Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Il mandato sportivo, tra «deregulation» dell´ordinamento sportivo, normativa statale e ordinamento comunitario (di Paolo Garraffa, Avvocato, Dottore di ricerca in «Integrazione Europea, Diritto Sportivo e Globalizzazione Giuridica» presso l’Università degli studi di Palermo.)


This work was inspired by two last rulings of Court of Cassation, which, following consolidated juridical opinion, have focused on the issue related to the contract of sports mandate. This has allowed the author to launch a broad debate about it. More particularly, a greater focus on some aspects regarding the relation with the general and the sports sector legislation and its invalidity, without silencing the contract categorisation in the case-law. In addition, a careful examination about the figure of Sports Agent, in the light of the new Regulation, looking at the case in which the mandate was given to a lawyer and its critical elements.

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. I casi affrontati - 3. Il «mandato» sportivo, tra «contratto misto normativo» e «giudizio di meritevolezza» della giurisprudenza civile - 4. La «vexata quaestio» della natura e della funzione dei Regolamenti sportivi - 5. Sulla necessità di distinguere, tra le norme regolamentari sportive, quelle poste a tutela degli equilibri di settore da quelle, invece, «meramente» formali - 6. La figura del «Procuratore Sportivo» alla luce del nuovo Regolamento per i Servizi di Procuratore Sportivo FIGC, ed i (problematici) profili di compatibilità con la professione forense - 7. Considerazioni conclusive (sulla possibilità, sempre attuale, di apportare modifiche alla disciplina) - NOTE


1. Introduzione

Alcuni orientamenti della Corte di Cassazione hanno recentemente avuto modo di soffermarsi sul contratto di mandato sportivo, con particolare riguardo all’ipotesi in cui tale attività di assistenza e rappresentanza venga conferita da parte di un legale (non iscritto nel Registro dei Procuratori Sportivi) nei confronti di un calciatore [1]. Il mandato sportivo rappresenta, invero, uno dei temi più controversi del diritto civile e del diritto sportivo, non potendosi – al momento in cui si scrive – ancora ritenere del tutto superati i dubbi e le incertezze riguardanti tale particolare tipologia di contratto. Sono venute in rilievo, in particolare, due pronunce [2], rese a breve distanza (pochi mesi) l’una dall’altra, con cui la Suprema Corte ha avuto modo di affermare che, nel­l’ambito del contratto di prestazione professionale per assistenza sportiva, il rapporto soggiace ai Regolamenti Federali (nella specie, il Regolamento FIGC per i «Servizi di Procuratore Sportivo») [3] – per quanto concerne il rispetto dei requisiti formali e sostanziali da esso previsti (in primis: utilizzo della modulistica predisposta dalla Federazione, rispetto delle normative federali in tema di durata, corrispettivo, vincolo di esclusiva, ammontare di eventuali clausole penali, deposito del contratto in Federazione ai fini della registrazione) – non solo nel caso in cui questo venga stipulato tra il giocatore ed un Procuratore iscritto nel relativo registro, ma anche nel caso in cui lo stesso contratto venga stipulato tra il giocatore ed un Avvocato iscritto nel proprio albo professionale. Le violazioni delle norme dell’ordinamento sportivo, infatti, pur non determinando direttamente la nullità del contratto (per contrarietà a norme imperative), comportano, tuttavia, l’invalidità dello stesso anche nell’ambito dell’ordinamento statale, dovendo, il contratto stipulato senza l’osservanza delle regole federali, ritenersi concluso in frode alla legge sportiva, la cui violazione si ripercuote necessariamente sulla funzionalità dello stesso, intesa quale giuridica idoneità a realizzare un interesse meritevole di tutela, insito nel raggiungimento della funzione e degli scopi ad esso attribuiti dall’or­dinamento sportivo. Tale principio, ribadito da due recenti orientamenti della Suprema Corte [4], sembra in fase [continua ..]


2. I casi affrontati

Per meglio inquadrare la problematica relativa al mandato sportivo, occorre ricostruire brevemente le fattispecie su cui la Suprema Corte è stata chiamata a pronunziarsi. Nel primo caso, la vicenda ha tratto origine dall’azione intentata dal legale nei confronti del proprio assistito, che aveva ottenuto un decreto ingiuntivo per somme richieste a titolo di corrispettivo per assistenza professionale prestata in occasione della stipula di un contratto d’ingaggio con un club militante in un campionato professionistico, somme che non erano mai state versate dal giocatore. Contro il provvedimento monitorio disposto dal giudice prima facie, quest’ultimo proponeva opposizione innanzi al giudice di merito che, nel disporne l’accoglimento, dichiarava nullo – per violazione delle normative federali – il contratto di prestazione d’opera professionale concluso tra le parti. Il legale presentava appello avverso tale sentenza, ma la Corte territoriale respingeva nuovamente il gravame proposto [7]. Avverso tale decisione, quest’ultimo proponeva ricorso per Cassazione, ma la Suprema Corte, nel rigettare definitivamente l’impugnativa, si pronunciava nel senso di ritenere nullo il contratto di prestazione d’opera stipulato tra l’Avvocato e lo sportivo professionista, secondo le norme del diritto comune, in quanto, sebbene concluso per iscritto, non era stato redatto in maniera conforme al modello previsto – asseritamente a pena di nullità – dai Regolamenti della FIGC (e predisposto dalla relativa Commissione degli Agenti dei giocatori) [8]. Nel secondo caso, la vicenda traeva, nuovamente, origine da un’azione intentata da un legale nei confronti del proprio assistito, con cui il primo aveva convenuto in giudizio il giocatore per ottenerne la condanna al pagamento di una penale contrattuale, relativa ad un rapporto di mandato conferito nei rapporti con società di calcio professionistico con vincolo di esclusiva. La domanda dell’Avvocato veniva respinta sia in primo grado, sia in grado d’ap­pello, essendo stato il contratto stipulato tra le parti dichiarato nullo «in quanto non rispondente ai requisiti previsti dall’ordinamento sportivo», e, di conseguenza, «inidoneo al raggiungimento del suo scopo» [9], supposto che il legale, «indipendentemente dall’iscrizione all’albo degli agenti e [continua ..]


3. Il «mandato» sportivo, tra «contratto misto normativo» e «giudizio di meritevolezza» della giurisprudenza civile

Il mandato «sportivo» è una fattispecie contrattuale che non trova disciplina nel­l’ordinamento statale [13], ma nell’ordinamento sportivo. Il punto nodale di entrambe le fattispecie, su cui la Suprema Corte è stata chiamata a pronunziarsi, è stato individuato nell’asserita «mancanza di funzionalità» – nell’am­bito dell’ordinamento sportivo – del contratto di rappresentanza stipulato senza l’os­ser­vanza dei requisiti previsti dalle normative federali, circostanza su cui è stato fondato il giudizio di «non-meritevolezza» (quanto alla tutela) della pattuizione intercorsa tra le parti e la conseguente invalidità della stessa anche nell’ambito dell’ordinamento statale. Entrambe le accennate sentenze si pongono in linea di continuità con un precedente orientamento della giurisprudenza di legittimità, reso su di una fattispecie analoga [14]. In tale occasione, il contratto di rappresentanza tra procuratore e giocatore (disciplinato dai regolamenti federali) è stato qualificato come «contratto misto normativo, che assume la forma di contratto neutro di mandato», il quale «realizza l’oggetto e la causa propria della ragione di un affare che avvantaggia l’avvocato procuratore sportivo» [15]. Per tale tipo di contratto è stato ritenuto applicabile il criterio della «disciplina integrata» [16] (rispettivamente: dalle norme del codice civile sul mandato, da un lato, e dalla normativa Federale, dall’altro), «nel senso che le parti contraenti devono conformare il contratto alla tipologia ed alle condizioni indicate dal regolamento italiano vigente all’epoca dei fatti» [17]. In tale circostanza, la difformità del contratto di rappresentanza, stipulato dalle parti senza seguire il modello-base, previsto dalla normativa federale, è stata considerata come diretta al perseguimento di «una causa illecita sottostante», da cui far discendere il regime d’invalidità, ai sensi del comma 2 dell’art. 1322 del codice civile [18], per assenza del requisito di «meritevolezza» della fattispecie conclusa tra le parti. Tutto ciò premesso, va subito rilevato che il percorso motivazionale seguito dalla Suprema Corte in tali orientamenti non [continua ..]


4. La «vexata quaestio» della natura e della funzione dei Regolamenti sportivi

I Regolamenti delle Federazioni sportive, lungi dal poter essere considerati come fonti del diritto, rappresentano infatti – come pure ricordato dalla stessa giurisprudenza della Suprema Corte [34] – atti di autonomia organizzativa di natura contrattuale. Da ciò ne discende che le norme regolamentari – stante il generale principio di cui all’art. 1372, comma 2, del codice civile – non possono che rivestire forza vincolante nei confronti dei soli affiliati e tesserati [35], in quanto unici soggetti facenti parte del­l’ordinamento sportivo. Si deve, allora, escludere – come pure rilevato dalla dottrina [36] – che all’inosser­vanza della norma regolamentare o statutaria dell’ordinamento sportivo possa attribuirsi la stessa rilevanza (anche sul piano sanzionatorio) della violazione di una norma di legge, con conseguente sanzione di nullità del contratto, ai sensi dell’art. 1418, comma 1, del codice civile [37]. La stessa giurisprudenza di legittimità ha affermato, di recente [38], che le norme federali, pur richiamate da disposizioni di ‘rango’ statale [39], sono norme di diritto privato che – in quanto tali – esplicano i propri effetti solo tra soggetti appartenenti all’or­dinamento sportivo, «non potendo il detto ordinamento estendere i suoi effetti al di fuori dell’ambito circoscritto, anche di carattere soggettivo, in cui esso opera» [40]. Ad ulteriore riprova di ciò, sarà sufficiente ricordare che, nell’ambito di una fattispecie contrattuale che ha interessato due soggetti appartenenti entrambi all’ordina­mento sportivo [41], la Suprema Corte, nell’escludere che qualsivoglia violazione delle regole dell’ordinamento sportivo possa comportare tout court la nullità dei contratti conclusi tra società (o associazioni) sportive e tesserati [42], ha, non solo, escluso la possibilità di configurare la nullità della pattuizione per violazione dei requisiti di forma previsti dalle normative federali [43], ma ha, altresì, escluso la possibilità di configurare la nullità della stessa per violazione dei requisiti di sostanza previsti dalle medesime disposizioni [44]. Orbene, se – quindi – la giurisprudenza di legittimità s’è già [continua ..]


5. Sulla necessità di distinguere, tra le norme regolamentari sportive, quelle poste a tutela degli equilibri di settore da quelle, invece, «meramente» formali

Il nuovo «Regolamento per i Servizi di Procuratore Sportivo» [47], adottato dalla FIGC in attuazione alle disposizioni FIFA [48], reca numerose previsioni in tema di contratto di rappresentanza sportiva (o mandato sportivo), intendendo per tale «il contratto con durata non superiore a due anni stipulato e sottoscritto da un Procuratore Sportivo, con un Club o un Calciatore, o con entrambi, per le finalità di cui al presente regolamento, che sia redatto secondo il facsimile di cui all’allegato A o contenga i requisiti minimi previsti dal presente regolamento» [49]. Nell’ambito di tali disposizioni, vengono in rilievo soprattutto – oltre all’accennato requisito della durata massima del contratto (fissata in due anni) – l’obbligo di registrazione [50] del medesimo nell’apposito Registro tenuto presso la FIGC, i requisiti minimi che esso deve possedere [51], le previsioni relative ai corrispettivi dovuti al Procuratore [52], nonché in tema di conflitto d’interessi [53] e di trasparenza nei rapporti tra le parti [54]. Prima di addentrarci nell’analisi delle singole norme, occorre premettere che l’ap­provazione del nuovo Regolamento è stata fortemente voluta dalla FIFA, al preciso scopo di garantire maggiore trasparenza [55], nonché introdurre requisiti minimi d’in­gresso [56], ai fini dello svolgimento di tale attività, in un’ottica di maggiore – e più efficace – controllo del mercato riguardante le transazioni dei giocatori di calcio (soprattutto se minori di età ed alla stipula del loro primo contratto d’ingaggio con un club militante nei campionati professionistici), spesso appannaggio, nel passato, di operazioni poste in essere da soggetti di dubbia provenienza [57]. Qualunque analisi della normativa in oggetto, pertanto, non può fare a meno di tenere in considerazione le istanze e le finalità fatte proprie dall’organo di governo del calcio mondiale. Ciò premesso, lungi dal ritenere che «qualsiasi accordo concluso al di fuori degli schemi disegnati dal legislatore sportivo sarebbe potenzialmente lesivo dell’interesse collettivo, tutelato dal sistema sportivo, alla regolarità dei rapporti e negozi giuridici sorti al proprio interno» [58], siamo dell’idea, tuttavia, che [continua ..]


6. La figura del «Procuratore Sportivo» alla luce del nuovo Regolamento per i Servizi di Procuratore Sportivo FIGC, ed i (problematici) profili di compatibilità con la professione forense

I casi hanno affrontato la problematica del «mandato» sportivo, con particolare riguardo all’ipotesi che l’attività di assistenza e rappresentanza venga fornita da parte di un Avvocato (iscritto al proprio albo) e non da parte di un Procuratore Sportivo (oggi «Intermediario»). Secondo il Regolamento del 2010 – emanato in conformità al Regolamento FIFA del 2008 [69] – l’attività di Agente di calciatori poteva essere svolta solo da soggetti in possesso di regolare licenza rilasciata dalla FIGC [70] o da altra Federazione nazionale o internazionale (art. 1, comma 1), essendo quest’ultimo definito quale «libero professionista senza alcun vincolo associativo nei confronti della FIGC o di società di calcio affiliate alla FIGC», e non potendo «essere considerato ad alcun titolo tesserato della FIGC» (così il successivo comma 2). L’attività di «agente» veniva definita, in particolare, come l’attività di colui che, «in forza di un incarico a titolo oneroso conferitogli in conformità al presente regolamento, cura e promuove i rapporti tra un calciatore professionista ed una società di calcio professionistica, fatto salvo quanto previsto dall’art. 23 (in tema di rappresentanza dei calciatori minorenni, ove si sanciva la presunzione di gratuità dell’incarico, ndr.) in vista della stipula del contratto di prestazione sportiva, ovvero tra due società per la conclusione del trasferimento o la cessione di un contratto di un calciatore nel­l’ambito di una Federazione o da una Federazione all’altra», dovendo, il conferimento dell’incarico, svolgersi «secondo le modalità indicate nel presente regolamento» (così l’art. 3). Per ciò che concerne l’abilitazione allo svolgimento di tale attività, il Regolamento del 2010 prevedeva che essa poteva essere effettuata solo da parte di «persone fisiche che abbiano ottenuto la licenza» (così l’art. 4, comma 2), con conseguente divieto di avvalersi della collaborazione di soggetti privi di tale titolo abilitativo, «salvo si tratti di un avvocato iscritto nel relativo albo professionale, in conformità alla normativa statale e sportiva vigente» (così l’art. 5, comma 1, «vecchio» [continua ..]


7. Considerazioni conclusive (sulla possibilità, sempre attuale, di apportare modifiche alla disciplina)

Dovendo tirare le fila del discorso, riteniamo necessaria qualche precisazione. In primo luogo, per quanto riguarda la figura dell’Avvocato, occorre ricordare che questi è soggetto (oltre che alle disposizioni del codice civile in tema di responsabilità del professionista) soltanto al potere disciplinare del proprio Ordine Professionale di appartenenza [92]. In secondo luogo, si osserva che, una volta introdotto – come visto in precedenza – dal nuovo Regolamento un regime di «deregolamentazione» («deregulation») dell’at­tività di Procuratore Sportivo, l’iscrizione, da parte degli Avvocati, al registro tenuto presso la FIGC deve ritenersi meramente facoltativa [93] (pur se, in linea teorica, sempre possibile). Tuttavia, una volta che si opti per tale iscrizione, essa implica la piena e completa adesione alle norme del Regolamento per i Servizi di Procuratore Sportivo, tra cui viene in rilievo, anzitutto, l’assoggettamento al potere disciplinare interno dell’organi­smo di settore [94] (circostanza, quindi, che vale anche nei confronti dell’Avvocato che abbia proceduto a tale iscrizione) [95]. Per ciò che concerne, infine, la problematica relativa all’obbligo del deposito del contratto presso la Federazione, ai fini della sua registrazione, si osserva che, nonostante quanto affermato dal Consiglio Nazionale Forense nel Parere prima citato, non sarebbe fuori luogo un ripensamento di tale posizione, optando, invece, per una sua obbligatorietà, per un molteplice ordine di ragioni. In primo luogo, perché l’obbligatorietà della registrazione del contratto di mandato sportivo gioverebbe senza alcun dubbio alla certezza delle relazioni contrattuali tra le parti, evitando il rischio di truffe, nonché «di una concorrenza spropositata e selvaggia (senza regole, ndr.)» [96]. In secondo luogo, perché essa è un requisito posto a tutela delle parti, in particolare per il giocatore, vera e propria parte ‘debole’ (nella stragrande maggioranza dei casi) del rapporto. In terzo luogo, perché la registrazione è un adempimento richiesto dall’ordina­mento sportivo ai fini della tenuta del suo equilibrio interno, sotto il profilo finanziario [97]. La stessa giurisprudenza statale, d’altronde, ha sempre sostenuto la necessità [continua ..]


NOTE