Autore si sofferma sulla rilevanza e sulla portata delle questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte di Giustizia e sostiene che tali questioni si riferiscono solo alla compatibilità dei sistemi autorizzativi UEFA e FIFA con il diritto europeo della concorrenza; dall’altro, l’Autore si interroga sul reale significato del modello sportivo europeo e si sofferma sul potenziale impatto della Superleague sulla struttura organizzativa dello sport europeo e del calcio in particolare.
Parole chiave: Sport, Unione Europea, Modello europeo di sport, Superleague.
In this paper the Author analyses the Superleague case from two different perspectives. On one hand, the Author focuses on the relevance and scope of the questions referred to the ECJ for a preliminary ruling and alleges that those questions refer only to the compatibility of UEFA and FIFA authorization systems with EU competition law; on the other hand, the Author wonders about the actual meaning of the European sports model and focuses on the potential impact of the Superleague on the organizational structure of European sport and football in particular.
Keywords: Sport, European Union, European model of sport, Superleague.
1. Premessa - 2. La Superlega ed il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia - 3. Federazioni sportive, organizzazione di eventi sportivi e conflitto di interessi: principi e prassi della giurisprudenza della Corte di Giustizia - 4. La Superlega ed il c.d. modello sportivo europeo: rinvio - 5. L’Unione Europea ed il Modello sportivo europeo: rinvio - 6. La Superlega e l’organizzazione del calcio in Europa: brevi considerazioni in chiave di diritto dell’Unione Europea - 7. Conclusioni - NOTE
All’indomani dello scoop giornalistico del 18 aprile 2021 realizzato dal The London Times rivelando al mondo intero che dodici club calcistici europei (di cui tre italiani: FC Internazionale Milano, AC Milan e Juventus FC, tre spagnoli: Atlético de Madrid, FC Barcelona, Real Madrid CF, e sei inglesi: Arsenal FC, Chelsea FC, FC Liverpool, FC Manchester city, Manchester United e Tottenham Hotspur) erano pronti a costituire una nuova competizione sportiva chiamata The Super League, fiumi di parole sono state dette e scritte a favore e contro tale iniziativa, della quale molti hanno prontamente (ed erroneamente) celebrato il repentino fallimento una volta appreso che tutti i sei club della Premier League coinvolti nel progetto, così come due squadre italiane (AC Milan, FC Internazionale Milano) e una squadra spagnola (Atlético de Madrid) avevano deciso di rimanere fedeli all’UEFA, di fatto rinnegando nel giro di sole ventiquattro ore gli impegni contrattuali assunti nei confronti degli altri club [1]. Come spesso accade, non appena la notizia giornalistica si è trasformata in caso giudiziario, dapprima, per effetto delle misure cautelari disposte dallo Juzgado de lo Mercatil de Madrid n. 17 (Tribunale Commerciale di Madrid) nei confronti di UEFA e FIFA [2] e, successivamente, per effetto del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ex art. 167 TFUE [3], il clamore e l’attenzione mass-mediatica sono diminuiti in misura esponenziale. È sin troppo facile prevedere, peraltro, che, una volta terminato l’iter giudiziario della Superlega davanti al giudice europeo, ulteriori fiumi di parole verranno dette e scritte, a favore e contro tale iniziativa (e, verosimilmente, anche a favore e contro la pronuncia della Corte di Giustizia). Anche chi scrive ha contribuito ad alimentare i fiumi di parole scritte sulla Superlega [4]; sennonché, in questo lasso temporale di “calma apparente”, è parso opportuno provare a svolgere alcune riflessioni di natura strettamente giuridica nella prospettiva del diritto dell’Unione Europea e del relativo ordinamento giuridico. Conviene sin d’ora chiarire, onde evitare equivoci e fraintendimenti, che si tratta di un tema estremamente complesso e delicato, all’interno del quale gli aspetti giuridici non possono essere scissi in maniera netta da considerazioni di natura politica, e [continua ..]
Rinviando ai numerosi scritti che per primi hanno affrontato gli aspetti, fattuali e giuridici, del progetto Superlega [5], in questa sede è sufficiente ricordare che tale espressione sta ad indicare una competizione calcistica europea – la prima al di fuori del perimetro di influenza UEFA – destinata a svolgersi con cadenza annuale tra club di altissimo livello: nel progetto iniziale, e prima delle defezioni di alcuni club cui prima si è fatto riferimento, i partecipanti a tale nuova competizione dovevano essere venti, di cui quindici ammessi di diritto e cinque ammessi sulla base dei risultati sportivi conseguiti nella stagione precedente. In nessun caso, inoltre, la partecipazione alla Superlega avrebbe impedito ai club di continuare a partecipare regolarmente ai rispettivi campionati nazionali. Da un punto di vista organizzativo e di governance, la nuova competizione risulta di proprietà esclusiva di una società a responsabilità limitata di diritto spagnolo (la European Superleague Company, S.L., ESLC), capogruppo di tre distinte società di diritto spagnolo: i) la SL Sports Co S.L., incaricata della supervisione e della gestione del funzionamento quotidiano della Superlega dal punto di vista sportivo, disciplinare e di sostenibilità finanziaria; ii) la SL MediaCo, responsabile del controllo e della gestione del funzionamento ordinario della Superlega esclusivamente per quanto riguarda la commercializzazione e la vendita a livello mondiale dei diritti audiovisivi della Superlega; iii) la SL CommercialCo, preposta alla supervisione e alla gestione ordinaria della commercializzazione delle attività commerciali della Superlega che non siano diritti audiovisivi. Come noto, la reazione dell’UEFA, della FIFA e di alcune federazioni calcistiche/leghe nazionali non si è fatta attendere e non ha fatto sconti: a) il 21 gennaio 2021, la FIFA e la UEFA hanno rilasciato una dichiarazione con la quale hanno manifestato il loro rifiuto di riconoscere l’istituzione della Superlega; hanno avvisato dell’espulsione di qualunque giocatore o club che partecipasse a tale competizione da quelle organizzate dalla FIFA e dalle confederazioni regionali; hanno espresso il principio che tutte le competizioni devono essere organizzate o riconosciute dall’organismo interessato[6]; b) tale comunicato è stato confermato da una nuova dichiarazione del 18 [continua ..]
I quesiti pregiudiziali sollevati dal giudice spagnolo si riferiscono ad un tema già affrontato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea in precedenti casi (oltre che da diverse Autorità Garanti Nazionali (AGN) in numerose occasioni) [11]. A livello europeo, il punto di partenza è rappresentato dalla pronuncia della Corte di Giustizia del 1° luglio 2008 nel caso Motoe [12]. In quell’occasione, un’associazione di diritto privato senza scopo di lucro avente per oggetto l’organizzazione di gare motociclistiche in Grecia (la Motoe, appunto), aveva presentato al ministro dell’Ordine pubblico una domanda diretta ad ottenere l’autorizzazione ad organizzare gare nell’ambito del trofeo panellenico organizzato dalla stessa Motoe. Conformemente all’art. 49, n. 2, del codice stradale greco, tale programma è stato trasmesso all’ELPA (il Club automobilistico e turistico greco), che rappresenta in Grecia la FIM (Fédération International de Motocyclisme), per ottenere un parere conforme ai fini della concessione dell’autorizzazione richiesta. Poiché l’ELPA non ha mai fornito al ministro competente il parere richiesto, eccependo l’illegittimità di tale rigetto implicito la Motoe si era rivolta al Tribunale amministrativo di primo grado di Atene, facendo valere che l’art. 49 del codice stradale greco era contrario, da un lato, al principio costituzionale di imparzialità degli organi amministrativi e, dall’altro, agli allora artt. 82 CE e 86, n. 1, CE (ora artt. 102 e 106 TFUE), in quanto la disposizione nazionale controversa consentiva all’ELPA, la quale organizzava direttamente gare motociclistiche, di istituire un monopolio in tale settore e di abusarne. Dopo alterne vicende processuali, la vicenda era giunta alla Corte di Giustizia per effetto del rinvio pregiudiziale disposto dal giudice greco: con specifico riferimento alla questione dell’idoneità del potere, attribuito all’ELPA, di emettere un parere conforme sulle domande di autorizzazione presentate, ai fini dell’organizzazione delle gare motociclistiche, senza fissare limiti, obblighi e controlli all’esercizio di tale potere e di favorire comportamenti abusivi in danno di altri concorrenti, la Corte di Giustizia sottolinea che «un sistema di concorrenza non falsata, come quello previsto dal Trattato, [continua ..]
All’interno del dibattito sulla Superlega e sulle sue possibili ricadute (deleterie, per alcuni, salvifiche, per altri) sul futuro del calcio europeo, molte (forse, troppe) volte il c.d. modello sportivo europeo è stato invocato e sbandierato quale paradigma di una concezione dello sport europeo assolutamente incompatibile con la struttura organizzativa, gli obiettivi e, in ultima analisi, l’idea stessa, della Superlega. A mero titolo esemplificativo, la FIFA, nel manifestare la propria disapprovazione verso il nuovo progetto, ha sottolineato che, in base ai propri Statuti, ogni competizione – nazionale, regionale o globale – deve sempre riflettere i principi chiave di solidarietà, inclusività, integrità e equa ridistribuzione finanziaria [15]. Così facendo, pur senza evocare espressamente la nozione di modello sportivo europeo, la FIFA non ha fatto mistero di richiamare proprio gli aspetti tradizionalmente attribuiti a tale modello. Analogamente, in occasione del 45° Congresso dell’UEFA, il Presidente Alexander Ĉeferin ha evidenziato che “the closed ‘Super League’ goes against the very concept of what it is to be European: unified, open, supportive, and principled on sporting values. UEFA and its member associations believe in a truly European model that is founded on open competitions, solidarity and redistribution to ensure the sustainability and development of the game for the benefit of all and the promotion of European values and social outcomes” [16]. Da ultimo, il 23 dicembre 2021, sempre il Presidente dell’UEFA, nel considerare la protezione del modello sportivo europeo il più importante risultato conseguito dall’UEFA nel 2021, ha affermato che tale modello, “basato su una struttura piramidale, che collega il calcio di base ai club d’élite, (…) funziona su una doppia premessa. Non solo i proventi delle competizioni professionistiche vengono reinvestiti nel calcio, ma i club vengono anche promossi o retrocessi per meriti sportivi” [17]. Ancora più esplicite si presentano talune recenti prese di posizione delle istituzioni europee. Il 23 novembre 2021 il Parlamento europeo, nella Risoluzione sulla politica dell’UE in materia di sport: valutazione e possibili vie da seguire [18], ha invocato “un modello sportivo europeo che riconosca la [continua ..]
Da un punto di vista storico, l’espressione “modello sportivo europeo” è stata utilizzata per la prima volta nel 1998 nell’ambito di un documento di consultazione della Commissione europea (DG X) – intitolato appunto The European Model of Sport – nel quale sono illustrate le principali caratteristiche del fenomeno sportivo come sviluppatosi in Europa [21]. In base a tale documento, il modello europeo di sport risulta contraddistinto da una particolare struttura organizzativa accompagnata da tre specifiche caratteristiche: a) a livello di struttura organizzativa, la Commissione sottolinea la struttura piramidale, che comprende quattro livelli organizzativi costituiti rispettivamente dai club/società/associazioni sportive, che rappresentano la base e che permettono a chiunque di praticare l’attività sportiva a tutti i livelli; dalle Federazioni regionali cui compete l’organizzazione la gestione dello sport a livello regionale (2° livello); dalle Federazioni nazionali, una per ogni disciplina sportiva, che si occupano di tutte le questioni relative alla disciplina sportiva di competenza ed organizzano i relativi campionati nazionali (3° livello); infine, dalle Federazioni europee, costituite dalle Federazioni nazionali ed organizzate secondo gli stessi principi di queste ultime; b) sempre a livello di struttura organizzativa, il sistema piramidale è completato da un sistema di promozioni e retrocessioni che consente ad una squadra o ad un atleta di progredire da una competizione di livello inferiore (ad es., regionale) ad una competizione di livello superiore (ad es., nazionale) sulla base dei propri meriti sportivi e viceversa in caso di scarsi risultati sportivi. Per quanto riguarda, invece, le specifiche caratteristiche dello sport in Europa, la Commissione sottolinea i seguenti tre aspetti: 1. lo sport di base, vale a dire l’insieme di attività sportive, soprattutto giovanili, gestite prevalentemente da soggetti che vi si dedicano a titolo gratuito e per passione, così permettendo a migliaia di giovani/giovanissimi atleti di svolgere un’attività sportiva; 2. lo stretto legame tra lo sport e le diverse identità nazionali, tanto che in Europa l’idea di sport e di competizioni sportive risulta indissolubilmente legata all’immagine della contrapposizione, sul piano sportivo, delle diverse [continua ..]
Alla luce di quanto sin qui illustrato, è possibile provare ora a svolgere qualche riflessione circa l’affermazione secondo cui la Superlega sarebbe incompatibile con il modello sportivo europeo in quanto contraria ai due principali elementi caratteristici di tale modello: la solidarietà (finanziaria) e il meccanismo delle promozioni e retrocessioni. La prima, e sin troppo ovvia, affermazione attiene direttamente al termine di paragone utilizzato per giudicare la Superlega alla luce del diritto dell’Unione Europea; vale a dire il modello sportivo europeo. In realtà, come si è visto, tale modello non esiste o, comunque, non esiste come obiettivo politico-normativo. Esistono, in realtà, molte e differenti forme di organizzazione dello sport europeo, che variano da sport a sport e che, pertanto, sfuggono ad una acritica e superficiale reductio ad unitatem come, invece, pretendono i sostenitori del modello sportivo europeo. Da questo punto di vista, pertanto, si potrebbe, al massimo, parlare di un modello calcistico europeo, senza, peraltro, alcuna pretesa di rivendicare una superiorità di tale modello rispetto ad altri o, addirittura, di presentare il modello calcistico come il solo ed unico conforme ai principi ed ai valori europei, erigendolo ad esempio da applicare a tutti gli altri sport. Sotto tale profilo, anche le recenti prese di posizione da parte di alcune istituzioni europee devono essere opportunamente contestualizzate. Ad esempio, nella Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri sulle caratteristiche fondamentali del modello europeo dello sport del 30 novembre 2021 si riconosce espressamente che non esiste una definizione comune di modello europeo dello sport, sebbene si affermi che esistono delle caratteristiche tipiche di tale modello, quali la struttura piramidale, il sistema delle competizioni aperte, la solidarietà, le strutture basate sul volontariato e la sua funzione sociale ed educativa. Sennonché, nello stesso documento il concetto di “sport organizzato basato sui valori in Europa” viene definito come lo sport che “si fonda sulla libertà di associazione e su valori quali la buona governance, la sicurezza, l’integrità, la solidarietà, compresa la solidarietà finanziaria, la salute e la sicurezza degli atleti, il rispetto dei diritti umani e fondamentali, la parità di genere, [continua ..]
Da qualsiasi parte la si guardi, la Superlega rappresenta un caso di straordinaria complessità e rilevanza, sia giuridica, sia politica, rispetto al quale nessuno dei contendenti può rivendicare il ruolo di “cavaliere senza macchia e senza paura” che si batte esclusivamente per il bene degli altri. L’UEFA è chiaramente, oltre che un ente regolatore, l’attuale unico operatore sul mercato dell’organizzazione e della commercializzazione di eventi calcistici europei dai quali ricava ingenti profitti e teme (a ragione) che la comparsa sul mercato di un nuovo concorrente possa erodere la propria (attualmente totale) quota di mercato, con rilevantissime conseguenze in termini patrimoniali. La Superlega, infatti, non solo si pone in diretta concorrenza con la UEFA Champions League, ma nello stesso tempo priva quest’ultima di un nutrito gruppo di principali club europei, infliggendo un pesantissimo colpo in termini di appetibilità per il pubblico della manifestazione regina dell’UEFA. Dal canto suo, Real Madrid, Barcellona e Juventus, vale a dire ciò che attualmente rimane degli originatori club fondatori della Superlega, sono mossi principalmente da finalità economiche e dalla necessità, resa ancor più grave a causa della pandemia, di trovare nuove fonti di introiti indispensabili per ovviare alla grave e cronica crisi economico-finanziaria che affligge, da tempo, il calcio professionistico europeo. Ovviamente, ed in modo speculare, le buone intenzioni (ma di cui è lastricata anche la strada per l’inferno …) non mancano né da una parte, né dall’altra. L’UEFA, in quanto ente regolatore e di governo del calcio in Europa, ha il compito istituzionale di assicurare che eventuali nuove competizioni non impattino in modo pregiudizievole su alcuni aspetti fondamentali quali la solidarietà finanziaria, il collegamento tra il calcio d’élite e quello di base e giovanile, la tutela e la sicurezza dei giocatori, l’uniforme applicazione della pratica sportiva, il rispetto dei calendari e così di seguito. Analogamente, gli ideatori della Superlega hanno compreso che, di fronte ad una costante e veloce trasformazione della società e dell’economia, il calcio europeo deve sapersi adattare alle nuove circostanze, evolversi e perseguire nuove strade al fine di poter [continua ..]