Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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L´eredità di Giulio Onesti a settant´anni dalla fondazione della 'Rivista di Diritto Sportivo' e il suo valore per il sistema della giustizia sportiva (di Ugo Taucer, Prefetto, Procuratore Generale dello Sport.)


The paper analyzes the figure of Giulio Onesti, from his birth to his action at the helm of the C.O.N.I. and for the development of the legal sport culture, based on some typical values of the Piedmontese culture of origin, highlighting the foresight and vision open to comparison, dialogue and cultural growth of all members of the world of sport. It illustrates, then, how the cultural legacy of Giulio Onesti deriving from the foundation of the Rivista di Diritto Sportivo, after a brief interruption, remained alive in the new course of the review, to which the Sport General Prosecutor Office intends to provide its contribution of ideas.

SOMMARIO:

1. Le origini di Giulio Onesti - 2. Il carattere e la cultura piemontesi - 3. Giulio Onesti e il CONI - 4. La nascita della Rivista e le sue linee programmatiche - 5. Il contributo di Massimo Severo Giannini - 6. La rinascita dalle ceneri - 7. La Procura Generale dello Sport e il rapporto con la Rivista - NOTE


1. Le origini di Giulio Onesti

La Rivista di Diritto Sportivo avvia le pubblicazioni nel 1949 su iniziativa di Giulio Onesti, lo storico Presidente del CONI dal dopoguerra agli anni ’70. Giulio Onesti nasce nel 1912. Alcune biografie dicono a Torino, altre ad Incisa Scapaccino, in ogni caso da una famiglia originaria di tale località, sita nel Monferrato, in provincia di Asti. Nel 1917, all’età di cinque anni, si trasferisce a Roma con tutta la famiglia per ragioni legate al lavoro del padre. L’origine di Giulio Onesti mi è ben presente, poiché di lui sentivo parlare da mia nonna e dai miei parenti piemontesi come di un cittadino del paese illustre e ben voluto, anche se lontano, avendo anche io – per parte di madre – origini risalenti ad Incisa Scapaccino, un luogo al quale mi uniscono ricordi di infanzia e tanto altro. Ed proprio questa ‘piemontesità’ che io credo di ritrovare nella vita e nell’azione di Giulio Onesti, perché al Monferrato appartengono alcuni caratteri che il Priore della Comunità di Bose Enzo Bianchi – riprendendo alcune riflessioni di Norberto Bobbio – ha per esempio ben riassunto in un articolo apparso su “La Stampa” il 21 agosto del 2003 [1]; caratteri che, ai tempi di Onesti e almeno in parte sino ai giorni nostri, venivano trasmessi di padre in figlio, perché derivanti dall’esperienza, dal contesto territoriale, dalla cultura popolare profonda legata ai luoghi. Il Monferrato è una terra feconda e ricca, ma ai tempi era – per tutte le classi sociali e non solo per i contadini – anche una terra faticosa, dura, in cui albergava una cultura intransigente e austera. Solo l’impegno, la fatica, il duro lavoro e la parsimonia per affrontare le avversità potevano garantire, infatti, un rilevante o anche solo modesto benessere e la possibilità di migliorare la propria posizione sociale attraverso lo studio e, con esso, garantire ascesa sociale o permettere di trasferirsi in altre zone per affrancarsi dalla vita tradizionale legata alla produzione agricola: a Torino, a Milano, a Roma, negli Stati Uniti, in qualsiasi località del mondo.


2. Il carattere e la cultura piemontesi

I caratteri «monferrini» si possono sintetizzare, come suggerisce con felice intuizione Enzo Bianchi, in quattro espressioni: 1. «Fai il tuo dovere, sempre, per quanto possa essere faticoso» È l’etica del lavoro serio, vissuto come missione. È l’approccio così ben sintetizzato da Vittorio Alfieri, astigiano anche lui, con il suo «volli, sempre volli, fortissimamente volli». È fedeltà al proprio compito, senza la quale non c’è onestà intellettuale, né nel lavoro, né nei rapporti interpersonali; 2. «Non esageriamo» È il precetto finalizzato a mantenere sempre, nel proprio agire, il senso della misura e delle proporzioni. L’esortazione a non strafare, a tenere i piedi per terra e a non ostentare, pur senza venir meno alla consapevolezza del proprio valore e delle proprie qualità; 3. «Si tratta di non prendersela» È la capacità di non drammatizzare le avversità, di non farsene travolgere, ma di affrontarle con dignità e di superarle, e anche di saper affrontare con stile la malevolenza altrui; 4. «Non mescoliamo le cose» È il principio in base al quale vi sono ambiti di competenza e settori che non possono confondersi in un magma indistinto. È il principio di responsabilità, di ordine delle cose, di trasparenza, di rettitudine di pensiero e di rigore morale che, solo, permette di affrontare i problemi, di risolverli e di assumere qualsiasi responsabilità consapevolmente e a testa alta. Se si leggono la biografia di Giulio Onesti e alcune delle frasi che ne caratterizzano l’eredità intellettuale e morale [2], questi caratteri si riconoscono sullo sfondo ed emergono: «Sospeso tra austerità e ironia: quando ti svegli la mattina, individua il tuo avversario e ragiona su come neutralizzarlo». «Lo sport è fatto di lealtà e buona fede e quando mancano tali presupposti cessa di essere sport. Se scompare la fiducia nel pubblico, negli atleti, e negli arbitri, tutto il sistema rischia di andare in frantumi». «Lo sport è una scuola mirabile di disciplina e controllo». E di lui si è detto, tra l’altro: «Livellatore di ruoli e velleità, vizi e virtù».


3. Giulio Onesti e il CONI

È proprio in ragione di questa sua visione della vita, e dello spirito che la deve animare, che Giulio Onesti ha dapprima interpretato il proprio ruolo di vertice del CONI – inizialmente da Commissario liquidatore, poi da Commissario straordinario e infine da Presidente – rilanciandone e rinnovandone il ruolo e portando, nel mondo dello sport e nella interpretazione del proprio compito, una concezione non legata soltanto al fattore sportivo e agonistico, ma anche permeata di un afflato culturale, artistico e sociale, sì da mettere, così, in pratica il precetto del perseguimento del proprio dovere ed il senso della missione affidatagli. Non a caso, infatti, cessato il suo ruolo di Presidente del CONI [3] – non per sua volontà e con grande signorilità – Giulio Onesti ha assunto, nel 1980 a un anno dalla prematura scomparsa, l’incarico di Presidente della Commissione Cultura del CIO, affrontando a testa alta le avversità, come, del resto, sempre aveva saputo fare nella sua vita e senza lasciarsi andare a pubbliche recriminazioni.


4. La nascita della Rivista e le sue linee programmatiche

Fu proprio grazie alla sua attenzione culturale che Onesti, fine giurista ma anche uomo dotato di grande intuito politico, con l’aiuto di Bruno Zauli diede vita alla «Rivista di Diritto Sportivo. Rassegna trimestrale di dottrina e giurisprudenza». Nel «Panorama programmatico», firmato nel corpo del primo numero – doppio – del 1949 [4], egli evidenziò come l’iniziativa costituisse la «ripresa di una pubblicazione periodica» del CONI: agli inizi degli anni ’40, infatti, ad opera – tra gli altri – di Alfredo Albanesi (poi coinvolto da Onesti nel Comitato Scientifico della nuova Rivista), erano già stati pubblicati sedici numeri de «Il diritto sportivo. Rassegna bimestrale di dottrina e giurisprudenza patrocinata dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano». In questo riconoscimento di un debito intellettuale rispetto alla pregressa iniziativa editoriale e culturale, si riconosce quella umiltà e quel basso profilo che sempre dovrebbe accompagnare la consapevolezza del proprio valore e delle proprie capacità nell’agire quotidiano nell’adempimento del proprio compito. Nell’editoriale programmatico Onesti intese, di fatto, rivendicare la dignità del diritto sportivo – da molti messa in discussione – il riconoscimento pieno delle regole federali, nonché sollecitare la partecipazione di tutti al continuo approfondimento ed alla divulgazione dei problemi attinenti allo sport ed alla integrazione dei principi giuridici ad esso correlati. Egli affrontò il tema del rapporto tra le fonti dell’ordinamento giuridico positivo e la regolamentazione sportiva, evidenziò la pubblica funzione delle regole poste dagli organi sportivi – sia in termini di interesse generale alla preparazione sportiva, sia di interesse collettivo alla tutela della pubblica incolumità – e si soffermò sulla natura giuridica dei vari soggetti coinvolti nello sport e sull’oggetto del diritto sportivo, abbozzando tutta una serie di temi problematici che venivano demandati alla «completa disanima e divulgazione» da parte della comunità degli studiosi, concependo la Rivista quale vero e proprio laboratorio sperimentale di cultura giuridica. E qui si ritrova il richiamo al principio di mantenimento di un ordine chiaro degli ambiti, al rigore scientifico, a [continua ..]


5. Il contributo di Massimo Severo Giannini

In questo senso è oltremodo significativo l’articolo di Massimo Severo Giannini [5] avente a tema «Prime osservazioni sugli ordinamenti giuridici sportivi» che, nel riprendere i concetti elaborati da Santi Romano al termine della Prima Guerra Mondiale in termini generali, e da Widar Cesarini Sforza tra la fine degli anni ’20 [6] e la prima metà degli anni ’30 [7], in relazione alla conseguente autosufficienza dell’ordinamento sportivo, segnò una svolta concreta nella concezione della pluralità degli ordinamenti giuridici e sul loro reciproco rapporto, al punto da diventare una riflessione e uno spunto dottrinale imprescindibile per tutti, anche per gli studiosi più critici (il Furno tra tutti, per citare il più autorevole [8]). Uno tsunami giuridico che riverbera il proprio riflesso ancora oggi, non solo in Italia e non solo in ambito giuridico sportivo. Una serie di eventi – alcuni dolorosi, come la tragedia di Superga – che ebbero vasta eco mediatica ed ai quali seguirono, anche, rilevanti conseguenze di natura giudiziaria e diedero luogo a discusse, e discutibili, interpretazioni giuridiche, confermarono la lungimiranza di Onesti nell’individuare l’importanza del diritto dello sport e nel favorire il confronto tra gli studiosi del settore attraverso un luogo, seppure non fisico, di dibattito. La Rivista, infatti, non smise mai, seguendo le inevitabili evoluzioni del pensiero di studiare, commentare, approfondire e valutare – a volte anche con costruttivo spirito critico – suggerendo indirizzi interpretativi ed innovativi al Legislatore. La Rivista nacque per essere – ed è stata e continua ed essere – un cantiere di idee, una fucina dove plasmarle e dare loro forma e contenuto intellegibile, per rendere riconoscibile e riconosciuto un diritto considerato per molto tempo – a torto – ‘minore’ e dare ad esso non solo conoscibilità, ma piena e paritaria dignità e titolo ad interagire con gli altri rami del diritto che con esso si trovavano a confrontarsi.


6. La rinascita dalle ceneri

Nel 2001 la Rivista cessò le pubblicazioni, dando luogo a una improvvisa cesura in questo processo avviatosi più di cinquant’anni prima. Il percorso è ripreso, un po’ in sordina forse, nel 2011 per ritrovare, infine, il solco della propria tradizione nel 2015, all’indomani dell’entrata in vigore del nuovo assetto della Giustizia Sportiva e dall’avvio di quella radicale riforma introdotta dal Codice della Giustizia Sportiva che ha visto, tra l’altro, l’istituzione del Collegio di Garanzia dello Sport e della Procura Generale dello Sport nel quadro di una completa riscrittura delle regole di organizzazione e funzionamento degli Organi di Giustizia nazionali e federali. La Rivista ha, grazie anche alle potenzialità fornite dall’informatica, riacquisito la propria ambizione di essere laboratorio di idee e luogo di dibattito immediato e sempre disponibile, pur senza perdere – attraverso il mantenimento di una edizione cartacea – il proprio ruolo di summa dei contributi scientifici più importanti e significativi da conservare e tramandare.


7. La Procura Generale dello Sport e il rapporto con la Rivista

La Procura Generale dello Sport intende essere parte di questo vero e proprio circolo intellettuale, per quanto mi riguarda personalmente con l’umiltà di chi non possiede una cultura giuridica pura e, per quanto riguarda l’istituzione giuridico-sportiva che rappresento, con la consapevolezza di poter dare, comunque, un contributo fattivo e giuridicamente fondato, frutto dell’esperienza quotidiana e del sapere di tutti i suoi componenti, che assommano competenze in vari rami del diritto e memoria storica delle casistiche affrontate e del confronto con l’attività delle Procure federali. In questo senso, la Procura Generale sta lavorando, in accordo con il Collegio di Garanzia dello Sport, ad un progetto di massimazione delle decisioni del Collegio stesso, sia in Sezioni Unite che in singola Sezione, e di raccolta sistematica del­l’esito delle valutazioni formulate dalla Procura Generale dello Sport stessa in sede di proposta di patteggiamento senza incolpazione o di archiviazione, il cui esito ho l’ambizione possa costituire uno spunto, non solo per la costruzione di una banca dati delle decisioni, ma anche una fonte per la redazione di eventuali saggi o commenti da condividere con la comunità dei cultori della materia attraverso le pagine della Rivista. Per le stesse ragioni di divulgazione e condivisione di temi di interesse generale, recentemente ho proposto un articolo relativo al tema del contrasto al fenomeno del cosiddetto match-fixing, con lo scopo di condividere, in sede pubblica e qualificata, lo stato dell’arte – e le problematiche – in merito a quanto è stato fatto e quanto è ancora necessario fare, dal nostro punto di vista, in materia di individuazione e perseguimento dei soggetti tesserati e/o affiliati che si rendano responsabili di questo grave illecito. Anche altri temi di carattere generale, che comportano rilevanti riflessioni di carattere giuridico e culturale, sono parimenti all’attenzione della Procura Generale dello Sport; mi riferisco ad esempio alla prevenzione e al contrasto di ogni forma di violenza sessuale, molestia o bullismo, temi rispetto ai quali sono in corso attività di confronto con le Procure federali e con le singole Federazioni, oppure al tema della violenza fisica dentro e fuori i luoghi dove si pratica sport o delle pratiche discriminatorie. Infine, ulteriori argomenti di carattere specifico [continua ..]


NOTE