Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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I contratti di sponsorizzazione sportiva, il rispetto delle regole federali e la distribuzione dei costi generati dal Covid-19 (di Antonio Torrisi, Avvocato del Foro di Catania.)


In light of the covid-emergency, the essay assessed the provisions of art. 3 of law decree of 23 February 2020, converted into law with amendments by law of 5 March 2020, n 13, para 6 bis, dealing with sport sponsor contracts. In particular, the essay recalls the meaning of the norm also in relation with current laws and verifies its compliance with the interests underlying sponsor contracts. In this regard, particularly crucial are the rules of the sport system that, on the one hand, impose the Financial Fair Play and, on the other, mandate punctuality in the paying off of soccer players. The essay shows that, mainly in consideration of the negotiating offer, it is possible to justify interpreting and applying the norm in compliance with solidarity, despite the fact that such view constitute an appropriate development of the guiding lines of our legal system (as many first commentators have argued) or that it rather be an exceptional norm bound to be applied only in this particular state of affairs, and regarding peculiar conflicts, as argued by the author of this essay.

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. La formula «elastica» dell’art. 3, comma 6-bis, d.l. n. 6/2020 e l’appli­cazione ai contratti di sponsorizzazione sportiva - 3. Disciplina generale delle sopravvenienze contrattuali e normative emer­genziali - 4. I peculiari interessi in gioco nell’ambito sportivo - 4.1. Esigenza del rispetto del Financial Fair Play - 4.2. Puntualità nel pagamento degli emolumenti dei calciatori - 5. Normative emergenziali e ordinamento sportivo - 6. Rilievi conclusivi - NOTE


1. Introduzione

L’emergenza sanitaria che sta colpendo l’Italia (e il mondo intero) ha indotto il Governo a varare (plurime) misure di carattere straordinario e urgente, con immediate ricadute sui rapporti privati [1]. Con riferimento al fenomeno sportivo va rilevato che molte, tra le principali competizioni delle diverse discipline sportive, sono state annullate dalle Federazioni nazionali e internazionali, ivi compresi i Campionati Europei di calcio e le Olimpiadi di Tokyo [2]. Per i campionati di calcio europeo delle maggiori serie, tra cui la Serie A, sono state modificate le modalità e le tempistiche di svolgimento (si pensi all’assenza di spettatori allo stadio o partecipazioni fortemente limitate del pubblico o ancora ai calendari rimodulati con possibilità di modifiche e/o interruzioni) con enormi ricadute sull’impatto mediatico ed economico. Infatti, vedremo in seguito che per i club calcistici l’applicazione «rigida» della disciplina generale di cui all’art. 1464 c.c. potrebbe comportare una riduzione (si pensi alla richiesta dello sponsor di riduzione del 50% di quanto originariamente previsto dal club per il contratto di sponsorizzazione sportiva divenuto parzialmente ineseguibile a seguito dell’emergenza Co­vid-19) delle entrate economiche della squadra di calcio con un serio rischio di insostenibilità economica delle iscrizioni e dei costi legati alla gestione del team, in primis, per il rispetto del Financial Fair Play e per gli oneri degli emolumenti dei calciatori. Di fronte all’emergenza legata al virus Covid-19 le organizzazioni sportive hanno quindi risposto in maniera differente e ciò ha posto problemi circa la regolarità delle competizioni, ma soprattutto riguardo alla sostenibilità di un livello competitivo internazionale, che collega le varie federazioni nazionali [3]. È inevitabile che tutto ciò abbia comportato e comporti delle ricadute immediate sulla sorte dei contratti in corso e sulla regolare esecuzione del rapporto, rendendo diversa (rispetto all’assetto di interessi programmato – ab initio – dalle parti) l’attuazione del vincolo negoziale [4].


2. La formula «elastica» dell’art. 3, comma 6-bis, d.l. n. 6/2020 e l’appli­cazione ai contratti di sponsorizzazione sportiva

Il legislatore, intervenendo con l’art. 3 del d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, comma 6-bis (d’ora in poi: comma 6-bis), ha introdotto misure di esclusione della responsabilità del debitore [5]. Segnatamente, la norma così dispone: «il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli artt. 1218 e 1223 del codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati od omessi pagamenti». Possiamo, innanzitutto, rilevare che questa disposizione è formulata nel senso che: i. l’inadempimento deve derivare dal «rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto»; diversamente se esso dipende da altre ragioni (ad esempio da cautele specifiche adottate dal debitore di sua iniziativa, anche nell’esercizio della sua autonomia imprenditoriale o da sue letture «originali» del senso delle misure) la disposizione non trova applicazione e il debitore è normalmente responsabile ex art. 1218 c.c.; ii. l’osservanza delle misure di contenimento deve essere «valutata ai fini del­l’esclusione della responsabilità del debitore». Non vi è quindi automatismo alcuno tra «osservanza delle misure di contenimento» ed «esclusione» della responsabilità del debitore. Non è esclusa, infatti, l’evenienza di un debitore il quale, ancorché frenato dalle prescrizioni di contrasto dell’epidemia, sia responsabile dell’inadempimento poiché, qualora si fosse adoperato secondo ordinaria diligenza, avrebbe potuto adempiere nel rispetto contestuale delle prescrizioni, ovviandovi mediante contromisure non eccessivamente onerose [6]. Inoltre, è possibile che il debitore rimanga inerte ed inadempiente, non in ragione dell’osservanza di una misura di contenimento, bensì in forza di una percezione soggettiva culminante nel timore che l’esecuzione della prestazione possa mettere a repentaglio l’incolumità sua o dei suoi collaboratori [7]. Il debitore rimane dunque obbligato a dimostrare che è stato proprio l’ossequio alle misure di [continua ..]


3. Disciplina generale delle sopravvenienze contrattuali e normative emer­genziali

Difronte al peculiare disposto dell’art. 3, comma 6-bis, d.l. n. 6/2020 intendiamo adesso chiederci se ci si trovi in presenza di un’innovazione che si pone in continuità col sistema del diritto civile e che può contribuire a segnarne i successivi sviluppi o se, al contrario, si tratti di una norma dal carattere innovativo ed eccezionale, come la contingenza attuale, finita la quale la stessa non troverà più ragion d’essere [24]. In generale, con riferimento al sistema del diritto civile, bisogna prendere atto che nella dottrina si è fatta strada l’idea secondo la quale, all’insorgere di sopravvenienze perturbative di un contratto, la parte esonerata dal rischio della sopravvenienza avrebbe il diritto di chiedere, anziché la risoluzione, la rinegoziazione dell’accordo e/o la revisione anche in casi in cui l’esperibilità di tali rimedi non sia prevista né dalla legge né dal contratto. In particolare, la buona fede imporrebbe ai contraenti di cooperare per porre in essere le modifiche necessarie a ripristinare l’equilibrio delle prestazioni e garantire in tal modo la prosecuzione del rapporto contrattuale e la realizzazione del risultato voluto con la pattuizione iniziale [25]. A sostegno di questa tesi parte della dottrina ritiene che, prima di giungere alla risoluzione del contratto dovuta agli effetti pregiudizievoli delle sopravvenienze, l’ordinamento favorirebbe soluzioni «manutentive» ossia conservative del vincolo, mediante un adeguamento del regolamento contrattuale attraverso la rinegoziazione tra le parti (quale soluzione evidentemente auspicabile) ovvero, in subordine, per il tramite della pronuncia del giudice, cui rimarrebbe pur sempre la facoltà di valutare se la «correzione» o «modificazione» del regolamento sia in concreto praticabile [26]. In tal senso, si è ritenuto che il principio di solidarietà concorrerebbe a fissare la fonte di una serie di comportamenti dovuti che gravano su ogni contraente o parte di un rapporto obbligatorio [27]. Le ricostruzioni accennate destano perplessità soprattutto con riferimento alle c.dd. variazioni quantitative (art. 1467 c.c.) [28]. Infatti, secondo un autorevole orientamento bisogna distinguere tra le sopravvenienze che producono una mera alterazione del prezzo di [continua ..]


4. I peculiari interessi in gioco nell’ambito sportivo

Resta fermo che, a prescindere dalla continuità con il passato o meno della normativa introdotta, la stessa andrà applicata tenuto conto dell’emergenza Covid-19 delle peculiarità del diritto sportivo onde preservare, come meglio si vedrà, il relativo fenomeno di rilevante spiccato interesse sociale. L’importanza della questione risulta subito evidente se si riflette sulla connessione col tema generale, in continua evoluzione (da ultimo revisionato nel 2018), del c.d. «pareggio di bilancio» introdotto dalla UEFA attraverso il più complesso programma del Financial Fair Play e del rispetto del pagamento degli emolumenti dei calciatori.


4.1. Esigenza del rispetto del Financial Fair Play

Approvato il 27 maggio 2010 all’unanimità dal Comitato Esecutivo UEFA, il Financial Fair Play cambia la gestione economica dei club, delineando l’insieme dei requisiti in tema di sostenibilità economica che le società calcistiche devono rispettare per non incorrere in sanzioni, provando ad arginare così il fenomeno del c.d. «mecenatismo» e l’importante deficit finanziario di numerosi club europei [42]. Le diverse federazioni nazionali, adeguandosi, hanno introdotto la disciplina europea anche nella regolamentazione interna; in questo senso, seppure recentemente riformato, non ha fatto eccezione l’Italia, che nel 2016 ha emanato i parametri del fair play finanziario che si applica a tutte le società che vogliano iscriversi alla Serie A [43]. Il concetto chiave quin­di è quello del pareggio di bilancio che si traduce nell’obbligo per i singoli club di non spendere più di quanto guadagnano [44]. Alla luce dell’emergenza Covid-19 però, oltre che per il calcio giocato, si è verificata un’interruzione anche dei flussi di entrate da cui dipendono le società per il paga­mento dei calciatori e del personale [45]. I requisiti previsti dal Financial Fair Play sono dunque risultati difficilmente sostenibili per i club in difficoltà a seguito delle contrazioni economiche in materia di sponsorizzazione, diritti tv e proventi da stadio [46]. Seppure la U.E.F.A. abbia già comunicato che non verranno messi in discussione i principi base del Financial Fair Play, è necessario che vengano modificate le richieste nei confronti dei club, in primis, in merito al break-even rule, con il massimo passivo autorizzato che potrebbe essere portato da 30 a 60 milioni [47]. Inoltre, potrebbe essere inserito una luxury tax o un salary cap per permettere di sforare il tetto degli stipendi con un secondo pagamento imposto che andrebbe però girato agli altri club della Lega di appartenenza [48].


4.2. Puntualità nel pagamento degli emolumenti dei calciatori

Il regolamento che disciplina il Financial Fair Play, ovvero l’«Uefa Club Licensing and Financial Fair Play Regulations», oltre a prevedere i requisiti del break-even rule, prevede altresì l’insussistenza di pendenze debitorie, ossia l’assenza di pagamenti scaduti verso altri club, verso i dipendenti e verso fisco e previdenza. Detto criterio, che era già presente nel regolamento delle licenze UEFA all’interno dei criteri finanziari, è stato così ulteriormente rafforzato con l’introduzione del Financial Fair Play. In particolare, l’art. 65 del documento UEFA Club Licensing and Financial Fair Play Regulations definisce i debiti quali somme dovute alle società di calcio a seguito di attività di trasferimento, incluso qualsiasi importo dovuto in trasferimento dei giocatori mentre l’art. 66 prevede che al 30 giugno e al 30 settembre dell’anno in cui hanno inizio le competizioni UEFA per club, il licenziatario non deve avere debiti scaduti nei confronti dei suoi dipendenti [49]. Anche il Codice di Giustizia Sportiva della F.I.G.C. all’art. 33 e le Norme Organizzative Interne Federali (NOIF) all’art. 90 prevedono per i club in ritardo con gli emolumenti dei calciatori sanzioni di almeno 2 punti di penalizzazione per il campionato successivo [50]. Inoltre, ai sensi dell’art. 85, comma 6 delle NOIF, le società devono procedere all’informativa periodica alla Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio Professionistiche (Co.Vi.So.C.) in merito all’avvenuto pagamento di tutti gli emolumenti dovuti secondo le scadenze previste [51]. Al riguardo va evidenziato che quantunque in alcuni casi le società calcistiche hanno registrato il taglio degli stipendi dei calciatori (tra le altre, il Cagliari per il mese di aprile e la Juventus per il periodo marzo-giugno 2020), tuttavia il problema della sostenibilità economica dei contratti dei calciatori è ancora irrisolto. Se la UEFA non dovesse concedere deroghe sui debiti già scaduti e se non verranno pagati dalle società sportive tutti gli stipendi ai giocatori, le stesse non potranno iscriversi alle edizioni delle coppe europee per violazione del Financial fair play [52]. Per la FIGC per impedire che il processo delle iscrizioni ai campionati venisse condizionato [continua ..]


5. Normative emergenziali e ordinamento sportivo

Abbiamo visto fin qui l’applicazione della normativa emergenziale, comma 6-bis, ai contratti di sponsorizzazione sportiva e i peculiari interessi in gioco nell’ambito sportivo che impongono, da un lato, il Financial Fair Play e, dall’altro, prevedono la puntualità nel pagamento degli emolumenti dei calciatori. Il comma 6-bis, in particolare, è stato qualificato come regola congiunturale di carattere eccezionale che dà un potere ampio al giudice al fine di modulare, in relazione ai tratti del concreto, il tipo e la misura del rimedio, volta a volta da adottare. Se finora però abbiamo dato come postulato l’inapplicabilità della normativa emergenziale alle regole interne dell’ordinamento sportivo, occorre adesso chiedersi se il comma 6-bis possa o meno trovare diretta applicazione per le regole sportive nonostante lo stesso regoli problemi di gestione del rapporto obbligatorio contrattuale secondo le logiche generali del diritto civile, ossia conflitti di interessi tipici tra debitore e creditore e non tra affiliato e federazione sportiva. In altri termini, si pone il quesito se già all’interno della giustizia sportiva, che prevede in questo periodo emergenziale un processo semplificato e meno garantista [54], si debbano introdurre dilazioni e/o sospensioni delle rigorose regole sulle sanzioni alle società sportive morose e se, in caso di sanzioni sportive, possa poi il giudice statale riformare la decisione in applicazione di tale normativa. Peraltro, un problema diverso e che qui non verrà trattato, è se la società sportiva si trovava già in mora nel momento in cui si è verificata l’emergenza [55]. Va anzitutto detto che vi sono ragioni forti per l’ordinamento sportivo nel continuare ad applicare le regole del Financial Fair Play (seppure con possibili revisioni per il periodo emergenziale, v. supra, § 4) [56]. Infatti, avendo ad oggetto l’osservanza e l’ap­plicazione di norme regolamentari e disciplinari delle competizioni e dunque trattandosi di materie riservate alla giustizia sportiva, l’ordinamento sportivo rimarrà autonomo rispetto all’ordinamento statale e alla normativa emergenziale introdotta, comportando una non flessibilità delle normative sportive a tutela della competitive [continua ..]


6. Rilievi conclusivi

Le conseguenze economiche dell’emergenza Covid-19 anche per il mondo dello sport sono state e saranno rilevanti [61]. La riduzione delle risorse economiche e una possibile nuova sospensione/interruzione dei tornei sportivi, soprattutto per il mondo del dilettantismo, potrebbero mettere a rischio la tenuta del «sistema calcio» [62]. È dunque preferibile, in linea con la situazione emergenziale e il carattere eccezionale della normativa introdotta con il comma 6-bis, che le imprese/sponsor rinuncino alla restituzione (di almeno una parte) dei corrispettivi versati con riguardo al risalto mediatico mancato in linea con uno spirito solidale per il mondo dello sport. Non va trascurato infatti che, nonostante i profondi cambiamenti socio-economici in direzione di un sempre maggiore assorbimento della cultura sportiva nella logica dello show business, lo sport in sé considerato mantiene ancora oggi un’autonoma rilevanza sociale, in qualche modo garantita dalla Costituzione; si tratta di un fenomeno che costituisce un momento irrinunciabile nella realizzazione di fondamentali valori umani (sia individuali che collettivi), in particolare di promozione di socializzazione, di valorizzazione e promozione del territorio [63]. In tal senso, l’abbinamento del nome dello sponsor al nome dello sponsee, generalmente diffuso in sport quali il basket e la pallavolo, è proibito in ambito calcistico proprio per preservare l’identità territoriale e la tradizione storica dei club calcistici italiani [64]. Tenuto fermo dunque che lo sport italiano si regge ancora su mecenatismo e sponsorizzazioni, sarà inoltre necessario per la sopravvivenza di determinate realtà l’intro­duzione di ulteriori incentivi fiscali premiali (in primis, il credito d’imposta) per le aziende che promuoveranno la propria attività attraverso campagne pubblicitarie di società e associazioni sportive sia dilettantistiche che professionistiche. Inoltre, è possibile immaginare la necessità, come già avvenuto, di «aiuti di Stato» che permettano il mantenimento in vita di realtà sportive fortemente radicate nel territorio all’interno di un complessivo indotto economico con elevato numero di tifosi e, per questo, con garanzie di tenuta dell’ordine pubblico (si pensi, guardando al [continua ..]


NOTE