Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Il codice di giustizia del CONI tra omogeneizzazione procedurale e autonomia federale (di Leonardo Ferrara, Professore Ordinario di Diritto amministrativo nell’Università di Firenze. Federico Orso, Dottorando di ricerca in Scienze giuridiche – curriculum Diritto Pubblico nell’Università di Firenze.)


With the Justice Code, the CONI has developed for the first time an organic framework of the sports judicial procedure. The goal was to develop a unique Code of Sports Justice valid for all the federations and able to give definitive effect to the Decree Pescante, which prescribes the CONI to establish "criteria and procedures for the implementation of controls on the federations' and to adapt sports processes to the canons of the fair trial. The first part of the article will evaluate the controls of external legality of the Committee of Guarantee and of the Attorney General. Subsequently, attention will be paid to the organization and operation of the legal system of the federations and the adjustment of sports procedures to the canons of the fair trial. It will finally focus on the mechanisms of activation of the federal justice and, especially, the founding function of the protection recognizable under art. 6 of the Code.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Gli organi di vertice. In particolare: il Collegio di Garanzia dello Sport - 3. (Segue): la Procura generale dello sport - 4. (Segue): la sintesi tra la domanda di autonomia delle federazioni sportive e la garanzia della legalità sportiva - 5. L’omogeneizzazione della giustizia sportiva endofederale sotto il profilo organizzativo - 6. Gli aspetti funzionali dell’omogeneizzazione della giustizia sportiva: un difficile bilanciamento tra i canoni del giusto processo e l’autono­mia delle federazioni sportive - 7. La tutela dei diritti e degli interessi riconosciuti dall’ordinamento sportivo: l’art. 6 Codice di Giustizia sportiva e la «funzione fondativa» della tutela - 8. (Segue): l’indistinzione tra le questioni tecniche e le questioni discipli­nari - 9. I meccanismi di attivazione della giustizia sportiva. In particolare: il ricorso del soggetto interessato - 10. Conclusioni - NOTE


1. Premessa

Con il Codice di Giustizia il CONI ha elaborato per la prima volta una disciplina organica del processo sportivo [1], regolando contemporaneamente i procedimenti di pro­pria competenza e quelli di competenza endofederale [2]. La riforma della giustizia sportiva ha introdotto un significativo elemento di rottura col passato. Fino a questo momento, infatti, il CONI si era limitato a indicare alle federazioni alcune linee guida, i c.d. «Principi di Giustizia sportiva» [3], cui esse si sarebbero dovute attenere nella elaborazione dei propri regolamenti di giustizia interni, senza alcun trasferimento a livello confederale della competenza normativa. In questo senso, quindi, la riforma ha proiettato il CONI in uno spazio tradizionalmente riservato all’au­tonomia delle federazioni [4], poiché mai prima d’ora era stata imposta dall’esterno una codificazione dei procedimenti federali [5]. L’obiettivo era quello di elaborare un Codice di Giustizia sportiva unico [6] valido per tutte le federazioni e in grado di dare definitiva attuazione al c.d. decreto Pescante [7], che prescrive al CONI di stabilire «criteri e modalità per l’esercizio dei controlli sulle federazioni» [8] e di adeguare i procedimenti sportivi ai canoni del giusto processo [9]. La riforma trova quindi una possibile chiave di lettura nella tensione tra la domanda di autonomia delle federazioni e la spinta del CONI verso l’omogeneizzazione della giustizia sportiva [10]. Da una parte, infatti, con l’entrata in vigore del Codice, viene ridimensionata l’autonomia normativa delle federazioni e vengono costruiti dei meccanismi di controllo esterno sul funzionamento degli organi di giustizia endofederale [11]. Dall’altra parte, però, il testo normativo è animato dal desiderio di recuperare in altro modo l’autonomia federale, in particolare garantendo, mediante l’esclusione del sindacato nel merito da parte di organi istituiti presso il CONI, maggiore stabilità alle decisioni dei giudici endofederali rispetto a quanto avveniva in passato [12]. Muovendo dalla dialettica tra questi due opposti, si guarderà innanzitutto all’assetto della giustizia sportiva a livello confederale. In questa prima parte verranno trattati i controlli di legalità esterna del Collegio di garanzia e della Procura [continua ..]


2. Gli organi di vertice. In particolare: il Collegio di Garanzia dello Sport

La riforma ha comportato in primo luogo la modifica dell’assetto previgente degli organi di giustizia del CONI: viene abbandonata la tecnica arbitrale per l’amministra­zione delle controversie [13] e vengono istituiti, con funzioni diverse rispetto al TNAS e all’Alta Corte [14], il Collegio di Garanzia dello Sport e la Procura generale dello sport [15]. Rimandando l’analisi della Procura generale al paragrafo successivo, l’attenzione deve essere rivolta innanzitutto alla disciplina funzionale del nuovo organo di ultimo grado della giustizia sportiva [16]. Da questo punto di vista il Collegio di garanzia assume le «funzioni che nell’ordinamento dello Stato sono proprie della Cassazione» [17]: il Codice, infatti, gli attribuisce la competenza a conoscere, soltanto per motivi di legittimità, i ricorsi «avverso tutte le decisioni non altrimenti impugnabili nel­l’ambito dell’ordinamento federale» [18] e gli riserva la decisione delle controversie, senza rinvio, «solo quando non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto» [19]. Questa disciplina fotografa lo «sforzo culturale» [20] realizzato dal CONI nell’ambito della recente riforma. Per un verso, nel tentativo di garantire più ampia autonomia alle federazioni, il Codice esclude il giudizio nel merito da parte di un organo collocato presso il CONI e in posizione di indipendenza rispetto all’ordinamento federale [21]. Per altro verso l’autonomia delle federazioni è tutelata sino a giustificare una dilatazione dei tempi del processo: qualora infatti il Collegio ritenga necessari ulteriori accertamenti in fatto, deve restituire gli atti al giudice federale competente, che si pronuncia entro sessanta giorni [22]. Da questi cenni sulla competenza del Collegio di garanzia parrebbe emergere quindi una valorizzazione dell’autonomia federale. Sennonché, proprio in quest’ottica, qualche perplessità potrebbe sorgere in ragione del riconoscimento alle parti della possibilità di domandare al Collegio di procedere autonomamente agli accertamenti in fatto (salvo, ovviamente, il caso in cui sia parte del procedimento la stessa federazione) [23]. Chiariti alcuni aspetti fondamentali del funzionamento del Collegio quale giudice di legittimità dell’ordinamento sportivo [24], [continua ..]


3. (Segue): la Procura generale dello sport

Accanto al Collegio di garanzia, al vertice del nuovo sistema di giustizia sportiva, è istituita la Procura generale dello sport, cui sono affidati compiti di «coordinamento e vigilanza delle attività inquirenti e requirenti svolte dalle procure federali» [31]. Con l’introduzione di questo nuovo organo il CONI acquisisce un ruolo attivo nella repressione degli illeciti sportivi: oltre a svolgere una generica funzione di coopera­zione [32], infatti, la Procura generale può invitare i procuratori federali «ad aprire un fascicolo su uno o più fatti specifici» [33], «adotta linee guida per prevenire impedimenti e difficoltà nell’attività d’indagine» [34], può riunire i procuratori federali interessati al perseguimento del medesimo illecito [35] e, infine, in casi tassativamente previsti dallo Statuto, può disporre l’avocazione delle indagini [36]. Il riconoscimento alla «Superprocura» [37] dei summenzionati poteri ha suscitato il timore delle federazioni di vedersi sottrarre un ampio spazio di autonomia nell’am­ministrazione della giustizia [38]: se la repressione degli illeciti è diretta da un organo istituito presso il CONI, cui è riconosciuto addirittura il potere di avocazione, il principio della esclusiva titolarità dell’azione disciplinare in capo al Procuratore federale [39] parrebbe, infatti, svuotarsi di contenuto. Tuttavia, un’attenta analisi della disciplina introdotta dal Codice suggerisce conclusioni più caute in merito al ruolo della Procura generale. Innanzitutto va tenuto in considerazione che la presenza del nuovo organo di vertice non modifica, almeno in linea di principio, la funzione delle procure federali, che oggi come ieri sono chiamate, per prime, a promuovere la repressione degli illeciti sanzionati dallo statuto e dalle norme federali [40]: l’obbligatorietà dell’azione disciplinare [41], il dovere di iscrizione nel registro dei procedimenti [42] e l’obbligo di informativa periodica al CONI [43] non modificano, infatti, il ruolo del Procuratore federale in materia disciplinare [44]. In secondo luogo, neppure il riconoscimento alla Procura generale di poteri di cooperazione, direzione e avocazione pare escludere del tutto l’autonomia federale nella [continua ..]


4. (Segue): la sintesi tra la domanda di autonomia delle federazioni sportive e la garanzia della legalità sportiva

Terminata l’analisi della disciplina dei due nuovi organi di vertice, è possibile svolgere alcune considerazioni d’insieme. Con l’istituzione del Collegio di garanzia e della Procura generale, è stata realizzata una sintesi tra la domanda di autonomia federale e la garanzia di legalità sportiva: da un certo punto di vista, l’omogeneizzazione della giustizia sportiva ha sottratto ampi spazi di autonomia normativa alle federazioni [56] e ha facilitato la previsione di meccanismi di controllo della legalità, sia preventivi che successivi, da parte del CONI; d’altro canto, il Codice, escludendo il giudizio nel merito da parte del Collegio di garanzia e vincolando rigidamente l’esercizio dei poteri della Procura generale, ha cercato comunque di salvaguardare uno spazio di autonomia federale nell’amministrazione della giustizia. L’autonomia delle federazioni risulta allora per un verso incrementata e per l’al­tro diminuita: i giudici e i procuratori federali sono pienamente autonomi nelle loro determinazioni di merito fin quando si muovono all’interno del quadro normativo disciplinato dal Codice; appena ne escono, tuttavia, vengono «sanzionati» dal controllo di legalità esterno del CONI. Il tema dell’autonomia delle federazioni in materia di giustizia sportiva merita però qualche precisazione. Al fondo del problema sta la convivenza tra la natura di «associazione con personalità giuridica di diritto privato» riconosciuta alle federazioni e la «valenza pubblicistica» assegnata a «specifiche tipologie di attività [federali]» [57], da cui discende l’obbligo di adeguamento alle deliberazioni e agli indirizzi del CONI [58]. Eb­bene, stando almeno al c.d. decreto Pescante e salvo il problema di rintracciare il grado di intromissione pubblicistica consentito, non sembra possibile escludere che alla giustizia sportiva sia riconosciuta una valenza pubblicistica tale da consentire al CONI forme di intervento negli ordinamenti federali. Pertanto, il conferimento al Comitato Olimpico Nazionale della competenza a individuare i «criteri generali dei procedimenti di giustizia» [59] testimonia che questo tema non è correttamente impostato se si pretende di radicare nell’autonomia associativa l’ambizione delle federazioni di escludere ogni tipo [continua ..]


5. L’omogeneizzazione della giustizia sportiva endofederale sotto il profilo organizzativo

Terminata l’illustrazione del nuovo assetto della giustizia sportiva a livello confederale, si può adesso passare all’analisi di quella federale. Come si è detto, può qui cogliersi un forte elemento di rottura col passato, in quanto per la prima volta si assiste a un’opera di omogeneizzazione dei profili organizzativi e funzionali della giustizia sportiva a livello delle federazioni. Rinviando l’analisi del loro funzionamento (v. infra § 6), conviene in primo luogo prendere in considerazione i profili organizzativi degli organi di giustizia federale. A questo riguardo, il Codice, attraverso un imponente lavoro di razionalizzazione e semplificazione [64], garantisce una perfetta omogeneità alle «decisioni non altrimenti impugnabili» nell’ambito di ciascun ordinamento federale: i provvedimenti definitivi degli organi di giustizia sportiva di tutte le federazioni sono, adesso, il risultato della medesima articolazione organizzativa. La giustizia sportiva endofederale si struttura innanzitutto nelle due grandi aree della «giustizia sportiva» [65] e della «giustizia federale» [66]. Da una parte possono quindi essere collocati il Giudice sportivo Nazionale e il Giudice sportivo territoriale [67], che sono competenti a conoscere tutte le «questioni connesse allo svolgimento delle gare» [68]. Dall’altra parte si trova il Giudice federale, la cui competenza riguarda «tutti i fatti rilevanti per l’ordinamento sportivo in relazione ai quali non sia stato instaurato ne risulti pendente un procedimento dinnanzi ai Giudici sportivi» [69]. La soluzione escogitata dal CONI ha imposto alle federazioni un riordino del­l’assetto degli organi di giustizia interna. Nell’ambito della FIGC, per esempio, sono state concentrate in capo al Giudice federale le competenze che prima erano ripartite tra la Commissione disciplinare [70], la Commissione tesseramenti [71] e la Commissione vertenze economiche [72]: il nuovo Codice di Giustizia sportiva della FIGC, infatti, in attuazione della riforma, ha trasformato le tre commissioni in sezioni specializzate del Tribunale federale [73]. Una più significativa opera di razionalizzazione è stata invece realizzata con riferimento al giudizio di secondo grado. Guardando ancora in via esemplificativa al farraginoso meccanismo [continua ..]


6. Gli aspetti funzionali dell’omogeneizzazione della giustizia sportiva: un difficile bilanciamento tra i canoni del giusto processo e l’autono­mia delle federazioni sportive

Fatta menzione dell’assetto organizzativo, si può adesso analizzare il funzionamento degli organi di Giustizia Federale [85]. Anche su questo piano il Codice ha comportato una omogeneizzazione della disciplina: quindi, a partire dalla stagione 2014/2015 le decisioni definitive di ciascun ordinamento federale, oltre che il frutto della medesima articolazione organizzativa, saranno anche il risultato di un identico iter procedimentale. Come si è rilevato agli inizi, nel tentativo di adeguare i procedimenti ai canoni del giusto processo, il CONI è entrato in uno spazio di autonomia normativa tradizionalmente riservato alle federazioni. Queste avrebbero preferito, infatti, mantenere una competenza esclusiva nella disciplina della giustizia endofederale, non soltanto perché ritenuta una naturale declinazione della «personalità giuridica di diritto privato» che la legge riconosce loro (vedi supra § 4), ma anche per la necessità di conformare i meccanismi processuali alle esigenze di ciascuna disciplina sportiva e di evitare così l’introduzione di regole generali e uniformi del tutto inadeguate rispetto alle specificità dei vari sport e delle relative competizioni. Già in passato il CONI aveva cercato di garantire l’adeguamento della giustizia endofederale ai principi del giusto processo, limitandosi però a un controllo di tipo successivo: competeva in tal senso alla Giunta Nazionale di approvare «i regolamenti di giustizia sportiva […] delle Federazioni […] valutandone la conformità, alla legge, allo Statuto del CONI, ai principi fondamentali, agli indirizzi e ai criteri deliberati dal Consiglio Nazionale, rinviandoli eventualmente entro il termine di novanta giorni […] per le opportune modifiche» [86]. Questa soluzione, tuttavia, non si era rivelata idonea all’attuazione dei canoni del giusto processo, tanto da essere stata, anche recentemente, auspicata una rivisitazione in chiave garantistica delle norme processuali della FIGC [87]. Il Codice del CONI si è posto quindi nell’ottica di un rigoroso adeguamento ai principi di giustizia sportiva [88]. Come si illustrerà qui di seguito, infatti, l’articolato ha seguito tre linee direttrici: innanzitutto è stata elaborata una disciplina particolarmente attenta al contenimento dei tempi del processo; in secondo [continua ..]


7. La tutela dei diritti e degli interessi riconosciuti dall’ordinamento sportivo: l’art. 6 Codice di Giustizia sportiva e la «funzione fondativa» della tutela

Dall’analisi svolta sino a questo momento è emerso un innalzamento del livello delle garanzie procedimentali riconosciute ai tesserati. Questa spinta garantista non si esaurisce però nell’adeguamento dei procedimenti sportivi ai canoni del giusto processo, ma investe più in generale il piano dell’azione. Al riguardo premono alcune considerazioni sull’art. 6 del Codice, che conferisce ai tesserati il «diritto di agire innanzi agli organi di giustizia per la tutela dei diritti e degli interessi loro riconosciuti dall’or­dinamento sportivo» [102]. L’attribuzione di un generalizzato diritto di azione per la tutela delle situazioni soggettive rappresenta un vero e proprio inedito nella disciplina del processo sportivo: infatti, prima della riforma, il diritto di azione era riconosciuto innanzitutto al Procuratore federale [103], mentre i tesserati potevano proporre reclamo ai giudici federali solamente nelle ipotesi previste dai Regolamenti di giustizia di ciascuna federazione [104]. Tale impostazione, del resto, si coniugava perfettamente col vecchio assetto della giustizia sportiva, il cui “scopo” [105] era quello di garantire «il rispetto dei principi dell’or­dinamento» [106]. Il riconoscimento di un diritto di azione atipico trova invece la sua naturale collocazione nel nuovo sistema di giustizia sportiva che pone al centro del processo non soltanto la «effettiva osservanza delle norme dell’ordinamento», ma anche, in posizione equiordinata, «la piena tutela dei diritti e degli interessi dei tesserati» [107]. L’art. 6 del Codice svolge quindi una «funzione fondativa» della tutela giustiziale nel­l’ambito dell’ordinamento sportivo, in una misura che appare per certi versi assimilabile a quella dell’art. 24 Cost. nell’ambito dell’ordinamento generale dello Stato: riconosciuta la rilevanza di una situazione soggettiva, questa nuova disposizione ne garantisce la tutela attraverso l’accesso agli organi di giustizia sportiva. Non solo. Se si conviene che l’ordinamento sportivo è costituito per lo più da norme tecniche e disciplinari, che, limitandosi a dettare condotte e comminare sanzioni, non riconoscono espressamente alcun diritto o interesse in capo ai tesserati [108], sembra che l’art. 6 del Codice [continua ..]


8. (Segue): l’indistinzione tra le questioni tecniche e le questioni discipli­nari

Vi è ancora un aspetto che merita attenzione. Si è detto che l’art. 6 del Codice conferisce il diritto di agire innanzi a tutti gli organi di giustizia, per la tutela di tutte le situazioni soggettive, indistintamente qualificate in termini di «diritti» e «interessi» [110]. Sembra in tal modo certificarsi che nell’ordinamento sportivo non vi è alcuna differenza tra controversie tecniche e controversie disciplinari; coerentemente alla loro tradizionale indiscussa giustiziabilità e anche a quanto si era potuto notare al § 5 in punto di competenza degli organi che esercitano la giustizia sportiva endofederale. Tutt’altro è il discorso da fare quando si ragiona dell’ordinamento dello Stato, dove le questioni tecniche, diversamente da quelle disciplinari, sono ritenute dalla giurisprudenza strutturalmente insuscettibili di acquisire rilevanza giuridica [111]. Per comprendere appieno la portata della disposizione è opportuno ripercorrere rapidamente i termini del dibattito sulla rilevanza giuridica delle questioni sportive nel­l’ordinamento statale. L’affermazione della irrilevanza giuridica delle questioni tecniche trova, come noto, il proprio fondamento positivo nell’art. 2, d.l. n. 220/2003 [112]. Nonostante questa disposizio­ne accomuni la materia tecnica a quella disciplinare, riservandole entrambe (e senza alcuna distinzione) alla «competenza esclusiva dell’ordinamento sportivo» [113], in giurisprudenza si è andato affermando un filone interpretativo, avallato dalla Corte costituzionale, che ammette la rilevanza nell’ordinamento generale delle questioni disciplinari, laddove queste finiscano per incidere «anche su situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l’ordinamento giuridico statale» [114]. Quest’ordine di idee non è invece stato adottato con riferimento alle regole tecniche: in particolare, nell’ottica della Consulta queste non potrebbero mai acquisire «natura di norme di relazione dalle quali derivino diritti soggettivi» (o comunque «posizioni di interesse legittimo»), non essendo perciò in alcun modo suscettibili di coinvolgere situazioni soggettive rilevanti nell’ordina­mento generale [115]. È stato tuttavia efficacemente fatto notare che in assenza di criteri idonei a [continua ..]


9. I meccanismi di attivazione della giustizia sportiva. In particolare: il ricorso del soggetto interessato

Un accenno meritano, infine, i meccanismi di attivazione della giustizia sportiva, dalla cui disciplina emerge in maniera eloquente la duplice ispirazione del Codice. Per un verso la creazione di rigidi meccanismi di controllo di legalità del CONI sulle federazioni evidenzia la volontà di assicurare «l’effettiva osservanza delle norme dell’ordinamen­to sportivo», sul modello di una giurisdizione di tipo oggettivo. Per altro verso la costruzione di un sistema di giustizia sportiva capace di garantire la «piena tutela dei diritti e degli interessi dei tesserati» richiama un modello di giurisdizione di tipo soggettivo [120]. Nel tentativo di soddisfare entrambi i modelli di tutela, il Codice disciplina cinque diversi meccanismi di attivazione dei procedimenti e individua tre diverse categorie di soggetti «legittimati» ad attivare la giustizia sportiva. Al modello di giurisdizione di tipo oggettivo possiamo ricondurre l’instaurazione del procedimento d’ufficio «a seguito di acquisizione dei documenti ufficiali relativi alla gara», «la segnalazione» al Giudice sportivo [121] e «l’atto di deferimento» al Tribunale federale [122]. Al modello di tipo soggettivo possiamo invece ascrivere «l’istanza» al Giudice sportivo [123] e il «ricorso» al Tribunale federale [124], entrambi promossi dal «soggetto interessato titolare di una situazione giuridicamente protetta nell’ordinamento federale» [125]. A queste cinque ipotesi deve essere poi aggiunta quella del ricorso per l’annullamento delle deliberazioni dell’Assemblea Federale [126], che a sua volta risponde a esigenze di tutela sia di tipo oggettivo [127] che di natura soggettiva [128]. Di particolare interesse, ma di difficile inquadramento giuridico, è l’ipotesi del «ricorso al Tribunale federale» di cui all’art. 27, comma 1, lett. b) del Codice, laddove il ricorrente lamenti di aver subito un danno per effetto di un comportamento disciplinar­mente rilevante di un altro tesserato. A un primo impatto parrebbe infatti che tale istituto sia stato costruito sulla falsariga del ricorso immediato al Giudice di Pace di cui agli artt. 21 ss. d.lgs. n. 74/2000: proprio come avviene in quella sede, il ricorrente (la persona offesa nell’ottica del d.lgs. n. [continua ..]


10. Conclusioni

Il Codice di Giustizia sportiva appare, a uno sguardo complessivo, coerente con le scelte di fondo che hanno ispirato la riforma. Animato dal desiderio di completare il percorso di adeguamento dei procedimenti sportivi ai canoni del giusto processo e di razionalizzare il rapporto tra gli organi di giustizia federale e quelli istituiti presso il CONI, l’articolato è riuscito a sintetizzare ragionevolmente la domanda di autonomia delle federazioni con l’avanzamento del percorso di modernizzazione della giustizia sportiva. Innanzitutto l’approvazione del Codice ha comportato un significativo incremento delle garanzie riconosciute ai tesserati: ogni procedimento di giustizia sportiva si svolge, infatti, attraverso un doppio grado di giudizio, assicurando il diritto di difesa (anche quando il giudizio si svolge senza udienza [135] e rispettando tempi certi (con termini di durata massima delle fasi procedimentali fissati a pena di estinzione del giudizio). La riforma ha comportato in secondo luogo una trasformazione del rapporto tra il CONI e le federazioni nell’amministrazione della giustizia: pur essendo innegabile che l’introduzione del Codice unico abbia comportato una riduzione dell’autonomia federale, è altrettanto vero che questo sacrificio è stato, almeno in parte, bilanciato da una chiara delimitazione delle rispettive sfere di competenze. Lo spazio di autonomia riconosciuto alle federazioni è quindi più contenuto rispetto al passato, ma è al contempo più difficilmente accessibile da parte degli organi di giustizia del CONI: infatti, per un verso le decisioni degli organi di giustizia federale, in linea di principio, non potranno essere censurate nel merito da parte del Collegio di garanzia; per altro verso la Procura generale esercita i suoi poteri intrusivi nell’ambito delle indagini federali soltanto in ipotesi tassativamente previste. Alla riforma della giustizia sportiva deve essere infine riconosciuto il pregio di aver saputo «fare ordine» nella complessità normativa che caratterizzava la materia. Non soltanto, infatti, l’approvazione di un regolamento unico ha consentito di ridurre a unità la moltitudine di modelli procedimentali previgenti, ma raccogliendo e affinando gli artt. 12 ss. dello Statuto del CONI e i Principi di Giustizia sportiva, il Codice rappresenta una fonte normativa capace di offrire agli operatori [continua ..]


NOTE