Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Autonomia privata ed esercizio di funzioni pubbliche. Sul problema della qualificazione delle federazioni sportive come organismi di diritto pubblico (di Andrea Averardi, Dottore di ricerca in Istituzioni, Amministrazioni e politiche regionali dell’Università degli Studi di Pavia. Abilitato alle funzioni di Professore Associato di Diritto Amministrativo.)


In its judgment of 13 April 2018, The Administrative Tribunal for Lazio has argued that Italian football federation must be regarded as body governed by public. Thus, the Tribunal has established that the federation must permanently apply public procurement rules. The formalistic arguments underlying this approach seem not convincing since they do not consider properly the distinction among private and public activities of the sport federation. In the following essay the author explains why administrative rules should be applied to sport federations only whether it is strictly necessary to protect a public interest.

Tar Lazio, Sez. I., 13 aprile 2018, n. 4100 Una volta acclarato lo status di organismo di diritto pubblico di un determinato soggetto, quest’ultimo è sempre e comunque tenuto all’osservanza delle regole dell’evidenza pubblica. Se ne deduce che, nel caso di specie, la Federazione era tenuta, in quanto organismo di diritto pubblico, a seguire le modalità procedurali di cui al d.lgs. n. 50/2016.   Pubblicato il 13/04/2018 04100/2018 REG.PROV.COLL. 07080/2017 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO   Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio   (Sezione Prima Ter)   ha pronunciato la presente SENTENZA   sul ricorso numero di registro generale 7080 del 2017, proposto da: De Vellis Servizi Globali S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Catricalà, Damiano Lipani, Francesca Sbrana e Sergio Grillo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Damiano Lipani in Roma, via Vittoria Colonna 40; contro Federazione Italiana Giuoco Calcio – F.I.G.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Luigi Medugno in Roma, via Panama 58; nei confronti Comitato Olimpico Nazionale Italiano – C.O.N.I.; Consorzio Ge.Se.av. Società Cooperativa a responsabilità limitata, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Vincenza Di Martino, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pompeo Magno 7; per l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, della lettera di invito alla “Procedura negoziata plurima per l’affidamento dei servizi di trasporto e facchinaggio” (Prat. n. 591/2016/G), di cui alla nota della Federazione Italiana Giuoco Calcio prot. n. 19765/2016 del 20 dicembre 2016, trasmessa alla De Vellis Servizi Globali S.r.l. in pari data; del Capitolato Tecnico relativo alla “Procedura negoziata plurima per l’affidamento dei servizi di trasporto e facchinaggio” (Prat. n. 591/2016/G); della nota trasmessa a mezzo PEC in data 8 giugno 2017, con la quale la Federazione Italiana Giuoco Calcio, nel riscontrare la nota inviata dalla De Vellis Servizi Globali S.r.l. prot. n. 143/17 U del precedente 6 giugno 2017 – con cui tale società, dopo avere dato atto di non avere avuto alcun aggiornamento in ordine alla procedura concorsuale de qua, ha invitato la predetta Federazione a voler comunicare, tra l’altro, lo stato e l’eventuale esito della procedura medesima, anche al fine di valutare eventuali azioni a tutela dei propri diritti ed interessi – ha informato la stessa società che “l’esito della procedura di confronto concorrenziale di cui trattasi sarà [continua..]
SOMMARIO:

1. Il fatto - 2. Le federazioni sportive tra pubblico e privato - 3. Evidenza pubblica e federazioni sportive: i profili più critici della pronuncia - 4. Gli equivoci del pan-pubblicismo - NOTE


1. Il fatto

Nel dicembre del 2016, in vista della scadenza del contratto di servizi di trasporto e facchinaggio, la Federazione Italiana Giuoco Calcio (di seguito FIGC) avvia, replicando il meccanismo già utilizzato in passato, una procedura negoziata per aggiudicare, sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tali servizi per i successivi tre anni [1]. Due imprese, dopo l’apertura delle buste con le offerte economiche, vengono selezionate per la seconda fase di negoziazione e di rilancio [2]. In mancanza di immediata comunicazione, una delle due società richiede alla FIGC di rendere noto ufficialmente lo stato della procedura e il nome della relativa vincitrice, contestando, in via preventiva, il mancato rispetto dei principi e delle regole in materia di pubblicità delle sedute di gara e conservazione dei plichi [3]. A fronte di tale richiesta, la FIGC informa la società richiedente di non essere tenuta ad applicare le regole previste dal Codice dei contratti, essendo le modalità di affidamento del servizio stabilite dalla stessa Federazione e indicate nella documentazione di gara. In un secondo momento, quindi, la FIGC comunica alla stessa impresa di non essere risultata vincitrice della procedura [4]. Quest’ultima società impugna quindi la comunicazione ufficiale della FIGC e, con essa, tutti gli atti della procedura. Viene formulato, nello specifico, un unico motivo di ricorso, consistente nella mancata applicazione del codice dei contratti pubblici che, a detta della ricorrente, la Federazione sarebbe stata tenuta ad applicare in quanto rientrante, come organismo di diritto pubblico, nella categoria delle amministrazioni aggiudicatrici [5]. La FIGC e la società vincitrice della procedura si costituiscono in giudizio, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e la tardività del ricorso, chiedendone, nel merito, il rigetto. Il Tar Lazio, dopo aver ricostruito la configurazione giuridica data dal legislatore alle federazioni sportive, a partire dal c.d. decreto Melandri, quali enti di dritto privato che possono svolgere funzioni pubblicistiche, si sofferma sulla possibilità che a queste ultime sia attribuita la natura di organismo di diritto pubblico [6]. A essere approfondito è specialmente il profilo della sussistenza del terzo requisito necessario perché un soggetto possa essere [continua ..]


2. Le federazioni sportive tra pubblico e privato

Esattamente vent’anni fa, al momento dell’approvazione del decreto Melandri, di riforma dell’organizzazione sportiva, si era registrato l’auspicio trasversale di archiviare l’annoso dibattito sulla natura giuridica delle federazioni sportive nazionali [10], stante il loro espresso inquadramento tra le «associazioni con personalità giuridica di diritto privato» [11]. In realtà, poco dopo l’entrata in vigore della riforma, era apparso chiaro come alla sola attribuzione alle federazioni della capacità di agire nell’ordinamento quali soggetti di diritto privato non potesse farsi conseguire, in modo automatico, la sottrazione completa della loro attività dalla sfera pubblicistica [12]. Del resto, non era neppure questa l’intenzione del legislatore, giacché proprio il decreto in questione aveva confermato la possibilità per le federazioni sportive di curare, oltre all’interesse dei loro associati, anche quello generale, in coerenza con le finalità proprie del Coni [13]. In altri termini, il riassetto normativo dell’epoca aveva avuto il pregio, non trascurabile, di escludere l’esistenza di una presunta inconciliabilità tra l’esercizio di compiti amministrativi da parte delle federazioni sportive e il riconoscimento della loro forma di associazioni private [14]. Nel fare questo, tuttavia, era stata confermata la proiezione ibrida o composita delle federazioni, titolari, pur nella forma associazionistica di diritto privato, tanto del potere di svolgere funzioni di interesse generale, per scopi coincidenti con quelli del Coni e tramite l’adozione di atti amministrativi, quanto, ovviamente, della capacità di agire in via privatistica, secondo i moduli del diritto comune [15]. Non a caso, di fronte a questa potenziale «funzionalizzazione limitata» dell’operato delle federazioni sportive, nel ventennio appena trascorso, a emergere è stato soprattutto il problema di circoscrivere, in modo ponderato, i profili della rilevanza propriamente amministrativistica della loro azione [16]. Ciò, per un verso, al fine fondamentale di valorizzare l’autonomia tecnica, organizzativa e di gestione delle federazioni, evitando di eroderne i margini con l’applicazione di normative largamente derogatorie del diritto comune. E, per un altro, con lo scopo di [continua ..]


3. Evidenza pubblica e federazioni sportive: i profili più critici della pronuncia

Nel passato, anche meno recente, la questione dell’applicazione per le federazioni sportive delle regole dell’evidenza pubblica si è presentata diverse volte all’attenzione della giustizia amministrativa. A riguardo, va ricordato che la giurisprudenza è apparsa trovare un buon punto di equilibrio facendo leva sul criterio della natura delle attività che le federazioni concretamente svolgono [20]. In breve, è stato ripetutamente precisato che, nell’ipotesi di applicazione di norme che attengono alla vita interna della federazioni, e ai rapporti tra società̀ sportive e tra le società̀ stesse e gli sportivi professionisti, le federazioni operano come associazioni di diritto privato, e possono perciò non attenersi alle regole dell’evidenza pubblica. Mentre, laddove l’attività sia finalizzata alla realizzazione di interessi fondamentali dell’attività sportiva, le federazioni devono essere considerate organi del Coni e, pertanto, sono tenute a scegliere i propri contraenti con procedure competitive [21]. Tale criterio, nella prassi, ha permesso di isolare prestazioni non considerabili strumentali alla realizzazione della missione fondamentale delle federazioni, e dunque affidabili fuori dai vincoli imposti dalle regole sui contratti pubblici [22], e prestazioni che, al contrario, concorrendo a garantire il perseguimento di interessi fondamentali, connessi con l’attività sportiva, richiedono di essere affidate con gara [23]. Questo approccio, nella sua linearità, ha avuto poi due ulteriori meriti. Il primo è stato quello di permettere di affrontare il nodo dell’applicabilità delle procedure competitive pubbliche alle federazioni sportive senza soffermarsi sul correlato (ma non del tutto coincidente) problema della eventuale qualifica di esse come organismi di diritto pubblico [24]. Il secondo è stato quello di non stravolgere, in via interpretativa, il dettato dell’articolo 23 dello statuto del Coni [25]. Questo fornisce un elenco degli atti federali a valenza pubblicistica, senza menzionare l’attività contrattuale delle federazioni, con ciò lasciando appunto intendere che tale attività può assumere rilevanza pubblica solo laddove i contenuti dell’affidamento siano strumentali al perseguimento di scopi diversi da quelli [continua ..]


4. Gli equivoci del pan-pubblicismo

Massimo Severo Giannini, a metà del Secolo scorso, aveva osservato che l’intervento dell’ordinamento dello Stato nell’organizzazione di quello sportivo può oscillare da un «minimo» a un «massimo», aggiungendo poi che, in concreto, esso si declina sempre «nelle forme intermedie», non esistendo regimi solo privatistici o pubblicistici della materia sportiva [39]. La pronuncia in commento muove decisamente l’oscillazione indicata da Giannini verso il polo gius-pubblicistico, sollevando, come visto, perplessità quanto alle argomentazioni portate avanti e, ancora di più, destando preoccupazione per le conseguenze che può produrre [40]. A riguardo, una prima constatazione, che emerge dalla lettura critica della sentenza, è che, nell’estendere, nel modo indicato, le maglie della disciplina dell’evidenza pubblica, il Tar Lazio ripropone un preconcetto, spesso presente nella giurisprudenza italiana, per il quale il più ampio ricorso allo strumento delle gare pubbliche assicurerebbe sempre la maggiore tutela dei privati e il massimo della concorrenza fra essi [41]. È questa, tuttavia, una visione miope, poiché non considera che l’equivalenza tra il massimo accesso alle gare e la più ampia tutela della concorrenza è valida solo in un sistema (inesistente) a concorrenza statica, mentre non lo è affatto nella reale dinamica dei mercati, in cui la sottoposizione alle regole dell’evidenza pubblica deve necessariamente essere considerata una deroga eccezionale alla libertà negoziale, la quale è, per l’appunto, il vero mezzo attraverso cui la competizione può essere stimolata [42]. Ne discende, allora, che il ricorso alle gare pubbliche andrebbe ritenuto legittimo solo per quegli organismi che sono posti del tutto “fuori dal mercato”, e che potrebbero abusare della loro posizione [43], non potendosi invece invocare per quei soggetti che, anche in parte, operano accettando i rischi del mercato [44]. Riportando il discorso al caso in commento, è indubitabile, perciò, che la decisione del tribunale, di reputare la FIGC un organismo di diritto pubblico, oltre a reggersi, in sé, su basi fragili, finisce per produrre un effetto diseconomico di sistema, difficilmente giustificabile [45]. Al di là di questo [continua ..]


NOTE