Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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Il benessere animale nello sport (di Norma Borgese, Dottoressa in Giurisprudenza nell’Università degli Studi di Bologna “Alma Mater Sturiorum”)


Il presente articolo tratta di un’analisi critica sul benessere animale nell’ambito del diritto sportivo la quale termina con una proposta di riforma, partendo dalle principali problematiche riscontrate, alla luce della recente Legge Delega sul riordino dell’ordinamento sportivo, che include tra i suoi punti essenziali una rivisitazione delle regole delle discipline sportive che prevedono l’impiego di animali, in particolare avendo riguardo agli aspetti relativi al trasporto, la salute ed il benessere. L’analisi parte dalla difficile definizione del concetto di «benessere animale», specialmente nel complesso bilanciamento con i bisogni dell’uomo, ma il punto di approdo è uno studio approfondito sugli sport ed altri tipi di attività che includono l’impiego di animali e le leggi a questi inerenti, focalizzandosi sulla figura del «cavallo atleta». Le lacune normative e le incongruenze sistematiche conducono al bisogno di un auspicabile e decisivo intervento organico del legislatore, in relazione alla protezione degli equidi prima, durante e, soprattutto, al termine della loro carriera sportiva.

Animal welfare in sport

This article deals with a critical analysis on animal welfare in the field of sport law which ends with the a reform proposal, starting from the main problems encountered, in the light of the recent Enabling Act on the reorganization of the sports system, which includes among its essential points a review of the rules on sporting disciplines using animals, in particular in the aspects relating to transport, health and welfare. The analysis starts from the difficult definition of the concept of «animal welfare», especially in the complex balance with human needs, but the landing point is an in-depth study on sports and other types of activities that involve the use of animals and the legislation to these inherent, focusing on the figure of the «athlete-horse». Regulatory gaps and systematic inconsistencies lead to the need of a desirable and decisive organic intervention by the legislator, related to the protection of equine animals before, during and, above all, at the end of the sporting career.

SOMMARIO:

1. Definizione di benessere animale: le Cinque Libertà - 1.1. La normativa europea in tema di benessere animale - 2. L’Animal Welfare in ambito sportivo: le principali norme federali sul tema - 3. Tutela del cavallo atleta e vuoti normativi - 3.1. Il Codice per la tutela e gestione degli equidi e il Regolamento FISE per la tutela del cavallo sportivo - 4. La disciplina sul trasporto di equidi sportivi - 5. Anagrafe equina e tutela del cavallo «non D.P.A.» dopo l’attività agonistica - 6. Profili di responsabilità del veterinario sportivo - 7. Il doping equestre - 8. Prospettive di riforma - NOTE


1. Definizione di benessere animale: le Cinque Libertà

Nonostante l’espressione «benessere animale» nasca nell’ambito dello sfruttamento degli animali c.d. da reddito, nella filiera delle produzioni alimentari, questa enuclea, ad oggi, tutte quelle situazioni ed attività che prevedono il coinvolgimento di qualsiasi tipo di animale, incluso dunque anche il settore sportivo e le discipline che prevedono l’impiego di “animali atleti”, in primis l’ippica e gli sport equestri. Quella del benessere animale è una tematica complessa e multidisciplinare, in quanto coinvolge diverse dimensioni: scientifica, giuridica, etica, economica, politica, e mette insieme studi su in campo biologico e psicologico, accostando l’apporto di varie scienze. L’etologia, tra queste, ha un ruolo fondamentale nello sviluppo della scienza delle ricerche sul­l’animal welfare (Millmann) [1]. La grande sfida sul tema, di non poca complessità, è quella di trovare una definizione di benessere animale che sia univoca e metta d’ac­cordo gli operatori della scienza e del diritto, i veterinari, i ricercatori. La base di partenza è di certo costituita dalla concezione di animale quale «essere senziente», di origini darwiniane [2], così come voluto anche dal legislatore europeo nel Trattato di Lisbona [3]. È bene anticipare che non esiste, allo stato dell’arte, una definizione ufficialmente riconosciuta di benessere. Ciononostante, sono molti gli studiosi che nel corso del tempo hanno provato a darne una [4].

Quello dei parametri da utilizzare è sicuramente un altro problema non esente da complessità: come si misura il benessere? Non vi è un modello oggettivo di quantificazione; esistono, però, le «good animal care practicies» – c.d. GACAP – generalmente individuate in una serie di fattori, quali: ambienti adatti e confortevoli, dieta appropriata, possibilità di comportarsi in modo naturale, evitare di minimizzare i fattori di sofferenza e dolore. In altre parole, dare le giuste attenzioni ai bisogni dell’animale in sé [5]. È importante evidenziare come il fattore “sofferenza” giochi tra questi un ruolo chiave nel concetto di senzienza e venga generalmente assunto come uno tra i principali parametri per la misurazione dello stato di benessere degli animali, su ispirazione delle parole del filosofo Bentham [6], secondo cui per comprendere davvero lo status degli animali dobbiamo chiederci «possono soffrire?». Queste sofferenze sono notoriamente evidenziate nel celebre Brambell Report (v. infra) e includono fame, sete, disagio, malessere, frustrazione, paura e angoscia.

Dunque, in questo quadro di incertezza, numerosi restano gli interrogativi sulla definizione di benessere animale [7], nonché i vari problemi di natura etica che lo sfruttamento animale comporta, spesso lasciati irrisolti ma ben sintetizzati in modo già alquanto chiaro nei pensieri dei filosofi Singer e Regan, fautori delle più importanti teorie relative all’antispecismo e alla protezione dei diritti degli animali [8]. L’Organizza­zione mondiale della Sanità Animale – c.d. OIE [9] – un’organizzazione intergovernativa con sede a Parigi istituita nel 1924 col fine di migliorare gli status di salute degli animali in tutto il mondo, sostiene che «l’uso di animali porta con sé una responsabilità etica tale da assicurare il benessere di questi nella migliore estensione possibile» [10], in quanto ciò comporta, di riflesso, una miglioria anche per la salute umana: per non fare che un esempio, si pensi all’ingente quantità di inquinamento prodotta dagli allevamenti intensivi, all’utilizzo copioso di farmaci e prodotti che alterano la sicurezza alimentare, ma anche a tutte quelle epidemie – in gergo tecnico c.d. «zoonosi» – che nel corso del tempo sono sorte a causa della trasmissione infettiva da animale a uomo: rabbia, influenza aviaria, e, da ultima, la recentissima pandemia originata dal Coronavirus [11].

Senza dubbio il Brambell Report [12] è il documento che elenca, per la prima volta, dei veri e propri “principi ispiratori” in materia di benessere animale: nel 1965 nascono infatti le Cinque Libertà, ad opera del Farm Animal Welfare Council britannico, che si traducono in requisiti di vita essenziali per far sì che sia garantito a tutti gli animali, con particolare riferimento agli animali da allevamento, uno status di benessere ottimale. In un’ottica avanguardista, però, tali principi possono e devono essere rispettati in qualsiasi contesto di detenzione e sfruttamento animale, prescindendo dalle finalità [13]. Le libertà enucleate nel Rapporto sono: (i) libertà dalla sete, dalla fame e dalla cattiva nutrizione: quantità, qualità e frequenza dei pasti in base alla loro età, fisiologia, condizioni generali; (ii) libertà di avere un ambiente fisico adeguato, dunque accogliente, che protegga l’animale e non sia fonte di disagio: la disposizione può essere letta in combinato con il nostro ordinamento penale, che punisce la detenzione in condizioni non idonee a rispettare le esigenze etologiche; (iii) libertà dal dolore, dalle ferite, dalle malattie: le cure mediche hanno un ruolo essenziale, quindi deve esserci collaborazione tra chi detiene l’animale e il veterinario. La valutazione del dolore non può essere superficiale o basarsi sulla differenza tra uomo e animale. Stessa cosa per l’eutanasia, che va eseguita nel rispetto delle pratiche mediche veterinarie, e sul tema dell’accanimento terapeutico, da accordare con una vita dignitosa per l’animale, così come la morte; (iv) libertà di manifestare le caratteristiche comportamentali specie-specifiche normali: questa libertà le riassume tutte e cinque, focalizzandosi sul fattore comportamentale, in quanto lo studio del benessere deve partire essenzialmente dalle ormai avanzate conoscenze etologiche; (v) libertà dalla paura e dal disagio, poiché anche gli animali provano emozioni negative come stress, paura, disadattamento: sono situazioni da non sottovalutare e chi detiene l’animale deve saper interpretare, sulla base delle loro reazioni agli stimoli, quali siano le emozioni provate e in che misura impattano sulla loro salute e benessere.


1.1. La normativa europea in tema di benessere animale

Il quadro giuridico in tema di benessere animale è articolato e multiforme. Il legislatore europeo, in particolare, si è focalizzato perlopiù sul mondo della produzione alimentare nelle sue fasi essenziali: allevamento, trasporto e macellazione.

Dagli anni Sessanta in poi, il Consiglio d’Europa si è attivato al fine di promuovere accordi internazionali sulla tutela del benessere animale: del 1976, ad esempio, è la Convenzione Europea per la protezione degli animali negli allevamenti; nel 1978 è stata firmata invece quella per la protezione durante il trasporto. Numerosa è anche la produzione legislativa di direttive e regolamenti, incentrata su specifici ambiti settoriali [14].

Dopo l’affermazione dell’animale come essere senziente ex art. 13 TFUE, reo di costituire una sorta di «occasione mancata» per dare una definizione concreta di benessere animale, non è stata ancora del tutto abbandonata la concezione antropocentrica, in quanto il riferimento al benessere animale spesso non è altro che un escamotage per arrivare quella che è la reale tutela, ovvero il benessere dell’uomo: esempio tipico il miglioramento della salute animale nella filiera produttivo-alimentare, finalizzata perlopiù a salvaguardare la salute umana (Sobbrio) [15]. Benessere animale, in questo senso, è tradotto come miglioria delle condizioni di vita degli animali per influire su quelle umane, nel rispetto degli equilibri economici e di mercato, nonché degli interessi dell’uomo stesso. Il disposto dell’art. 13 TFUE, infatti, è volto a sacrificare le esigenze in materia di benessere a fronte del rispetto di disposizioni che siano riguardino «riti religiosi, tradizioni culturali e il patrimonio regionale». La norma sancisce dunque numerose deroghe: tra queste, ad esempio, emerge spesso a livello giurisprudenziale il problema del rito islamico delle macellazioni rituali, affrontato anche dalla Corte di Giustizia [16].

La protezione del benessere animale ex art. 13 TFUE, più che un principio generale, è in conclusione un «obiettivo implicito» del Trattato, un «generico interesse alla garanzia del benessere degli animali» [17], come sottolinea spesso la Corte.

Una delle norme più rilevanti a livello europeo è la Direttiva del 20 luglio 1998, n. 58 sulla protezione degli animali negli allevamenti, che ricalca la necessità di rispettare dati standard nella detenzione e cura degli animali. Un’altra disciplina di rilievo in tema di benessere è il Regolamento CE sui prodotti cosmetici del 2009, n. 1223: anche qui il nucleo è la tutela del welfare, tanto che la posizione normativa risulta “moderna” e avanzata rispetto ad altri tipi di interventi (Lottini) [18], in quanto viene introdotto il divieto di sperimentazioni animali sia per prodotti finiti che per gli ingredienti e le loro combinazione sul mercato dei cosmetici, anche qualora le sperimentazioni siano effettuate al di fuori dell’Unione Europea e in linea con la normativa di Paesi Terzi [19].

Nella Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, Consiglio, Comitato Economico-Sociale sulla strategia UE per la protezione e il benessere degli animali 2012-2015 [20] è stato tracciato un piano complessivo per la protezione degli animali, con l’adozione dello slogan «ciascuno è responsabile», al fine di responsabilizzare coloro che all’interno delle strutture hanno compiti specifici di trattamento corretto degli animali e incoraggiare le ispezioni sugli utilizzi di metodi improntati al welfare. Nell’ambito della Strategia, con una Decisione del gennaio 2012 [21] è nata la nuova «EU Platform of Animal Welfare», c.d. EUPAW, composta da esperti in materia di be-nessere animale, che ha lo scopo di applicare correttamente le normative alla luce del quadro sul benessere e favorire il dialogo e la conoscenza tra esperti, operatori economici e accademici. Interessante poi la recente Strategia «Dal produttore al consumatore», punto centrale del Green Deal europeo, nata a seguito della pandemia di COVID-19 e conseguente recessione economica, in quanto sorge dalla consapevolezza che un sistema alimentare sano possa assicurare ai cittadini una maggiore capacità di resilienza, che ha l’obiettivo di rendere gli alimenti più sostenibili entro il 2023: tra le finalità, viene citata l’implementazione del benessere animale come miglioria tanto alla salute degli animali quanto alla qualità degli alimenti per l’uomo.


2. L’Animal Welfare in ambito sportivo: le principali norme federali sul tema

Sono principalmente tre le attività sportive che hanno come protagonisti i c.d. animali atleti: l’equitazione, gli sport cinofili e, infine, l’attività dei colombi viaggiatori.

Nell’ambito dello sport con animali, le singole norme federali prevedono in modo più o meno ampio disposizioni improntate al soddisfacimento dei requisiti di benessere animale, formando un incrocio tra diverse discipline: la normativa interna ed europea vista in precedenza e i regolamenti, nonché codici etici e deontologici, delle Federazioni.

Per quanto concerne gli sport equestri, seppur ripresi in seguito, meritano comunque un cenno i documenti più significativi in tema di benessere animale: in primis lo Statuto FISE [22], dove all’art. 2, comma 2 viene promossa la salute dei cavalli e cavalieri. Il Protocollo d’Intesa tra il Ministero della Salute e la FISE del 2018, guardando proprio allo Statuto e agli obiettivi della Federazione, che annovera i medici veterinari tra i propri tesserati, fa proprio il fine della promozione della cultura equestre, oltre alla gestione dell’anagrafe equina: in particolare l’art. 2 del Protocollo statuisce che il Ministero e la FISE «si impegnano a porre in essere e promuovere le iniziative concordate al fine di favorire il rispetto del benessere del cavallo sportivo e l’informa­zione sulle buone pratiche relative alla gestione degli equidi e sulla normativa vigente». Interessante, inoltre, il richiamo alla proposta dell’OIE, contenuta nel Terrestrial Animal Health Code, di inserire il concetto di «Cavallo atleta» o «Cavallo sportivo», raccomandando l’istituzione di una sottopopolazione di cavalli che vengono spostati per le gare equestri: si parla di «High Health/High Performarce Horse (HHP)». Infine, il documento insiste sulla promozione e diffusione di corrette pratiche di cultura e rispetto del cavallo sportivo sulla base di evidenze scientifiche e normative. Fondamentale è poi il Codice per la tutela e gestione degli equidi, che declina dei principi fondamentali basati sulle linee guida della International Society for Equitation Science e fissa i parametri per il rispetto delle esigenze etologiche e benessere di cavalli, pony, asini, muli e bardotti, oltre a promuovere la preziosa relazione tra uomo e animale. Il Codice è un documento interessante perché, nonostante non sia una fonte normativa, arriva finalmente a responsabilizzare la figura del detentore come “custode” del benessere. Si accosta a questo il Codice Etico e Comportamentale FISE, il cui obiettivo è la salvaguardia del benessere sia dei i minori che praticano sport, sia dei cavalli stessi: gli equidi vengono infatti considerati iscritti alla Federazione, pertanto spetta agli istruttori garantirne il benessere in quanto «compagni di sport».

Nel 2018 nasce Regolamento Anti-Doping Equini (EAD), che recepisce in un unico testo il Regolamento EAD ed il Regolamento Medicazioni Controllate Equini ECM: al suo interno vi è un elenco delle sostanze proibite nonché l’individuazione del soggetto responsabile: questo è l’atleta che monta e conduce il cavallo nell’evento in cui il controllo viene effettuato, mentre il proprietario è il «Soggetto Responsabile Aggiuntivo».

L’Allegato I del Codice di Condotta FEI sul Benessere del Cavallo, entrato in vigore il 4 febbraio 2019, definisce poi il benessere partendo da una serie di parametri, tra i quali: corretta gestione stalla e alimentazione; condizioni abitative su parametri di ordine, sicurezza, efficacia; scuderie pulite, ben ventilate e di dimensioni sufficienti; dre­naggio efficace; assenza di materiali dannosi; disponibilità di acqua; allenamento com­patibile con capacità e livello di crescita nelle discipline; rifiuto di metodi umilianti o che incutano paura; ferri e chiodi posti in modo da non causare dolore o ferite. Si parla anche del concetto di habitat e delle cose fisiche e materiali che lo compongono, nonché dell’accudimento fisico e psicologico. Nei documenti esaminati il rapporto col conduttore non è menzionato né ritenuto fondamentale, al contrario di quanto avviene nelle discipline cinofile, nelle quali costituisce un presupposto per il benessere: senza dubbio una lacuna non più in linea con tempi.

La disciplina equestre che pone dubbi leciti in materia di benessere è sicuramente quella del dressage, o paradressage nell’ambito dello sport paraolimpico: l’obiettivo è l’obbedienza totale del cavallo e la sintonia assoluta col conduttore, in quanto l’equide deve compiere movimenti che, seppur minimi, richiedono precisione. L’obbedienza ed il totale assoggettamento del cavallo sono spesso difficili da ottenere: sono numerosi i casi di conduttori equini perseguiti per maltrattamento [23] a riprova che il cavallo venga spesso soggiogato con metodi tutt’altro che gentili. Si intrecciano in queste circostanze la disciplina dell’ordinamento generale e quella dell’ordinamento sportivo: non entrano in gioco dunque solo le sanzioni penali o civili come la restrizione della libertà personale o il risarcimento del danno, ma anche quelle comminate dall’ordinamento sportivo, che vanno dall’annullamento dei risultati o la sospensione per un dato numero di gare, fino alla radiazione, che può essere anche del cavallo stesso, in caso di doping o maltrattamenti. La giustizia sportiva reagisce, così, anche a fronte di questi episodi, facendo intersecare norme di diverso ordine e grado. Nel Regolamento federale FISE troviamo, ad esempio, tra i motivi di eliminazione dalla gara proprio quello in cui la performance sia eseguita contrariamente alle buone pratiche di tutela alla salute e al benessere del cavallo. Il Capitolo 6 è interamente dedicato al benessere sia degli atleti che dei cavalli: viene punita infatti la crudeltà e la brutalità degli atti che causano volontariamente sofferenza, oltre ad elencare una serie di pratiche totalmente vietate, come la posizione non naturale dello zoccolo, obbligare il cavallo alla incollatura in iperflessione (c.d. Rollkur), privare i cavalli dei peli, legare loro la lingua e molti altri.

Numerosi sono poi gli sport cinofili, che vanno dalle più note gare di agility, nelle quali è altresì fondamentale il fattore obbedienza: queste si sostanziano in un percorso di salto ad ostacoli, tunnel ed altalene, spesso molto breve, in cui si punta alla velocità: il Regolamento della FISC [24], Federazione non riconosciuta dal CONI, la quale pertanto opera al di fuori del contesto sportivo istituzionalizzato, punisce già all’art. 1 qualsiasi atto di brutalità verso il proprio o altrui cane con la squalifica immediata, salvi altri procedimenti a carico dell’autore. Abbiamo poi il disc dog, che prevede l’utilizzo di freesbee per cani, che non siano lesivi per questi; molto praticato è anche il canicross, sport in cui i cani sono legati al bacino del conduttore, che viene trainato e condotto a sua volta dagli stessi: questa attività ha origine dall’allevamento dei cani da slitta, diventando poi una disciplina sportiva a tutti gli effetti [25]. Generalmente l’am­biente del canicross è un ambiente naturale, quale un sentiero di campagna. Emerge nell’ultimo Regolamento federale, del 2015, una particolare attenzione al benessere del cane: un esempio è il divieto di partecipare alla gara in determinate condizioni quali la gestazione, malattie o ferite, o semplicemente per cani di età inferiore ad un anno [26]: a tal proposito, è sempre obbligatoria la presenza di un veterinario. Inoltre, tra i compiti del Comitato Tecnico di cui all’art. 6, lett. c) del Regolamento vi è anche il controllo sul rispetto delle norme regolamentari poste a tutela del benessere del cane, motivo di squalifica ex art. 8, lett. i). Una di queste norme prevede poi l’annullamento della gara qualora la temperatura del terreno superi i 22 gradi centigradi: si tiene conto delle temperature per preservare la salute del cane ed evitare colpi di calore [27]. I percorsi di canicross possono essere anche molto lunghi e possono gareggiare anche cani meticci. La simile disciplina chiamata dog endurance è anch’essa svolta in percorsi naturali e mette in luce proprio la capacità dei cani di affrontare simili tratte insieme ai padroni: viene messa in risalto l’«armonia» e l’intesa tra i due atleti.

Un’altra disciplina con i cani protagonisti è la dog dancing, una gara di ballo che prevede che gli animali si muovano a ritmo di musica: emerge qui un concetto molto particolare di dignità, in quanto è concesso dal Regolamento del Trofeo Dog Dance FISC 2019 di far indossare al cane un collare colorato, una bandana o una piccola cravatta, «ma nient’altro che possa creargli disturbo e/o ridicolizzarlo». Il Regolamento della Federazione Cinologica Internazionale per dog dancing menziona poi espressamente il benessere animale, anche con rispetto all’abilità fisica e mentale nonché la sicurezza e salute dell’atleta: questi stessi concetti sono ripresi ulteriormente dal Regolamento nazionale Prove di Dog Dancing ENCI, la cui Premessa evoca il benessere del cane come priorità assoluta dello sport e demanda il rispetto e la serietà verso i cani, evitando quanto più possibile di ridicolizzarli e farli sentire a disagio [28].

Il fly-ball è un tipo di gara particolare, che prevede una gara a squadre, composte da 4 cani per ognuna, che si sfidano generalmente in una corsa a staffetta, fino a quando non si arriva al traguardo rappresentato da una pedana – c.d. flybox – posta alla fine del percorso, fatto di ponti ed altri tipi di ostacolo: dalla pedana uscirà una palla che il cane dovrà riportare al proprio padrone per far partire gli altri componenti della squadra, fino al termine della prova. Vi è un divieto per i concorrenti «umani» di tenere comportamenti aggressivi e compiere gesti brutali verso i cani, soprattutto nella delicata fase di ritorno, in cui il cane ha già conquistato la palla. Il Regolamento Nazionale ENCI per l’organizzazione di questi tornei è molto articolato e si pone anch’esso come obiettivo quello di favorire l’armonia e integrazione, nonché la collaborazione tra il cane e il proprio padrone. Questo è un concetto che viene ribadito molto spesso nel settore cinofilo, ad esempio nel Regolamento Internazionale Prove di lavoro per Cani da Utilità e Difesa del gennaio 2019, che prevede norme tecniche federali sul benessere dell’animale: tutela alla salute fisica e psichica; condotta non violenta; regolare contatto sociale con addestratore; ritorna la parola «armonia», che si instaura tra l’uomo e il cane [29]. Come precedentemente accennato, gli stessi concetti non emergono invece negli atti federali degli altri sport con animali, nonostante il cavallo sia comunque considerato un animale dotato di particolare sensibilità nei confronti dell’uomo [30]. Il Regolamento cani da utilità e difesa parla della collaborazione uomo-cane definendola dunque come «armonica»: prevede a tal fine corsi di formazione con l’impiego di cani che siano sani e abbiano adeguate capacità psicofisiche, requisiti necessari per partecipare a tutte le competizioni sportive prese in esame. Su questa stessa premessa anche il Regolamento di obedience, una disciplina che punta sull’educazione e l’addestramento che il padrone impartisce al proprio cane, il quale deve eseguire in modo preciso le sue indicazioni per portare a termine i comandi e vincere la gara: anche qui viene punito qualsiasi atto di brutalità verso l’animale, nonché si vieta espressamente un qualsivoglia tipo di punizione nei confronti dello stesso qualora non obbedisca ai comandi, pena l’allontanamento dal ring.

Nel Codice per la tutela e benessere del cane, l’art. 4 menziona proprio il comportamento dell’allenatore verso l’animale, tutelandolo come «prezioso compagno di vita». Per il cane, quindi, si ipotizza un rapporto duraturo, a differenza del cavallo, che dalle previsioni anzidette relative agli sport equestri sembrerebbe facilmente cedibile. Il Codice etico cinofilia invece, all’art. 2 promuove l’esercizio dell’attività con professionalità e serietà e il rispetto del binomio cane-uomo [31]; interessante è poi l’art. 4, che ricorda come il tecnico debba perseguire la promozione della cultura cinofila favorendo l’alterità dell’animale come «valore aggiunto», in quanto l’uomo non è considerato superiore all’animale, ma ha semplicemente un diverso modo di essere: un concetto moderno e sicuramente in linea con l’attuale sensibilità socio-culturale. Di rilievo è inoltre il divieto di mettere in atto procedure che infliggano dolore, afflizione o danni fisici, in quanto la FISC è volta alla promozione dei c.d. «metodi gentili». Anche qui, la violazione delle disposizioni comporta sanzioni disciplinari.

Il Tribunale di Ravenna, con una sentenza del 2011 [32], si è occupato del caso di un noto veterinario chiamato in giudizio per rispondere circa la gestione di due canili abu­sivi: raggiungendo sempre elevati risultati sportivi, in genere allevando cani di razza pointer nel settore delle corse e della caccia, anche a livello internazionale, questo è sempre stato criticato per le sue modalità di allevamento, fino alla condanna per maltrattamento ex art. 544-ter c.p. per detenzione in pessime condizioni igienico-sanitarie, integrando quindi anche il reato di cui all’art. 727, comma 2, nonché il metodo di allevamento «darwiniano», basato sul concetto di selezione naturale: gli animali venivano fatti sopravvivere lottando tra di loro per decretare il migliore, fino a sbranarsi a vicenda. Il Tribunale esclude, infatti, che lo «scopo sportivo» rientri nel concetto di necessità, scriminante ai sensi dell’art. 544-ter c.p., condannando inoltre il «carattere etologicamente scorretto» del metodo di addestramento. Per quanto riguarda il terreno della responsabilità, è utile alla presente trattazione una menzione alla c.d. Ordinanza Martini [33], che all’art. 1 indica nel proprietario di un cane il responsabile tanto del suo benessere quanto del controllo, che risponde civilmente e penalmente dei danni o lesioni a persone, animali o cose provocate da questo; il comma 2 invece determina che chiunque accetti di detenere un cane, non di sua proprietà, ne ha la responsabilità per il relativo periodo. La previsione di cui all’art. 2 elenca invece una serie di divieti, tra i quali quello dell’addestramento che esalti l’aggressività del cane, operazioni di selezione o incrocio con lo stesso scopo, taglio delle corde vocali, delle orecchie e della coda, salve eccezioni o per scopi curativi, e soprattutto la sottoposizione al doping. Il problema del doping emerge spesso infatti durante le competizioni sportive. È un fenomeno molto rilevante, come quello più noto che coinvolge cavalli, perseguibile nonostante la differenza con il doping umano: il Regolamento Antidoping della FISC individua, similarmente alle tutele verso gli atleti umani, un doppio referente, in quanto improntato alla tutela del benessere e salute dei cani nonché dei valori dello sport [34]; stila un elenco delle sostanze totalmente proibite ed uno relativo invece alle sostanze «ammesse per scopi terapeutici»; definisce inoltre le modalità e i soggetti responsabili dei prelievi di controllo e l’apparato sanzionatorio previsto in caso di esito positivo.

Anche il regolamento F.C.I., che disciplina le corse dei levrieri a livello internazionale, contiene previsioni specifiche sul doping canino, sanzionato poi diversamente dalle singole Organizzazioni Nazionali: qualora queste non prevedano ipotesi sanzionatorie per tali condotte, rischiano la sospensione fino ai due anni.

Lo sport interessa anche l’attività dei colombi viaggiatori. La disciplina che qui rileva è lo Statuto della Federazione Colombofila Italiana [35], un’associazione di promozione sociale ai sensi del d.lgs. 3 luglio 2017, n. 117, c.d. Codice del Terzo settore. Ha una storia antica, in quanto è stata costituita il 4 giugno 1904 ed è aderente alla Federazione Colombofila Internazionale. Nonostante vi sia qualche richiamo al termine “protezione”, lo Statuto federale non contiene tuttavia alcuna disposizione relativa alla tutela della salute dei colombi, malgrado la loro attività sportiva non li renda immuni da rischi e pericoli, ma, al contrario, li sottopone a viaggi estenuanti e spesso fatali. Il secondo comma dell’art. 3 accenna, però, al perseguimento della tutela del colombo viaggiatore come animale d’affezione di cui alla legge 14 agosto 1991, n. 281: qualifica dunque il colombo in questa categoria, similarmente al cane, rendendolo pertanto oggetto della tutela di tale normativa. Un’altra previsione di rilievo è quella del comma 5, lett. h): «promuove la diffusione della pratica sportiva del colombo viaggiatore, tesa al miglioramento degli stili di vita, della condizione fisica e psichica, delle relazioni sociali nonché l’ottenimento di risultati competitivi». Nessun cenno al benessere poi all’interno dei regolamenti federali, mentre rileva il Regolamento 2020 per il controllo sull’uso di sostanze vietate: emerge anche in questo sport la problematica del doping, indotto ai colombi mediante la somministrazione delle sostanze dopanti generalmente all’interno dell’acqua da bere. L’art. 2 pone un elenco non esaustivo e a scopo informativo delle sostanze delle quali è vietata la somministrazione. La Commissione Antidoping è l’organo incaricato alla raccolta dei campioni che verranno successivamente analizzati e rispediti alla Commissione in via confidenziale, notificando al colombofilo/proprietario il risultato ai sensi dell’art. 6. La somministrazione potrà, in ogni caso, essere giustificata da motivi di salute del colombo fornendo il certificato veterinario che ne attesta l’utilità. Le sanzioni, di cui all’art. 10, vanno dalla sospensione dell’attività in corso e il ritiro di tutti i premi della stagione agonistica nel caso in cui sia la prima violazione, per arrivare a sanzioni più pesanti, come la sospensione fi­no a un massimo di 36 mesi, in caso di recidiva.

La violazione delle disposizioni a tutela del benessere animale nelle discipline appena menzionate può avere ripercussioni tanto sul piano penale e civile quanto su quello della responsabilità sportiva. Pur non avendo valore legale, ad esempio, il Codice Brambilla [36] al Capo V denominato «Attività con Animali» può essere utile ai fini interpretativi su quanto la protezione del benessere incida giuridicamente anche nelle attività sportive, poiché disciplina in modo organico la tutela degli animali impiegati in attività umane. I maltrattamenti, all’interno dei Regolamenti federali visti in precedenza, portano all’inflizione di sanzioni sportive e spesso alla squalifica dell’autore. Anche il Regolamento FEI vieta lo svolgimento dell’attività ai fantini che abbiano riportato condanne per maltrattamenti o scommesse clandestine, ricollegandosi alle di sanzioni penali di cui all’art. 544-quater. Di rilievo in questo senso l’art. 544-ter c.p., che al secondo comma si occupa proprio del doping degli animali atleti, applicando la stessa pena prevista per i maltrattamenti per chiunque somministra sostanze vietate che procurano danno alla salute degli stessi: è un reato non proprio, in quanto può essere tanto il veterinario, quanto il proprietario, il conduttore o un terzo. La locuzione «procurano danno alla salute» fa risaltare una differenza notevole con il doping umano, in cui è la potenzialità, l’idoneità a procurare il danno alla salute o minare alla regolarità della gara ad integrare la fattispecie: la legge 14 dicembre 2000, n. 376 «Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping» interviene infatti con pene molto più incisive e afflittive rispetto a queste, tanto che per il doping del conduttore troverà applicazione, mentre per gli animali si applicherà il codice penale, che prevede pene inferiori. Sul piano dell’ordinamento sportivo, il Regolamento Antidoping della FISE, che recepisce la normativa della Federazione Equestre Internazionale, responsabilizza colui che monta e conduce il cavallo, il quale deve assicurarsi che nessuna sostanza proibita sia stata lui somministrata; la mancata vigilanza non viene giustificata. Le sanzioni generalmente sono ricondotte all’annullamento dei risultati ottenuti nelle manifestazioni, fino ad arrivare alle sospensioni o alla radiazione nel caso in cui sia la terza violazione commessa, sulla base dell’art. 9 del presente Regolamento.

Sul maltrattamento di animali in senso stretto poi, quasi tutti i regolamenti del settore cinofilo, ad esempio quello di obedience, vietano l’uso di collari a catena fissi, a strangolo, collari elettrici e puniscono i comportamenti crudeli verso gli animali. Lo stesso vale per gli equidi: «maltrattamento» è ogni gesto che traduce l’infli­zione al cavallo un dolore non necessario, come malmenarlo, costringerlo, percuoterlo, usare apparecchiature di scosse, lasciarlo senza acqua e cibo, includendo anche condotte di tipo omissivo. Le sanzioni, oltre ad avere conseguenze sul piano federale e disciplinare, possono averne anche sul piano penale e portare al sequestro o confisca dell’animale.

Infine, il Ministero della Salute ha fornito alcune precisazioni in merito alla tutela del benessere animale alla luce del D.P.C.M. del 26 aprile 2020 sulle misure di contenimento della pandemia da COVID-19 applicate a livello nazionale per fronteggiare la prima fase di emergenza: in particolare, il primo punto del presente documento trattava gli equini destinati all’attività ludico-sportiva, ai quali doveva essere consentita la movimentazione a terra e la monta per garantirne la salute ed il benessere: pertanto, dopo diverse pressioni da parte dei centri equestri, è stato permesso agli affidatari e i proprietari degli equidi lo spostamento nei centri sportivi e nei maneggi per perseguire tali finalità. Lo stesso è stato previsto anche per le attività ludico-sportive con i cani, come agility o sleddog, svolte nel rispetto delle norme di distanziamento previste dal Decreto menzionato e quelli successivi.


3. Tutela del cavallo atleta e vuoti normativi

Il cavallo è sempre stato per l’uomo un animale prezioso: inizialmente percepito solo come preda e fonte di cibo, il cavallo selvatico è stato nel corso del tempo addomesticato fino a diventare un vero e proprio «mezzo di trasporto», nonché accompagnatore di cavalieri in guerra e fido compagno delle più importanti personalità storiche, simbolo di nobiltà e regalità [37]. Oggi, il rapporto tra l’uomo e il cavallo è mutato, soprattutto nel contesto sportivo: il cavallo è, nell’ambito dell’ippica e degli sport equestri, il vero e proprio atleta, il «compagno di squadra» dell’uomo.

Il Regolamento Generale FISE al Libro VII [38] sui Cavalli e Cavalieri, definisce infatti all’art. 361, comma 3 il cavallo come «atleta», nobilitando la sua posizione e ponendola al centro degli sport in questione, con riferimento anche ai pony ed altri equidi iscritti al Ruolo del Cavallo FISE a norma dell’art. 33 del Regolamento Generale: è proprio questa formalità ad assegnare ex comma 2 la qualifica di «cavallo atleta», qualora non sia destinato alla produzione di alimenti (v. infra). L’iscrizione, le cui modalità procedurali sono meticolosamente descritte al successivo art. 34, viene annualmente rinnovata e prevede il contestuale rilascio del Passaporto FEI.

A concorrere nella tutela del benessere del cavallo atleta in concreto vi sono diversi soggetti, che non sempre coincidono nella medesima persona: allevatori, addestratori, proprietari, cavalieri, veterinari. Sinteticamente, i parametri principali che questi devo­no tenere in considerazione sono: l’animale e i suoi bisogni fisiologici e comportamentali; l’ambiente, sul quale incidono le caratteristiche e dimensioni di box o paddock e la gestione del lavoro; il rapporto che intercorre tra loro e il cavallo, in quanto l’armonia uomo-animale influisce in modo significativo sul benessere. Il fattore comportamentale può aiutare ad indicare uno status più o meno elevato di benessere, pertanto è importante osservare i comportamenti dei cavalli e le risposte a determinati stimoli [39]. Il cavallo è un animale sensibile, che tende ad esternare le condizioni di stress o malessere, pertanto spesso sono i comportamenti stereotipati ad essere associati ad un basso grado di benessere [40].

Le tecniche di addestramento maggiormente lesive sono diversamente denominate: il c.d. Rollkur, l’utilizzo di un segnale unico per due risposte diverse, alcune pratiche come rapping, gingering, soring, sedazione, utilizzo dei nervi o collari elettrici, privazione dell’acqua, apparecchi mirati ad aumentare il controllo o modificare la postura della testa o del collo [41]. Ci sono poi strumenti atti a forzare il cavallo a non sollevare la testa, come redini laterali, martingala e tiranti che possono esercitare pressioni sulla fascia nasale o della bocca, arrivando addirittura all’utilizzo di estensioni del collo in elastico che legano direttamente la coda alla bocca del cavallo, provocando dolore e lesioni, nonché capezzine, fruste e speroni che riducono notoriamente il libero movimento dell’animale. Le tecniche più confusorie per il cavallo sono sicuramente quelle che danno stimoli contraddittori e pertanto compromettono il suo benessere psicologico.

Nello sport del dressage, che consiste in una gara di addestramento in cui il cavallo esegue dei movimenti geometrici – c.d. arie – su un perimetro rettangolare, gioca un ruolo fondamentale l’intesa tra cavallo e cavaliere e il grado di obbedienza del primo, pertanto l’utilizzo di rinforzi negativi o positivi influisce molto sul benessere del cavallo stesso ed è fondamentale per la prestazione sportiva.

È bene prendere in considerazione, tra tutte, la tecnica che comporta per l’equide una eccessiva flessione della testa, divenuta comune nei recenti anni proprio nella disciplina del dressage: parliamo di iperflessione o Rollkur, pratica nella quale il collo del cavallo è iperflesso a seguito della pressione esercitata su questo al fine di far avvicinare il mento del cavallo al suo petto. Il motivo dell’utilizzo di questa tecnica, soprattutto nella fase pre-gara, è che il dressage richiede, come accennato supra, movimenti quanto più vicini alla perfezione: si ritiene che l’iperflessione aiuti a decrescere la lunghezza del passo e aumenti l’elevazione degli arti superiori, il che permette al cavallo in gara di raggiungere maggior punteggio; non per niente, è una tecnica molto utilizzata nelle competizioni di alto livello, portando a maggior probabilità di successo nella performance finale.

Il Comitato Veterinario e di Dressage FEI ha però statuito già nel 2006 [42] che il rollkur sia una postura che non può essere auto-mantenuta dal cavallo per un tempo prolungato o imposta dal cavaliere senza che ciò implichi un controllo sul benessere: questa definizione è stata interpretata in modo piuttosto vago, in quanto non si comprende quale sia il limite della flessione e il tempo di mantenimento [43]. Il workshop del Comitato Veterinario, basato su evidenze medico-scientifiche, ha sottolineato come il rollkur causi una cadenza meno ritmica che quindi potrebbe avere effetti negativi sulla prestazione ma anche in tema di benessere: oltre ai problemi muscolari costituisce per l’animale anche una forte causa di stress, nonché di problemi respiratori e visivi. Nel 2010 infine la FEI, in un comunicato, ha ritenuto risolto il dibattito sul tema [44] stabilendo presso la sede CIO di Losanna che qualsiasi posizione della testa e collo del cavallo che sia raggiunta con l’utilizzo di aggressività non possa essere accettabile: così è il rollkur. Viene ritenuta accettabile, però, una diversa tecnica denominata Long, Deep and Round (LDR), che ottiene la stessa flessione ma senza l’utilizzo della forza [45].

Per una corretta gestione e reimpostazione del metodo di allevamento ed addestramento che miri ad uno standard di benessere più alto, sarebbe quindi utile cercare rinforzi positivi alternativi. Utili a tal fine sono le linee guida promanate spesso a livello associativo o federale. Un importante esempio sono gli «ISES [46] Training Principles 2018»: un decalogo di principi da seguire nell’allenamento del cavallo atleta a garanzia del suo benessere, tra i quali spiccano il rispetto per la sicurezza del cavallo e i suoi stati fisici ed emotivi [47]. All’interno del documento ministeriale sui Principi di Tutela e gestione degli equidi invece, vengono elencati i celebri «Otto principi dell’addestra­mento» contenuti nella teoria dell’apprendimento, così come definiti in una pubblicazione scientifica peer-reviewed di McGreevy e McLean [48].

Uno dei principali ostacoli al benessere del cavallo atleta e alla sua tutela sta nel fatto che i cavalli vengano storicamente impiegati a servizio dell’uomo: sicuramente gli animali maggiormente sfruttati nelle attività umane e quelli più coinvolti in campo sportivo, sono diventati al contempo animali da compagnia ma anche «da reddito» e questo crea una contraddizione giuridica nonché varie problematiche nel caso concreto [49]. La loro condizione è infatti particolare, in quanto non assoggettata ad una precisa categoria: la maggior parte delle norme sul tema è promanata dal Ministero della Salute, che si è spinto solo in tempi recenti alla promozione della tutela del benessere degli equidi. Spesso però le iniziative non si sono tradotte in interventi normativi veri e propri, ma piuttosto atti di soft law, ad efficacia dunque meramente interpretativa e non vincolante. Questo quadro giuridico porta ad un pesante vuoto di tutela che auspicabilmente il legislatore dovrà riempire. Punto di partenza in tal senso è sicuramente la Riforma sul riordino dell’ordinamento sportivo (v. infra).

Oltre la menzionata riforma vi sono state, in tempi recenti, alcune iniziative legislative, tra le quali spicca l’interessante Disegno di legge 2012, n. 3416 «Norme in materia di tutela del cavallo», in cui vengono richiamate già nel Preambolo le normative europee e interne a tutela degli animali, in particolare in materia di benessere e tutela negli allevamenti. Lo scopo di tale progetto è cogliere una sensibilità diffusa e matura nei confronti del cavallo, che accompagna l’uomo nelle sue molteplici attività di vita, lavoro e svago, nonché la pet therapy. Il presente documento riconosce ufficialmente il cavallo come “animale d’affezione”, rendendo evitabile il suo destino verso la macellazione dopo una vita trascorsa accanto all’uomo: questo vale per i cavalli impiegati a scopi sociali, terapeutici, da lavoro ed anche i cavalli atleti impiegati nelle competizioni. Emerge poi il principio di responsabilità del proprietario, che non vale solo per cane e gatto ma anche per gli equidi, parificandoli in toto. Accanto a questo, un monito per i centri equestri e le scuole di equitazione: poiché l’impiego del cavallo è per questi una fonte di guadagno, da tale guadagno si deve attingere per trovare le risorse volte a gestirlo alla fine della carriera sportiva e/o in età avanzata, con il reimpiego dell’equide anziano nell’attività didattica o nelle attività di pet therapy. A tal proposito si invita all’instaurazione di apposite «strutture di ricovero», gestite in modo adeguato da personale qualificato volto a prestare le cure necessarie, in ambienti a loro adatti. Per quanto riguarda la dimensione strettamente legata alle manifestazioni sportive è d’interesse l’art. 6, che vieta le manifestazioni che non rispettino lo scopo di tutela e promozione del benessere animale, mentre quelle svolte al di fuori degli impianti organizzati dall’ASSI, FISE, FEI o ANTE, dunque i circuiti ufficiali, devono sempre essere organizzate al fine di garantire la sicurezza e la salute tanto dei cavalli quanto di fantini, cavalieri e terzi, col presupposto necessario dell’autorizzazione degli Enti stessi.

A livello federale nazionale il primo vero e proprio corpus normativo sui parametri per la corretta gestione degli equidi nelle attività sportive e nel rispetto delle loro esigenze etologiche è il Codice per la salute e la gestione degli equidi, pur avendo però valore di mere linee guida, un elenco di principi che per essere vincolanti dovrebbero trovare la loro dimensione in una fonte normativa primaria: le disposizioni si riducono così a meri moniti (Boscolo Contadin) [50] rimessi alla sensibilità del singolo, in quanto in diverse occasioni è stato dimostrato che se il codice viene violato non si possa agire per ottenerne adeguata protezione. Ad esempio, nella sentenza n. 6829/2014 della Cassazione, che ha statuito sul caso di un cavallo custodito in un seminterrato angusto e pieno di escrementi, così basso da costringerlo a mantenere il collo sempre abbassato: la condotta, secondo la Cassazione, venne fatta rientrare nell’abito dell’art. 727 c.p., ovvero detenzione incompatibile e produttiva di gravi sofferenze [51]. Invece, in una diversa sentenza del 2012 non si configurò né maltrattamento né gli estremi del 727 c.p.: era il caso di alcuni cavalli mantenuti in uno stato sicuramente migliore rispetto al caso appena visto in esame, ma che non rispettava i parametri del Codice per la tutela e gestione degli equidi [52]. La Cassazione non ha ritenuto il Codice come atto avente efficacia vincolante in quanto non è fonte normativa primaria o secondaria, rilevando come questa carenza giuridica e mancanza di parametri legislativi porti ad una ingiustificata confusione anche nelle aule di giustizia penale. Il tema è molto delicato in quanto sono diverse le problematiche che vi ruotano attorno: in primis il fenomeno delle zoomafie, che interessa tanto il tema delle corse clandestine con annesse scommesse, quanto la macellazione clandestina, e che il nostro legislatore ha punito col l’art. 544-quinquies c.p. [53].

Sul tema della sicurezza dei cavalli nelle manifestazioni sportive e la tutela del loro benessere viene in soccorso anche l’Ordinanza contingibile e urgente del 21 luglio 2011, prorogata più volte, sulle manifestazioni popolari pubbliche o private dove vengono coinvolti equidi, al di fuori degli impianti e dai percorsi ufficialmente autorizzati. Parliamo di svariati tipi di manifestazioni, tra le quali i famosi palii oltre quello di Siena, su circuiti «improvvisati» che mettono a repentaglio la sicurezza dei cittadini ma soprattutto la salute dei cavalli: l’ordinanza prevede infatti atti di controllo con presentazione della relativa relazione tecnica sui circuiti sui quali si svolge la manifestazione, vieta la partecipazione a chi è stato condannato per i reati di maltrattamento, dispone i controlli antidoping e stabilisce determinati requisiti di idoneità, tra i quali le modalità del fondo delle piste e del percorso, nonché la presenza obbligatoria di un medico veterinario con esperienza nel settore equino.

Dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 2017 sulla responsabilità del proprietario e cure da prestare agli equidi viene valorizzata la multifunzionalità degli equidi, che vengono impiegati in un «rapporto secolare con l’uomo», nei vari settori già menzionati del turismo, lavoro, trasporto, terapie, istruzione, ma anche e soprattutto nello sport: pertanto, la responsabilità dei proprietari e di chi ne ha cura deve partire dalla tutela del loro benessere. Inoltre, si tiene in considerazione il comportamento dei proprietari e le decisioni che devono affrontare nel momento in cui non sono più in grado di provvedere agli equidi.

Tornando in ambito federale, il Regolamento di Giustizia Sportiva FISE all’art. 1 include tra gli atti sanzionabili come illeciti disciplinari anche qualsiasi atto irriguardoso, offensivo, minaccioso o di violenza anche solo potenzialmente lesivo, ma soprattutto, alla lettera c) «ogni comportamento, anche omissivo, compiuto sul cavallo, che esplichi mero sfogo, violenza o brutalità e che possa causare al cavallo dolore o anche solo disagio (psicologico e non) non necessario all’animale» e l’utilizzo di metodi di allenamento violenti ex lett. d). L’art. 2 aggiunge poi tra gli illeciti sportivi la somministrazione di sostanze o l’utilizzo di metodi e strumenti vietati che incidano sulla prestazione del cavallo e la violazione delle normative federali che vietano la somministrazione delle sostanze proibite. Tra le molteplici sanzioni disciplinari comminate a norma dell’art. 6 del Regolamento troviamo un vasto elenco che va dal semplice richiamo scritto o censura fino alla sospensione dell’attività e la cancellazione dai ruoli federali del cavallo nonché la radiazione del cavaliere. Troviamo poi all’art. 8 un elenco di circostanze aggravanti, tra le quali emergono l’aver commesso il fatto con abuso di poteri o violazioni di doveri, e soprattutto alla lett. i) l’aver agito con sevizie o particolari crudeltà nei confronti del cavallo. Tra le circostanze attenuanti, invece, sono presenti il danno di particolare tenuità e l’aver agito in stato d’ira determinato dal fatto ingiusto altrui.

Merita infine menzione il «Protocollo AWIN di valutazione del benessere dei cavalli», un importante risultato del Progetto Animal Welfare Indicators, cofinanziato dalla Commissione Europea nel 2010. Anche qui non ci troviamo di fronte ad un documento dal valore giuridicamente vincolante, ma un progetto di linee guida che ha la finalità di acquisire informazioni in materia di benessere equino, costituendo pertanto una fonte interpretativa di grande importanza. Il Protocollo richiama le definizioni viste in precedenza sul welfare e tende ad analizzare diversi contesti in cui viene impiegato il cavallo e le condizioni di vita che ne permettono il più elevato standard di benessere possibile: le condizioni corporee, la disponibilità di acqua, le dimensioni del box, le stereotipie e i vari tipi di disturbi che derivano da comportamenti espliciti osservabili nell’animale, nonché dei veri e propri test per valutare l’attitudine del cavallo e il rapporto uomo-animale.


3.1. Il Codice per la tutela e gestione degli equidi e il Regolamento FISE per la tutela del cavallo sportivo

Il Codice per la tutela e gestione degli equidi, aggiornato al 2015, è un atto di natura giuridica non vincolante predisposto dal Ministero della Salute di concerto con il CONI, la FISE e il Comitato scientifico, che ha l’obiettivo di promulgare il rispetto del cavallo come essere senziente e riconoscerlo come compagno di sport, atleta e co-terapeuta. Riconosce diritti e tutele mirando alla risoluzione dei problemi comportamentali e di addestramento più comunemente noti e analizzati in precedenza. L’ambito di applicazione è relativo a cavalli e cavalieri degli sport equestri e altre attività che prevedono l’impiego di equidi come quelle terapeutiche e riabilitative. Il Codice si accosta al Regolamento che la FISE per la tutela del cavallo sportivo del 2007 e si aggiorna alle più recenti evidenze scientifiche: tra i due documenti verranno analizzate somiglianze e le principali differenze.

Il Codice fissa i parametri relativi ai livelli essenziali di benessere, basandosi sugli standard di civiltà odierni e soprattutto sulla già largamente analizzata legislazione penale in tema di tutela dei diritti degli animali. Il primo Libro del Codice è interamente dedicato alla detenzione degli equidi ed è rivolto principalmente al proprietario e/o detentore con lo scopo che questo assicuri al cavallo un’idonea sistemazione, alimentazione e presti le cure necessarie. A tale scopo, gli equidi devono essere accuditi da soggetti competenti, un personale sufficiente e monitorati da costanti ispezioni sull’adeguatezza delle cure e del rispetto dei bisogni essenziali; inoltre si accompagnano a questi determinati divieti circa i metodi di addestramento e allevamento: evitare sofferenze, ansie e lesioni tanto fisiche quanto alla dignità dell’animale. La corretta alimentazione è invece quella che risponde al principio di adeguatezza in base alla razza e specie del cavallo [54] e proporzionalità nella razione degli alimenti e qualità degli stessi. Importante è che l’equide non debba compiere attività faticose successivamente al pasto e le strutture devono essere adeguate per evitare contaminazioni e permettere di mangiare con facilità [55]. Vi è inoltre una costante verifica di adeguatezza delle strutture e sulle eventuali misure di messa in sicurezza delle stesse, mentre al fine di prestare adeguate cure vi è la necessità di intervento del medico veterinario qualora ve ne sia bisogno [56]. Tra gli obblighi del proprietario e/o detentore troviamo: curare l’igiene e pulizia degli spazi, assicurare un riparo idoneo e proporzionato, un adeguato esercizio fisico e precauzioni al fine di evitare la fuga. Spiccano tra questi però due obblighi fondamentali, ovvero quello di permettere la socializzazione del cavallo con altri equi­di o animali, e soprattutto quello di garantire sempre la libertà di movimento dello stesso. Per quanto riguarda la stabulazione, vengono disciplinati aspetti relativi al materiale da utilizzare al fine di proteggere la salute dell’equino dagli agenti atmosferici, la pavimentazione, la temperatura ma soprattutto le dimensioni del box, che per i cavalli deve essere di 9 metri quadrati. Oltre la stabulazione ci sono anche precise regole che riguardano la detenzione all’aperto al fine di permettere adeguate risorse alimentari, una rotazione e bonifica delle aree di pascolo e una recinzione sicura che non crei potenziali danni agli animali [57]. Il Libro II del Codice è importante in quanto tratta dell’allevamento, addestramento e lavoro dell’equide in cui viene preso come obiettivo principale il benessere animale, ottenuto mediante un doppio requisito il cui controllo è affidato alla responsabilità del detentore: l’adeguato riposo e la mancanza di danni nei confronti del cavallo. Inoltre, la doma e l’addestramento devono avvenire «nel rispetto delle esigenze fisiologiche ed etologiche e tenendo conto della teoria del­l’apprendimento». Le aree di gara devono essere di dimensioni adeguate e con fondi idonei a non compromettere la salute del cavallo, mentre le altre caratteristiche dei campi e delle piste sono disciplinate sotto la tutela del MIIPAF per quanto riguarda le attività ippiche e alla FISE per gli sport equestri. Troviamo poi disposizioni relative all’anagrafe e al trasporto degli equidi, dei quali verrà detto nei paragrafi che seguono. Si trattano infine il delicato tema dell’eutanasia, che va eseguita esclusivamente da un medico veterinario sulla base del protocollo internazionale, e la formazione della persona che svolge attività con gli equidi.

Il Regolamento FISE per la Tutela del Cavallo Sportivo, nato precedentemente al nuovo Codice ma successivamente alla sua vecchia versione, ha con questo diversi punti in comune. Pur essendo completo e a tratti molto tecnico, tuttavia è già specificato nel primo articolo che le disposizioni contenutevi hanno un «fondamento etico», rispettando e integrando la legislazione vigente, proponendo dunque una lettura in combinato disposto con la normativa civile e penale in vigore e dalle altre norme regolamentari, oltre al Codice citato. Il benessere del cavallo atleta costituisce la chiave di lettura dell’intero Regolamento, il quale interviene negli ambiti fondamentali per il miglioramento della sua gestione in ambito sportivo e riconosce due atleti posti su un piano paritario: il Cavaliere e il Cavallo, cui spettano diritti e doveri improntati sul principio di responsabilità [58]. Viene riconosciuta poi validità etica alle forme di pensiero che si richiamano al rispetto e al diritto dei cavalli e le iniziative promosse a tal fine. L’ambito di applicazione soggettivo vede coinvolti tanto gli atleti tesserati, quanto i proprietari dei cavalli iscritti nei ruoli federali e le norme si applicano ai cavalli sportivi iscritti nei ruoli FISE o comunque in possesso di un documento FISE e ai tesserati e le associazioni affiliate o aggregate. L’art. 2 pone le basi per le successive disposizioni, costituite da un doppio referente a garanzia del benessere del cavallo: le scelte etiche e il principio di responsabilità. Il successivo art. 3 declina gli obblighi dei proprietari e/o detentori, che si conformano a quelli del Codice suddetto e alla normativa dell’art. 2052 c.c., che li vuole responsabili dei danni o lesioni a cose, persone o animali provocate dall’animale stesso. Accanto agli obblighi si accenna, in quanto trattato nei paragrafi che seguono, una particolare disciplina relativa all’opzione di scelta sul destino finale del cavallo: è bene dire da ora che possono iscriversi ai ruoli FISE solo cavalli indicati nel proprio documento identificativo come «non D.P.A.», ossia non destinati alla produzione alimentare. Di derivazione FEI e ispirate alle legislazioni adottate in ambito europeo sono poi le pratiche vietate a norma dell’art. 4, che includono la forzatura a posizioni innaturali e nocive dello zoccolo, l’utilizzo di speroni, fruste, pungoli elettrici, pratiche di elettroshock, privazione dei peli, mezzi ausiliari dolorosi ma soprattutto la già menzionata pratica del rollkur, considerata totalmente innaturale per il nobile atleta [59]. Seguono poi una serie di disposizioni relative agli impianti utilizzati per l’attività sportiva e agonistica e ai criteri di gestione di questi, prevedendo misure volte a garantire i livelli essenziali per la sicurezza, salute e benessere dell’animale [60]. Per quanto riguarda gli impianti di scuderizzazione permanenti e provvisori, l’igiene e il benessere sono fondamentali: i nuovi impianti devono essere infatti inseriti nel contesto ambientale e territoriale adeguatamente e rileva il rapporto tra l’uomo e il cavallo, che deve essere equilibrato. Si parla ancora dunque di “atleta cavallo”, nel suo connubio con l’”atleta uomo”, dove l’equilibrio va ricercato proprio nelle caratteristiche organizzative improntate all’accessibilità, funzionalità e sostenibilità ambientale come criteri progettuali fondamentali per garantire il benessere di tutti gli atleti e i soggetti che a questi girano intorno e che fruiscono degli impianti [61]. Le previsioni tecniche relative agli impianti di scuderizzazione vedono tra il Codice e il Regolamento molte somiglianze, ma anche qualche differenza: il Regolamento approfondisce meglio alcuni aspetti tecnici, vincolando maggiormente i soggetti responsabili al capillare rispetto dei requisiti.

Anche per quanto concerne gli impianti di scuderizzazione provvisori, tra i due testi vi sono differenze ma soprattutto punti in comune: si distingue a seconda che siano nell’ambito dei concorsi internazionali, per i quali va seguita la normativa FEI che prevede misure minime del box di 3,20  ´ 3,20 metri, o dei concorsi nazionali per i quali, pur richiamando la normativa FEI, sono sufficienti 3 ´ 3 metri. Nel confronto col Codice, anche qui le disposizioni regolamentari in parte lo richiamano e ne specificano alcuni aspetti tecnici, ad esempio prevedendo misure idonee per permettere il ricircolo naturale di aria nel box [62]. Viene richiamata poi la disciplina del Codice sulle pareti di tamponamento e la pavimentazione, mentre specifica i parametri di pendenza dell’ubicazione dei box, nel massimo del 2-3%, e come per gli impianti permanenti approfondisce gli aspetti accessori relativi agli impianti tecnici. L’art. 6 tratta dei campi di lavoro e di gara, fondamentali in quanto i fondi devono essere idonei ad evitare le cadute e gli scivolamenti ed avere sempre un drenaggio efficace. Per quanto riguarda l’utilizzo del tondino, questo non dovrebbe avere un diametro inferiore a 15 metri. Segue una disciplina circa le caratteristiche delle recinzioni, a seconda che siano utilizzate per lavoro e attività equestre o per pascolo, paddock e movimentazione. L’art. 8 sulla detenzione degli equidi nelle aree aperte richiama essenzialmente il Codice, in quanto viene richiesta un’adeguata protezione e riparo dalle intemperie e la bonifica da oggetti potenzialmente pericolosi con un controllo da effettuare almeno quotidianamente sui cavalli. I servizi veterinari d’urgenza devono essere sempre garantiti a norma dell’art. 9, per assicurarne il benessere in ogni occasione: la particolarità sta nel fatto che vengano richiesti i requisiti minimi per il soccorso immediato «in analogia con quanto previsto per l’atleta uomo», ponendo ancora sullo stesso piano i due atleti. Chiude il regolamento l’art. 10, fondamentale in quanto tratta delle indicazioni per il corretto mantenimento del cavallo sportivo e la gestione della sua salute, in particolare relativamente al suo stato nutrizionale, che per essere mantenuto richiede determinati parametri da rispettare bilanciando adeguatamente l’apporto di cibo e l’attività fisica [63].


4. La disciplina sul trasporto di equidi sportivi

Un cenno particolare merita il caso in cui la tutela del benessere debba essere assicurata in una delle fasi più delicate per l’animale: quella del trasporto. Nel contesto dello sfruttamento degli animali da allevamento, ma anche in occasione di altre particolari circostanze, tra le quali rientra la partecipazione alle manifestazioni sportive, il momento del trasporto può generare negli animali un particolare stato di disagio, paura e stress psicofisico, specie nei viaggi di lunga durata: così il Preambolo della Convenzione europea sulla protezione degli animali nel trasporto internazionale del 2003. La Convenzione già dettava delle linee guida, ma il Regolamento UE del 22 dicembre 2004, n. 1/2005 [64] è la vera fonte di riferimento per quanto riguarda il trasporto degli animali su brevi e lunghe tratte di viaggio e operazioni correlate, adottato a seguito dell’intento di rendere generale e rinnovare la precedente direttiva 91/628/CEE del Consiglio, che disciplinava la materia, e del parere del comitato scientifico della salute e del benessere degli animali durante il trasporto dell’11 marzo 2002, sulla base dell’urgenza di tener conto delle nuove prove scientifiche sul tema. Dal Preambolo emerge la necessità di responsabilizzare i trasportatori e ampliare i controlli da parte delle autorità competenti, per minimizzare i rischi per la salute degli animali trasportati: procedure specifiche e il più innovative possibili potrebbero a tal proposito risultare utili, come la previsione, ad esempio, della tracciabilità delle operazioni di trasporto. Il Regolamento si applica al trasporto di animali relativo ad una qualsiasi attività economica e verso cliniche veterinarie o in provenienza dagli stessi all’interno dell’Unio­ne Europea, includendo nel campo di applicazione oggettiva sia il trasporto che i controlli da effettuare. Ai sensi dell’art. 4, nessuno è autorizzato a trasportare animali senza un documento che specifichi tutte le caratteristiche e modalità del viaggio [65]. Inoltre il trasportatore deve detenere un’autorizzazione autoritativa ai sensi dell’art. 10 dello stesso Regolamento e del­l’art. 11 nel caso di lunghi viaggi. Viene poi responsabilizzata (art. 8) la figura dei detentori, nonché ribadita la necessità di previa omologazione del mezzo ex art. 7, secondo il modello che come l’autorizzazione è presente tra i modelli nell’Allegato al Regolamento. Interessante poi la previsione dell’art. 17, in base alla quale vengono messi a disposizione del personale dei veri e propri corsi di formazione, con l’in­coraggiamento all’elaborazione di guide delle «buone pratiche» da parte degli Stati membri, ai sensi dell’art. 29. Per quanto riguarda l’ambito di applicazione territoriale del presente Regolamento, la Corte di Giustizia nella sentenza Zuchtvieh-Export del 2015 [66] ne ha dato lettura estensiva, in quanto il benessere animale, letto anche alla luce dell’art. 13 TFUE, deve essere garantito nelle condizioni di trasporto nella sua maggior estensione possibile: il caso era quello di un viaggio con inizio all’in­terno del territorio dell’Unione ma che si sarebbe concluso in Paesi Terzi: si applica qui il Regolamento, in quanto il trasportatore è autorizzato dall’autorità del luogo di partenza e le disposizioni si estendono anche a tratte del viaggio al di fuori del­l’Unione, in modo da garantire il rispetto delle disposizioni a tutela del benessere in toto, e non solo parzialmente. Il 14 febbraio 2019 il Parlamento Europeo ha approvato inoltre una risoluzione [67] finalizzata a richiedere una più uniforme e concreta applicazione del Regolamento: è un monito per il legislatore europeo, che evidenzia la necessità di un intervento più incisivo in diverse parti della normativa [68].

Tra tutti gli animali, i cavalli sportivi generalmente sono soggetti a più o meno lunghe fasi di trasporto al fine di disputare gare, competizioni o partecipare a manifestazioni sportive. Molto importante è tutelare il benessere del cavallo nelle fasi di carico e scarico, in quanto è stato provato che l’operatore che presenta una scarsa manualità o stress durante queste fasi provoca nel cavallo un senso di stress a sua volta piuttosto elevato (Broom) [69]; lo stesso avviene qualora la guida del mezzo non sia effettuata in modo armonico evitando bruschi movimenti di frenata e accelerazioni. Inoltre, lo stato di nutrizione e abbeveramento del cavallo influisce sul viaggio, così come l’orientamento del cavallo, da orientare verso il senso di marcia, che deve essere favorito il più possibile permettendone la giusta postura e un adeguato spazio per sollevare la testa [70].


5. Anagrafe equina e tutela del cavallo «non D.P.A.» dopo l’attività agonistica

Il Regolamento del 6 giugno 2008 n. 504 della Commissione Europea recante «Attuazione delle direttive 90/426/CEE e 90/427/CEE del Consiglio per quanto riguarda i metodi di identificazione degli equidi» disciplina l’identificazione degli equidi nati nell’Unione o immessi in libera pratica nell’Unione mediante il c.d. «passaporto equino», un documento polivalente che soddisfa esigenze di sanità pubblica e animale, fondamentale per un riordino nell’ambito degli sport equestri.

Il cavallo, ai sensi dell’art. 20, è destinato alla macellazione per il consumo umano salvo che non sia dichiarato tale all’interno della nota Sezione IX del documento identificativo o qualora non sia permesso dal veterinario responsabile. A seguito del rilascio del documento, l’organismo emittente provvede a registrare nella sua base dati determinate informazioni sull’equide [71].

Per gareggiare nei circuiti FISE, il Cavallo deve essere iscritto ai Ruoli Federali FISE dei Cavalli Sportivi. Contenuto nel Libro VII, Titolo I del Regolamento generale FISE, recante «Norme generali relative ai cavalli atleti», l’art. 361 prevede l’orga­nizzazione del Ruolo realizzata per anagrafi delle singole tipologie di equidi. Possono essere iscritti al Ruolo solo equidi di età di 3 anni o superiore per i quali il proprietario abbia dichiarato la destinazione «non DPA». A seguito dell’iscrizione a ruolo, l’equide assume la qualifica di «cavallo atleta» e gareggia sotto l’egida FISE. Il Libro I disciplina all’art. 33 l’iscrizione del Cavalli Sportivi al ruolo, che deve essere annualmente rinnovata e necessita la preliminare registrazione del cavallo presso la competente Banca dati nazionale. Vengono richiesti un documento di identificazione del cavallo [72] e l’Allegato A del Regolamento Veterinario FISE compilato [73]. La prima iscrizione ai Ruoli Federali è oggi disciplinata a seguito della recente delibera federale del 30 luglio 2019, in forma telematica, seguendo le disposizioni del­l’art. 35 del Regolamento generale. Vengono indicati quali «documenti obbligatori e necessari» nella delibera: il passaporto e/o i documenti integrativi, il certificato di misurazione obbligatorio in caso di tesseramento di un pony e i documenti di identità del proprietario.

Connesso alla tematica dell’identificazione dell’equide è il problema relativo alla scelta di destinazione finale del cavallo atleta al termine della sua carriera agonistica, che spesso si conclude in modo poco sereno in quanto diviene oggetto di scambi com­mer­ciali quasi sempre finalizzati alla vendita delle sue carni da macello per il consumo alimentare. Questo avviene anche perché il cavallo vive più a lungo di altri animali domestici, il suo mantenimento è molto costoso e muove diversi interessi economici [74]. Al fine di tutelare il destino del cavallo e renderlo meno incerto, il proprietario ha l’obbligo di dichiarare la destinazione finale del suo animale tramite la sottoscrizione del Capitolo IX [75].

L’equide DPA, ovvero destinato alla produzione di alimenti per il consumo umano, è diretto al macello al termine della carriera sportiva: pertanto il proprietario ha in questo caso l’obbligo di registrare i trattamenti farmacologici [76] e aggiornare il registro di carico e scarico aziendale con i movimenti dell’equide. Il cavallo «non DPA», invece, è escluso irreversibilmente dal destino del macello, in quanto la scelta vincola anche i potenziali successivi proprietari; questo può essere trattato con farmaci e terapie senza riscontrare limitazioni poiché non diventerà un pericolo per la salute dei consumatori.

Un equide DPA può diventare «non DPA» semplicemente cambiando la destinazione in qualsiasi momento ed in modo irreversibile. C’è da ricorare però che il D.lgs. 26 marzo 2001, n. 146, contempla il benessere degli animali da reddito, includendo quindi solo gli equidi DPA ed escludendo il cavallo sportivo dalle annesse tutele; inoltre la soluzione eutanasica a norma della Legge 281 è ancora consentita solo agli animali domestici, dunque cani e gatti: ancora la difficile classificazione del cavallo rende inapplicabili disposizioni che potrebbero maggiormente tutelarlo, anche a fine carriera.

Il Regolamento FISE per la Tutela del Cavallo Sportivo tratta l’opzione di scelta sul destino finale del cavallo atleta richiamando la sezione del documento di identificazione denominata Capitolo IX: la FISE, nel rispetto dei principi CONI e CIO relativi alla tutela degli atleti e le finalità sociali dello sport, prevede che la compilazione della documentazione del cavallo sportivo escluda la destinazione alla produzione di alimenti, in linea con quanto previsto dall’art. 33 del Regolamento generale [77]. Sono gli organi federali preposti al rilascio, riconoscimento e rinnovo dei documenti FISE ad essere anche responsabili del controllo sulla scelta di destinazione dello stesso: in assenza dell’Allegato IX compilato come NON DPA, gli ufficiali di gara provvederanno alla sospensione del cavallo fino alla corretta compilazione del documento.

La Circolare n. 1/2018 FISE precisa le modalità attuative dell’art. 33 del Regolamento generale, approvato con Delibera del Consiglio federale nel gennaio 2018 [78], in quanto la finalità è quella di sensibilizzare proprietari e/o detentori di cavalli e pony a effettuare una scelta responsabile per la difesa dei valori culturali e sportivi che la Federazione stessa – in linea con le direttive e gli indirizzi del CONI – promuove e tutela. Emerge inoltre in ambito FISE il Progetto «Cavalli a riposo», uno studio di fattibilità volto a sperimentare un programma di recupero e mantenimento dei cavalli sportivi non DPA al termine della carriera agonistica nel rispetto del loro benessere.

Nonostante la svolta sull’obbligatorietà della scelta «non DPA» ai fini della corretta iscrizione a Ruolo e conseguente possibilità per il cavallo di svolgere attività sportiva federale, numerosi sono i casi di frode, che ancora oggi non si sono placati. Anche prima della riforma sono emerse infatti attività illecite con ad oggetto la truffa relativa alla falsificazione dei documenti di identità. Noto era stato un caso del Tribunale di Varese culminato con la sentenza n. 610/2013 [79] che ha condannato un uomo per reato di truffa e frode in commercio, nonché falsificazione dei libretti identificativi dei cavalli con valenza di atti pubblici, legati al reato di cui all’art. 544-bis c.p. Infatti i libretti venivano manomessi modificando la destinazione dei cavalli da «non DPA» a «DPA» senza eseguire i controlli sanitari e le relative procedure autorizzatorie: il proprietario ha portato i suoi cavalli al macello e ha venduto la carne ad un supermercato locale. Il fine di lucro non è stato considerato stato di necessità ai sensi dell’art. 544-bis.


6. Profili di responsabilità del veterinario sportivo

Negli sport equestri il ruolo del veterinario è fondamentale e la sua posizione fa emergere problemi etici e di responsabilità ancor più complessi rispetto a quelli della medicina sportiva umana: sono qui infatti coinvolti più soggetti rispetto al triplice rapporto medico-paziente-società, i quali, non raramente, si trovano in conflitto di interessi. Compito della normativa in materia dovrebbe essere quello di superare questi conflitti e indicare precisamente le responsabilità a carico del medico veterinario, sacrificando quelli che sono gli interessi di natura economica in nome della tutela del benessere del cavallo atleta. Tra gli interessi in gioco abbiamo il bisogno di confidenzialità del cliente pagante, che spesso è il proprietario, nonché la necessità del veterinario di condividere informazioni relative allo status dell’animale per tutelare il suo benessere e la volontà di farlo gareggiare, propria dell’addestratore, manager o società stessa [80]. Bilanciare gli interessi nel mondo del diritto non vuol dire però intraprendere la strada più eticamente corretta, in particolar modo quando quelli economici sono ingenti: la responsabilità del medico veterinario, in questo quadro, si dovrebbe tuttavia delineare partendo dalla tutela nei confronti della salute del paziente non umano e l’in­tegrità della professione. La responsabilità del veterinario si dirama dunque nei confronti di tutti i soggetti menzionati e riguarda generalmente il tema della confidenzialità, dell’uso e abuso di medicinali e degli infortuni. Come accennato, in realtà non è una materia dissimile da quella della responsabilità del medico sportivo [81] in quanto anche nel contesto dell’atleta “umano” l’interesse dello stesso potrebbe convergere rispetto a quello del suo allenatore o della sua società nelle scelte da intraprendere, a differenza di un normale paziente che ha autonomia rispetto alle decisioni che riguardano direttamente la propria salute [82]. A chi deve rispondere invece il veterinario? Questo è un dilemma etico, ma ancor prima giuridico.

Il Comitato Veterinario FEI ha già ribadito nel 2012 con il «Codex FEI Official Veterinarians» il concetto fondamentale secondo cui un veterinario ufficiale FEI debba compiere scelte mirate al solo benessere animale ed evitare qualsiasi conflitto di interessi reale o potenziale quando partecipa ad eventi FEI, dovendo assumere una posizione neutra, indipendente ed equa nei confronti di atleti, proprietari, istruttori, organizzatori, ma soprattutto non potendosi far influenzare nel giudizio da interessi di natura personale o finanziaria. Il sistema di educazione e formazione per i veterinari FEI è molto rigido, basato su una carriera graduale e progressiva che parte dal basso fino ad arrivare ai livelli più alti [83]. Il regolamento del 2010 FEI «Clean Sport» per la prima volta inserisce il veterinario come potenziale “ulteriore persona responsabile”, essendo il cavaliere invece «soggetto responsabile» in senso stretto, decretando severe conseguenze per questo sul piano sanzionatorio, che arrivano fino alla radiazione.

La potenziale responsabilità dei veterinari sulla condivisione di informazioni relative agli infortuni, invece, costituisce uno dei temi più ambigui: la FEI ha al suo interno un programma di sorveglianza degli infortuni durante le competizioni, ma manca di sistemi che permettono ai veterinari di registrarli. Questo avviene perché chi ha interesse al successo sportivo del cavallo potrebbe decidere di non divulgare le notizie su un infortunio al fine di non mettere a repentaglio i risultati di gara, a scapito però del suo benessere [84]. Anche qui si pone dunque una sfida di non poco conto, che evidenzia un’ineguaglianza rispetto alla medesima disciplina in cui è coinvolto l’atleta umano. I rischi di lesioni per il cavallo qualora si decida di farlo gareggiare nonostante un infortunio accertato sono molteplici e causano danni alla salute dell’equide ma anche del­l’atleta umano o addirittura degli spettatori nei casi più gravi. In assenza di un sistema normativo che detti l’obbligo per i veterinari privati di registrare gli infortuni e i trattamenti non-medici [85], ci sarà sempre il rischio di proteggere la confidenzialità anche a costo di ledere la salute dell’atleta animale, e conseguentemente anche umano, in nome dei risultati sportivi [86]. Il «FEI Clean Sport Regulations» del 2010 evidenzia inoltre come i veterinari dovrebbero contribuire alle decisioni riguardanti la possibilità di far gareggiare o meno il cavallo, ma questo è solo un consiglio e non vi è l’obbligo: mancando un meccanismo di registro o notifica è sempre possibile per i proprietari/alle­natori scegliere di far gareggiare comunque il cavallo a scapito dei consigli veterinari e a danno della sua salute.


7. Il doping equestre

Del doping negli sport equestri c’è traccia già ai tempi dell’Antica Roma, dove si racconta che ai cavalli venisse dato un miscuglio di miele e acqua per incrementare la resistenza. Nel corso del tempo, grazie alla scienza, sono aumentati gli strumenti a disposizione dell’uomo per testare la presenza di sostanze alteranti e ad oggi i controlli antidoping sono sempre più frequenti e approfonditi. Come nel doping umano, anche qui il bene da tutelare è duplice: tanto i valori di una sana e corretta competizione, quanto il benessere e la salute dell’atleta gareggiante, ovvero il cavallo. A differenza dell’uomo, però, l’animale ingerisce qualsiasi cosa gli venga somministrata, rendendo il fenomeno dell’autodoping inconsistente; sono pertanto le Federazioni ad assumere una posizione di garanzia nei confronti della tutela della salute del cavallo e della salvaguardia al suo benessere. In ambito FEI si è discusso per la prima volta sul tema alla Conferenza Internazionale di Roma del 1977, dove è stata approvata una lista di sostanze proibite. I punti di svolta sono stati però le Olimpiadi di Atene del 2004, in cui quattro cavalli atleti sono risultati positivi a sostanze proibite, e le Olimpiadi di Pechino del 2008, dove altri quattro cavalli sono risultati positivi alla capsaicina: a seguito di questa vicenda, il Tribunale FEI ha applicato il principio di responsabilità oggettiva, per la quale la sola presenza delle sostanze contenute in elenco fosse sufficiente ad integrare la fattispecie illecita, rendendo altrimenti impossibile la lotta al doping, soprattutto qualora si debba cercare sempre la prova dell’intenzione, rilevando in particolar modo nelle competizioni di massimo grado quali le Olimpiadi in cui l’atleta assurge ad esempio di sportività nei confronti del mondo intero. Il problema riscontrato dal Tribunale FEI è stato quello che una singola sostanza potesse essere al contempo una sostanza proibita tanto quanto una sostanza farmacologica permessa e questo rese i controlli complicati, in quanto risultava impossibile scindere il lecito dall’illecito. A seguito delle vicende di Pechino, la FEI ha convocato la «Clean Sport Commission» con l’intento di promuovere la cultura antidoping negli sport equestri: prendendo a riferimento in un primo momento, anche eccessivamente, le disposizioni del Codice WADA, la commissione è poi giunta nell’aprile 2010 alla conclusione che si sarebbe dovuta creare una disciplina specifica per i cavalli atleti. Da questo assunto nasce la citata iniziativa «FEI Clean Sport» [87], che ha decretato la prima Lista delle sostanze proibite (EPSL) da aggiornare con cadenza annuale e, finalmente, il Regolamento Antidoping e sulle Medicazioni Controllate (EADCM) che si pone accanto al Codice WADA, il quale continua a costituire la regolamentazione di riferimento per i cavalieri [88].

Il Regolamento Anti-Doping Equini (EAD) in ambito FISE recepisce i due regolamenti FEI rispettivamente quello Anti-Doping ed il Regolamento Medicazioni Controllate Equini, c.d. «ECM», redatti in linea con i suddetti Principi «FEI Clean Sport» e con il Codice WADA. Ai sensi del Regolamento, si considera «Soggetto Responsabile» l’atleta che monta o conduce il cavallo, mentre il proprietario è indicato come «Soggetto responsabile aggiuntivo», così come il suo personale, compreso il medico veterinario (v. supra). La Lista delle sostanze proibite per il cavallo, alla quale fa riferimento il Regolamento, è pubblicata e revisionata periodicamente sul sito internet della FEI. Assumono un ruolo importante ai sensi dell’art. 5 i Veterinari Antidoping, che insieme a steward, giudici e personale incaricato sono responsabili dei controlli: il Dipartimento Veterinario FISE supervisiona infatti tutti i prelievi e designa i Veterinari Antidoping FISE. Il numero di test da eseguire a livello nazionale è programmato annualmente in ambito federale e la scelta dei cavalli si basa su tre metodiche: prelievo su classifica, scelta casuale o scelta diretta. Rileva poi il documento identificativo menzionato in precedenza, che serve ad accertare l’identità del cavallo, e tale accertamento non deve essere ostacolato con condotte omissive del cavaliere, pena squalifica dalla gara in corso e deferimento agli Organi di Giustizia FISE. L’art. 6 si occupa del­l’analisi dei campioni, mentre l’art. 7 della gestione dei risultati con relativa procedura informativa alla FISE e al Soggetto Responsabile: questo ha il diritto di richiedere, mediante apposito modulo, la controanalisi sul campione B entro il termine perentorio di 10 giorni dalla ricezione della comunicazione, oppure può scegliere di prestare acquiescenza agli esiti del Campione A. Emerge il ruolo della Commissione Scientifica Antidoping Cavalli, organo indipendente e di garanzia nominato dal Consiglio Federale con lo scopo di fornire consulenza scientifica, accertare eventuali violazioni EAD, inviare pareri tecnici alla Procura Federale e proporre modifiche regolamentari o risoluzione di problematiche alla Commissione Veterinaria Centrale. Le sanzioni accessorie automatiche relative ai prelievi effettuati in una competizione comportano l’annul­lamento di tutti i risultati della stessa competizione, mentre le sanzioni elencate all’art. 9 comprendono sospensione e ammenda sulla prima violazione, sospensione o anche radiazione, oltre all’ammenda, per quanto riguarda la seconda violazione, mentre la terza violazione commessa entro otto anni dalla precedente «comporta necessariamente la radiazione». Viene punita anche la condotta di chi mette in commercio sostanze bandite, con una sanzione della sospensione oltre all’ammenda fino ad € 25.000 [89]. Le decisioni degli Organi di Giustizia FISE vengono pubblicate sul sito web e le risultanze dei controlli annuali sono comunicate alla FEI (art. 12). Le violazioni del Regolamento si prescrivono ai fini disciplinari in sei anni a decorrere dall’evento o dalla som­ministrazione e la Procura Federale può trasmettere l’informativa relativa ai casi di positività alla competente Procura della Repubblica: la Sezione III del Regolamento di Giustizia FISE disciplina infatti i rapporti con la Procura della Repubblica e la Procura Antidoping del CONI, in quanto l’illecito sportivo ai sensi dell’art. 2, lett. b) del Regolamento è costituito anche dalle violazioni dei Regolamenti EAD o ECM.

La giurisprudenza penale in materia di doping equestre è estremamente ricca, in quanto oltre alla violazione delle norme regolamentari federali la somministrazione di sostanze stupefacenti comporta altresì violazione dell’art. 544-ter c.p. [90], nonché del­l’art. 1 della legge 13 dicembre 1989, n. 401 sulle frodi in competizioni sportive, che non punisce solo le offerte o promesse di denaro, utilità o vantaggi a taluno dei partecipanti al fine di alterare l’esito della competizione, ma anche qualsiasi diverso atto fraudolento volto allo stesso scopo, ovvero «raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione» [91]. La maggior parte delle vicende giudiziarie sono collegate ai fenomeni di zoomafia, come si evince ad esempio dalla sentenza del Tribunale di Reggio Calabria risalente al 2011 [92] in cui la somministrazione di sostanze, nonché l’uti­lizzo di metodi di detenzione e addestramento contrari al benessere e alla salute dei cavalli, era strettamente collegata ad un’organizzazione di corse clandestine [93].


8. Prospettive di riforma

Nel recente 2019 il Senato ha approvato, su iniziativa del Governo e in seguito all’approvazione della Camera [94], la legge 8 agosto 2019, n. 86 recante «Deleghe al Governo e altre disposizioni in materia di ordinamento sportivo, di professioni sportive nonché di semplificazione», da adottare mediante uno o più decreti legislativi. Il primo Capo si occupa delle disposizioni in materia di ordinamento sportivo, specialmente alla luce della Legge di bilancio 2019 e le sue innovazioni in materia; il secondo Capo, invece, ha lo scopo di delegare il Governo di una riforma in materia di professioni sportive: enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché la disciplina del rapporto di lavoro sportivo [95]; il terzo Capo si occupa poi del riordino e riforma delle norme di sicurezza in materia di costruzione e ammodernamento degli impianti sportivi; infine, troviamo la clausola di salvaguardia per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano. L’art. 5, che introduce il secondo Capo, è ciò che rileva ai fini della presente trattazione, in quanto si occupa del riordino e della riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici, nonché del rapporto di lavoro sportivo [96]: la disciplina del diritto sportivo si intreccia con quella del benessere del­l’animale atleta nel disposto della lett. n) del primo comma [97], che prevede un riordino delle normative applicabili alle discipline sportive con impiego di animali, tra le quali quelle analizzate in precedenza, avendo riguardo in particolare a tre aspetti fondamentali: gli aspetti sanitari, il trasporto, la tutela e il benessere «degli animali impiegati in attività sportive». Questi, a ben vedere, sono i tre punti di cui abbiamo rilevato le maggiori criticità nell’analisi delle discipline a loro tutela, specie trattando degli sport equestri. Infatti, gli aspetti sanitari a tutela dei cavalli atleti non hanno mai trovato considerazione, ad oggi, all’interno di una fonte normativa primaria, riflesso di una preferenza verso gli interessi economici legati ai risultati sportivi, a discapito della salute dell’animale; altresì, la disciplina sul trasporto che, seppur contenuta in un Regolamento europeo con efficacia direttamente vincolante per gli Stati membri, trova in concreto vuoti di tutela palesi dal punto di vista esecutivo, così come ribadito dalle Circolari ministeriali che si sono occupate fino ad oggi della disciplina in Italia. Infine, la tutela e il benessere degli animali a tutto tondo, anch’essa non garantita, fin’ora, da normative vincolanti: se ne occupano principalmente il Codice per la tutela e gestione degli equidi e il Regolamento FISE per la tutela del cavallo sportivo, che altro non sono se non atti di soft law, mere linee guida che non vincolano gli operatori se non dal punto di vista disciplinare.

In data 24 novembre 2020 sono stati approvati in Consiglio dei Ministri, in esame preliminare, i cinque decreti in attuazione della Legge delega, su proposta del Ministro per le politiche giovanili e lo sport, Vincenzo Spadafora. Il decreto in attuazione del menzionato art. 5, recante «Riordino e riforma delle disposizioni in materia di enti sportivi professionistici e dilettantistici nonché di lavoro sportivo», è suddiviso in ben sette titoli, e vede nel Titolo IV il concretizzarsi delle tanto sperate tutele nelle discipline sportive che prevedono l’impiego di animali, costituendo, pertanto, il vero e proprio punto di svolta in materia (v. infra). Lo strumento prescelto per attuare la riforma è quello del decreto legislativo, e ciò accoglie finalmente la necessità dell’uso di una fonte di rango primario, dal momento che il Codice e il Regolamento, che costituirebbero il corpus di riferimento in materia di benessere sono, come più volte ribadito, meri atti di soft law: non esistevano, infatti, prima della riforma, norme vincolanti sul­l’impiego degli animali nello sport, se non nella piccola parentesi dedicata al trasporto, o con riferimento agli animali domestici. Interessante è, a tal proposito, il modello del Codice Francese sui diritti degli animali, pubblicato nel 2018, che si sostanzia in un corpus unico contenente le disposizioni in materia estratte dai sette codici ufficiali e casi giudiziari rilevanti sui diritti animali [98]. Il Codice dello sport francese, altro esempio incalzante per il legislatore del diritto sportivo, ha la premura di trattare di regole peculiari sull’impiego di equini nello sport: l’art. A322-128 decreta infatti che il cavallo non debba svolgere un lavoro per il quale non è preparato, sia per la sua salute che per la sicurezza del fantino [99]; ancora, l’art. A322-117 elenca le condizioni da rispettare negli stabilimenti aperti al pubblico usati per l’impiego di equidi, con la creazione all’interno dello stesso Codice di una Sezione appositamente dedicata agli sport equestri e agli stabilimenti adibiti a tale (Titolo II del Libro III).

Prescindendo dall’attuazione della Riforma dello Sport analizzata nelle righe che seguono, sarebbe stato senza dubbio opportuno operare ex ante sul piano strettamente normativo portando a compimento la categorizzazione della figura dell’equide come animale d’affezione, da assoggettare pertanto alla legge n. 281/1991 col fine di inserirlo in una specifica categoria giuridica per risolvere finalmente i problemi di ambiguità derivanti dalla mancata classificazione in tal senso. La Grecia in tempi recentissimi ha equiparato i cavalli ai cani e gatti, rendendoli di fatto animali d’affezione, emendando una legge rurale del 2012, n. 4711, che vieta il consumo e l’uccisione di cani e gatti: così, al pari di tali animali «da compagnia», viene vietata la macellazione dei cavalli, e ciò costituisce un enorme passo in avanti rispetto alle altre legislazioni europee [100]. In Italia vi è invece una proposta interessante della deputata Brambilla recante «Norme per la tutela degli equini e loro riconoscimento come animali di affezione», presentata il 23 marzo 2018, che intende superare le problematiche già descritte derivanti dai vuoti normativi causati dalla mancata classificazione: la proposta di legge riconosce infatti all’art. 1, al pari della riforma già attuata in Grecia, gli equini come animali d’affezione, prevedendone di conseguenza il divieto di macellazione e importazione/esportazione, nonché il divieto di vendita e consumo delle loro carni in tutto il territorio nazionale. Da qui una serie di disposizioni di grande innovazione, volte ad integrare le carenze normative in materia: tra tutte, il divieto di utilizzo di equini in spettacoli o manifestazioni che comportano esercizi innaturali, pericolosi, stressanti o dannosi per la loro salute, o più semplicemente contrari alle loro caratteristiche fisiologiche. Nel recente ottobre 2020 è stata invece presentata la proposta di legge n. 2740 [101], che, similarmente a quella del 2018, richiede il riconoscimento della qualifica di «ani­male agricolo d’affezione» e prevede il divieto di macellazione ed esportazione a tal fine, «in particolare, di quelli iscritti nei ruoli degli organismi sportivi riconosciuti dal CONI, di quelli utilizzati da soggetti tesserati presso i medesimi organismi e di quelli impiegati in attività terapeutiche, riabilitative, educative o ludico-ricreative», accompagnato da una serie di disposizioni inerenti la cura, la custodia e il trasporto di tali animali (art. 2).

Passando finalmente ad una breve rassegna delle novità introdotte dal decreto, è già interessante notare come all’art. 2 del testo relativo alle Definizioni venga menzionata quella di «Cavallo Atleta», ripresa poi anche all’interno del Titolo di riferimento, definito alla lettera g) come «l’equide registrato, non destinato alla produzione alimentare, utilizzato per lo svolgimento dell’attività sportiva e la partecipazione alle competizioni sportive equestri»: è un enorme passo avanti in quanto l’animale viene riconosciuto da una fonte di rango primario quale vero e proprio atleta, pertanto destinatario di tutele e oggetto di attenzione legislativa.

Il Titolo IV è denominato «Discipline sportive che prevedono l’impiego di animali» ed attua le previsioni brevemente menzionate dalla Legge delega, concentrandosi sul­l’aspetto relativo al benessere animale; l’art. 19 è infatti dedicato al «Benessere degli animali impiegati in attività sportive»: in primis, viene trattata la tematica del possesso responsabile. Chi detiene l’animale atleta è infatti «tenuto a preservarne il benessere, in termini di alimentazione, cura della salute e accudimento nel rispetto delle sue esigenze etologiche». Il secondo comma vieta, inoltre, i metodi di addestramento che possano danneggiare la salute e il benessere psicofisico dell’animale atleta, richiamando il concetto di «essere senziente» di matrice europea, prospettando altresì il divieto di utilizzare metodi di costrizione e mezzi atti a danneggiare la salute psicofisica o comunque provocare sofferenza, con una preferenza invece per c.d. «metodi gentili», ovvero i metodi di addestramento che si sostanziano in rinforzi positivi in quanto tengono conto delle capacità cognitive e modalità di apprendimento degli animali stessi. Ai sensi del comma 3 vi sono poi determinate situazioni al verificarsi delle quali non è ammesso far allenare né tantomeno gareggiare gli animali: parliamo di «stati fisiologici incompatibili con lo sforzo richiesto» [102]. La disposizione prosegue decretando che le piste, i campi e le aree di gara nonché le attrezzature utilizzate rispondano a criteri di sicurezza e salvaguardia, occupandosi sommariamente anche della tutela ad un adeguato spazio di movimento e di riposo dell’animale sulla base delle proprie caratteristiche etologiche, in ossequio alle Cinque Libertà. Ai commi 5-6 vengono sinteticamente risolte due questioni rilevanti: la necessaria dotazione di un documento di identità anagrafica intestata a colui che, se maggiorenne o persona giuridica, ne assuma totalmente i doveri di custodia e cura, nonché di una scheda sanitaria; inoltre, si prevede finalmente il divieto di macellazione o soppressione dell’animale atleta al termine dell’attività sportiva, se non per ragioni umanitarie.

Ancora, altro punto fondamentale è quello che riguarda l’ottimizzazione delle norme sul trasporto in una migliore attuazione del Regolamento UE 1/2005: abbiamo constatato come la fase di trasporto, specie su strada, sia la più delicata, e le norme esecutive e sanzionatorie della legislazione europea non si sono dimostrate idonee e sufficienti ad evitare episodi di sofferenza, angoscia e, talvolta, anche collasso degli stessi equidi. Il comma 7 dell’art. 19 si occupa proprio dei veicoli utilizzati per il trasporto, che devono essere sicuri, ventilati, puliti e disinfettati. Infine, viene fatto obbligo per il proprietario di stipulare una polizza assicurativa per i danni provocati dal­l’animale.

Circa il punto relativo alla responsabilità del veterinario, sarebbe bene prevedere normativamente che questa non sia condizionata da interessi di natura finanziaria, ma improntata totalmente alla tutela della salute dell’animale. Inoltre, a tal fine, urge una disposizione relativa ad un monitoraggio degli infortuni efficiente, reso finalmente obbligatorio: anche qui, l’interesse al benessere e alla sicurezza dell’equide deve prevaricare rispetto all’interesse di natura economico-sportiva di far disputare ad ogni costo la gara all’animale atleta. Il decreto non si spinge a prevedere un bilanciamento di interessi, ma richiede all’art. 20 («Competizioni sportive») l’accertamento dell’idoneità a gareggiare da parte del veterinario: deve essere responsabilità dell’organizzatore di eventi sportivi con animali garantire la presenza del veterinario per tutto lo svolgimento della gara. Inoltre, l’art. 23 prevede che il cavallo atleta debba sottoporsi annualmente a visita veterinaria per svolgere l’attività sportiva. Importante il comma 2 del­l’art. 20, che vieta a coloro che abbiano riportato condanne definitive per i reati previsti ai sensi del Titolo IX-bis, Libro II, e dell’art. 727 c.p., nonché chi abbia violato le disposizioni dell’ordinamento sportivo, la partecipazione alle competizioni sportive con impiego di animali. L’art. 21 prevede sanzioni disciplinari: il compito di fissarle spetta alle Federazioni, DSA ed Enti di Promozione Sportiva e queste possono arrivare fino alla revoca dell’affiliazione o del tesseramento per le persone fisiche.

Il Capo II è interamente dedicato agli sport equestri: l’art. 22 approfondisce la definizione di cavallo atleta. Per essere definito tale, devono infatti ricorrere congiuntamente tre requisiti: la registrazione ai sensi dell’art. 2 del Regolamento UE 2015, n. 262; l’iscrizione al «repertorio cavalli atleti» presso la FISE o la Federazione Pentathlon Moderno, Fitetrec-Ante o un Ente di Promozione Sportiva; infine, la dichiarazione «NON DPA» anche dopo la cessazione dell’attività sportiva. Quello della tutela del cavallo atleta dopo la carriera agonistica o comunque durante l’anzianità resta però uno dei temi più delicati: si dovrebbe prevedere a tal fine un adeguato finanziamento per la costruzione ed il mantenimento di strutture pensionistiche idonee alla cura del cavallo, nonché il possibile reimpiego di cavalli anziani o non più idonei alle gare nelle attività didattiche e di pet therapy. Il profitto generato dagli animali durante la carriera agonistica deve essere impiegato col fine di mantenere la tutela al loro benessere anche nel futuro e arrivare ad emanciparli, nei contesti societari e federali di alto livello: bilanciare costi e benefici del welfare significherebbe provvedere al ricollocamento dei profitti dell’industria dello sport con i cavalli per assicurarne la protezione durante e dopo la carriera. Né la FISE, né lo Stato italiano, mettono a disposizione risorse per i cavalli “indesiderati”. La menzionata proposta Brambilla prevede all’art. 9 l’istitu­zione di pensionati pubblici «per equini anziani, malati o che i proprietari non sono più in grado di mantenere», che possono essere dati in affidamento a soggetti privati, organizzazioni non lucrative ed enti morali che ne assicurino un trattamento adeguato e in linea con gli standard di benessere. L’art. 12 prevede l’istituzione di un fondo per la tutela degli equini presso il Ministero della salute. Strettamente collegata a questa tematica è la previsione di metodi idonei a non eludere la destinazione NON DPA del Codice: infatti spesso, essendo vietata la macellazione «non DPA» ma non il commercio, i cavalli finiscono nel giro della macellazione abusiva, punita solo a livello contravvenzionale. Servirebbe pertanto regolamentare anche questo aspetto e prevedere pene più severe in tal senso. La Registrazione «non DPA» non tutela dunque realmente il cavallo, o quantomeno non in modo da escludere totalmente un suo reimpiego “illecito” in futuro, dal momento che il proprietario si può liberare di questo in qualsiasi momento, senza alcun controllo da parte della FISE o da di altre istituzioni su quale sia il suo destino: i commercianti potrebbero vendere i cavalli al macello eludendo molto facilmente le previsioni codicistiche. Spesso, in conclusione, a causa del problema della gestione del cavallo a fine carriera e delle mancate risposte legislative ad una eventuale pratica eutanasica come scelta estrema, l’animale viene abbandonato a se stesso in quanto la ricollocazione risulta difficoltosa.

Fondamentale è anche l’ultima previsione del Titolo in esame, quella dell’art. 24, dedicata alle manifestazioni popolari pubbliche e private con equidi, che si svolgono al di fuori degli impianti o dei percorsi autorizzati dal MIIPAF e delle Federazioni, durante le quali si devono comunque rispettare i parametri di sicurezza stabiliti dal Ministero, nonché garantire la tutela alla salute e benessere degli atleti, sia animali che umani, oltre che del pubblico. Infine, potrebbe rivelarsi necessario un riordino delle normative federali e penali in materia di doping: controlli antidoping più stringenti e pene più severe, oltre alla garanzia della tutela della salute del cavallo sull’utilizzo di farmaci e una più attenta scissione tra le sostanze dopanti e quelle utilizzate a scopo farmaceutico o terapeutico.


NOTE

* Contributo sottoposto alla procedura di double blind peer review ed approvato.

[1] S.T. MILLMAN, The impact of applied ethologists and the International Society for Applied Ethology in improving animal welfare, in Applied Animal Behaviour Science, III-IV, 2004, pp. 299-311.

[2] C. DARWIN, L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali (1872), Torino, 1982.

[3] L’art. 13 TFUE è la prima importante norma “costituzionale” europea sul benessere animale, che recita «Nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell’Unione nei settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale», reperibile su EUR-Lex all’indirizzo http://data.europa.eu/eli/treaty/tfeu_2012/oj.

[4] Lo stesso Dawkins, nel 1980, ad esempio, definisce il benessere come “uno status soggettivo del­l’animale che richiede una valutazione oggettiva da parte dell’uomo”; diversamente, secondo Hughes (1979), il benessere è «uno stato di salute mentale e fisica completa, in cui l’animale si trova in armonia col suo ambiente». Blosser, nel 1987, sosteneva invece che fintanto che l’animale cresca e si sviluppi normalmente, è adeguatamente alimentato, rende bene nelle sue attività, non prova disagio e non viene maltrattato, l’uomo non se ne debba preoccupare: è una posizione estrema, che prende totalmente le parti dell’allevatore, in G. GIOVAGNOLI, Il concetto di benessere animale, FISE-Dipartimento Tutela Del Cavallo, 2011. Secondo Webster, invece, la possibilità di soddisfare appieno tutte e cinque le libertà è irrealistica.

[5] Vedasi la proposta presentata su: G. BERTONI, L. CALAMARI, Valutazione sul benessere animale, in D. BRANDANO, G. PULINA, Il benessere animale e la qualità delle produzioni nei piccoli ruminanti, in I Gergofili, pp. 38-44.

[6] J. BENTHAM, Introduzione ai principi della morale e della legislazione, Torino, 1998, p. 311.

[7] Una definizione moderna, che contempla i principi contenuti nelle 5 libertà è quella adottata dalla FAO nel 2010: il benessere è «quella condizione in cui non ci sia l’abuso e lo sfruttamento degli animali da parte dell’uomo, attraverso il mantenimento di standard appropriati di spazio, alimentazione e cure generali, la prevenzione e il trattamento delle malattie e la libertà da maltrattamenti e da dolore e sofferenze ingiustificati».

[8] Vedasi P. SINGER, Liberazione Animale, 1975, Milano, 2009, p. 219; v. altresì T. REGAN, Gabbie vuote, la sfida dei diritti animali, Casale Monferrato, 2005.

[9] www.oie.int.

[10] OIE (World Organization for Animal Health), International Animal Health Code, 2006, consultabile su http://www.oie.int/eng/normes/mcode/code2006_back/en_chapitre_3.7.1.html.

[11] Per un approfondimento relativo ai vari settori sui quali il benessere animale comporta significative conseguenze, si veda il dossier Animal Welfare Matters – The case for a Universal Declaration on Animal Welfare della World Society for the Protection of Animals, 2007, consultabile su www.udaw.org.

[12] F. BRAMBELL, Report of the technical committee to enquire into the welfare of animals kept under intensive livestock husbandry systems, 1965, commissionato dal governo inglese.

[13] G. LOMBARDI, Le cinque libertà, in 30giorni – Il mensile del medico veterinario, 2010, pp. 24-26.

[14] Tra le normative europee più importanti, ricordiamo: Direttiva 93/119/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1993, relativa alla protezione degli animali durante la macellazione o l’abbattimento; Regolamento (CE) N. 1/2005 del 22 dicembre 2004 sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate; Regolamento (CE) n. 1523/2007 dell’11 dicembre 2007 che vieta la commercializzazione, l’importazione nella Comunità e l’esportazione fuori della Comunità di pellicce di cane e di gatto e di prodotti che le contengono; Regolamento (CE) n. 1099/2009 del Consiglio, del 24 settembre 2009, relativo alla protezione degli animali durante l’abbattimento; Reg. (CE) n. 1223/2009 del 30 novembre 2009 sui prodotti cosmetici; Dir. 2010/63/UE del 22 settembre 2010 sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici; Reg. (UE) N. 576/2013 del 12 giugno 2013 sui movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia e che abroga il regolamento (CE) n. 998/2003. La normativa italiana che coinvolge gli animali da reddito è altrettanto ricca: v. L. BOSCOLO CONTADIN, La tutela giuridica degli animali e il loro valore come categoria protetta, 2017, Milano, pp. 65-71.

[15] P. SOBBRIO, M. PETTORALI, Gli animali da produzione alimentare come esseri senzienti: Considerazioni giuridiche e veterinarie, XII, Milano, 2018.

[16] Corte Giust. UE, Causa C-426/16 Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen VZW e a. / Vlaams Gewest, Lussemburgo, 25/05/2018, reperibile all’indirizzo https://curia.
europa.eu/.

[17] Questo si evince dalle sentenze Corte Giust. UE, C-131/86, Regno unito / ConsiglioHedley Lomas (C-5/94) e Compassion in World Farming, 19 marzo 1998 (C-1/96), disponibili su www.curia.eu.

[18] In particolare, è avanzata sia se comparata alla direttiva UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici n. 63/2010, sia alla precedente direttiva n. 768/1976 che introduceva qualche limite, seppur graduale, M. LOTTINI, Benessere degli animali e diritto dell’Unione Europea, in Cultura e Diritti: per una formazione giuridica, I/II, Pisa, 2018, pp. 15-16.

[19] A tal proposito è intervenuta la Corte di Giustizia Europea nella sentenza European Federation for Cosmetic Ingredients del 2016 (C-592/14), www.curia.eu, sottolineando come lo scopo della norma, in particolare l’art. 18 del Regolamento, sia quello di determinare anche le condizioni d’accesso dei prodotti cosmetici, dando ragione all’autorità britannica circa l’interpretazione estensiva di questa.

[20] Comunicazione della Commissione UE sulla strategia dell’Unione europea per la protezione e il benessere degli animali 2012-2015 (COM/2012/06), 2012.

[21] Communication from the Commission to the European Parliament, the Council and the European Economic and Social Committee on the European Union Strategy for the Protection and Welfare of Animals 2012-2015 COM/2012/06, su EUR-Lex.

[22] La Federazione Italiana Sport Equestri nasce a Roma nel 1926 dalla Società per il Cavallo Italiano ed è affiliata alla Federazione Equestre Internazionale (FEI): https://www.fise.it/.

[23] Ha suscitato particolare scandalo, per esempio, il caso di un noto campione olimpionico di dressage, radiato dalla FISE per aver maltrattamenti e utilizzo di metodi talmente aggressivi da aver portato addirittura alla morte del suo cavallo, Flambo: v. M. NESURINI, Maltratta e uccide Flambo. La verità sulla radiazione di P. M., in affaritaliani.it, 2015, consultabile su https://www.affaritaliani.it/sport/dressage-373836.html.

[24] La Federazione Italiana Sport Cinofili (FISC) promuove numerosi sport cinofili, tra i quali spicca fra tutti in primo piano proprio l’agility: così https://www.sportcinofili.it/index.php/chi-siamo/.

[25] Una disciplina simile è lo sleddog, che vede impiegati cani generalmente di razza husky che trainano in percorsi di montagna una slitta.

[26] Questa condizione è comune a quasi tutti i regolamenti federali e va letta in combinato disposto con l’art. 6, comma 1 dell’Accordo Stato-Regioni sul benessere degli animali da compagnia e pet therapy del 6 febbraio 2003, in cui si specifica che si vieta la partecipazione anche a manifestazioni espositive di cani che abbiano età inferiore ai 4 mesi e idonea copertura vaccinale.

[27] Così come specificato dall’art. 7, lett. e) del Regolamento.

[28] «L’obiettivo della Dog Dancing (DD) è quello di mostrare una danza creativa e originale, usando la musica e movimenti in ogni posizione (freestyle) o movimenti di obedience non-standard (htm), mettendo in evidenza il lavoro di squadra e l’interpretazione del tema musicale, con rispetto e serietà verso i cani, senza ridicolizzarli ne creare disagi».

[29] Importante il Preambolo, ove si legge «L’armonia fra uomo e cane, indipendentemente dal tipo di attività cinofila praticata, è il primo traguardo da raggiungere. Si può arrivare a tale armonia solo se ci si riesce ad immedesimare nella mente del proprio cane, imparando a conoscere le sue doti e le sue qualità naturali. L’uomo ha l’obbligo etico di educare ed addestrare a sufficienza il proprio cane. I metodi che devono essere utilizzati, devono fondarsi su conoscenze sicure, basate su studi di etologia e di cinologia. Per ottenere gli obiettivi di educazione, addestramento, o allenamento che ci si prefigge, deve essere impiegato un metodo non violento e positivo per il cane. Strumenti di educazione, addestramento o allenamento non specie compatibili non sono ammessi (in conformità con le norme a tutela del benessere animale)».

[30] Il cavallo, infatti, non è ad oggi ufficialmente riconosciuto come “animale da affezione”, nonostante il legame affettivo che spesso sorge col proprietario: nel diritto, i cavalli rientrano infatti tra gli animali da reddito pur essendo a tutti gli effetti un animale da affezione: v. L. BOSCOLO CONTADIN, La tutela giuridica degli animali e il loro valore come categoria protetta, cit., p. 110 ss.

[31] Il benessere del cane deve predominare sulle esigenze degli allevatori, degli addestratori, degli educatori, degli istruttori, dei conduttori, dei tecnici, degli sponsor, dei proprietari, degli organizzatori di ogni attività. Il benessere del cane è prioritario e in alcun modo subordinato a fini speculativi e/o personali.

[32] Trib. Ravenna, sent. 24 febbraio 2011, in Corriere Merito, 2011, con nota di G. GATTA, S. TURCHETTI, G. VARRASO.

[33] Min. Lavoro, Salute e Politiche Sociali, Ordinanza contingibile ed urgente concernente la tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani, 3 marzo 2009.

[34] Art. 1 (Principi Ispiratori): «Il presente Regolamento, mediante la tutela della leale competizione, è volto a preservare i valori dello sport e la salvaguardia del benessere dei soggetti cinofili nello svolgimento delle manifestazioni organizzate e riconosciute dalla Federazione».

[35] Anch’essa non rientra quindi tra le Federazioni riconosciute dal CONI: siamo, come nel caso della FISC, al di fuori del contesto sportivo istituzionalizzato.

[36] M.V. BRAMBILLA, Proposta di legge su Codice delle disposizioni per la tutela degli animali di affezione, la prevenzione e il controllo del randagismo del 23 marzo 2018, Camera dei Deputati. Per un approfondimento analitico del Codice e delle sue disposizioni v. M. PITTALIS, Codice dei diritti degli animali: cosa prevede la proposta di legge, in (il) Quotidiano Giuridico, 2018, pp. 1-10.

[37] Per un approfondimento storico del rapporto tra uomo e cavallo e dei suoi utilizzi v. C.W. MCILWRAITH, B.E. ROLLIN, Equine welfare, IIX, Wiley-Blackwell, 2011, pp. 22-58.

[38] Approvato con delibera del Consiglio Federale 837 del 30 luglio 2019, entrato in vigore il giorno 1° ottobre 2019.

[39] Quando parliamo di comportamento anormale del cavallo, ci riferiamo a quello che differisce per pattern, frequenza o contesto rispetto alla maggioranza dei membri della stessa specie in condizioni che consentano il totale range dei comportamenti: v. D.M. BROOM, M.J. KENNEDY, Stereotypies in horses: their relevance to welfare and causation, in Equine Veterinary Education, 1993, pp. 151-154.

[40] Tra le stereotipie più comuni abbiamo, ad esempio: ingestione di cibo senza masticazione, che crea problemi legati al tratto gastrointestinale; problemi di autolesionismo del cavallo, ruotare la testa ed emettere strani versi dopo, masticazione del legno, le zoppie o i momenti di stallo durante il trotto, lo scalcio e il dondolio della testa, che spesso richiedono l’utilizzo di farmaci anche di tipo antidepressivo.

[41] In particolare, il rapping è la tecnica per colpire le zampe di un cavallo (di solito posteriori) mentre passano sopra un binario durante il salto; gingering è l’uso di sostanze irritanti (es. zenzero) per retto, con l’obiettivo di causare disagio rettale forte chiaramente contrario ai minimi standard di benessere; soring si riferisce invece all’utilizzo di sostanze chimiche o pressione per causare dolore alla zampa del cavallo quando toccano terra, obbligando così il cavallo ad alzarlo velocemente.

[42] FEI Veterinary Committee, The use of over bending (“Rollkur”) in FEI Competition, 31 gennaio 2006, disponibile su https://www.fei.org/.

[43] La FEI ha raccomandato la penalità nel momento in cui si utilizzi questa tecnica ma anche i giudici di gara hanno trovato difficoltà a capire quando penalizzare o meno.

[44] V. https://inside.fei.org/news/fei-round-table-conference-resolves-rollkur-controversy.

[45] Critiche di associazioni animaliste continuano a ritenere che in realtà questa tecnica sia praticamente simile al rollkur ma con un nome diverso; v. anche I.J.H. DUNCAN, L.J. KEELING, K. MERKIES, S.T. MILLMAN, A.K. SHOVELLER, U.U. VON BORSTEL, Impact of riding in a coercively obtained Rollkur posture on welfare and fear of performance horses, in Applied Animal Behaviour Science, 2009, pp. 228-236.

[46] ISES è la International Society for Equitation Science, che unisce accademici e sportivi con la missione di promuovere e incoraggiare l’applicazione della ricerca e delle pratiche avanzate negli sport equestri al fine di tutelare il benessere del cavallo sportivo.

[47] Una versione estesa del decalogo è consultabile all’indirizzo www.equitationscience.com.

[48] MCGREEVY, MCLEAN, Il ruolo della teoria dell’apprendimento e dell’etologia in equitazione, su Journal of Veterinary Behavior: Clinical Applications and Research, II, 2007, pp. 108-118.

[49] In concreto questo problema è stato oggetto di un dibattito relativo ai cavalli selvatici del Parco Naturale Regionale dell’Aveto, in Liguria, che spesso arrivano a invadere campi nei terreni di proprietà degli abitanti del luogo: v. L. BOSCOLO CONTADIN, La tutela giuridica degli animali e il loro valore come categoria protetta, cit., pp. 119-123.

[50] L. BOSCOLO CONTADIN, La tutela giuridica degli animali e il loro valore come categoria protetta, cit., p. 111.

[51] Cass. pen., Sez. III, 17 dicembre 2014, n. 6829, in Mondodiritto, 2015, consultabile all’indirizzo https://www.mondodiritto.it/.

[52] Così Cass. pen., Sez. III, sent. n. 19594/2012 in Lexambiente, in nota di RAMACCI, Caccia e animali, codice per la gestione degli equidi, 2012; L. BOSCOLO CONTADIN, La tutela giuridica degli animali e il loro valore come categoria protetta, cit., pp. 110-117.

[53] Si vedano C. TROIANO, Il maltrattamento organizzato di animali – Manuale contro i crimini zoomafiosi, su Impronte, Anno XXXIII, II, 2016, su www.lav.it; C. TROIANO, Rapporto Zoomafia 2019: Vent’an­ni di antizoomafia, LAV, 2019, su www.lav.it.

[54] Gli equidi sono animali erbivori e hanno necessità di bere molto spesso. Se al pascolo non è presente una sufficiente quantità di erba, va integrata con altri alimenti.

[55] Si prevede inoltre un costante monitoraggio dello stato di salute del cavallo guardando al rapporto tra il suo peso e la corretta forma fisica di riferimento.

[56] Vedasi anche il d.lgs. 6 aprile 2006, n. 193, Attuazione della direttiva 2004/28/CE recante codice comunitario dei medicinali veterinari, in Suppl. Ord. G.U. n. 121 del 26 maggio 2006.

[57] Come, ad esempio, recinzioni con filo spinato o reti dannose per i cavalli.

[58] Art. 1: «[…] Coloro che praticano gli sport equestri sono dunque chiamati, secondo un principio di responsabilità, a compiere scelte etiche profonde che incidono sulla vita e sul destino di un altro essere vivente».

[59] Con un comunicato del 12 aprile 2008 la FEI ha condannato definitivamente la tecnica del rollkur come “abuso mentale”.

[60] Così come il codice, le misure dei box sono previste per i cavalli in 9 metri quadri, leggermente più piccole per i pony. La scuderizzazione “in poste” non assicura invece il benessere, pertanto di prevede la trasformazione di queste in box adeguati.

[61] Si fa riferimento ad un lungo elenco di soggetti: «[…] atleti, praticanti e fruitori di servizi in genere, istruttori, allenatori, giudici di gara, personale addetto, personale medico, fisioterapisti, personale per la custodia, sorveglianza, pulizia e manutenzione, personale addetto agli impianti tecnici, addetti alle eventuali attività commerciali spettatori, cavalli, ecc.».

[62] Da realizzarsi con coperture in alluminio, alucobond, plastica, PVC, tegole ecc. che siano atossiche e non dannose. Vengono specificati poi i requisiti per isolarli e lo stesso se ci sono file di box affacciate sullo stesso corridoio, in numero minore a 10.

[63] Vengono descritti i rischi dell’obesità causata dall’ingente aumento di peso e dell’eccessiva magrezza, ai quali seguono parametri specifici per una valutazione corretta dello stato nutrizionale: il Regolamento a tal fine adotta un sistema specifico chiamato “Body Condition Score (BCS)”, che si basa sui requisiti da tenere in considerazione al fine della classificazione del cavallo in 9 categorie.

[64] Consiglio dell’Unione Europea (CE), Regolamento CE n. 1/2005 del Consiglio, del 22 dicembre 2004 sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate che modifica le direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e il Regolamento CE n. 1255/97, in G.U. L 003 del 5 gennaio 2005.

[65] Il documento deve contenere: origine e proprietà degli animali; luogo di partenza; data e ora; luogo di destinazione; durata prevista del viaggio. Il trasportatore deve esibire la documentazione su richiesta dell’autorità competente.

[66] Corte Giust. UE, 23 aprile 2015, C-424/13, Zuchtvieh-Export GmbH/ Stadt Kempten, in Racc. digitale (generale), ECLI:EU:C:2015:259, reperibile su www.curia.eu.

[67] Risoluzione del Parlamento europeo del 14 febbraio 2019 sull’attuazione del regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio sulla protezione degli animali durante il trasporto all’interno e all’esterno del­l’Unione europea.

[68] Migliorie sull’applicazione concreta della norma, una raccolta dei dati e dei controlli, l’utilizzo di strumenti più tecnologici, interventi sul benessere animale. Secondo l’analisi dei dati di TRACES, «solo 2015 sono stati trasportati 1,49 miliardi di animali (bovini, ovicaprini, suini, polli e cavalli), con un aumento del 19% rispetto al 2009».

[69] D.M. BROOM, The effects of land transport on animal welfare, 2005.

[70] Nel 2017 nasce a Perugia l’Associazione Nazionale Italiana Trasportatori Equini (ANITE), con lo scopo di raggruppare le ditte di trasporto di cavalli, garantire il benessere durante il trasporto e divulgare i rischi del trasporto abusivo di equidi.

[71] Tra queste, il numero di identificazione, la specie, il sesso, il mantello, la data e il paese di nascita e di rilascio del documento, lo status (anche relativo alla sua destinazione finale), il nome, l’eventuale data di morte.

[72] Tra cui i documenti identificativi rilasciati dalle Associazioni di Razze Italiane riconosciute, in quanto automaticamente inseriti nella BDE, o eventuali documenti di identificazione stranieri.

[73] La procedura è disciplinata dal seguente art. 34.

[74] Pensiamo al noto scandalo “Horsegate”, che ha coinvolto ben 19 Paesi, in primis la Gran Bretagna, ed ha avuto ad oggetto il traffico illegale di carne di cavallo; v. Horse meat scandal: timeline, in The Daily Telegraph, 16/07/2017, consultabile all’indirizzo https://www.telegraph.co.uk/foodanddrink/9857136/
Horse-meat-scandal-timeline.html.

[75] Chiamata anche “Sezione IX”, è una pagina apposita sul passaporto equino firmata dal proprietario e vidimata dall’associazione di competenza.

[76] Infatti i farmaci utilizzabili per i cavalli DPA al fine di tutelare la salute del consumatore sono i “farmaci per DPA”, le sostanze essenziali ricomprese nel Regolamento (CEE) 1950/2006 e per uso in deroga le sostanze farmacologiche nell’Allegato I del Regolamento UE 37/2010, da inserire nell’apposito Registro dei trattamenti in deroga.

[77] Prima dell’aggiornamento del 2018, la scelta NON DPA era solo consigliata, ma non obbligatoria.

[78] Così, L. FRAIOLI, “I cavalli-atleti non finiranno al mattatoio”, in La Repubblica, 19 febbraio 2018, su https://www.repubblica.it/ambiente/2018/02/19/news/_i_cavalliatleti_non_finiranno_al_mattatoio_-189215198/; “Il presidente del Coni conferma che i cavalli Fise non sono macellabili”, in Quotidiano.net, 2018, consultabile su https://www.quotidiano.net/benessere/animali/animali-cavalli-ihp-1.3725637.

[79] A. GASPARRE, Cavalli carne da macello. La condanna del Tribunale di Varese, in Persona e danno, 2014, consultabile all’indirizzo https://www.personaedanno.it/articolo/cavalli-carne-da-macello-la-condanna-del-tribunale-di-varese-sent-6102013-gup-sala-annalisa-gasparre.

[80] Ci sono casi in cui tutti i soggetti si riuniscono, ad esempio, sotto la figura del proprietario, ma nelle competizioni ad alti livelli le figure che ruotano intorno al cavallo sono sempre ben distinte e ramificate: team manager, addestratori, cavalieri, selezionatori ecc.

[81] M. PITTALIS, Sport e diritto. L’attività sportiva fra «performance» e vita quotidiana, 2019, Wolters Kluwer, pp. 601-621.

[82] Pensiamo alle tematiche bioetiche come l’eutanasia, il rifiuto ai trattamenti medici, il consenso informato e così via.

[83] A tal proposito è stato emanato il documento “Education System for FEI Veterinarians”, aggiornato anch’esso al gennaio 2020, che prevede requisiti e aspetti organizzativi dei salti di carriera dei medici veterinari suddivisi per livelli.

[84] Negli Stati Uniti, ad esempio, la California detiene statisticamente il più alto numero di mortalità dovuta alle corse: il California Horse Racing Board a seguito di questo tasso ha iniziato a richiedere le autopsie su tutti i cavalli che muoiono durante le competizioni e gli allenamenti svolti sotto la sua giurisdizione e sotto le sue regole federali: v. C.W. MCILWRAITH., B.E. ROLLIN, Equine welfare, cit. pp. 230-234.

[85] A differenza di quanto avviene con i trattamenti farmacologici, che vengono invece registrati.

[86] Chiaramente questo non esclude i regolamenti, come il Professional Codes of Conduct and the Animal welfare act UK, che impongono una responsabilità veterinaria per il benessere del cavallo.

[87] Il Clean Sport For Horses include una serie di documenti importanti oltre i Regolamenti, che disciplinano le procedure dei test antidoping, cosa fare a seguito delle risultanze e i moduli veterinari.

[88] Per una prospettiva storica ed etica relativa al percorso della lotta al doping nell’ambito degli sport equestri v. L. DONNELLAN, The Federation Equestre International Speaks for the Horse Who Has No Voice and the Court of Arbitration for Sport Listened: Equine Welfare and Anti-Doping in Equestrianism, in Denning Law Journal, XXXI, 2019, pp. 41-76.

[89] Le sanzioni possono essere ridotte fino alla metà ai sensi dell’art. 10 qualora ci sia ammissione di responsabilità e collaborazione fattiva dei soggetti responsabili.

[90] In particolare, sull’art. 544-ter, è corretto il riferimento al secondo comma della disposizione, che punisce espressamente “chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate”: così, G. GATTA, S. TURCHETTI, G. VARRASO, Campania – Delitti contro il sentimento per gli animali, in nota a Trib. Napoli, Sez. IV, 10 marzo 2010, in Corriere Merito, 2010.

[91] Così, Cass. pen., Sez. III, 3 aprile 2007, n. 16619, nel rilevare come la somministrazione di sostanza dopante ad un cavallo possa trovare lo stesso trattamento riservato ai “fenomeni autogeni di doping”.

[92] Trib. Reggio Calabria, Sez. I, 1° aprile 2011, n. 4358, inedita.

[93] In questo senso anche Cass. pen., Sez. III, 10 gennaio 2012, n. 9356, in Neldiritto.it, che ha riconosciuto la sussistenza di un vincolo associativo stabile con ripetitivo modus operandi con cui venivano somministrate sostanze dopanti ai cavalli e ripetuti maltrattamenti nell’ambito dell’organizzazione di corse clandestine.

[94] Con Atto Camera 27 giugno 2019, n. 1603.

[95] Del quale si evidenziano peculiarità e problematiche, partendo dalla legge 23 marzo 1981, n. 91 in: M. PITTALIS, Sport e diritto. L’attività sportiva fra «performance» e vita quotidiana, cit., Capitolo II.

[96] Si affrontano svariati temi: il principio di parità di trattamento e non discriminazione, il riconoscimento del carattere sociale e preventivo-sanitario dell’attività sportiva, il principio di specificità dello sport e del rapporto di lavoro sportivo, il principio di pari opportunità, maggiori oneri per la finanza pubblica, il riconoscimento della figura del “lavoratore sportivo”, la tutela della salute e sicurezza dei minori sportivi e la formazione dei giovani atleti, il riordino e coordinamento delle disposizioni della l. 91/1981 e della disciplina della mutualità nello sport professionistico, nonché il riconoscimento del laureato in scienze motorie e le funzioni esercitate dal Ministro della Difesa in ambito sportivo.

[97] Art. 5, comma 1: «n) riordino della normativa applicabile alle discipline sportive che prevedono l’impiego di animali, avendo riguardo, in particolare, agli aspetti sanitari, al trasporto, alla tutela e al benessere degli animali impiegati in attività sportive».

[98] Tra le previsioni più importanti abbiamo quella del Codice Civile francese degli animali come esseri senzienti, le sanzioni che puniscono abusi e crudeltà sugli animali del Criminal Code e le condizioni di detenzione compatibili coi requisiti biologici del Rural Code.

[99] «Il ne doit pas être demandé à un équidé un travail auquel il n’est ni apte, ni préparé, risquant de mettre en danger sa santé et la sécurité du cavalier» su https://www.legifrance.gouv.fr/.

[100] B. MONTINI, La Grecia ha vietato la macellazione dei cavalli (che già venivano considerati come cani e gatti), su Corriere della Sera, 2020, su https://www.corriere.it/.

[101] V. http://documenti.camera.it/leg18/pdl/xhtml/leg.18.pdl.camera.2740.18PDL0121080.html.

[102] Ci si riferisce, ad esempio, al caso di gravidanza avanzata o allattamento. Viene inoltre richiesta l’idoneità degli strumenti utilizzati in fase di gara o allenamento: «La bardatura e le attrezzature da utilizzare per l’attività sportiva, compresa la ferratura, devono essere idonei ad evitare all’animale lesioni, dolore, sofferenze o disagi psico-fisici».