Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Rassegna della giurisprudenza del Collegio di Garanzia dello sport nell'anno 2022 (di Dario Martire, Ricercatore di Istituzioni di diritto pubblico nell'Università degli Studi di Roma “La Sapienza” e Alessandro Valerio De Silva Vitolo, Avvocato del Foro di Roma. Dottorando di ricerca in Scienze e culture dell'umano. Società, educazione, politica e comunicazione nell'Università degli Studi di Salerno)


Lo scopo del presente lavoro è quello di analizzare gli orientamenti più importanti del Collegio di Garanzia dello Sport dell’ultimo anno. Dalla rassegna svolta emergono importanti principi sia di diritto sostanziale che procedurale.

Review of the most recent jurisprudence of the Sports Guarantee Committee in the year 2022

The aim of this work is to analyse the most important orientations of the Sports Guarantee Committee of the last year. Important principles concerning both substantive and procedural law emerge from the review.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Questioni di diritto sostanziale - 2.1. Ineleggibilità e incompatibilità rispetto alla partecipazione a organi elettivi - 2.1.1. La non indifferenza per l’ordinamento dello Stato della materia elettorale - 2.2. Sull’utilizzabilità delle denunce anonime da parte della Procura federale - 2.3. In tema di legalità formale - 2.4. La revoca del tesseramento - 2.5. La prevalenza del favor rei sul tempus regit actum - 2.6. Il divieto di reformatio in peius - 2.7. Agenti Sportivi stabiliti e domiciliati - 3. Questioni di diritto processuale - 3.1. L’applicabilità dell’art. 384 del codice di procedura civile - 3.2. Il dovere di chiarezza e sinteticità degli atti processuali - 3.3. L’applicabilità dell’art. 75 del codice di procedura civile in tema di rappresentanza in giudizio delle persone giuridiche - 3.4. L’applicabilità della sospensione feriale dei termini - 3.5. La competenza del Collegio di Garanzia dello Sport sui provvedimenti degli organi di giustizia degli enti di promozione sportiva - 3.6. Sul filtro all’accesso di cui all’art. 54, comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI - 3.7. Sulla prescrizione dell’azione disciplinare in caso di fatti aventi rilevanza penale - 3.8. Sulla natura dei termini che regolano l’azione del procuratore federale - NOTE


1. Premessa

La giurisprudenza del Collegio di Garanzia dello Sport rappresenta un imprescindibile punto di riferimento del complessivo ordinamento sportivo, perché è proprio nelle decisioni di quest’organo che il diritto sportivo trova una parte significativa del proprio inveramento. Nelle pagine che seguono si darà dunque conto delle principali linee giurisprudenziali del Collegio per l’anno 2022, anno in cui le statistiche segnalano, peraltro, una significativa riduzione dei ricorsi depositati rispetto al 2021 (134 depositi) e al 2020 (120 ricorsi). Nel corso del 2022 risultano, infatti, depositati soltanto 79 ricorsi, quasi la metà dell’anno precedente [1]. Ciò posto, la giurisprudenza 2022 del Collegio di Garanzia rimane indubbiamente assai ricca, toccando anche problemi dalla rara complessità teorica, oltre che pratica. Al fine di mettere ordine in una rassegna necessariamente selettiva, e ciò non di meno afferente a un ventaglio assai ampio di questioni di diritto sportivo, abbiamo deciso di operare una distinzione in questa giurisprudenza tra profili di diritto sostanziale e profili di diritto procedurale.


2. Questioni di diritto sostanziale

Le principali linee giurisprudenziali su temi di diritto sostanziale hanno riguardato, fra le altre, questioni di diritto sanzionatorio, anche se non soltanto. Pensiamo, ad esempio, a vicende relative all’ineleggibilità e incompatibilità rispetto alla partecipazione a organi elettivi. È interessante osservare come alcuni peculiari corollari del diritto sanzionatorio in senso più ampio, al di là del solo ambito sportivo, siano ormai fatti propri anche dalla giustizia sportiva, a riprova della progressiva introiezione nell’ordinamento, che pur vive della sua autonomia, di principi di civiltà giuridica propri di altre branche del diritto. Principi che risultano fondamentali nella prospettiva della tutela dei diritti fondamentali anche nelle formazioni sociali, fra le quali lo sport rientra, peraltro in consonanza con quanto previsto dai principi del personalismo e del pluralismo sanciti nel­l’art. 2 della Costituzione repubblicana.


2.1. Ineleggibilità e incompatibilità rispetto alla partecipazione a organi elettivi

Con una delle prime pronunce del 2022, il Collegio di Garanzia si è espresso circa la disciplina degli istituti dell’ineleggibilità e dell’incompatibilità. In particolare, la Quarta Sezione ha affermato che la ratio sottesa a questi istituti è di «evitare che lo svolgimento delle funzioni connesse alla carica rivestita in seno agli organi elettivi possa influire, per un verso o per l’altro, sul rapporto di lavoro subordinato in atto e che quest’ultimo possa in qualche modo condizionare lo svolgimento delle dette funzioni». Dal momento che dinanzi a situazioni di incompatibilità, in caso di inerzia dell’interessato nel prendere una decisione, il rimedio approntato dall’ordinamento è la decadenza dalla carica elettiva, il Collegio ha ritenuto che non si possa imputare al­l’interessato l’onere della dichiarazione di decadenza, poiché il campo applicativo dei doveri di lealtà e correttezza non possono implicare anche il dovere di atti volti a prevenire situazioni rispetto alle quali – come si è detto – l’ordinamento stesso prevede il rimedio della decadenza [2]. Peraltro, sempre in tema di questioni afferenti all’incapacità di assumere una carica sociale per ineleggibilità, incandidabilità o incompatibilità dell’eletto, il Collegio di Garanzia a Sezioni Unite ha avuto modo di affermare che esse riguardano una materia esterna alla competenza esclusiva della giustizia sportiva, rispetto alla quale si ha invece competenza del giudice amministrativo una volta che i gradi della giustizia sportiva siano esauriti. Inoltre, ha precisato il Collegio, per ciò che riguarda i contenziosi relativi al sistema di democrazia interna di un organo associato al CONI, rimane ferma l’operatività, alla luce dell’art. 3 legge n. 280/2003, della pregiudiziale sportiva [3].


2.1.1. La non indifferenza per l’ordinamento dello Stato della materia elettorale

Le riportate decisioni del Collegio di Garanzia a Sezioni Unite n. 82 e n. 83 hanno pregiudizialmente affrontato, e risolto, la questione relativa alla sussistenza della giurisdizione in capo al Collegio Stesso in tema di controversie aventi ad oggetto l’im­pugnativa di atti delle Federazioni sportive che si connotano come decisioni in ordine alla regolare assunzione di cariche elettive, per ineleggibilità, incandidabilità o incompatibilità, attraverso procedure elettorali, anche alla luce della giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione (da ultimo, Cass. civ., Sez. Un., 2 febbraio 2022, n. 3101 resa a conclusione di una vicenda processuale portata alla cognizione della giustizia amministrativa culminata con la sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 2320/2020, pubblicata il 7 aprile 2020). In via del tutto preliminare occorre muovere dal dettato del d.l. 19 agosto 2003, n. 220 (Disposizioni urgenti in materia di giustizia sportiva), convertito dalla legge 17 ottobre 2003, n. 280. È ben noto che, all’art. 1, si dispone che «La Repubblica riconosce favorisce l’autonomia dell’ordinamento sportivo nazionale, quale articolazione dell’ordina­mento sportivo internazionale facente capo al Comitato Olimpico Internazionale» e che «i rapporti tra l’ordinamento sportivo e l’ordinamento della Repubblica sono regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per l’ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche soggettive connesse con l’ordina­mento sportivo». Le controversie riservate agli organi della giustizia sportiva, istituiti ed organizzati da ciascuna Federazione sportiva sotto l’egida del CONI, sono indicate dall’art. 2 (Autonomia dell’ordinamento sportivo), a tenore del quale: «In applicazione dei princìpi di cui all’articolo 1, è riservata all’ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad oggetto: a) l’osservanza e l’applicazione delle norme regolamentari, organizzative statutarie dell’ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive; b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e l’irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari sportive». Questa riserva consiste, per il comma 2, in [continua ..]


2.2. Sull’utilizzabilità delle denunce anonime da parte della Procura federale

Le Sezioni Unite si sono, peraltro, pronunciate sull’ulteriore, importante tema dell’utilizzabilità delle denunce anonime da parte della procura federale. Già lo scorso anno la Quarta Sezione si era pronunciata in materia, chiarendo che, seppur la denuncia anonima non possa certamente assurgere a elemento probatorio, rimane tuttavia consentito alla procura federale condurre un’ulteriore attività d’inda­gine volta a raccogliere ulteriori risconti in merito ai fatti descritti nel documento, non potendo negarsi alla procura di esercitare l’azione disciplinare d’ufficio una volta appresa la notizia di illeciti ai sensi dell’art. 44 CGS [8]. Più di recente, come anticipato, sono intervenute in tema le Sezioni Unite. Premesso che il documento anonimo – categoria in cui rientra anche la denuncia della quale non sia stato identificato l’autore – non è comunque passibile di assurgere a elemento di prova, non integrando neanche una notizia d’illecito in senso stretto in quanto manca la riconoscibilità della fonte, il Collegio di Garanzia ha ribadito che l’attività d’in­ve­stigazione della procura, finalizzata di “propria iniziativa” alla verifica se dal documento non possano comunque derivare notizie di eventuali illeciti, deve considerarsi perfettamente legittima. L’attività d’investigazione è, infatti, avviata dalla procura sulla base di una notizia che «viene a formarsi per iniziativa libera e ‘propria’ del­l’organo inquirente, ‘propria’ ancorché soltanto stimolata dal documento anonimo» [9].


2.3. In tema di legalità formale

Durante lo scorso anno è stata assai significativa una pronuncia della Prima Sezione sul principio di legalità formale nel diritto sanzionatorio. Si tratta di un tema su cui, peraltro, il Collegio di Garanzia aveva già avuto modo di pronunciarsi anche negli anni precedenti [10]. Anche in questa circostanza è emersa con forza la progressiva introiezione da parte del diritto sportivo di principi propri di altre branche del giuridico; principi che, tuttavia, si potrebbe osservare, vista la loro pregnanza e trasversalità sembrano in effetti connotare più in profondità la cultura giuridica propria del diritto italiano ed europeo. Nella decisione in questione, il Collegio di Garanzia ha osservato che, dal momento che i codici di giustizia sportiva e i regolamenti federali tipizzano sanzioni precise rispetto a condotte altrettanto precise, non è consentito, proprio alla luce del principio di legalità, «allargare o restringere la portata delle sanzioni medesime che, peraltro, possono in maniera significativa spezzare gli equilibri dei campionati i cui esiti dovrebbero essere il frutto del merito sportivo e non di vicende “altre”». Di conseguenza, il giudizio relativo alle condotte che violano le regole non può allontanarsi «in maniera superficiale» dalle specifiche previsioni relative a precetti e sanzioni, in ossequio al principio d’impronta penalistica del nullum crimen, nulla poena sine lege, che risulta applicabile anche nell’ambito del giudizio civile in forza della giurisprudenza di legittimità e, a catena, in quello sportivo. Il corollario di questa impostazione è che, in assenza di una previsione normativa, l’adozione di una sanzione per una condotta non prevista non solo non è possibile, ma è vietato pure il ricorso all’analogia, sempre in virtù della preclusione nei confronti della stessa in ambito penalistico derivante dal principio di legalità e da quanto previsto dalle preleggi all’art. 14. Il Collegio non manca, peraltro, di osservare che la sanzione disciplinare rappresenta, in ambito sportivo, ciò che la pena rappresenta in ambito penale [11].


2.4. La revoca del tesseramento

In tema di fattispecie di revoca del tesseramento ex art. 42, comma 1, Norme organizzative interne FIGC (NOIF) [12], il Collegio di Garanzia ha avuto modo di esprimersi, in particolare, sull’ipotesi di cui alla lett. c, ovverosia la revoca «per motivi di carattere eccezionale sulla base di determinazione insindacabile del Presidente Federale». Ebbene, la Prima Sezione ha precisato che il provvedimento in questione è espressione di un potere discrezionale posto in capo al Presidente della Federazione, il quale va esercitato, appunto, in ipotesi di carattere eccezionale e, di conseguenza, non è suscettibile di impugnazione, valutazione o censura tanto per motivi di legittimità quanto per motivi di merito, in quanto proprio la valutazione sul ricorrere di tali ipotesi è rimessa in via esclusiva allo stesso Presidente. Il cardine, la ratio intorno al quale la disciplina è strutturata, va individuata, secondo il Collegio, essenzialmente nella necessità di tutelare i calciatori istanti che «versano in una condizione di disagio psico-fisico che renderebbe difficile, se non impossibile, la prosecuzione dell’attività calcistica con il sodalizio sportivo di appartenenza», e di conseguenza nel porre una tutela in situazioni in cui il rapporto fra calciatore e società è nettamente squilibrato a favore della seconda, che è posta su un piano di supremazia rispetto al primo: di conseguenza, quest’istituto consente di garantire l’ap­plicazione dei principi di lealtà, correttezza e probità nelle competizioni sportive [13].


2.5. La prevalenza del favor rei sul tempus regit actum

Altra interessante questione decisa dal Collegio ha riguardato la portata applicativa e le intersezioni fra i due distinti principi del favor rei e del tempus regit actum, così rilevanti, peraltro, in settori del diritto nazionale differenti dal diritto sportivo. In ogni caso, vanno distinti, da un lato, la definizione più precisa della portata del favor rei nel­l’ordinamento sportivo e, dall’altro, la già richiamata intersezione con il tempus regit actum. Quanto al primo profilo, il Collegio di Garanzia ha sottolineato che il favor rei positivizzato nell’art. 2 c.p. può certamente trovare un’applicazione anche nell’ordina­mento sportivo, ma con alcune precisazioni. Sottolinea il Collegio che la sanzione disciplinare rimane appunto una sanzione, e come tale implica una incidenza sui soggetti nei cui confronti viene irrogata che si caratterizza per un tratto afflittivo. Di conseguenza, se le valutazioni alla base dell’irrogazione della sanzione «sono basate su criteri che vengono modificati e se, a seguito di tale modifica, quel comportamento o quella valutazione non costituiscono più il presupposto… per l’adozione del provvedimento finale che era stato inflitto, deve ritenersi caducato quel provvedimento, in ragione del principio del favor rei e della funzione pubblicistica di tale principio» [14]. Quanto, invece, al rapporto tra favor rei e tempus regit actum, si osserva che il primo principio in questo ambito «deve ritenersi ancor più significativo» e di conseguenza prevalente sul secondo perché la tutela dei diritti dei soggetti dell’ordinamento sportivo assume una – sembra di poter inferire dalle parole del Collegio – assai significativa importanza nel settore in questione. Peraltro, lo stesso Collegio aggiunge un ulteriore argomento alla base di queste determinazioni, rappresentato dalla rilevanza dell’informalità nei procedimenti di giustizia sportiva, «laddove l’equità sostanziale non è una cornice priva di contenuto, quanto, piuttosto, essa stessa contenuto» [15]. Decisione, quella richiamata – non isolata in tema di applicabilità del favor rei nell’ordinamento sportivo [16] – che vede peraltro una forte incidenza della giurisprudenza della Corte di cassazione, esplicitamente richiamata nell’apparato [continua ..]


2.6. Il divieto di reformatio in peius

Anche il divieto di refomatio in peius è stato al centro di alcuni arresti del Collegio di quest’anno. Pronunciandosi sull’art. 11, comma 3, Norme di disciplina AIA, è stato, ad esempio, affermato che la disposizione ivi contenuta («In assenza dell’atto di appello della Procura arbitrale non può esser aggravata la sanzione già disposta in primo grado al deferito») non può essere interpretata nel senso che il divieto di reformatio in peius si limiti alla preclusione del superamento dell’entità complessiva della sanzione comminata nel grado di giudizio precedente, «senza implicare un esito più favorevole neanche in caso di assoluzione da alcuni illeciti concorrenti prima ritenuti sussistenti, ovvero di esclusione di aggravanti». Si è quindi precisato che questo principio avrebbe la medesima portata applicativa di quello penalistico di cui all’art. 597, comma 4, c.p.p., ai sensi del quale in caso di accoglimento dell’appello dell’imputato in ordine a circostanze o reati concorrenti, anche se legati per continuazioni, la pena complessivamente irrogata viene diminuita in misura corrispondente. In un’altra decisione importante sul tema, il Collegio ha affermato che il divieto in questione non è violato nel caso in cui il giudice d’appello «pur escludendo un’aggra­vante o riconoscendo un’attenuante in accoglimento dei motivi proposti dall’imputato, confermi la pena inflitta in primo grado, ribadendo il giudizio di equivalenza tra le circostanze, purché quest’ultimo sia accompagnato da adeguata motivazione» [18]. In questa decisione, la sezione II dà conto, invero, dell’esistenza di orientamenti non univoci sul tema [19], affermando, infine, la compatibilità fra l’art. 11, comma 3, Norme di disciplina AIA richiamato e la correlativa disposizione del codice di procedura penale, in quanto le norme di quest’ultimo più che al modus procedendi del processo sportivo attengono a profili di natura sostanziale relativi ai criteri in base ai quali si determina la sanzione concretamente irrogabile una volta accertata l’applicabilità del divieto di reformatio in peius.


2.7. Agenti Sportivi stabiliti e domiciliati

È noto che il Regolamento Agenti Sportivi CONI devolve al Collegio di Garanzia, in unico grado e con cognizione estesa al merito, la cognizione sui ricorsi avverso i provvedimenti di cancellazione dal relativo registro. È in tale ambito che la Prima Sezione, decisioni n. 59, 63, 68 e 73, ha affrontato la spinosa questione degli Agenti Sportivi c.d. domiciliati, ponendo le dovute differenze con la figura degli stabiliti [20]. Si rammenta, a tal proposito, che l’art. 1, comma 373, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, ha istituito, presso il CONI, il Registro Nazionale degli Agenti Sportivi, nel quale devono essere iscritti i soggetti che, in forza di un incarico redatto in forma scritta, mettono «in relazione due o più soggetti operanti nell’ambito di una disciplina sportiva riconosciuta dal CONI ai fini della conclusione di un contratto di prestazione sportiva di natura professionistica, del trasferimento di tale prestazione sportiva o del tesseramento presso una Federazione sportiva professionistica». In tale Registro possono iscriversi i cittadini italiani o di altro Stato membro dell’Unione Europea che, tra l’altro, abbiano «superato una prova abilitativa diretta ad accertarne l’idoneità». Il successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 marzo 2018, in attuazione della norma sopra richiamata, ha stabilito, tra l’altro, i requisiti soggettivi per l’iscrizione nel Registro Nazionale, disciplinando l’esame di abilitazione, che si articola in una prova generale, presso il CONI, e in una prova speciale, presso le Federazioni sportive nazionali professionistiche. L’art. 11 del detto d.P.C.M. prevede espressamente la categoria degli “Agenti stabiliti”, dettando la seguente disciplina: «I cittadini dell’Unione Europea abilitati in altro Stato membro a mettere in relazione due o più soggetti ai fini indicati dall’articolo 1 del presente decreto possono chiedere alla Federazione o alle Federazioni sportive professionistiche italiane nell’ambito della cui disciplina sportiva intendono operare di essere iscritti m apposita sezione del registro federale degli agenti sportivi. […] Ciascuna Federazione, accertato che il richiedente sia abilitato a operare nell’ambito della Federazione sportiva del paese di provenienza, lo iscrive alla sezione speciale del registro federale [continua ..]


3. Questioni di diritto processuale

Le questioni di diritto processuale trattate dal Collegio nell’anno 2022 hanno riguardato svariati ambiti del processo sportivo, toccando inevitabilmente anche temi relativi alle intersezioni con le disposizioni del codice di procedura civile applicabili allo stesso.


3.1. L’applicabilità dell’art. 384 del codice di procedura civile

Il Collegio di Garanzia ha avuto modo di soffermarsi sul tema dell’impugnazione della decisione del giudice del rinvio e in particolare del carattere vincolante del principio di diritto enunciato ai sensi dell’art. 62, comma 2, CGS CONI. Tema sul quale sono intervenute ben due pronunce delle Sezioni Unite. Osserva il Collegio di Garanzia che l’art. 62, comma 2, CGS CONI va interpretato in conformità con quanto previsto dall’art. 383 c.p.c. Di conseguenza, «da una parte, tali “principi di diritto” possono essere enunciati anche soltanto in modo implicito, anziché espresso, e possono essere enucleati dall’intero corpo della decisione; dal­l’altra, il giudice di rinvio è vincolato dalla sentenza di cassazione, che disponga appunto il rinvio, anche nell’ipotesi in cui sia stato riscontrato un vizio di motivazione». Ciò implica che il giudice del rinvio deve ritenersi vincolato alla decisione che dispone il rinvio anche nel caso in cui si riscontri un vizio di motivazione, e deve dunque individuare i principi posti dal Collegio di Garanzia alla base dell’accoglimento del ricorso e del consequenziale rinvio [21].


3.2. Il dovere di chiarezza e sinteticità degli atti processuali

Il Collegio di Garanzia ha avuto modo di esprimersi anche su principi fondamentali del processo sportivo. In merito ai principi di celerità, concentrazione e informalità ha, infatti, precisato che essi trovano una declinazione anche nel dovere che gli atti processuali siano redatti in maniera chiara e sintetica, ai sensi dell’art. 2 CGS CONI, «la cui ratio è quella di consentire il tempestivo svolgimento del processo sportivo e rendere così, chiaramente e sinteticamente, edotte, sulle questioni giuridiche, le parti processuali e il giudice», in modo da evitare che scritti difensivi eccessivamente prolissi possano pregiudicare la chiarezza delle questioni poste, nonché la descrizione dei fatti di causa [22]. Anche in questo caso il Collegio di Garanzia, nella sua opera di inveramento del diritto, fonda le proprie determinazioni sull’introiezione della giurisprudenza di altri rami dell’esperienza giuridica, in particolare sentenze del Consiglio di Stato (n. 7622/2020) e della Corte di Cassazione (sentenze n. 17698/2014, n. 21297/2016, n. 8009/2019). In particolare, proprio le pronunce della Suprema Corte richiamate dal Collegio afferiscono ad argomenti dalla stessa addotti per affermare che il mancato rispetto di questi principi espone al rischio di inammissibilità del ricorso. Il Collegio riprende pure un significativo passaggio della sentenza n. 11199 del 2012, dove si afferma che l’eccessiva prolissità degli scritti difensivi, pur non ponendo una questione di violazione formale dell’art. 366 c.p.c., «concorre ad allontanare l’obiettivo o di un processo celere, che esige da parte di tutti atti sintetici, redatti con stile asciutto e sobrio» [23].


3.3. L’applicabilità dell’art. 75 del codice di procedura civile in tema di rappresentanza in giudizio delle persone giuridiche

Un’altra rilevante questione di natura processuale ha riguardato la rappresentanza in giudizio delle persone fisiche. Il Collegio di Garanzia, chiamato in causa sul punto, ha affermato che, al netto della disciplina prevista dall’art. 58, comma 1, CGS CONI – il quale sancisce l’obbligo per la parte di stare in giudizio attraverso il proprio difensore – attraverso il rinvio di cui all’art. 2, comma 6, CGS CONI [24], risulta applicabile anche al giudizio sportivo quanto disposto dall’art. 75 c.p.c., che fissa la disciplina generale ed esclusiva in tema di rappresentanza nei giudizi di fronte al Collegio di Garanzia, «risultando prevalente rispetto ad altre norme di natura regolamentare» [25].


3.4. L’applicabilità della sospensione feriale dei termini

Sull’istituto della sospensione feriale dei termini processuali, disposta fra il 1° e il 31 di agosto di ogni anno dall’art. 1 legge n. 742/1969, le Sezioni Unite avevano già avuto modo di pronunciarsi pochi anni fa, affermando un principio peraltro già espresso in passato per cui alla luce di quanto previsto dall’art. 2, comma 6, CGS CONI, «il decorso dei termini processuali, relativo ai procedimenti che si tengono davanti alle giurisdizioni sportive, deve ritenersi sospeso nel periodo feriale, che va dal 1° al 31 agosto, a meno che non vi sia una espressa norma federale che disciplini in senso diverso la questione, in relazione all’urgenza delle questioni da trattare, e sempre che il procedimento non debba essere ritenuto, per sua natura intrinseca, urgente, e come tale non differibile» [26]. Di recente, la sez. IV ha deciso su un ricorso nel quale si deduceva la violazione dei termini di durata del procedimento di appello – decisione intervenuta oltre sessanta giorni dopo la proposizione del reclamo introduttivo del giudizio – ribadendo che l’istituto della sospensione feriale dei termini è senz’altro applicabile al giudizio sportivo anche per quanto concerne i procedimenti sportivi disciplinari, che non si possono qualificare di per sé ‘intrinsecamente urgenti’ e, dunque, rientranti fra quelli che si sottraggono in quanto eccezioni al campo operativo dell’istituto della sospensione. Di conseguenza, soltanto una norma federale che disciplini in senso contrario può inibirne l’applicabilità e, nel caso di specie, un’indagine sul complessivo regolamento della Federazione coinvolta ha indotto il Collegio ad escludere che si potesse derogare al­l’ap­plicazione dell’istituto [27].


3.5. La competenza del Collegio di Garanzia dello Sport sui provvedimenti degli organi di giustizia degli enti di promozione sportiva

Il Collegio si è espresso nel corso dell’anno anche circa la sua competenza sui provvedimenti emanati da organi di giustizia degli enti di promozione sportiva (EPS). In merito, ha affermato che su tali provvedimenti, ai sensi dell’art. 12 Statuto CONI, dell’art. 12 Reg. EPS e dell’art. 54 CGS CONI, esso può pronunciarsi soltanto nel caso in cui una simile competenza sia prevista espressamente nello Statuto degli EPS e soltanto per ciò che concerne lo svolgimento di attività sportiva, «di tal ché è indispensabile, ai fini della giurisdizione del Collegio, che lo Statuto dell’Ente contempli espressamente un ulteriore grado di giudizio dinanzi al Collegio di Garanzia» [28].


3.6. Sul filtro all’accesso di cui all’art. 54, comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI

Significativi apprendimenti sono giunti dalla giurisprudenza del Collegio di Garanzia dello Sport anche in merito al filtro di accesso previsto dall’art. 54, comma 1, CGS CONI [29], la cui ratio consiste evidentemente nell’inibire l’accesso al Collegio per le questioni cosiddette ‘bagatellari’. Filtro sul quale, invero, lo stesso Collegio ha già avuto modo di esprimersi negli anni passati [30]. Il Collegio di Garanzia ha affermato, dinanzi a una questione di ammissibilità di un ricorso presentato contro la comminazione di una sanzione tecnico-sportiva inferiore nella durata ai novanta giorni previsti dalla soglia di accesso, che la soluzione della stessa riposa su un’opera interpretativa delle disposizioni di cui all’art. 12 bis, comma 1, Statuto CONI e all’art. 54, comma 1, CGS CONI, che non si riduce al ricorso al solo criterio letterale, ma deve necessariamente estendersi nella ricerca del significato da ascrivere all’enunciato anche ai criteri logico, funzionale e sistematico [31]. Il rilievo da attribuire alla misura della sanzione edittale piuttosto che a quella concretamente irrogata è stato ribadito nella recentissima decisione della sez. II, n. 3/2023, ove è stato ritenuto ammissibile il ricorso, pur in presenza dell’irrogazione, in entrambi i gradi di giudizio endofederali, di sanzioni inferiori alla soglia ex art. 54 CGS. V’è da considerare, inoltre il rilevante profilo concernente i limiti del sindacato del Collegio di Garanzia in ordine all’applicazione di una sanzione di natura tipicamente sportiva, emessa nel corso o a conclusione della gara. Ci si riferisce alla questione sollevata dal provvedimento di remissione alle Sezioni Unite della Sez. IV del 24 settembre 2021 e riguardante la competenza del Collegio di Garanzia sulle sanzioni “in tempo” emesse dai Commissari Sportivi delle gare automobilistiche. Secondo la Sezione rimettente, la questione “non sembrerebbe, infatti, molto diversa (se si prescinde dalla rilevanza degli effetti poi determinatisi a danno del pilota, oggetto della prima questione suindicata) da quella che potrebbe essere sollevata a seguito di una decisione presa da un arbitro di una partita di calcio o di pallacanestro a seguito di un “fallo di gioco”, con l’espulsione (ritenuta tecnicamente) non corretta di un giocatore. Con la conseguenza che il Collegio [continua ..]


3.7. Sulla prescrizione dell’azione disciplinare in caso di fatti aventi rilevanza penale

Questione molto importante per gli ovvi profili di intersezione fra ordinamenti riguarda la prescrizione dell’azione disciplinare nel caso in cui si tratti di fatti aventi rilevanza penale. Nel Codice di Giustizia Sportiva del CONI i termini di prescrizione dell’azione disciplinare sono com’è noto previsti all’interno dell’art. 45 («Prescrizione dell’azione») il quale dispone che, al netto di quanto previsto dal precedente art. 44, comma 5 [32], oltre alle ipotesi ivi previste, «in tutti gli altri casi» il diritto di sanzionare si prescrive entro «il termine della quarta stagione sportiva successiva a quella in cui è stato commesso l’ultimo atto diretto a realizzare la violazione» (comma 3, lett. d). In queste ipotesi il dies a quo per calcolare la decorrenza del termine di prescrizione è quello in cui si verifica «il fatto disciplinarmente rilevante», come previsto dal comma 2 dello stesso art. 45. Ebbene, il Collegio di Garanzia si trovava di fronte alla prospettazione di due opposte tesi, quella del ricorrente e quella dei giudici federali, accolta anche dalla parte resistente: secondo la tesi del primo, «il fatto disciplinarmente rilevante» non avrebbe potuto che consistere nella condotta concretamente posta in essere in ragione della quale era stata esercitata l’azione penale; secondo la tesi dei giudici, per converso, il fatto avrebbe dovuto identificarsi nella condanna pronunciata in sede penale, poiché sarebbe stato solo da quel momento che la condotta avrebbe potuto assumere un rilevanza disciplinare per l’ordinamento sportivo. Il Collegio ha ritenuto condivisibile la tesi prospettata dal ricorrente, affermando che, nei casi in cui le condotte abbiano anche una rilevanza penalistica, il fatto rilevante sul piano disciplinare, rispetto al cui occorrere si determina il decorrere dei termini di prescrizione dell’azione, «si identifica non nella condanna subita in sede penale, bensì nei fatti commessi che hanno dato avvio all’azione penale» [33]. È interessante soffermarsi sulle argomentazioni spese a sostegno di questa soluzione interpretativa. Il Collegio ha invero escluso che la rilevanza disciplinare dei fatti possa discendere dal loro accertamento in sede penale, in quanto la giustizia sportiva – che ingloba anche quella disciplinare – vive [continua ..]


3.8. Sulla natura dei termini che regolano l’azione del procuratore federale

Merita in queste pagine riportare poi un’ultima, rilevante questione decisa dal Collegio, in relazione alla natura dei termini che regolano l’agire dell’ufficio del procuratore federale, sul quale è intervenuta un’importante decisione delle Sezioni Unite [38]. Si trattava di capire se il fatto che il legislatore non preveda un’espressa qualificazione del termine come ordinatorio o perentorio debba rilevare come elemento per inferirne una natura ordinatoria. Il fatto è che, se pure – come ammettono le Sezioni Unite – sarebbe facile pensare che alla questione si debba dare risposta positiva, in realtà un’interpretazione sistematica dell’art. 152, comma 2, c.p.c. («Termini legali e termini giudiziari») [39], orientata alla luce della funzione perseguita e della necessità di garantire gli interessi da tutelare, cambia completamente l’esito dell’operazione di ascrizione di significato alla disposizione. Difatti, rammenta il Collegio, nella stessa giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione la natura perentoria di un termine può comunque desumersi dallo scopo che alla luce di quel termine, si intende perseguire, al netto del silenzio della disposizione sul punto [40]: è, dunque, necessario tener conto dello «scopo» del termine, del suo «carattere» e degli «effetti che l’inutile decorso di esso produce secondo l’espres­sa sanzione normativa» [41]. E il Collegio di Garanzia abbraccia l’idea per cui è da escludere che esista «un confine ontologico netto, quanto piuttosto un mutevole limes capace di cogliere, in chiave di garanzia dell’interessato e secondo canoni di ragionevolezza, la diversa gradazione delle esigenze di certezza e di celerità connaturate a ciascun ordinamento giuridico» [42]. La conseguenza di questa premessa argomentativa è il fatto che la disposizione di cui all’art. 44, comma 4, CGS CONI, non qualifica espressamente la natura dei termini che menziona e non può bastare a escluderne la perentorietà, che va, invece, sondata secondo criteri che vadano anche oltre quello letterale, analizzandola in chiave teleologica, e dunque, secondo le Sezioni Unite, tenendo conto dei principi di celerità del procedimento e delle esigenze di tutela della persona incolpata. Ma allora, stando [continua ..]


NOTE