Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Il “caso Juventus” tra questioni processuali e lealtà sportiva (di Lucio Giacomardo, Avvocato. Componente Commissione Diritto dello Sport del CNF)


La decisione del Collegio di Garanzia dello Sport a Sezioni Unite n. 40, depositata l’8 maggio 2023, merita particolare attenzione sia per le questioni processuali affrontate, in particolare in tema di giudizio per revocazione, sia per la rilevanza della fattispecie concreta esaminata, con riferimento all’applicazione di sanzioni per la violazione dei principi di lealtà, probità e correttezza, come contenuti nel Codice di Giustizia Sportiva di una Federazione Sportiva, in presenza di violazioni di carattere economico ed amministrativo. Ai fini dell’entità delle sanzioni applicabili, inoltre, l’Organo di Giustizia Sportiva federale è chiamato a valutare l’apporto che ogni singolo soggetto, con particolare riferimento ai Consiglieri di Amministrazione privi di delega, ha fornito in relazione ai comportamenti contestati e ritenuti meritevoli di essere sanzionati.

The “Juventus case” between procedural issues and sporting loyalty

The Decision n.40 of United Sections of the Sport Guarantee Committee, entered into force on 8th of May 2023, deserves a particular attention due to both process issues – especially concerning revocation judgement – and importance of the concrete case examined, referring to penalties application for violation of loyalty, integrity and fairness principles associated to economics and administrative violations, as written in Sport Leagues Sport Justice Regulation. Moreover, the federal Sport Law Committee should evaluate the contribution that every single person, especially if a board member without proxy, has given to disputed and punishable behaviours, in order to decide on entity of penalties.

Massime non ufficiali L’art. 63, comma 1 lettera d), del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, il quale prevede la possibilità del Ricorso per revocazione “se è stato omesso l’esame di un fatto decisivo che non si è potuto conoscere nel precedente procedimento, oppure se sono sopravvenuti, dopo che la decisione è divenuta definitiva, fatti nuovi la cui conoscenza avrebbe comportato una diversa pronuncia”, non contrasta (e, come tale, non è disapplicabile) con l’art. 63, comma 2, del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, che invece limita il Ricorso per revocazione alla sola ipotesi dell’errore di fatto “risultante incontrovertibilmente da documenti acquisiti successivamente per causa non imputabile all’istante”, tenuto conto che la più ampia previsione della norma federale è contenuta in un Regolamento approvato dalla Giunta Nazionale del CONI, ai sensi dell’art. 7, comma 5, lett. l), dello Statuto CONI, e risulta conforme anche ai principi di Giustizia Sportiva e alle regole dettate dal Codice della Giustizia Sportiva del CONI con Deliberazione n. 258 dell’11 giugno 2019. Non sussiste mutamento del thema decidendum, né la ipotizzata mancata correlazione tra la contestazione mossa con l’atto di deferimento e la sanzione poi inflitta, nel caso in cui l’incol­pazione sia relativa alla ritenuta alterazione delle evidenze contabili per effetto di numerose plusvalenze fittizie ed i nuovi elementi acquisiti, dei quali gli Organi della Giustizia Federale non disponevano nella precedente fase del giudizio, hanno arricchito in modo decisivo il quadro fattuale e ne hanno definito molto meglio i contenuti, dimostrando la fondatezza dell’originario deferimento che si basava sugli atti e i fatti, all’epoca, a disposizione degli organi della Giustizia Federale. L’Organo giudicante può, motivandolo, non solo fornire l’esatta qualificazione giuridica dei fatti, ma infliggere la relativa sanzione, anche se di specie diversa rispetto a quella prevista dalla disposizione contestata nell’atto di deferimento (nel caso in esame è stata ritenuta la violazione dei principi di lealtà e correttezza di cui all’art. 4, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, a fronte della contestata violazione dell’art. 31 comma 1, punibile con l’ammenda, nonché dell’art. 6 del medesimo Codice, posto che, in ogni caso, la Società deve rispondere per le azioni commesse dai propri rappresentanti e dirigenti). È onere della società deferita, che invochi la causa di non punibilità o l’attenuante prevista dal­l’art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, dimostrare che l’adozione del Modello Organizzativo e di gestione sia idoneo, in concreto, a prevenire i comportamenti quali quelli verificatesi e [continua..]
SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Il giudizio di revocazione nell’ordinamento sportivo - 3. I rapporti tra il Codice CONI e quelli delle singole Federazioni Sportive - 4. Le principali caratteristiche del giudizio di revocazione - 5. Breve esame delle “nuove prove” nell’ambito del giudizio di revocazione - 6. Il principio di lealtà sportiva nell’ordinamento sportivo e nell’ordi­namento statale - 7. Il modello organizzativo ex d.lgs. n. 231/2001 - 8. La graduazione delle responsabilità - 9. Il giudizio di rinvio e la definitiva determinazione delle sanzioni applicabili - NOTE


1. Introduzione

Pur se devono ritenersi ampiamente conosciute, appare opportuno, per meglio comprendere le diverse questioni giuridiche affrontate, riassumere brevemente le vicende che hanno portato il Collegio di Garanzia dello Sport ad adottare la Decisione in esame. Con un deferimento che risale all’aprile del 2022, la Procura Federale della FIGC contestava alla Società Juventus F.C. S.p.A., a diversi suoi dirigenti e ad altre Società professionistiche, di aver concluso delle operazioni, come veniva affermato testualmente, “contraddistinte da una sistematica sopravvalutazione del corrispettivo di cessione dei diritti alle prestazioni dei calciatori coinvolti nei trasferimenti nonché dalla altrettanto sistematica sostanziale corrispondenza (e conseguente compensazione finanziaria) tra i valori attribuiti dalle società ai diritti scambiati”. In buona sostanza, venivano contestate alterazioni fraudolente delle operazioni di cessioni/ac­quisto di calciatori, al solo fine di determinare “maggiori plusvalenze fittizie”. A tale proposito, pertanto, alla Società Juventus come alle altre Società sportive professionistiche veniva contestata, da parte della Procura Federale della FIGC, la violazione degli artt. 4 [1], 6 [2] e 31 [3], comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC. Tuttavia, con una prima decisione, il Tribunale Federale Nazionale della FIGC [4] proscioglieva tutti i deferiti e, successivamente, investita da apposito Reclamo della Procura Federale, la Corte Federale di Appello della FIGC, sia pure con diversa motivazione, confermava il proscioglimento di tutti i deferiti [5], invitando al contempo il legislatore sportivo ad un intervento normativo, ritenuto “indispensabile se si considera che le operazioni in oggetto – relative alla compravendita dei diritti alle prestazioni dei calciatori – e i valori a cui vengono effettuate, influenzano in misura determinante la qualità del bilancio e la sua finalità, cioè la rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria e reddituale di una società sportiva”. Successivamente, la Procura Federale della FIGC apprendeva, da un lato, che era stata avviata dalla CONSOB una verifica ispettiva nei confronti della Società Juventus sulle operazioni di compravendita di diritti alle prestazioni dei calciatori, dall’altro, che la [continua ..]


2. Il giudizio di revocazione nell’ordinamento sportivo

Investito del gravame, il Collegio di Garanzia dello Sport, pronunciando a Sezioni Unite, ha affrontato diversi profili di particolare interesse, sia per quel che riguarda le questioni di natura processuale sia per quanto riguarda il diritto sostanziale e la “qualificazione” dei comportamenti imputati alla Società Juventus ed ai suoi Amministratori e Dirigenti. In primo luogo, esaminando le relative eccezioni sollevate da tutte le parti ricorrenti, il Collegio ha puntualizzato la questione relativa al giudizio per revocazione. Secondo la prospettazione di coloro che avevano impugnato la Decisione della Corte Federale di Appello della FIGC, infatti, la Procura Federale non sarebbe stata legittimata a proporre un Ricorso per revocazione dovendosi applicare alla fattispecie l’art. 63 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI [13] che, in tema di revocazione, riserva tale rimedio alla sola “parte interessata”, senza contemplare una possibile legittimazione in malam partem anche del Procuratore Federale, diversamente da quanto previsto al primo comma dello stesso articolo per il diverso istituto della revisione. Per tale motivo, pertanto, l’art. 63, comma 1, lett. d), del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC [14] non poteva essere applicato poiché contempla un motivo di revocazione diverso e, a dire dei ricorrenti, antinomico con l’unica fattispecie revocatoria prevista dalla citata norma contenuta nel Codice di Giustizia Sportiva del CONI, con la conseguenza che la Corte Federale d’Appello avrebbe dovuto avvedersi di tale antinomia e, disapplicando la norma federale, avrebbe dovuto dichiarare d’ufficio inammissibile il ricorso per revocazione. Sul punto il Collegio di Garanzia dello Sport, con la Decisione in commento, evidenzia condivisibilmente il motivo di infondatezza di una simile obiezione, ripercorrendo l’iter di approvazione delle singole norme e dei Regolamenti nell’ordinamento sportivo nell’ambito dei rapporti tra CONI e singole Federazioni Sportive. Risulta incontestabile, infatti, che sia la Procura Federale nel proposto Ricorso, sia la Corte Federale di Appello della FIGC nel pronunciare la decisione poi oggetto del gravame, hanno fatto correttamente applicazione di una norma contenuta nel vigente Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, a sua volta approvato dalla Giunta Nazionale del CONI, ai sensi dell’art. 7, comma 5, lett. l), dello [continua ..]


3. I rapporti tra il Codice CONI e quelli delle singole Federazioni Sportive

Il motivo di gravame formulato dalla Juventus e dai suoi Dirigenti innanzi al Collegio di Garanzia dello Sport, a prescindere dal confronto, come sopra riportato, tra le norme che disciplinano, nello specifico, l’istituto della revocazione, fornisce l’oppor­tunità di esaminare la questione relativa ai rapporti tra il Codice di Giustizia Sportiva del CONI e quello della FIGC e, più in generale, delle singole Federazioni Sportive. Non vi è dubbio, infatti, che con l’approvazione del Codice di Giustizia Sportiva [19] il CONI abbia previsto uno strumento “unico”, nel tentativo di uniformare i procedimenti disciplinari nell’ambito delle singole Federazioni Sportive, pur nell’autonomia che deve essere riconosciuta alle singole Federazioni [20]. Come è stato osservato, a tale proposito, all’indomani dell’approvazione di detto Codice, “da un certo punto di vista, l’omogeneizzazione della giustizia sportiva ha sottratto ampi spazi di autonomia normativa alle Federazioni e ha facilitato la previsione di meccanismi di controllo della legalità, sia preventivi che successivi, da parte del CONI” [21]. Peraltro, deve ricordarsi come l’art. 7, comma 2, lett. h bis), del d.lgs. n. 242/1999, come modificato dal d.lgs. n. 15/2004, abbia attribuito alla Giunta Nazionale del CONI il compito di individuare i “criteri generali dei procedimenti di giustizia sportiva” affinché “rispettino i principi del contraddittorio tra le parti, del diritto di difesa, della terzietà e imparzialità degli organi giudicanti, della ragionevole durata, della motivazione e della impugnabilità delle decisioni”. Non è un caso, del resto, che nell’ambito di tale attività di competenza del CONI si sia parlato, in termini più generali, di adeguamento del processo sportivo ai canoni del “giusto processo” [22]. Ciò posto, deve osservarsi che in relazione ai richiamati rapporti tra i due Codici di Giustizia – quello del CONI e quelli federali – appaiono condivisibili le affermazioni del Collegio di Garanzia dello Sport. Se, infatti, come ricordato in precedenza, ai sensi dell’art. 1, comma 3, del Codice di Giustizia Sportiva del CONI spetta alle singole Federazioni Sportive definire le fattispecie dei comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, il [continua ..]


4. Le principali caratteristiche del giudizio di revocazione

Nella Decisione in commento vengono affrontati ulteriori profili di grande interesse sempre in relazione al giudizio di revocazione. In particolare, con riferimento alle eccezioni formulate dalle parti, il Collegio ha esaminato sia il punto relativo alla asserita mancata correlazione tra la contestazione precedentemente formulata dalla Procura Federale e la Decisione della Corte Federale di Appello assunta a conclusione del giudizio sulla revocazione sia, in termini più generali, quello del valore delle “nuove prove”. Quanto alla prima questione, le parti avevano eccepito che si era verificata una violazione del diritto di difesa tenuto conto che, a dire delle stesse, vi era stata una modifica del thema decidendum, mancando una correlazione tra la contestazione oggetto del deferimento da parte della Procura Federale e la Decisione poi adottata dalla Corte Federale di Appello ed oggetto dello specifico gravame. In particolare, vi sarebbe stata una inziale contestazione della violazione dell’art. 31 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC ed una Decisione, con conseguenti provvedimenti sanzionatori, fondata sulla violazione del solo art. 4 dello stesso Codice di Giustizia Sportiva della FIGC relativo, com’è noto, ai principi di lealtà, probità e correttezza. Tuttavia, tale tesi non persuade, come condivisibilmente osservato dal Collegio. Non vi è dubbio, infatti, come sottolineato nella Decisione in commento, che “dopo il proscioglimento dei deferiti la Procura Federale ha, tuttavia, ricevuto una rilevantissima documentazione dalla Procura della Repubblica di Torino, dalla quale è emerso che effettivamente, come la Procura aveva sostenuto sin dal suo iniziale deferimento, vi era stata una voluta reiterata alterazione delle evidenze contabili per effetto di numerose plusvalenze i cui valori erano fittizi. Non vi è, quindi, alcun mutamento del thema decidendum, come hanno sostenuto i ricorrenti, né la conseguente mancata correlazione tra la contestazione, avvenuta con l’atto di deferimento, e la sanzione irrogata” [26]. Lo stesso Collegio, anzi, precisa come «dalla nuova documentazione acquisita è, peraltro, emerso con chiarezza che tali alterazioni non erano frutto di operazioni isolate, ma vi era una preordinata sistematicità delle condotte, con il “disvelamento della intenzionalità sottostante all’alterazione [continua ..]


5. Breve esame delle “nuove prove” nell’ambito del giudizio di revocazione

Posto che, anche sullo specifico punto, vi è stata contestazione, non appaia superfluo, in questa sede, soffermarsi brevemente su quelle che la Corte Federale di Appello della FIGC prima, e il Collegio di Garanzia dello Sport successivamente, hanno definito “nuove prove” a sostegno del Ricorso per revocazione proposto dalla Procura Federale della FIGC. Secondo una analitica ricostruzione giornalistica delle indagini penali che hanno interessato la Juventus, “le indagini della Consob e della Procura torinese hanno dimostrato in maniera chiara ed incontrovertibile che le operazioni contestate sono scambi, permute a tutti gli effetti. Considerate tali dalla stessa Juventus come le intercettazioni e le prove documentali testimoniano” [35], con la conseguenza che “secondo quanto suggerito dagli ispettori Consob in caso di operazioni ‘di scambio’ sostanziali e in assenza di fair value l’operazione deve essere registrata indicando non il prezzo contrattuale ma il valore netto dell’attività ceduta, con conseguente azzeramento della relativa plusvalenza e, quindi, della principale voce di ricavo che ha sostenuto i bilanci della Juventus F.C. negli ultimi anni” [36]. Nello specifico, può sinteticamente evidenziarsi come a fondamento del Ricorso per revocazione, ed ai fini del giudizio rescindente, la Procura Federale della FIGC aveva sottolineato di aver ricevuto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torino circa 14 mila pagine, costituenti le risultanze istruttorie poste a base delle contestazioni di reato formulate nei confronti di 15 soggetti, tra dirigenti, legali rappresentanti, membri del Consiglio di Amministrazione e del Collegio Sindacale, Revisori legali e Consulenti della società FC Juventus S.p.A. Detta documentazione, nel suo complesso, consentiva di disvelare “l’intenzionalità sottostante all’alterazione delle operazioni di trasferimento e dei relativi valori”, con la conseguenza che il “fatto nuovo” era costituito “dall’assenza di un qualunque metodo di valutazione delle operazioni di scambio e, invece, la presenza di un sistema fraudolento in partenza (quanto meno sul piano sportivo) che la Corte federale non aveva potuto conoscere”. Un quadro fattuale, come chiarito dalla Corte Federale di Appello della FIGC, confermato «dalle numerose dichiarazioni (derivanti dalle [continua ..]


6. Il principio di lealtà sportiva nell’ordinamento sportivo e nell’ordi­namento statale

Condivisibile appare altresì la Decisione in commento con riferimento all’appli­cazione, nella concreta fattispecie, di sanzioni per l’accertata violazione dell’art. 4 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC, relativo, come prima ricordato, ai principi di lealtà, probità e correttezza. Secondo la Società Juventus ed i suoi Amministratori e Dirigenti, infatti, la Decisione della Corte Federale di Appello oggetto del gravame, da un lato risultava errata per aver ritenuto applicabili principi contabili che, viceversa, dovevano ritenersi estranei all’ordinamento federale e, come tali, non valutabili ai fini dell’applicazione del più volte richiamato art. 4 del CGS FIGC e, dall’altro, avrebbe finito per ricondurre all’indicato art. 4 CGS FIGC fatti estranei a tale previsione normativa, laddove lo stesso Codice di Giustizia Sportiva federale prevede e punisce, in specifiche norme (gli artt. 30 e 31), le violazioni in materia economica a causa di alterazione o falsificazione di documentazione, con ciò determinandosi una violazione del fondamentale principio di legalità. Sul primo punto, per certi versi tranchant è stata la motivazione utilizzata dal Collegio per respingere le doglianze dei ricorrenti, laddove è stato osservato che “la peculiarità del sistema regolamentare delle società calcistiche professionistiche, e della disciplina loro riservata dalle norme federali, non può comunque derogare a quanto previsto dai Principi Contabili OIC e dagli ulteriori criteri generali contenuti nella disciplina nazionale codicistica e sovranazionale” [39], posto che, peraltro, la Decisione della Corte Federale d’Appello risultava fondata su un giudizio globale di valutazione dell’attendibilità dei bilanci ai fini della sussistenza della violazione dell’art. 4, comma 1, CGS FIGC. Sul secondo punto, circa la corretta riconducibilità alla violazione dell’art. 4 del Codice di Giustizia Sportiva FIGC dei comportamenti contestati, più articolata e meritevole di ulteriori riflessioni appare la Decisione in commento. Appare utile, tuttavia, prima di esaminare nel dettaglio quanto affermato nella circostanza dal Collegio, soffermarsi sulla “portata” della norma in questione e, più in generale, sull’importanza dei richiamati principi di lealtà, [continua ..]


7. Il modello organizzativo ex d.lgs. n. 231/2001

Tra i diversi motivi di ricorso, la Società Juventus ha eccepito che, nonostante si fosse dotata di uno specifico Modello organizzativo ai sensi del d.lgs. n. 231/2001, la Corte Federale di Appello della FIGC non aveva tenuto conto di tale circostanza, secondo quanto previsto dall’art. 7 del Codice di Giustizia Sportiva della FIGC come scriminante o attenuante della responsabilità della stessa Società [59] in relazione al trattamento sanzionatorio. Sul punto specifico, giova ricordare come la FIGC sia stata la prima Federazione sportiva ad aver adottato, sin dal 2007, una importante modifica del proprio Statuto che prevedeva l’adozione di Modelli organizzativi idonei a prevenire il compimento di atti contrari ai principi di lealtà, correttezza e probità in ogni rapporto [60]. Successivamente, con riferimento alla stagione sportiva 2013/14, è stata imposta, per le sole Società sportive di serie A e B, l’obbligatoria adozione di un Modello di organizzazione ai fini dell’iscrizione al campionato di appartenenza. Detti Modelli, in particolare, non solo dovevano tenere conto delle fattispecie di reato previste nel Decreto Legislativo 231/2001, ma anche di tutti gli illeciti sportivi indicati nelle normative federali. Vi è stata, altresì, la previsione di nominare un Organismo di Vigilanza e di adottare un Codice etico. Più di recente, infine, la stessa FIGC ha ulteriormente modificato le norme dello Statuto e del Codice di Giustizia Sportiva emanando successivamente delle Linee guida [61]. In base a tali nuove previsioni normative, pertanto, le Società calcistiche devono dotarsi di Modelli organizzativi che hanno una rilevanza sia nell’ambito dell’ordina­mento dello Stato sia innanzi agli Organi della Giustizia Sportiva al fine di evitare o ridurre eventuali sanzioni a carico delle stesse Società [62]. In tale contesto normativo, il Collegio di Garanzia dello Sport, con la Decisione in commento, ha osservato come, analogamente a quanto accade nel diritto societario generale, “in base all’art. 2381, comma 5, c.c., deve ritenersi che sia onere successivo del singolo club implementare e adottare una compliance normativa adatta alla propria struttura societaria e che, dunque, cali le astratte e generali direttive federali nel concreto delle peculiarità che caratterizzano i singoli sodalizi, tenendo, [continua ..]


8. La graduazione delle responsabilità

Di particolare interesse, da ultimo, appare la Decisione in commento in relazione al criterio della “proporzionalità” della sanzione inflitta ed alla “graduazione” delle responsabilità tra i vari soggetti. Sul primo punto, ed in particolare sulla eccezione formulata circa una asserita violazione del criterio della proporzionalità con specifico riferimento a tutte le circostanze del caso concreto e, comunque, ad una presunta carenza motivazionale in ordine alla determinazione dei criteri di quantificazione della sanzione inflitta con riferimento ai profili dedotti, il Collegio di Garanzia dello Sport ha condivisibilmente sottolineato come la Decisione della Corte Federale di Appello della FIGC appariva, viceversa, ampiamente motivata anche sulla necessità di infliggere una sanzione severa, tenuto conto della gravità dei fatti emersi. Lo stesso Collegio, peraltro, ha opportunamente evidenziato come spetti all’organo della Giustizia Sportiva, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto che assume rilevanza disciplinare e stabilire, quindi, la misura della sanzione da infliggere nel caso concreto, posto che “la valutazione sulla gravità dei fatti in relazione all’applicazione della sanzione disciplinare è, peraltro, espressione di una attività discrezionale che il giudice di legittimità non può sindacare, salvo che per eccesso di potere nelle sue forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, il travisamento dei fatti, l’evidente sproporzionalità o abnormità della sanzione (in termini, da ultimo, Consiglio di Stato, Sez. II, n. 3725 del 12 aprile 2023, n. 6542 del 25 luglio 2022, Cassazione civile, Sezione Lavoro, n. 17288 del 27 maggio 2022)” [65]. D’altro canto, lo stesso Collegio ha, in più di un’occasione, ricordato come in sede di legittimità l’eventuale giudizio sulla congruità della sanzione, in relazione alle condotte ascritte, può trovare ingresso soltanto su un piano di immediata evidenza della irrazionalità o erroneità della sanzione, non potendo in nessun caso il Giudice di legittimità sostituire proprie valutazioni a quelle operate dall’organo giudicante [66]. Del resto, sul piano più generale, va altresì [continua ..]


9. Il giudizio di rinvio e la definitiva determinazione delle sanzioni applicabili

Prima di esaminare come la vicenda abbia trovato una definitiva conclusione, merita qualche accenno la disciplina del giudizio di rinvio all’esito di una decisione adottata in tal senso dal Collegio di Garanzia dello Sport. In particolare, l’art. 62, comma 1, del Codice di Giustizia Sportiva CONI dispone che “se non dichiara l’inammissibilità del ricorso, il Collegio di Garanzia dello Sport provvede all’accoglimento a norma dell’art. 12bis, comma 3, Statuto del CONI, decidendo la controversia senza rinvio solo quando non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto ovvero le parti ne abbiano fatto concorde richiesta entro il termine di chiusura della discussione orale”. Il medesimo art. 62, al comma 2, precisa, inoltre, che “in ogni caso di rinvio, il Collegio di Garanzia dello Sport, con la decisione di accoglimento, enuncia specificatamente il principio al quale il giudice deve uniformarsi”. Questa disposizione va letta in combinato con l’art. 12 bis dello Statuto del CONI che, per l’appunto, disciplina l’ipotesi specificando che “quando il Collegio di Garanzia dello Sport riforma la decisione impugnata decide, in tutto o in parte, la controversia, oppure la rinvia all’organo di giustizia federale competente che, in diversa composizione, dovrà pronunciarsi definitivamente entro sessanta giorni applicando il principio di diritto dichiarato dalla Corte. In tal caso non è ammesso nuovo ricorso salvo che per la violazione del principio di diritto”. Risulta evidente, dall’esame delle norme ora citate, che il Collegio di Garanzia dello Sport, nel caso di riforma della decisione impugnata, può decidere in tutto o in parte la controversia o, viceversa, rinviare all’Organo di giustizia federale competente, indicando in tal caso il principio di diritto che l’Organo endofederale, in diversa composizione, dovrà applicare pronunciandosi definitivamente entro sessanta giorni. Per quel che riguarda l’entità delle sanzioni disciplinari inflitte, interessante appare la questione quando il Collegio di Garanzia rinvia per un nuovo giudizio di merito in tutti i casi in cui valuti come sproporzionata la sanzione impugnata. È stato, infatti, affermato, a tale proposito, che “la determinazione del trattamento sanzionatorio da irrogare all’atleta richiede un giudizio di merito che non può [continua ..]


NOTE