Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Lo sfruttamento economico dell´immagine degli sportivi (di Maria Pia Pignalosa, Professore a contratto presso il Dipartimento di Giurisprudenza della LUISS Guido Carli di Roma.)


The success of the personality merchandising contracts, promoting economic exploitation of the image of the celebrities, in particular professional athletes, highlights how, nowadays, the theme of the image rights does not deals only with the protection of individual rights, but is also inclusive of relevant property rights aspects. These aspects, in certain areas, are eligible to be even more prevalent than the first. Nevertheless, the case law continues to protect the economic exploitation of the image, relying on the principles of privacy, dignity, honor, respectability. However, the application of the trade marks and industrial property tools, as well as the North American “right of publicity”, would be more consistent with the purpose of obtaining a profit by controlling the commercial diffusion of the image.

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. La tutela dell’immagine nelle pronunce giurisprudenziali - 3. Segue. Dalla legge sul diritto d’autore al codice della proprietà industriale - 4. Segue. Art. 8 cod. propr. ind.: consenso alla registrazione del ritratto come marchio e marchio di fatto - NOTE


1. Introduzione

Il tema della tutela dell’immagine impegna da tempo la dottrina e la giurisprudenza che faticosamente, e in taluni casi artificiosamente, tentano di seguire l’evoluzione di un diritto che, forse più di ogni altro, mostra la trasformazione in senso mercantile della società nella quale si moltiplicano per le persone celebri, e non solo [1], le possibilità di sfruttamento commerciale dei propri segni distintivi, come il nome e l’immagine. Un’evoluzione, questa, che ha imposto, com’è noto, un ripensamento della natura del diritto in esame e, conseguentemente, anche della sua tutela. Già dalla fine degli anni ’80 gli interpreti segnalano come sia di comune esperienza la circostanza che l’immagine, così come il nome, di una persona che abbia acquistato una grande notorietà (si pensi, ad esempio, agli sportivi) rappresenti un notevole richiamo per il pubblico dei consumatori, i quali potranno essere spinti a preferire un prodotto ad un altro, se nella loro mente viene creata un’associazione di idee fra quel prodotto e la celebrità [2]. Proprio sulla scorta di questa esperienza, il nome e l’immagine di persone note, stante la loro capacità suggestiva, hanno finito per assumere un “valore” economico che gli operatori commerciali, così come lo stesso personaggio noto, hanno interesse a sfruttare. Testimonianza significativa di questa tendenza sono proprio i contratti a cui gli atleti professionisti, per restare nell’ambito d’indagine prescelto, ricorrono per sfruttare sotto il profilo economico-commerciale la popolarità acquisita [3]. A rendere il settore sportivo quanto mai accattivante ai fini dell’indagine è, inoltre, l’introduzione di discipline convenzionali concluse tra i rappresentanti delle categorie interessate ‒ come accaduto, ad esempio, nel calcio [4] e nella pallacanestro [5] ‒ dirette a disciplinare i diritti di immagine degli atleti. E ciò nell’intento di «contemperare l’au­tonomia negoziale dei singoli sportivi – e pertanto il diritto degli stessi alla conclusione di accordi commerciali riguardanti la propria immagine – con l’interesse delle singole società professionistiche a disporre contrattualmente dell’effige dei propri tesserati» [6]. Il successo dei contratti [continua ..]


2. La tutela dell’immagine nelle pronunce giurisprudenziali

Nel richiamare gli addentellati positivi sui quali fondare la tutela del diritto all’im­magine, la dottrina, salvo isolate eccezioni [15], si limita all’analisi dell’art. 10 c.c. e degli artt. 96 e 97 della legge 22 aprile 1941, n. 633, più nota come Legge sul diritto d’autore (di seguito legge dir. aut.). In particolare, com’è noto, l’art. 10 c.c. (rubricato Abuso dell’immagine altrui) prescrive un divieto generale di esporre o pubblicare l’immagine di una persona (così come dei genitori, dei figli o del coniuge) fuori dei casi consentiti dalla legge, ovvero quando la pubblicazione o l’esposizione rechi pregiudizio al decoro e alla reputazione della stessa o dei suoi congiunti, riconoscendo all’interessato in questi casi il potere di chiedere all’autorità giudiziaria la cessazione dell’uso abusivo dell’immagine, nonché il risarcimento dei danni. La legge sul diritto d’autore, dal canto suo, individua alcune delle ipotesi annunciate dall’art. 10 c.c. nelle quali è consentita «l’esposizione o la pubblicazione» dell’im­magine altrui. Invero, se, da un lato, l’art. 96 legge dir. aut. fissa la regola per la quale il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa, dall’altro, fa salve le disposizioni dell’articolo seguente, a tenore del quale non occorre il consenso della persona ritratta quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico ricoperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltesi in pubblico. Il ritratto non può «tuttavia» essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione o anche al decoro della persona ritratta. Secondo la lettura che pare preferibile, sebbene il comma 1 dell’art. 97 legge dir. aut. si riferisca testualmente alla sola riproduzione dell’immagine ‒ legittimandone questo impiego da parte di terzi anche senza il consenso dell’effigiato, purché ricorrano le circostanze indicate ‒ la congiunzione avversativa [continua ..]


3. Segue. Dalla legge sul diritto d’autore al codice della proprietà industriale

Si è visto, sia pur in estrema sintesi, che la legge sul diritto d’autore consente, in presenza delle circostanze richiamate dall’art. 97, comma 1 (notorietà, ufficio pubblico ricoperto, necessità di giustizia o di polizia, scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico), e in assenza di quelle di cui al comma 2 dell’art. 97 (pregiudizio all’onore, alla reputazione o anche al decoro), di esporre, riprodurre o mettere in commercio, anche senza il consenso dell’effigiato, la sua immagine. Le circostanze richiamate, dunque, e tra queste assume particolare rilievo ai fini dell’indagine la notorietà della persona ritratta, «determinano un indebolimento della tutela assegnata all’individuo» [30] il cui consenso non è necessario né per la esposizione, né per la riproduzione, né, tanto meno, per la messa in commercio. Tuttavia, a questo proposito, muovendo dall’analisi empirica della realtà, attenta dottrina ha sollevato un acuto interrogativo, domandandosi quale sia il motivo per cui, «nonostante quanto statuito dalla Legge sul diritto d’autore, nessuno ponga in dubbio che lo sfruttamento economico dell’immagine personale, pure se relativa a un soggetto noto o che rivesta un pubblico ufficio o che sia stato ritratto nel corso di una cerimonia pubblica, esiga il consenso dell’effigiato». In particolare, ci si chiede «Perché, al fine di trarre profitto economico dall’uso dell’immagine altrui, è reputato necessario raccogliere il relativo consenso attraverso la stipulazione di contratti, variamente qualificati come di sponsorizzazione, di testimonial o di endorsement, la cui onerosità è direttamente proporzionale alla fama dell’effigiato?» [31]. Sul presupposto che le norme che formano oggetto della Legge sul diritto d’autore abbiano esclusivo riguardo al profilo morale, secondo un insegnamento di antica tradizione [32], e senza revocare in dubbio questa premessa, si osserva opportunamente come la notorietà finisca in sostanza per essere un fatto che costituisce il presupposto, al contempo, di due situazioni diverse e contrapposte, comportando per il ritrattato, sotto il profilo giuridico, un indebolimento della [continua ..]


4. Segue. Art. 8 cod. propr. ind.: consenso alla registrazione del ritratto come marchio e marchio di fatto

Plurimi gli interrogativi che l’art. 8 del cod. propr. ind. solleva. Il più immediato: chi può procedere alla registrazione dell’immagine come marchio? Le Federazioni sportive, le associazioni sportive, ossia soggetti ai quali è estranea la finalità lucrativa, possono registrare il ritratto dei propri atleti come marchio di prodotti (come, ad esempio, degli abiti sportivi) o di servizi (si pensi alla partecipazione o all’organizzazione di eventi sportivi o, ancora, all’insegnamento della disciplina sportiva)? E ancora, l’atleta, lo sportivo, per rimanere nell’ambito prescelto, può registrare egli stesso la propria immagine come marchio? Insomma, occorre anzitutto chiarire chi sono i soggetti che, ai sensi dell’art. 8, cod. propr. ind., possono fare uso del ritratto come marchio e, in quanto titolari del marchio, inibire ad altri l’uso di segni identici o simili nell’attività economica. La disposizione in esame sollecita poi ulteriori riflessioni. In particolare, deve rilevarsi come dal tenore letterale dell’art. 8 emerga che il consenso dell’effigiato sia richiesto ai fini della registrazione del ritratto quale marchio. Occorre allora verificare se il consenso sia necessario, oltre che per la valida registrazione, anche per l’uso del­l’immagine come marchio di fatto. La prima questione sollevata richiede anzitutto di individuare quali siano i soggetti ai quali si rivolge il codice della proprietà industriale e dunque, per quanto più direttamente ci occupa, a chi si impone di raccogliere il consenso dell’effigiato per poter procedere alla valida registrazione del marchio. L’interrogativo richiede di analizzare il concetto di impresa rilevante ai sensi del codice in esame; un tema complesso che in questa sede può solo essere accennato nei suoi termini essenziali, senza prendere partito, ma ricordando ‒ sia pure in estrema sintesi, e con inevitabile sacrificio delle diverse argomentazioni suggerite dagli interpreti ‒ come il concetto stesso di impresa stia evolvendo su impulso degli influssi di matrice europea, dai quali emerge una nozione più ampia di quella che gli interpreti tradizionalmente ricavano dall’art. 2082 c.c. [40]. In particolare, per individuare l’impresa destinataria delle diverse discipline della concorrenza, è stata introdotta la nozione [continua ..]


NOTE