Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Il potere di controllo del giudice amministrativo sul procedimento disciplinare illegittimo nel giudizio sportivo (di Piero Sandulli, Titolare delle cattedre di Diritto processuale civile e di Giustizia sportiva nell’Università degli studi di Teramo, Presidente della Corte Sportiva di Appello della FIGC, Presidente della Commissione di garanzia della F.I.N.)


The Italian Council of State (Consiglio di Stato), the supreme administrative jurisdiction, decided that it is within the remit of the domestic sports justice to determine the legal right of a person to sue and to be sued before the sports justice bodies as well as the requirements indispensable to impose a disciplinary sanction. The Author first critically analyses the relationship between sports and ordinary jugdes. Then, he shifts the focus on the powers of the CONI (Italian Olimpic Committee) Prosecutor and his relationship with the prosecutors of the single national federations on the basis of the relevant legislation and case law. He concludes that the powers recognised to the CONI prosecutor are in compliance with the autonomy of sport self-regulation and jurisdiction. Finally, he solicits clearer regulations about the role of the CONI Prosecutor in the Codex of Sports Justice.

Consiglio di Stato sez. V – 20/12/2018, n. 7165 Consiglio di Stato sez. V – 20/12/2018, n. 7165 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) ha pronunciato la presente  SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 4491 del 2018, proposto da: Comitato Olimpico Nazionale Italiano, C.O.N.I., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Angelo Clarizia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde, 2; contro Pi. Pi., Gi. Ma., Al. Pr., Se. Ro., Da. Ca., rappresentati e difesi dagli avvocati Franco Gaetano Scoca, Guido Valori, Ignazio Tranquilli, con domicilio eletto presso lo studio Franco Gaetano Scoca in Roma, via G. Paisiello, 55; Ro. Mu. non costituito in giudizio; per la riforma della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZ. I TER, n. 04041/2018, resa tra le parti. Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Pi. Pi., Gi. Ma., Al. Pr., Se. Ro. e Da. Ca.; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 novembre 2018 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Angelo Clarizia, Franco Gaetano Scoca e Guido Valori; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.   FATTO e DIRITTO 1.Con la sentenza impugnata il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima ter, ha accolto il ricorso e i motivi aggiunti proposti dai signori Pi. Ca. Pi., Gi. Ma., Al. Pr., Ro. Mu., Se. Ro. e Da. Ca. – tesserati della Federazione Italiana Danza Sportiva – FIDS (riconosciuta dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano) nei confronti del C.O.N.I., contro la decisione resa dal Collegio di garanzia dello Sport del C.O.N.I. a Sezioni Unite il 7 novembre 2017, a definizione del ricorso n. 104/17, con dispositivo prot. n. 878/2017, pubblicata, distinta con il n. 2/2018, munita di motivazione, in data 10 gennaio 2018, nonché di tutti gli atti presupposti, consequenziali o, comunque, connessi, ivi compresi i provvedimenti del Procuratore generale dello Sport del C.O.N.I. prot. 0063/2017/D del 20 gennaio 2017, prot. 0142/2017/D del 20.2.2017 e prot. 0349/2017/D del 19 aprile 2017, gli atti di indagine relativi ai procedimenti disciplinari riuniti iscritti ai nn. 3/17 e 6/17 del Registro Procura federale della FIDS e, infine, l’atto di deferimento della Procura generale dello Sport del C.O.N.I, prot. 2456 del 21.4.2017. 1.1. I ricorrenti erano stati destinatari di due procedimenti disciplinari (n. 3/17 e n. 6/17), poi riuniti. La sentenza di primo grado – dopo aver dato atto delle qualità rivestite da ciascuno di loro («[...] il Sig. Pi. Pi. è membro del Consiglio Federale della FIDS, il Sig. Al. Pr. è un tecnico che svolge, per la FIDS, l’incarico di Direttore [continua..]
SOMMARIO:

1. Posizione del tema - 2. I poteri della procura generale per lo sport - 3. Il limite dell’autonomia della giustizia sportiva - 4. Profili di costituzionalità - 5. Conclusioni - NOTE


1. Posizione del tema

La decisione del Consiglio di Stato, in esame, offre lo spunto per due differenti ambiti di riflessioni. Il primo relativo ai poteri del Procuratore generale, sedente presso il CONI, nei confronti delle differenti procure federali, in base a quanto previsto dall’art. 12 bis del vigente Statuto del CONI. Il secondo, invece, riguarda il dibattuto tema del limite dell’autonomia della giustizia sportiva, ai sensi della legge n. 280/2003, rispetto al potere di controllo dei giudici statali.


2. I poteri della procura generale per lo sport

La decisione n. 7165/2018, resa dal Consiglio di Stato, pur non entrando nel merito dei poteri di azione della Procura Generale del CONI e dei rapporti di essa con le singole procure delle diverse federazioni, chiarisce che «spetta agli organi di giustizia sportiva risolvere, nell’am­bito del loro processo, ogni questione che a quel processo attiene, compresa l’indivi­duazione dei soggetti legittimati ad agire ed a resistere in giudizio e la valutazione della sussistenza dei presupposti processuali, oltre che delle condizioni per l’irrogazione, in concreto, della sanzione disciplinare». Alla luce di tale presupposto è, dunque, possibile, per la giustizia associativa, sia delle federazioni, che del CONI, decidere in materia. La questione su cui si sono pronunciate le Sezioni Unite del Collegio di garanzia del CONI, con la decisione n. 2/2018, era relativa ai poteri del Procuratore generale del CONI ed alla sua capacità di delegare uno dei Procuratori nazionali, dipendenti dal suo Ufficio, nell’ipotesi in cui il Procuratore federale, operante presso una singola federazione, abbia presentato, ai sensi dell’art. 46 del Codice di Giustizia sportiva, istanza di autorizzazione all’astensione. Il tema portato all’attenzione del Collegio di garanzia del CONI è, dunque, legato al potere del Procuratore generale ed alla possibilità, ad esso concessa, di nominare, in luogo di un Sostituto procuratore federale, un esponente del suo Ufficio (uno dei Procuratori nazionali) senza che ciò abbia comportato l’avvio di una procedura di avocazione del procedimento. Al riguardo i due gradi endofederali, interni alla Federazione danza sportiva (il Tribunale Federale e la Corte d’Appello Federale), hanno ritenuto inammissibile una azione promossa dal Procuratore nazionale sulla base di una sua designazione operata dal Procuratore generale senza i presupposti necessari all’avocazione della procedura; mentre il giudice di terza istanza, sedente presso il CONI, ha ritenuto sussistente la legittimazione ad agire in capo al Procuratore nazionale all’uopo nominato dal Procuratore generale, a seguito della istanza di autorizzazione all’astensione. Va subito chiarito che la decisione resa dal Collegio esofederale non è stata effettuata in carenza di un potere cognitivo, in quanto essa ha giudicato su un presupposto processuale, la legittimazione [continua ..]


3. Il limite dell’autonomia della giustizia sportiva

Il secondo spunto di riflessione che offre la sentenza del Consiglio di Stato è relativo ad ulteriori riflessioni sui rapporti tra giustizia sportiva e giurisdizione statale in tema di sanzioni disciplinari, alla luce della riserva tracciata dal comma 1 dell’art. 2 della legge n. 280/2003. Prendendo le mosse dal testo dell’art. 2 della normativa in esame, la decisione del Consiglio di Stato ricorda che la disposizione distingue due differenti piani di competenza dell’ordi­namento sportivo e della giustizia sportiva, segnalati dal primo e dal secondo comma dell’ar­ticolo; vale a dire, la competenza a dettare la disciplina delle questioni, regolando autonomamente, rispetto alla normativa statale, i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, nonché ad irrogare ed applicare le relative sanzioni sportive. Di contro, il secondo comma dello stesso art. 2 detta l’ambito e la ampiezza della riserva di giurisdizione, in coordinato disposto con il successivo art. 3 che, esauriti i gradi della giustizia sportiva, consente lo sbarco della questione innanzi ai Giudici statali. Pertanto, la materia prevista dal primo comma non è limitata all’irro­gazione delle sanzioni, ma anche al procedimento che culmina nella decisione sanzionatoria (positiva o negativa). In riferimento ad essa è sempre esperibile l’azione interna alla giustizia sportiva, anche limitatamente alla verifica della sussistenza dei presupposti processuali relativi all’esperimento dell’azione. Risolto così il primo aspetto, relativo alla tutela esperibile nel procedimento disciplinare in ambito sportivo, va indagata la sussistenza, o no, di un potere di controllo sulla correttezza del procedimento ad opera del giudice amministrativo. Invero, il giusto processo sportivo legittima la riserva di tutela in favore del giudice sportivo (sia endo, che esofederale) pur nel rispetto delle regole dettate per il giusto processo sportivo, uniche che legittimano la sussistenza della tutela discendente dalla giustizia associativa. Poiché, come è stato per l’ennesima volta [9] affermato dal Consiglio di Stato, l’attività svolta dai giudici sportivi in generale, e da quelli sedenti presso il CONI in particolare, si traduce in un provvedimento amministrativo rispetto al quale è possibile solo il controllo formale dei giudici statali. Nel caso di specie, poiché [continua ..]


4. Profili di costituzionalità

La decisione del Consiglio di Stato del 20 dicembre 2018 tratta, incidentalmente, anche di un ulteriore aspetto di costituzionalità dell’art. 2 della legge n. 280/2003, sollevato dal Tar del Lazio con l’ordinanza n. 10171 dell’undici ottobre 2017 [11]. In relazione a questo ulteriore profilo, alla luce di quanto sopra ricordato, occorre fare alcune riflessioni. Chiarisce, infatti, il giudice amministrativo (prendendo le mosse dall’analisi della decisione resa dai giudici della legittimità delle leggi quando, con la pronuncia n. 49/2011, hanno ritenuto la legge n. 280/2003 conforme al dettato costituzionale) che, pur essendo la tutela avverso gli atti da cui derivano sanzioni disciplinari rimessa in via esclusiva ai giudici sportivi, è necessario ricordare che, «qualora la situazione soggettiva abbia consistenza tale da assumere nel­l’or­dinamento statale la configurazione di diritto soggettivo o di interesse legittimo» [12], è possibile agire innanzi al giudice amministrativo, titolare, sul tema, di giurisdizione esclusiva [13] (art. 133, lettera Z, c.p.a.), per ottenere non la caducazione dell’atto, ma il risarcimento del danno [14]. Seguendo la linea tracciata dalla Corte, il Consiglio di Stato afferma che la esplicita esclusione della tutela relativa agli atti con i quali i giudici sportivi (endo ed esofederali) hanno comminato sanzioni disciplinari, derivante dalla riconosciuta autonomia dell’ordinamento sportivo (art. 1 della legge n. 280/2003) [15], offre, tuttavia, la possibilità di agire in giudizio per la tutela risarcitoria del danno derivante dalla non corretta gestione delle norme relative al «giusto processo sportivo» da parte dei giudici sportivi. Discendono da questo presupposto due considerazioni di natura processuale: la prima, ci porta ad affermare che, per verificare, in concreto, la sussistenza di un pregiudizio, i giudici amministrativi debbono poter conoscere, almeno in via incidentale, del procedimento disciplinare al solo fine di valutare se vi è stata (o no) corretta applicazione delle norme che il «legislatore sportivo» si è dato, sfruttando l’autonomia a lui riconosciuta, per regolare il giudizio sportivo [16]. La seconda, conseguente alla prima, porta a misurare l’ampiezza di tale accertamento incidentale. Già dalla lettura della decisione [continua ..]


5. Conclusioni

La sentenza annotata del Consiglio di Stato dimostra la conformità all’impianto costituzionale della legge n. 280/2003, che ha sancito la autonomia dell’organizzazione sportiva e della giustizia associativa da essa derivante, anche in presenza di una gestione del processo sportivo non rispondente alle regole del “giusto processo”, lasciando che sia la stessa giustizia per lo sport a reprimere, al suo interno, comportamenti non in linea con la tutela dettata dal codice di giustizia sportiva. L’intervento dei giudici statali, in particolare di quelli amministrativi, muniti di giurisdizione esclusiva, deve, quindi, limitarsi ad un accertamento incidentale finalizzato a verificare la mancata rispondenza alla normativa autodeterminata del CONI per assegnare, in caso di mancata rispondenza, la sola sanzione del risarcimento del danno. Un ultimo rilievo va mosso in relazione al giudizio di rinvio. Il Tar del Lazio, con la decisione avente n. 4041/2018, ha affermato che il giudizio di rinvio, operato dal Collegio di garanzia per lo sport, sedente presso il CONI, avrebbe dovuto essere operato in favore della Corte Federale d’appello e non del Tribunale federale, come è invece avvenuto. La tesi sostenuta dal Tar non è condivisibile. Invero, nel caso di specie non ci si trova in presenza di un vero e proprio giudizio di «rinvio di natura prosecutoria», sulla base di un principio di diritto reso dai giudici sedenti presso il CONI e del codice di giustizia sportiva; bensì di un «rinvio restitutorio», che consente al giudice di primo grado di occuparsi, per la prima volta, del merito della vicenda, sulla base delle regole del giusto processo sportivo dettate dal d.lgs. n. 15/2004, sempre che, al riguardo, non siano intervenute preclusioni e/o decadenze, che rendano vano quel tipo di accertamento.


NOTE