Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Le multiproprietà delle società professionistiche. Analisi della normativa e ipotesi di riforma del sistema (di Alessandro Capuano, Avvocato.)


This article explanes the theme about ownership in the professional football clubs, in fact it has become a matter of topical interest club in football. There are many examples: Pozzo’s family have Udinese Calcio, Granada F.C. and Watford F.C.; Mr. Claudio Lotito has S.S. Lazio and Salernitana Calcio; Sheikh Mansour has Manchester City F.C., Melbourne Heart F.C., Yokohama Marinos and New York F.C.

Those who buy the most professional clubs manage to evade the Financial Fair Play.

Therefore, the effects aren’t only economical but also about the technical level of the players.

So, this article analyzes only the Italian legislation (Art. 7 Federal Statute, Art. 16a NOIF and art. 2359 c.c.), because there aren’t FIFA rules on this subject.

In Italy the institute ownership of professional clubs was the matter of the resolution of the National Disciplinary Committee FIGC – Official release 31 / 26.10.2009 of the CDN that is analyzed in the article.

Finally, it outlined a hypothesis of the standards reform.

SOMMARIO:

1. Introduzione all’argomento - 2. Risvolti pratici e “distorsioni” della multiproprietà - 3. Normativa di riferimento - 4. Interpretazione dell’istituto fornita dal caso che ha visto coinvolte le società della Salernitana Calcio e la S.S. Cassino - 5. L’analisi giuridica - 6. Conclusioni - NOTE


1. Introduzione all’argomento

Le multiproprietà delle società professionistiche è divenuto, negli ultimi anni, argomento di rilevante attualità, tale da far prospettare ai vertici del calcio nazionale ipotesi di imminenti riforme atte a regolamentare e, allo stesso tempo, limitare tale fenomeno. Al fine di comprenderne la rilevanza è sufficiente elencare qualche esempio di soggetti che detengono contemporaneamente quote, di maggioranza e non, in più società professionistiche. In Italia il caso più rinomato e virtuoso è quello della famiglia Pozzo, la quale, oltre ad essere proprietaria dell’Udinese Calcio, è proprietaria anche della società professionistica del Watford F.C. in Inghilterra, oltre al Granada in Spagna fino a maggio 2016, quando il club è stato ceduto alla Desports. Altro esempio italiano ci è fornito dal presidente della S.S. Lazio, Claudio Lotito, il quale, oltre a detenere una delle due squadre della capitale, ha acquisito anche la maggioranza della Salernitana Calcio. All’estero il caso più eclatante è quello dello Sceicco Al Mansour che, oltre a detenere in Inghilterra la società del Manchester City F.C. e in Australia del Melbourne Heart F.C, è anche azionista della società giapponese Yokohama Marinos e comproprietario dei New York F.C.


2. Risvolti pratici e “distorsioni” della multiproprietà

Al fine di approcciare in modo corretto l’oggetto del presente scritto, è doveroso soffermarsi sulle motivazioni che spingono numerosi proprietari di club all’acquisi­zione di più società professionistiche. I risvolti pratici possono essere molteplici. Vantaggio rilevante è quello di aggirare il Financial Fair Play imposto dalla UEFA; così, al fine di eludere l’imposizione di riduzione dei costi, la società madre trasferisce uno o più giocatori alla società satellite, quotando il giocatore in bilancio ad una valutazione maggiorata, che il più delle volte non corrisponde a quella reale, così da poter registrare nel proprio bilancio una plusvalenza (fittizia). In questo modo la società madre, qualora si trovasse in uno stato di perdita, o comunque con costi maggiori rispetto ai profitti, potrà comunque ridurre l’eventuale perdita se non, addirittura, risultare in utile, col fine di poter aggirare le sanzioni previste in caso di costi elevati (a fronte di mancati ricavi), e potersi quindi iscrivere al successivo campionato. Ipotesi opposta, anche se forse meno frequente della precedente, è quella in cui la società madre ha necessità di abbassare l’utile al fine, ad esempio, di ridurre la pressione fiscale; in tal caso la società potrà decidere di vendere alla società satellite un giocatore ad un costo inferiore a quello di acquisto, realizzando così una minusvalenza. Quindi, la società riuscirà ad ottenere una riduzione dell’utile, assicurandosi così una minore pressione fiscale, attuando, pertanto, una possibile elusione. Inoltre, è evidente che, oltre ai risvolti economici, l’abuso del sistema consentito dalle multiproprietà produce effetti, sia negativi che positivi, anche a livello prettamente sportivo. Negativi in quanto, nei casi appena menzionati, i soggetti più colpiti da questo fenomeno sono quei calciatori che vengono “girati” dalla società madre alla società satellite; inoltre, spesso, questi giocatori provengono dal settore giovanile o sono giovani promesse acquistate da campionati esteri. Il sistema alimentato dalle multiproprietà nel settore professionistico causa quindi la necessità, da parte delle società “madri”, di avere a disposizione un parco giocatori [continua ..]


3. Normativa di riferimento

Chiariti i risvolti economici e sportivi che possono scaturire dall’acquisizione di più società professionistiche, è doveroso ora soffermarsi sulla normativa di settore, così da poter analizzare pregi e (eventualmente) difetti della stessa, per poi tentare di capire quale possa essere una possibile evoluzione dell’istituto. Innanzitutto, è doveroso premettere l’assenza di normativa FIFA di riferimento. Infatti, le norme che regolano le multiproprietà nelle società sportive in Italia sono essenzialmente due: i commi 7, 8 e 9 dell’art. 7 dello Statuto Federale (norma di rango primario) e l’art. 16 bis delle NOIF (Norme Organizzative Interne Federali). Lo Statuto Federale, al comma 7 dell’art. 7, fornisce un criterio generale, prevedendo che «non sono ammesse partecipazioni, gestioni o situazioni di controllo, in via diretta o indiretta, in più società del settore professionistico da parte del medesimo soggetto»; al comma 8, inoltre, si specifica che «nessuna società del settore professionistico può avere amministratori o dirigenti in comune con altra società dello stesso settore. Nessuna società del settore professionistico può avere collegamenti o accordi di collaborazione, non autorizzati dalla Lega competente e non comunicati alla FIGC, con altra società partecipante allo stesso campionato». Il comma 9, inoltre, prende in esame la medesima questione, rapportata però al mondo del calcio dilettante, prevedendo che «nessuna società partecipante a campionati della L.N.D. può avere soci, amministratori o dirigenti in comune. Nessuna società del settore dilettantistico può avere collegamenti o accordi di collaborazione, non autorizzati dalla L.N.D. e non comunicati alla FIGC, con altra società partecipante allo stesso campionato». Infine, il comma 10 disciplina l’aspetto conseguente alla violazione della normativa, cioè la fase punitiva ovvero sanzionatoria, affermando che «i regolamenti federali disciplinano i casi di conflitto di interessi e stabiliscono le relative conseguenze o sanzioni nel rispetto dell’art. 29, comma 5». Il quadro fornito dallo Statuto Federale viene poi esteso dall’art. 16 delle NOIF al­l’ambito dilettantistico, il quale prevede che «non sono ammesse [continua ..]


4. Interpretazione dell’istituto fornita dal caso che ha visto coinvolte le società della Salernitana Calcio e la S.S. Cassino

Al fine di analizzare in maniera quanto più esauriente l’oggetto della presente pubblicazione, pare utile rapportare da subito l’istituto ad un caso concreto e, quindi, prendere in esame la delibera della Commissione Disciplinare Nazionale FIGC – Comunicato ufficiale n. 31/CDN del 26 ottobre 2009. Tale delibera risulta di particolare interesse in quanto, nelle more del giudizio, il Procuratore Federale ha fornito una peculiare lettura dell’istituto, che merita quindi di essere approfondita. Si premettono per sommi capi i fatti di causa. Con atto del 13 agosto 2009 il Procuratore Federale ha deferito: «1) Clodomiro Murolo, presidente onorario della S.S. Cassino S.r.l. per aver acquisito una posizione di controllo “per particolari vincoli contrattuali” della Salernitana Calcio 1919 S.p.A., in violazione dell’art. 16 bis N.O.I.F. e degli artt. 1, comma 1, e 8, comma 12, C.G.S.; 2) la società S.S. Cassino S.r.l., per responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 4, com­ma 1, del vigente C.G.S., con riferimento alle condotte contestate al suo Presidente onorario con poteri di legale rappresentanza; 3) Francesco Rispoli, amministratore unico e legale rappresentante della Salernitana Calcio 1919 S.p.A. e Antonio Lombardi, azionista di maggioranza, institore e legale rappresentante della Salernitana Calcio 1919 S.p.A., per aver, nelle predette qualità, sottoscritto e comunque fatto uso dei contratti di sponsorizzazione indicati nella parte motiva dell’atto di deferimento, perfezionati e utilizzati dalla stessa società al particolare fine di eludere gli obblighi di ricapitalizzazione facenti carico alla società medesima, in contrasto con i principi di lealtà, correttezza e probità cui sono tenuti tutti gli appartenenti all’ordinamento sportivo, ai sensi dell’art. 1, C.G.S. e con gli obblighi di cui all’art. 8, comma 2, C.G.S.; 4) la società Salernitana Calcio 1919 S.p.A., per responsabilità diretta, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del vigente C.G.S., con riferimento alle condotte contestate ai Si­gnori Francesco Rispoli e Antonio Lombardi, suoi dirigenti e legali rappresentanti» [3]. La Commissione Disciplinare Nazionale ha dichiarato improcedibile il deferimento a carico del Sig. Murolo Clodomiro, sul presupposto che «all’epoca dei fatti non rivestiva la carica di legale [continua ..]


5. L’analisi giuridica

La decisione della Corte fornisce un’importante fonte di riflessione per una analisi giuridica più generale dell’istituto. L’organo giudicante ha precisato, come innanzi riportato, che la necessità di acquisire una prova certa, diretta ed inequivocabile, al fine di dimostrare la sussistenza della violazione dell’art. 16-bis NOIF, trova il suo fondamento nella ratio della stessa norma, la quale ripropone il medesimo contenuto dell’art. 2359 c.c. Orbene, un approfondimento critico della decisione in questione è imprescindibile da una chiara analisi delle norme civilistiche e amministrative alle quali fanno riferimento la Corte e il Procuratore Federale e cioè l’art. 2359 c.c. e l’art. 34, comma 2, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice degli Appalti), potendoci, quindi, riferire anche in via più generale all’istituto così come previsto dall’art. 7 dello Statuto Federale. A tal riguardo è necessario soffermarsi sull’art. 2359, comma 1, c.c., il quale ha cura di stabilire che cosa debba intendersi per società controllate [10]; tali devono considerarsi: le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria (controllo di diritto); le società in cui un’altra società dispone dei voti sufficienti per esercitare un’in­fluenza dominante nell’assemblea ordinaria (controllo di fatto); le società che sono sotto l’influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa (controllo contrattuale). Sono, invece, considerate società collegate, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 2359 c.c., le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole e tale influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa [11]. Inoltre, è doveroso precisare che l’ambito di applicazione della disciplina introdotta dagli artt. 2497 c.c. ss. è individuato dall’esercizio in concreto dell’attività di direzione e coordinamento. L’espressione utilizzata dal legislatore sembra voler indicare la concreta e sistematica eterodeterminazione delle scelte [continua ..]


6. Conclusioni

Infine, è doveroso chiedersi se la normativa sportiva, nel momento in cui prevede l’illiceità dell’istituto della multiproprietà solamente in riferimento al caso in cui le società coinvolte facciano parte del medesimo campionato, possa considerarsi esauriente. A parere di chi scrive la normativa risulta in parte insufficiente. Difatti, le norme esaminate tentano di reprimere il concretizzarsi di posizioni dominanti in capo ad un unico soggetto, impedendo la multiproprietà all’interno del medesimo campionato. Il problema, è bene sottolinearlo, non è da ricercarsi nell’impedire l’acquisizione in sé di quote societarie di più società professionistiche, partecipanti allo stesso campionato, da parte del medesimo soggetto, bensì, il fulcro della questione è da rinvenire a monte. La semplice detenzione di più società professionistiche nello stesso Paese o in Paesi diversi, da parte di un unico soggetto, provoca comunque la possibilità di agire con una minore dipendenza dalle altre società; di conseguenza, maggiori saranno le società facenti capo al medesimo soggetto, maggiore sarà l’indi­pendenza e l’autonomia con la quale questo potrà agire sul mercato. Le norme sportive innanzi analizzate non tutelano nella realtà la libera concorrenza; infatti, gli effetti della multiproprietà, anche tra società di diversi Paesi e/o di diversi campionati, si concretizza a livello sportivo soprattutto durante i periodi di mercato, mentre, a livello economico, al momento della redazione dei bilanci (pertanto, la normativa sulle relazioni nascenti tra tali società, dovrebbe ad esempio approfondire gli aspetti attinenti al passaggio di giocatori e alla stipula di contratti di sponsorizzazione tra società facenti capo ad un unico soggetto). In conclusione, l’acquisizione di più partecipazioni, anche in diversi campionati o anche a livello internazionale, può comportare la creazione di una posizione dominante, tale anche da turbare il libero mercato, contrastando così sia la normativa interna che quella europea.


NOTE