Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Profili costituzionali del c.d. Ius soli sportivo: il tesseramento dei minori stranieri tra disciplina legislativa e drittwirkung dei diritti fondamentali * (di Filippo Vari, Professore ordinario nell’Università Europa di Roma.)


The article deals with the new Italian law (n° 12, 20.1.2016), that puts on the same footing, with regard to the registration procedures for sport associations, Italian and foreign children, provided that they had been living in Italy before their tenth birthday.

The essay analyses the new legislation from a constitutional point of view and focuses in particular on the fundamental rights involved (freedom of association, the practice of sport as a human right, right to work, freedom of enterprise).

These constitutional guarantees request to give a flexible interpretation of the li­mits set by the law, when it comes to situation where the higher interest of the child is not at stake.

SOMMARIO:

1. Qualche chiarimento sulla distinzione tra ius soli e «ius soli» sportivo - 2. La legge n. 12/2016 e le competenze legislative di Stato e Regioni - 3. Lo scopo della normativa - 4. L’ambito soggettivo di applicazione della legge - 5. Lo sport come oggetto di un diritto fondamentale nell’ordinamento internazionale, vincolante per il legislatore ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 1, Cost. - 6. Il tesseramento dei minori stranieri e gli artt. 2, 3, comma 2, 4 e 18 Cost. - 7. La giurisprudenza costituzionale in materia di sport - 8. Il tesseramento come atto che, incidendo su diritti fondamentali, fuoriesce dall’autonomia del diritto sportivo - 9. I limiti al tesseramento e la loro interpretazione costituzionalmente orientata - 10. Conclusioni - NOTE


1. Qualche chiarimento sulla distinzione tra ius soli e «ius soli» sportivo

Prima di analizzare i profili costituzionali sottesi alla disciplina introdotta dalla leg­ge 20 gennaio 2016, n. 12, è doverosa una precisazione: nonostante l’affascinante nome con cui è nota nel dibattito pubblico, e cioè la normativa sullo ius soli sportivo, essa non interferisce con la problematica dell’attribuzione della cittadinanza sulla base «della nascita nel territorio dello Stato, all’infuori di ogni considerazione della cittadinanza dei genitori» [1], appunto lo ius soli propriamente detto, tematica all’esame del Parlamento italiano in un disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati nello ottobre del 2015 e oggi fermo al Senato della Repubblica [2].

La legge n. 12/2016, infatti, come emerge chiaramente anche dall’analisi dei lavori preparatori [3], non influisce in alcun modo sulle epocali problematiche sollevate, invece, dall’attribuzione della cittadinanza in ragione del luogo di nascita, problematiche tanto importanti da incidere in maniera determinante sul futuro di un popolo, come dimostra l’esempio francese; anzi, per meglio dire, più che sul futuro di un popolo, sulla nozione stessa di popolo, se è vero, come ci ricorda Massimo Luciani [4], che tale nozione, nella sua «più limpida definizione», è stata «scolpita» da Cicerone nel De Republica [5]: «populus autem non omnis hominum coetus quoquo modo congregatus, sed coetus multitudinis iuris consensu et utilitatis communione sociatus».

Al di fuori di questa grave problematica, legata al consensus iuris e alla communio utilitatis [6], la legge n. 12/2016 costituisce, invece, secondo quanto già chiaro ai promotori del disegno di legge a fondamento della disciplina [7], l’ineludibile attuazione [8] di diritti sanciti dalla Carta costituzionale, come si cercherà di dimostrare nel corso del­l’analisi.


2. La legge n. 12/2016 e le competenze legislative di Stato e Regioni

È noto che la legge sul c.d. ius soli sportivo stabilisce, all’art. 1, che «i minori di anni diciotto che non sono cittadini italiani e che risultano regolarmente residenti nel territorio italiano almeno dal compimento del decimo anno di età possono essere tesserati presso società sportive appartenenti alle federazioni nazionali o alle discipline associate o presso associazioni ed enti di promozione sportiva con le stesse procedure previste per il tesseramento dei cittadini italiani».

Prima di analizzare in dettaglio questa disciplina va, anzitutto, chiarito che essa si inserisce in un tessuto ordinamentale in cui lo Stato, rispetto alle Regioni, è competente a dettare in via esclusiva le norme sulla «condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione europea» (art. 117, comma 2, Cost., lett. a), come pure a indicare i principi fondamentali relativi all’ordinamento sportivo, dal momento che es­so, ai sensi dell’art. 117, comma 3, Cost., ricade nelle materie di potestà legislativa con­corrente.


3. Lo scopo della normativa

Tanto premesso, per comprendere quali siano gli interessi di rilievo costituzionale che la normativa in esame protegge e garantisce, occorre interrogarsi sullo scopo che il legislatore si è posto con la sua approvazione.

Al riguardo, di grande utilità risultano i lavori preparatori della legge.

In particolare, nella relazione illustrativa della proposta di legge, alla Camera, si è messo in luce come l’introduzione della nuova disciplina in materia di tesseramento contenuta nella proposta serviva a impedire alle federazioni sportive di adottare «regole e procedure» tali da impedire «il tesseramento di giovani non in possesso della cittadinanza italiana nel momento del passaggio dall’attività sportiva di base a quella agonistica».

In sostanza, era necessario ricorrere alla legge per rimuovere gli ostacoli al tessera­mento che potevano precludere «a giovani talenti» sportivi, «figli di genitori di Paesi non dell’Unione europea», ma «nati o cresciuti nel nostro Paese», «di … seguire i compagni nell’attività agonistica per motivi legati al possesso della cittadinanza» [9].

Come evidenziato nel corso della discussione in Commissione dall’on. Molea, poiché «gli enti di promozione sportiva», già prima dell’entrata in vigore della legge n. 12/2016, permettevano «a tutti gli atleti, anche ai minori stranieri, di partecipare all’at­tività sportiva non agonistica», la proposta di legge serviva invece «ai giovani stranieri minorenni i quali» desideravano «tesserarsi a una federazione sportiva al fine di svolgere attività agonistica», poiché prima dell’entrata in vigore della legge «le federazioni» avevano «la facoltà, o meno, di accettare il tesseramento di questi atleti» [10].


4. L’ambito soggettivo di applicazione della legge

Alla luce della finalità ora illustrata, si comprende il vero significato della disposizione di cui all’art. 1, comma 1, della legge, che parla genericamente di «minori stranieri».

In realtà, appare chiaro, anche dai lavori preparatori [11], come la normativa sullo ius soli sportivo sia destinata ad aprire nuove prospettive specialmente a favore di minori che hanno la cittadinanza di Stati esterni all’Unione europea.

Al contrario, i minori che sono cittadini dell’Unione, in virtù del possesso della cittadinanza di uno degli Stati membri della stessa, godono di un regime d’equiparazione agli italiani, allorché si trovavano a esercitare attraverso lo sport un’attività lavorativa, in virtù dei principi affermati per la prima volta dalla celebre sentenza Bosman [12].

Quest’ultima, come è noto, ha riconosciuto che la libera circolazione dei lavoratori «implica l’abolizione di qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza fra i lavoratori degli Stati membri per quanto riguarda l’occupazione, la retribuzione e le condizioni di lavoro», con la conseguenza che i regolamenti delle associazioni sportive non possono limitare «il diritto dei cittadini di altri Stati membri di partecipare, come professionisti, ad incontri di calcio».

La Corte di giustizia, nel decidere una vicenda legata al gioco del pallone, ha affer­mato, tuttavia, una regola di carattere generale, la cui portata si estende a tutti gli sport.

Pertanto, già in virtù di tale decisione, i minori cittadini di Stati membri dell’Unio­ne europea, allorché si trovavano a praticare l’attività sportiva a fini lavorativi, erano da assoggettare al regime proprio degli italiani.

Altrimenti, si sarebbe determinata una discriminazione contraria ai Trattati a fonda­mento dell’Unione, in particolare alla libertà di circolazione [13].

Dunque, se a beneficiare della nuova normativa sono soprattutto i cittadini di Paesi terzi rispetto all’Unione europea va, però, evidenziato come si presti a critiche la previsione che fa riferimento a «minori di anni diciotto che non sono cittadini italiani e che risultano regolarmente residenti nel territorio italiano almeno dal compimento del decimo anno di età».

Infatti, come rilevato da alcune associazioni particolarmente attive nell’integrazio­ne degli immigrati [14], il d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e cioè il «Testo unico delle dispo­sizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero» [15], nel fissare i divieti di «espulsione e respingimento», protegge «categorie vul­nerabili» – così la rubrica dell’art. 19 – e, pertanto, vieta, salvo per che motivi di «ordine pubblico» e «sicurezza dello Stato», l’espulsione «degli stranieri minori di anni diciotto», fermo restando il loro diritto di seguire «il genitore o l’affidatario espulsi».

Da ciò si può dedurre che, in realtà, il minore proveniente da Paesi esterni all’UE non può «per definizione» non essere considerato «regolarmente residente» sul territorio dello Stato italiano.

Egli, dunque, a prescindere dalla legalità dell’arrivo dei suoi genitori in Italia, ha comunque diritto di godere del regime previsto dalla legge n. 12/2016, per il semplice fatto della sua presenza nel nostro Paese.


5. Lo sport come oggetto di un diritto fondamentale nell’ordinamento internazionale, vincolante per il legislatore ai sensi dell’art. 117 Cost., comma 1, Cost.

Ciò appare confermato dalla considerazione che la disciplina dettata dalla legge n. 12/2016 finisce per incidere in maniera sensibile sull’esercizio di diritti fondamentali dell’uomo.

Non a caso, la Carta Olimpica [16], nei Fundamental Principles of Olympism, al numero 4, stabilisce «the practice of sport is a human right»; e che «every individual must have the possibility of practicing sport, without discrimination of any kind and in the Olympic spirit, which requires mutual understanding with a spirit of friendship, solidarity and fair play». Ma le citazioni si potrebbero moltiplicare: si pensi, ad esempio, alla Carta internazionale per l’educazione fisica e lo sport, adottata dall’UNESCO nel novembre del 1978, al cui inizio si afferma che «la pratica dell’educazione fisica e dello sport è un diritto fondamentale per tutti».

Ancor più importante, quanto alla tematica in esame, è il richiamo all’art. 31 della Convenzione sui Diritti del fanciullo, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York, il 20 novembre 1989, e resa esecutiva in Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176 [17].

Tale articolo stabilisce, al par. 1, che «gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo e al tempo libero, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e a partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica»; e, al par. 2, che gli stessi «rispettano e favoriscono il diritto del fanciullo di partecipare pienamente alla vita culturale e artistica e incoraggiano l’organizzazione, in condizioni di uguaglian­za, di mezzi appropriati di divertimento e di attività ricreative».

Queste ultime previsioni rappresentano degli obblighi internazionali ai quali, ai sensi dell’art. 117, comma 1, Cost., la legislazione ordinaria deve uniformarsi, pena la sua illegittimità.

In particolare, poiché la Convezione si applica a tutti i minori che sono nel territorio italiano, a prescindere dal titolo della presenza in Italia dei loro genitori, e poiché l’attività sportiva rientra senz’altro tra le attività ricreative, ne discende, quanto alla problematica dell’ambito soggettivo di applicazione della legge n. 12/2016, che l’uni­ca interpretazione della stessa compatibile (con la Convezione e dunque) con la Costituzione è quella per cui ciascun minore presente sul territorio italiano è comunque sog­getto al regime di cui alla legge n. 12/2016, a prescindere dalla legalità del soggiorno in Italia dei suoi genitori.


6. Il tesseramento dei minori stranieri e gli artt. 2, 3, comma 2, 4 e 18 Cost.

La disciplina dettata dalla legge n. 12/2016 può essere, peraltro, ricondotta all’at­tuazione di specifici diritti protetti direttamente dalla Costituzione.

Al riguardo vanno, anzitutto, richiamati gli artt. 2 e 18 Cost.

Come è noto, il primo, nello stabilire che «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità», va interpretato, secondo una giurisprudenza oramai costante ‒ ma non esente da critiche di una parte della dottrina [18] ‒ come una norma «a fattispecie aperta» [19], e cioè volta a fondare la tutela di diritti non specificamente disciplinati dalla Costituzione, tra i quali inserire [20] la protezione del «pieno sviluppo della personalità nelle formazioni sociali» [21]; come pure diretta, nonostante il suo tenore testuale, a proteggere le formazioni sociali in cui si svolge la personalità dell’uomo [22].

Il secondo, nel garantire la possibilità di associarsi «liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale», fa un riferimento ai cittadini che, tuttavia, non va inteso in senso letterale, con la conseguenza che la norma si applica anche agli stranieri [23].

La disciplina dettata dalla legge n. 12/2016 è, dunque, adottata per garantire tali diritti, tanto più ove si consideri che essi vanno letti in combinato disposto con l’art. 3, comma 2, Cost., per il quale «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana» [24].

In particolare, la pratica sportiva costituisce un’occasione formidabile per lo sviluppo della personalità del minore e per una piena integrazione dello stesso all’interno della società, come sottolineato anche nell’Accordo di programma per la realizzazione di attività volte a favorire l’inclusione e l’integrazione sociale dei migranti di prima e seconda generazione attraverso lo sport e a contrastare le forme di discriminazione e intolleranza, sottoscritto da Ministero delle Politiche sociali e CONI nel 2014, e rinnovato sia nel 2015 sia nel 2016 [25].

È interessante ricordare che questa funzione dello sport è riconosciuta anche in seno all’Unione europea.

In particolare, nell’art. 165 TFUE, inserito in un Titolo che reca la rubrica «Istruzione, formazione professionale, gioventù e sport», al par. 2 si afferma che l’azione dell’Unione è volta a «sviluppare la dimensione europea dello sport, promuovendo l’equità e l’apertura nelle competizioni sportive e la cooperazione tra gli organismi responsabili dello sport e proteggendo l’integrità fisica e morale degli sportivi, in particolare dei più giovani tra di essi».

Nel Libro bianco sullo sport del 2007 della Commissione [26], poi, è espressamente riconosciuto che «lo sport promuove un senso comune di appartenenza e partecipazione e può quindi essere anche un importante strumento d’integrazione degli immigrati».

Quanto ai profili legati più specificamente alla libertà di associazione e all’art. 18 Cost., occorre prendere le mosse del tesseramento. Esso può essere definito come l’atto che «si compie con l’iscrizione di un soggetto ad una associazione o società sportiva, che a sua volta provvede all’iscrizione dello stesso presso la competente federazione sportiva nazionale o disciplina sportiva associata, cui è affiliata», con il conseguente «acquisto in capo alle persone fisiche della qualifica di soggetto dell’ordinamento sportivo» [27].

Al riguardo, l’art. 31 dello Statuto del CONI stabilisce che «gli atleti sono inquadrati presso le società e associazioni sportive riconosciute, tranne i casi particolari in cui sia consentito il tesseramento individuale alle Federazioni sportive nazionali, alle Discipline sportive associate e agli Enti di promozione sportiva».

Se questi sono la natura e gli effetti del tesseramento, ne discende, da un lato, che l’impossibilità di accedervi incide sulla possibilità del singolo di inserirsi in formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità, protetta dall’art. 2 Cost.; e, dall’altro, che il regime del tesseramento ricade nell’ambito della libertà di associazione garantita dall’art. 18 Cost., con la conseguenza che la cittadinanza straniera del minore non può costituire un valido motivo per limitarla.

Al riguardo, appare doveroso il richiamo alla giurisprudenza della Corte costituzio­nale, la quale, quanto ai diritti fondamentali dell’uomo, ha riconosciuto che la «condizione giuridica dello straniero non deve essere […] considerata […] come causa ammissibile di trattamenti diversificati e peggiorativi» [28].

Infine, la disciplina dettata dalla legge n. 12/2016, allorquando l’attività sportiva assuma una connotazione lavorativa, può essere riportata anche nell’ambito dell’art. 4, comma 1, Cost. [29]. Esso, infatti, garantisce alla persona, anzitutto, un diritto di libertà, stabilendo che la Repubblica riconosce «il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto» [30].

Non è dubbio che, «quando la pratica sportiva non trova più nella mera partecipazione alle competizioni, nell’orgoglio dei risultati ottenuti, nei premi, anche simbolici che ne attestano il valore sportivo, la propria ragion d’essere e di riconferma nella con­quista di più ambiziosi traguardi, ma diventa oggetto di un rapporto obbligatorio che si assume nei confronti di una società a fronte di un corrispettivo, la stessa perda la sua dimensione di gioco, che si sceglie di praticare per passione, per diventare un lavoro» [31].

Il tesseramento dello sportivo, dunque, può incidere sul diritto al lavoro, la cui garanzia, come chiarito già da Costantino Mortati, ricomprende, in particolare, la libertà «da ogni intervento esteriore diretto ad impedire l’esplicamento di una attività lavorativa o la scelta e il modo di esercizio della medesima» [32].

Alla luce di siffatte considerazioni, emerge chiaramente come la normativa dettata dalla legge n. 12/2016 va a rimuovere un ostacolo al godimento di tale libertà da parte dei minori stranieri presenti in Italia.


7. La giurisprudenza costituzionale in materia di sport

Queste conclusioni appaiono confermate anche dalla giurisprudenza costituzionale in materia di sport [33], considerato, sin dagli anni ’70, «un’attività umana cui si riconosce un interesse pubblico tale da richiederne la protezione e l’incoraggiamento da parte dello Stato» [34].

Tra le pronunce del giudice delle leggi riveste particolare importanza la sent. n. 49/ 2011, in cui si afferma che «l’autonomia dell’ordinamento sportivo trova ampia tutela negli artt. 2 e 18 della Costituzione, dato che non può porsi in dubbio che le associazioni sportive siano tra le più diffuse “formazioni sociali dove [l’uomo] svolge la sua personalità” e che debba essere riconosciuto a tutti il diritto di associarsi liberamente per finalità sportive» [35].

Sempre nella stessa pronuncia si trova un ulteriore passaggio molto utile per l’ana­lisi della legislazione sullo ius soli sportivo.

In particolare, si afferma che «la possibilità, o meno, di essere ammessi a svolgere attività agonistica disputando le gare ed i campionati organizzati dalle Federazioni sportive facenti capo al CONI – il quale, a sua volta, è inserito, quale articolazione monopolistica nazionale, all’interno del Comitato Olimpico Internazionale – non è situazione che possa dirsi irrilevante per l’ordinamento giuridico generale e, come tale, non meritevole di tutela da parte di questo»; e ciò poiché «è attraverso siffatta possibilità che trovano attuazione sia fondamentali diritti di libertà – fra tutti, sia quello di svolgimento della propria personalità, sia quello di associazione – che non meno significativi diritti connessi ai rapporti patrimoniali – ove si tenga conto della rilevanza economica che ha assunto il fenomeno sportivo, spesso praticato a livello professionistico ed organizzato su base imprenditoriale – tutti oggetto di considerazione anche a livello costituzionale» [36].

Queste considerazioni del giudice delle leggi confermano, dunque, la tesi sopra es­posta, secondo la quale la disciplina introdotta dalla legge n. 12/2016 vale a dare protezione a diritti garantiti a livello costituzionale dagli artt. 2, 4 e 18 Cost.

Dall’argomentazioni della Corte si trae, inoltre, spunto per agganciare la normativa in esame ‒ allorquando sia destinata a trovare applicazione in fattispecie in cui è presente, nell’attività sportiva, un’organizzazione imprenditoriale ‒ anche all’art. 41 Cost., che garantisce la libertà d’iniziativa economica con i limiti della sicurezza, della libertà e della dignità umana [37] e, dunque, con eccezioni che non possono in alcun modo es­sere invocate per escludere il tesseramento di un minore straniero.


8. Il tesseramento come atto che, incidendo su diritti fondamentali, fuoriesce dall’autonomia del diritto sportivo

Se le considerazioni esposte sono vere se ne trae argomento per convenire con la giurisprudenza amministrativa [38], secondo la quale il tesseramento costituisce un atto che incide «su posizioni giuridiche rilevanti nell’ordinamento generale» e, come tale, è «sottratto all’assoluta autonomia dell’ordinamento sportivo e della sua giurisdizione, come invece, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 280/2003, le c.d. controversie tecnico-sportive (lett. a) e le controversie originanti da comportamenti rilevanti sul piano disciplinare, implicanti l’irrogazione di sanzioni disciplinari sportive (lett. b)». Come ri­conosciuto anche dalla Corte costituzionale, nella pronuncia analizzata nel precedente paragrafo, infatti, l’autonomia dell’ordinamento sportivo «recede allorché siano coinvolte situazioni giuridiche soggettive che, sebbene connesse con quello, siano rilevanti per l’ordinamento giuridico della Repubblica» [39].

Dalla natura dei diritti costituzionali sottesi al tesseramento discende, dunque, sul piano dei principi costituzionali, la legittimazione del legislatore per un intervento così incisivo sull’autonomia dello sport, come quello operato dalla legge n. 12/2016.


9. I limiti al tesseramento e la loro interpretazione costituzionalmente orientata

Alla luce del quadro costituzionale tracciato occorre, infine, valutare il significato e l’incidenza dei limiti posti dall’art. 1 della legge in esame all’equiparazione del minore straniero rispetto alla posizione del cittadino italiano.

In particolare, come già accennato, si prevede che il minore straniero, per poter beneficiare dell’equiparazione agli italiani quanto alle procedure previste per il tesseramento, debba essere presente in Italia [40] «almeno dal compimento del decimo anno di età».

Si tratta di una misura che ha lo scopo di bloccare un potenziale mercato di giovani talenti, che siano strapiantati dalla loro realtà familiare e sociale per essere attratti dal miraggio di una carriera sportiva. E qui bisognerebbe chiedersi se la disposizione sia effettivamente idonea a raggiungere lo scopo.

La finalità sopra indicata trova, a ogni modo, fondamento costituzionale nell’art. 31, comma 2, Cost. ‒ una disposizione poco considerata dal legislatore e nelle politiche pubbliche ‒ che impone alla Repubblica di proteggere «la maternità, l’infanzia» e, per ciò che qui interessa, «la gioventù».

Questa norma costituzionale legittima l’apposizione di limiti ai diritti costituzionali che vengono in questione con riferimento alla fattispecie del tesseramento, nel momento in cui si ponga un problema di tutela della gioventù.

Sennonché occorre chiedersi che cosa avvenga nell’ipotesi in cui un minore sia arrivato in Italia dopo il compimento del decimo anno d’età, ma non ci siano problemi di protezione dello stesso.

In altri termini, è necessario domandarsi se, in tale evenienza, il limite dell’arrivo in Italia prima del compimento del decimo anno d’età indicato dalla legge si applichi lo stesso oppure se esso non abbia un carattere assoluto, bensì relativo. Si pensi al caso di un minore straniero che giunge in Italia dopo aver compiuto dieci anni, perché immigrano i suoi genitori o per richiedere asilo.

Se sono fondate le considerazioni, sopra esposte, sui diritti che vengono in gioco con riferimento al tesseramento ‒ in particolare, quelli protetti dagli artt. 2, 4 e 18 Cost. ‒ non appare possibile ritenere che il limite posto dal legislatore, costituito dal­l’arrivo in Italia prima del decimo compleanno, abbia un carattere assoluto e debba sempre trovare applicazione.

Al contrario, un’interpretazione costituzionalmente orientata impone di ritenere che la legge n. 12/2016 detti una disciplina minima, suscettibile però di ulteriore ampliamento: in sostanza, la legge sullo ius soli sportivo sembrerebbe imporre l’equiparazio­ne della posizione del minore straniero a quello italiano sempre nel caso di minori entrati in Italia prima del compimento del decimo anno; per quelli entrati dopo, però, si può, anzi, rectius, si deve consentire il tesseramento nel momento in cui non vengono in gioco esigenze di protezione della gioventù.

In senso contrario non è nemmeno utile discutere sulla natura pubblicistica o privatistica delle federazioni sportive [41], dal momento che, anche a considerare queste come soggetti privati, ogni discussione è troncata sul nascere dalla c.d. Drittwirkung dei diritti fondamentali connessi al tesseramento, e cioè la loro efficacia non solo nelle relazioni tra singolo e potere pubblico, ma anche nei rapporti tra privati [42].


10. Conclusioni

Le considerazioni sopra svolte sono valse a illustrare i diritti costituzionali interessati dalla disciplina dettata dalla legge n. 12/2016. Esse, pur riguardando i minori, con­ducono inevitabilmente a interrogarsi sulla legittimità delle norme che limitano il tesseramento di sportivi maggiorenni provenienti da Paesi diversi dall’Unione europea: in altri termini, se il tesseramento incide sulla garanzia degli artt. 2, 4 e 18 Cost., si può ritenere che per gli adulti esso possa essere limitato in ragione della cittadinanza? Il tema è molto affascinante ma, come diceva lo Scrittore [43], «questa è un’altra storia, e si dovrà raccontare un’altra volta».


NOTE

* Il testo riproduce, con aggiunta di note, la relazione tenuta dall’autore in occasione del Convegno di studi «Ius soli sportivo. L’attuazione della legge 20 gennaio 2016, n. 12», svoltosi a Roma, nel salone d’o­nore del CONI, il 1° dicembre 2016.

[1] Così C. Mortati, Istituzioni di Diritto pubblico, 10a ed., a cura di F. Modugno, A. Baldassarre, C. Mezzanotte, Padova, 1991, p. 125.

[2] Come è noto, la legge 5 febbraio 1992, n. 91, oggi in vigore, all’art. 4, comma 2, stabilisce che «lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data». La cittadinanza italiana si trasmette, infatti, come regola generale, ai sensi dell’art. 1 della legge, attraverso la nascita da un padre o una madre cittadini, cioè iure sanguinis (cfr. A. Barbera, C. Fu­saro, Corso di diritto costituzionale, Bologna, 2012, p. 163 ss.).

Il disegno di legge A.S. 2092, recante «Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, e altre disposizio­ni in materia di cittadinanza», approvato dalla Camera dei deputati nella seduta del 13 ottobre 2015, prevede una sostanziale modifica della disciplina in vigore. In particolare, secondo il ddl, acquista la citta­dinanza italiana per nascita chi viene al mondo «nel territorio della Repubblica da genitori stranieri, di cui almeno uno sia titolare del diritto di soggiorno permanente» oppure «sia in possesso del permesso di sog­giorno UE per soggiornanti di lungo periodo». Il ddl attribuisce anche la possibilità di acquistare la citta­dinanza italiana al «minore straniero nato in Italia o che vi ha fatto ingresso entro il compimento del dodi­cesimo anno di età che, ai sensi della normativa vigente, ha frequentato regolarmente, nel territorio nazio­nale, per almeno cinque anni, uno o più cicli presso istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione o percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale».

[3] Cfr. la relazione alla proposta di legge Camera dei deputati, n. 1949, in cui si afferma che con essa «si intende assicurare l’accesso alla pratica sportiva del minore in quanto tale e, quindi, della “persona” e non solo del cittadino, senza entrare nel complesso problema della cittadinanza» (disponibile su Internet nel sito della Camera, all’indirizzo http://www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0017900. pdf); v., inoltre, l’intervento del sottosegretario Delrio, in Camera dei deputati, Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari, VII Commissione permanente (Cultura, scienza e istruzione), seduta del 6 agosto 2014, p. 211, disponibile sul sito della Camera, all’indirizzo http://documenti.camera.it/leg17/ resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2014/08/06/leg.17.bol0286.data20140806.pdf.

[4] Unità nazionale e struttura economica. La prospettiva della Costituzione repubblicana, disponibile nel sito dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, all’indirizzo www.associazionedeicostituzionalisti. it/download/.../relazione-luciani-1.pdf.

[5] M.T. Cicerone, De Republica, I, p. 39.

[6] Sui quali nella vasta dottrina v. M.P. Baccari, Cittadini popoli e comunione nella legislazione dei secoli IV-VI, 2a ed., Torino, 2012, p. 195 ss.

[7] Cfr. la relazione alla proposta di legge Camera dei deputati, n. 1949, cit.

[8] In generale sul significato da attribuire al concetto di «attuazione» della Costituzione, v. A. D’Atena, L’autonomia legislativa delle regioni, Roma, 1974, p. 25 s.; Id., voce Regione (in generale), in Enc. dir., vol. XXXIX, Milano, 1988, ripubbl. in Costituzione e Regioni, Milano, 1991, p. 21 s.; A. Loiodice, Attuare la Costituzione. Sollecitazione extraordinamentali, Bari, 2000, p. 1 ss.; P.F. Grossi, Attuazione e inattuazione della Costituzione, Milano, 2002, p. 4 ss.

[9] Cfr. la relazione alla proposta di legge Camera dei deputati, n. 1949, cit.; cfr., inoltre, la relazione dell’on. T. Blanzina, alla proposta di legge 1949-A (sul sito della Camera dei deputati all’indirizzo http:// www.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0027710.pdf), il quale sottolinea il problema di «giovani talentuosi per i quali l’attività sportiva può rappresentare un’importante occasione di integrazio­ne», che «si vedono in maniera inaccettabile e discriminatoria negato il diritto di fare attività sportiva, di­vertirsi, competere, crescere e integrarsi in una società dove, ovviamente, si sentono a casa loro».

[10] Intervento in Camera dei deputati, Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari, VII Commissione permanente (cultura, scienza e istruzione), seduta del 6 agosto 2014, cit., p. 210.

[11] Cfr. l’intervento della relatrice on. T. Blanzina, in Atti Camera dei deputati, resoconto stenografico dell’Assemblea, seduta del 23 marzo, 2015, p. 48 ss., disponibile su Internet, all’indirizzo http://www. camera.it/leg17/410?idSeduta=0397&tipo=stenografico#sed0397.stenografico.tit00060.sub00010.

[12] Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sent. 15 dicembre 1995, C-415/93, Union royale belge des sociétés de football association ASBL e altri contro Jean-Marc Bosman e altri, in Raccolta, 1995, I, p. 4921. Su tale decisione, nella vasta dottrina, v. M. Clarich, La sentenza “Bosman”: verso il tramonto degli ordinamenti giuridici sportivi?, in questa Rivista, 1996, p. 393 ss.; da ultimo, AA.VV., The Legacy of Bosman. Revisiting the Relationship Between EU Law and Sport, a cura di B. Duval, B. Van Rompuy, Berlin-Heidelberg, 2016.

[13] Cfr. anche Cons. Stato, sez. VI, sent. 17 giugno 2014, n. 3037, in cui si affrontava la differente pro­blematica di un italiano vissuto all’estero, che chiedeva di essere trattato come «atleta di formazione ita­liana», pur non godendo dei requisiti previsti dalla normativa della Federazione italiana Pallacanestro (FIP). In proposito, il giudice amministrativo ha affermato che l’impossibilità di tesserare l’atleta in tal modo «incide anche su alcune prerogative che sono proprie dello status di cittadino dell’Unione europea (art. 20 TFUE), oltre che sui diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta di Nizza, restringendo, in par­ticolare, il … diritto alla vita familiare, nella misura in cui limita le possibilità di accesso allo sport pro­fessionistico del cittadino italiano i cui genitori si siano stabiliti all’estero; i collegati diritti di circolazione e di soggiorno, nella misura in cui lo costringe, per poter svolgere senza “limiti” l’attività sportiva profes­sionistica, a lasciare il territorio nazionale; il diritto di lavorare e stabilirsi nel territorio di qualsiasi Stato membro, impedendogli di avere “pieno” e incondizionato accesso all’attività sportiva professionistica in Italia».

[14] Cfr. A. Baracchi, A. Guariso, Lo “ius soli sportivo” è legge, nel sito dell’Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, all’indirizzo http://www.asgi.it/notizia/lo-ius-soli-sportivo-e-legge/.

[15] Sul quale nell’ampia letteratura v. AA.VV., Diritto degli stranieri, a cura di B. Nascimbene, Pado­va, 2004; F. Scuto, I diritti fondamentali della persona quale limite al contrasto dell’immigrazione irre­golare, Milano, 2012.

[16] Disponibile su Internet all’indirizzo https://stillmed.olympic.org/media/Document%20Library/ OlympicOrg/General/EN-Olympic-Charter.pdf#_ga=1.143782774.299923291.1478278151.

[17] Su tale convenzione v. M.R. Saulle, La Convenzione delle Nazioni Unite del 1989 sui diritti del fanciullo e la tutela del nascituro, in AA.VV., Per una dichiarazione dei diritti del nascituro, a cura di A. Tarantino, Milano, 1996, p. 182 ss.; E. La Rosa, Tutela dei minori e contesti familiari. Contri­buto allo studio per uno statuto dei diritti dei minori, Milano, 2005, p. 39 ss.

[18] V., in particolare, M. Mazziotti di Celso, Lezioni di diritto costituzionale, parte seconda, 2a ed., Mi­lano, 1993, p. 57 ss.; A. Ruggeri, “Nuovi” diritti fondamentali e tecniche di positivizzazione, in AA.VV., La tutela dei diritti fondamentali davanti alle Corti costituzionali, a cura di R. Romboli, Torino, 1994, p. 46 ss.; P.F. Grossi, La famiglia nella evoluzione della giurisprudenza costituzionale, in AA.VV., La famiglia nel diritto pubblico, a cura di G. dalla Torre, Roma, 1996, p. 14; A. Pace, Problematica delle libertà costitu­zionali. Parte generale, 3a ed., Padova, 2003, p. 20 ss.; P. Caretti, I diritti fondamentali. Libertà e diritti so­ciali, 3a ed., Torino, 2011, p. 170 ss. Sia, inoltre, consentito il rinvio a F. Vari, Contributo allo studio della famiglia nell’ordinamento costituzionale, Bari, 2004, p. 97 ss.

[19] In tal senso, in dottrina, v., per tutti, A. Barbera, Art. 2, in Commentario della Costituzione. Principi fondamentali, a cura di G. Branca, Bologna-Roma, 1975, p. 66 ss.

[20] Cfr., sia pure criticamente al riguardo, P. Caretti, op. ult. cit., p. 174.

[21] Così Corte cost., sent. 11 marzo 1993, n. 81, in Foro it., I, 2132 ss.

[22] Al riguardo v., per tutti, P. Rescigno, Persona e comunità: saggi di diritto privato, Bologna, 1966, p. 3 ss.; L. Elia, Le norme sulle «formazioni sociali» nella Costituzione repubblicana, in Studi in onore di Gustavo Vignocchi, Modena, 1992, p. 545 ss.

[23] Cfr. G. Moschella, La parabola dei diritti umani nella legislazione italiana sull’immigrazione, in AA.VV., Immigrazione e diritti fondamentali fra Costituzioni nazionali, Unione europea e diritto inter­nazionale, a cura di S. Gambino, G. D’Ignazio, Milano, 2010, p. 485 ss.; M. Cartabia, I diritti dei citta­dini, in V. Onida, M. Pedrazza Gorlero (a cura di), Compendio di Diritto costituzionale, 2a ed., Mila­no, 2011, p. 90. Contra A. Pace, Problematica delle libertà, cit., p. 315.

[24] Cfr., al riguardo, P.F. Grossi, I diritti di libertà ad uso di lezioni, I, 1, 2a ed., Torino, 1991, p. 282.

[25] Cfr. i materiali disponibili su Internet all’indirizzo www.integrazionemigranti.gov.it/Progetti-e-azioni/Pagine/Sport-Integrazione.aspx.

[26] COM(2007)391 def.

[27] G. Liotta, L. Santoro, Lezioni diritto sportivo, 3a ed., Milano, 2016, p. 59. In giurisprudenza, v. Trib. Massa, sent. 15 aprile 2015, n. 396: «Stipulando il tesseramento … l’atleta instaura un autentico rap­porto contrattuale con la propria associazione e, conseguentemente, accetta le clausole statutarie e rego­lamentari della relativa federazione».

[28] Così Corte cost., sent. 25 luglio 2011, n. 245, in Giur. cost., 2011, p. 3131 ss. Nello stesso senso, v. anche Corte cost., sent. 8 luglio 2010, n. 249, ibidem, 2010, p. 2996 ss., con osservazione di F. Viganò, Nuove prospettive per il controllo di costituzionalità in materia penale?; sent. 10 aprile 2001, n. 105, in Giur. cost., 2001, p. 675 ss. (sulla quale v. R. Romboli, Immigrazione, libertà personale e riserva di giurisdizione: la Corte costituzionale afferma importanti principî, ma lo fa sottovoce, in Foro it., I, p. 2703 ss.).

[29] In tal senso, con riferimento all’art. 4 Cost., cfr. già, sia pure in un diverso contesto ordinamentale, Pretura Roma, sent. 18 settembre 1979.

[30] Sull’art. 4 Cost. come fondamento di un diritto di libertà v. M. Mazziotti di Celso, Il diritto al lavoro, Milano, 1956, p. 57 ss.; Id., Lezioni di diritto costituzionale, cit., p. 101 ss. Nella dottrina più re­cente v. A. Giorgis, La costituzionalizzazione dei diritti all’uguaglianza sostanziale, Torino, 1999, p. 189 s.; P. Caretti, I diritti fondamentali, cit., p. 494 s. Contra G.F. Mancini, Art. 4, in Commentario della Costituzione. Principi fondamentali, cit., p. 206 ss.

[31] M.T. Spadafora, Diritto sportivo del lavoro sportivo, 2a ed., Torino, 2012, p. 79.

[32] C. Mortati, Il diritto al lavoro secondo la Costituzione della Repubblica (natura giuridica, effi­cacia, garanzie), in Atti della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla disoccupazione, Roma, 1953, vol. IV, t. I, ripubbl. in Raccolta di scritti, Milano, 1972, vol. III, p. 146. Al riguardo v. anche M. Maz­ziotti, op. ult. cit., p. 59; B. Caravita, Art. 4, in Commentario breve alla Costituzione, a cura di V. Cri­safulli, L. Paladin, Padova, 1990, p. 39.

[33] Al riguardo v. T.E. Frosini, La giustizia sportiva davanti alla giustizia costituzionale, disponibile sul sito del CONI, all’indirizzo www.coni.it/images/documenti/Giustizia_sportiva_davanti_alla_giustizia. pdf, p. 3.

[34] Corte cost., sent. 25 marzo 1976, n. 57, in Foro. it., 1976, I, p. 1794 ss.

[35] Corte cost., sent. 11 febbraio 2011, n. 49, in Giur. cost., 2011, p. 664 ss. (con note di G. Manfredi, Gruppi sportivi e tutela endoassociativa e di A.A. Di Todaro, La tutela effettiva degli interessi tra giurisdizione sportiva e statale: la strana «fuga» della Corte dal piano sostanziale a quello per equivalente), par. 4 del Considerato in diritto. Su tale pronuncia v., inoltre, E. Lubrano, Nascita della giurisdizione meramente risarcitoria o fine della giurisdizione amministrativa in materia disciplinare sportiva?, in RDES, 2011, p. 63 ss.

[36] Così sempre il par. 4 del Considerato in diritto della pronuncia.

[37] Sul tema, nella vasta letteratura, v. M. Luciani, La produzione economica privata nel sistema costi­tuzionale, Padova, 1983, p. 141 ss.; G. Morbidelli, voce Iniziativa economica privata, in Enc. giur., vol. XVII, Roma, 1989, p. 4; A. Baldassarre, Diritti della persona e valori costituzionali, Torino, 1997, p. 250 ss.; A. Pace, Problematica delle libertà costituzionali, cit., p. 133 s.; R. Nania, voce Iniziativa eco­nomica privata (libertà di), in S. Mangiameli (a cura di), Dizionario di diritto costituzionale, Milano, 2008, p. 578 ss.

[38] Cfr. Cons. Stato, sez. V, sent. 22 dicembre 2014, n. 624; Cons. Stato, sez. VI, sent. 17 aprile 2009, n. 2333, in cui si afferma che, «nell’indagare i rapporti tra ordinamento sportivo e ordinamento statale, anche dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 220 del 2003 convertito nella legge n. 280 del 2003, si deve muo­vere dalla considerazione secondo la quale la giustizia sportiva costituisce lo strumento di tutela per le ipotesi in cui si discute dell’applicazione delle regole sportive, mentre la giustizia statale è chiamata a ri­solvere le controversie che presentano una rilevanza per l’ordinamento generale, concernendo la violazio­ne di diritti soggettivi o interessi legittimi»; Tar Lazio, sez. III, sent. 1° agosto 2008, n. 7802. Per una vi­sione della problematica più risalente, cfr. Tar Lazio, sez. III, sent. 11 agosto 1986, n. 2746.

[39] Corte cost., sent. 11 febbraio 2011, n. 49, cit., par. 4 del Considerato in diritto.

[40] V. supra, par. 4 di questo lavoro.

[41] Sul tema v., da ultimo, A. Averardi, Tra Stato e società: le federazioni sportive nel perimetro mo­bile delle Amministrazioni pubbliche, in questa Rivista, 2016, p. 38 ss.

[42] Sul tema, nella dottrina italiana, v. P. Virga, Libertà giuridica e diritti fondamentali, Milano, 1947, p. 190 ss.; G. Lombardi, Potere privato e diritti fondamentali, Torino, 1970, p. 52 ss.; R. Nania, La li­bertà individuale nell’esperienza costituzionale italiana, Torino, 1989, p. 12 ss.; P. Ridola, voce Diritti costituzionali, in S. Mangiameli (a cura di), Dizionario di diritto costituzionale, cit., p. 401.

[43] M. Ende, Die unendliche Geschichte, Stuttgart, 1979, trad. it., La storia infinita, 1981, Milano.

Fascicolo 2 - 2016