Rivista di Diritto SportivoISSN 0048-8372 / EISSN 2784-9856
G. Giappichelli Editore

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In tema di errore arbitrale ed ammissibilità della prova televisiva (di Piero Sandulli, Professore associato di Diritto processuale civile presso l’Università degli Studi di Roma “Foro Italico”. Presidente della Corte Sportiva d’Appello. Avvocato.)


This paper is inspired by decision no. 184 R.D. of the third section of the Football Association’s Court of Appeal, published on February 17, 2020. It offers the opportunity to dwell on the issue of due sport process, allowing useful reflections on the different procedures to be implemented before the two different sports judges that the code of sports justice of CONI, starting from 2014, has identified, that is, sports and federal. In particular, the probative value of the arbitration report and the admissibility of the televised evidence are examined.

Corte Sportiva di Appello FIGC, 17 febbraio 2020, n. 184 Composta dai Sigg.ri: Italo Pappa – Presidente Massimiliano Atelli – Componente Andrea Lepore – Componente (teleconferenza) (relatore) Franco Granato – Rappresentante A.I.A. DECISIONE Sul reclamo numero di registro 189 proposto dalla Pol. Ciliverghe di Mazzano avverso decisone merito gara Ciliverghe/Crema del 05.01.2020 per la riforma della Delibera del Giudice Sportivo presso il Dipartimento Interregionale – Com. Uff. n. 85 del 22.01.2020; Visto il reclamo e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell’udienza del giorno 07.02.2020 il prof. avv. Andrea Lepore in videoconferenza e uditi l’avv. Carlo Ghirardi per la Pol. Ciliverghe Mazzano e il Direttore Generale Giulio Rossi per l’A.C. Crema; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.   RITENUTO IN FATTO In data 29 gennaio 2020 la Polisportiva Ciliverghe di Mazzano presenta reclamo avverso la decisione del giudice sportivo di cui in epigrafe, mediante la quale veniva disposta la ripetizione della gara Ciliverghe-Crema disputatasi in data 5 gennaio 2020, in quanto, nell’occasione, sarebbe intervenuto errore tecnico dell’arbitro integrante fatto per sua natura non valutabile con criteri esclusivamente tecnici, e, quindi, idoneo a fungere da presupposto per l’applicazione del disposto di cui all’art. 10, comma 5, C.G.S. La reclamante, in via preliminare, ravvisa la nullità della decisione del giudice sportivo eccependo la sostanziale intervenuta violazione del disposto di cui all’articolo 67, comma 6 e 7, C.G.S. Sottolinea altresì il mancato rispetto del principio del contraddittorio e comunque l’impossibilità in capo all’odierna ricorrente di esercitare il proprio diritto alla difesa, come previsto anche dall’art. 44, comma 1, C.G.S. Evidenzia inoltre l’inammissibilità del reclamo proposto dall’Associazione Calcio Crema in quanto per tabulas non risulterebbe essere stata depositata ex art. 67, comma 1, C.G.S., alcuna valida rituale dichiarazione, atta a manifestare la volontà di proporre ricorso. In particolare, si sottolinea che nella comunicazione di preannuncio di reclamo non fosse presente alcuna sottoscrizione o riferimento per identificare il soggetto che assumeva la paternità del documento. Quanto affermato si mostrava, ad avviso della reclamante, in violazione del disposto di cui all’art. 49, comma 4, C.G.S. senza che poi, successivamente, detta irregolarità fosse stata in alcun modo sanata. Nel merito, riferendosi agli atti ufficiali del procedimento, per la società Ciliverghe il giudice di primo grado non avrebbe richiesto agli Ufficiali di Gara chiarimenti in merito alla vicenda. Si contesta poi apertamente la possibilità di utilizzare quale mezzo di prova le immagini televisive, ammesse soltanto nei casi [continua..]
SOMMARIO:

1. Posizione del tema - 2. Esame della fattispecie - 3. Principi del processo sportivo - 4. Il valore probatorio del referto arbitrale - 5. La fruizione della prova televisiva - 6. Il procedimento di ammissione della prova televisiva - 7. L’errore tecnico del direttore di gara - 8. Conclusioni - NOTE


1. Posizione del tema

La decisione numero 184 R.D., della terza sezione della Corte Sportiva d’Appello della Federcalcio, pubblicata in data 17 febbraio 2020 [1], stimola molteplici riflessioni in tema di «giusto processo sportivo», consentendo utili riflessioni sulle diverse procedure da attuare innanzi ai due diversi giudici sportivi che il codice di giustizia sportiva del CONI, a partire dal 2014, ha individuato quello sportivo con la competenza prevista dall’art. 14 [2] e quello federale a norma dell’art. 25 [3] competente su tutti i fatti rilevanti per l’ordinamento sportivo in relazione ai quali non sia stato instaurato, né risulti pendente, un procedimento dinanzi ai giudici sportivi, nonché di ammissione e valutazione delle prove in tale procedura, con riguardo anche al potere di ammettere prove d’ufficio.


2. Esame della fattispecie

Al fine di comprendere, compiutamente, le questioni che sono alla base della presente analisi occorre muovere dal puntuale esame della fattispecie (invero, assai singolare) intervenuta a seguito della gara, del 5 gennaio 2020, tra le squadre del Ciliverghe e del Crema, valida per il campionato di calcio di serie D, organizzato dalla Lega Nazionale Dilettanti della FIGC; gara conclusasi con il risultato di 2 ad 1 per la squadra di casa, il Ciliverghe di Mazzano (BS). Nel corso della partita l’arbitro, ha convalidato la seconda segnatura della squadra di casa sul presupposto, rinvenibile nel supplemento di verbale, redatto dal direttore di gara il 16 gennaio 2020 [4], che il pallone calciato a seguito di un calcio d’angolo fosse stato toccato dal portiere del Crema per poi essere giocato di nuovo dall’atleta che aveva calciato il corner e finire in rete, al termine di detta azione. Al fine di evitare l’omologazione del risultato conseguito sul campo ed ottenere la ripetizione della gara, a causa di un errore arbitrale, il Crema in data 7 gennaio 2020 presentava un reclamo (in base all’art. 49 CGS della Federcalcio), dopo averlo preannunciato con preavviso inoltrato il giorno precedente. In tale atto la Società reclamante affermava: «Siamo a presentare ricorso, come da art. 49 del Codice di Giustizia Sportiva, a causa dell’alterazione del regolare svolgimento della gara in data 5 gennaio 2020, tra ASD Polisportiva Ciliverghe e AC Crema 1908, valevole per la classifica del girone D del campionato di serie D. Tale alterazione si è verificata a causa di un evidente errore tecnico del direttore di gara, a seguito di un corner calciato approssimativamente al minuto undicesimo della ripresa. Il calciatore n. 4 della squadra locale, Maspero, calciava detto corner, rientrando immediatamente in possesso della palla, a seguito dell’impatto della stessa con il primo palo, senza che tra i due momenti vi fosse alcun tocco da parte di altro calciatore. In ottemperanza a quanto previsto dalla regola 17 del giuoco del calcio ed a quanto specificato al punto due della guida AIA inerente la regola stessa, l’arbitro avrebbe dovuto interrompere il gioco, assegnando un calcio di punizione indiretto in favore dell’AC Crema 1908. Si è, d’altra parte, andati avanti a giocare ed a seguito del ritorno del pallone nei piedi del n. 4, è scaturito un cross e [continua ..]


3. Principi del processo sportivo

La vicenda in precedenza ricordata offre lo spunto per operare alcune riflessioni sulla natura del processo sportivo, sul valore probatorio del referto del direttore di gara e dei suoi assistenti, nonché sull’utilizzazione della prova televisiva e sui limiti relativi all’ammissibilità della stessa. Il Codice di Giustizia Sportiva, varato dalla Federcalcio nel mese di giugno 2019 ed entrato in vigore per regolare i giudizi sportivi relativi alla stagione agonistica 2019-20, che è iniziata il primo luglio 2019, si colloca – come è facile desumere dalla lettura dell’art. 3 di esso, rubricato: «rapporti tra il codice e le altre fonti normative» – a conclusione di una filiera di norme che prende le mosse dal dettato della lett. h)-bis dell’art. 7 del d.lgs. n. 242/1999, noto anche come decreto Melandri, dal cognome del ministro proponente, nel quale sono state dettate le regole del giusto processo sportivo [5]. In detto articolo, ampiamente ispirato dal novellato art. 111 Cost. [6], è possibile rinvenire, nel comma 2: «1. obbligo degli affiliati e tesserati, per la risoluzione delle controversie attinenti lo svolgimento dell’attività sportiva, di rivolgersi agli organi di giustizia federale; 2. previsione che i procedimenti in materia di giustizia sportiva rispettino i principi del contraddittorio tra le parti, del diritto di difesa, della terzietà e imparzialità degli organi giudicanti, della ragionevole durata, della motivazione e della impugnabilità delle decisioni; 3. razionalizzazione dei rapporti tra procedimenti di giustizia sportiva di competenza del CONI con quelli delle singole federazioni sportive nazionali e delle discipline sportive associate». Da tale normativa è, dunque, possibile desumere le regole del «giudizio dovuto» dagli organi di giustizia sportiva, in linea con i dettami dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, riconosciuto e favorito (art. 1, legge n. 280/2003) dalla Repubblica. In tale filone si colloca il Codice di Giustizia Sportiva del CONI del 2014 [7], che trova applicazione nei confronti di tutte le federazioni [8] ed al quale fa riferimento anche il codice varato dalla FIGC come è agevole rilevare dalla analisi dell’art. 3 di esso. Nell’art. 2 del Codice di Giustizia Sportiva del CONI, rubricato: [continua ..]


4. Il valore probatorio del referto arbitrale

Preliminarmente deve essere inquadrata, nel contesto del giudizio sportivo, la rilevanza probatoria del giudizio arbitrale. Afferma, al riguardo, il comma 1 dell’art. 61 del Codice di Giustizia Sportiva della Federcalcio che «i rapporti degli ufficiali di gara o del Commissario di campo e i relativi eventuali supplementi fanno piena prova circa i fatti accaduti e il comportamento di tesserati in occasione dello svolgimento delle gare. Gli organi di giustizia sportiva possono utilizzare, altresì, ai fini di prova gli atti di indagine della Procura federale». Dalla lettura del comma sopra riportato emerge chiaramente la piena «fidefacienza» del verbale arbitrale che ha un valore probatorio superiore a quello che il codice civile assegna all’atto pubblico che, in virtù del disposto dell’art. 2700, «fa piena prova, fino a querela di falso» così come ulteriormente si desume dal testo dell’art. 221 del codice di rito civile. La giurisprudenza sportiva sul punto appare granitica [13], anche se qualche voce ha ritenuto che possa proporsi la querela di falso in relazione al referto arbitrale [14]; tuttavia tale orientamento non può essere condiviso poiché la querela dovrebbe proporsi innanzi al giudice statale, mentre la materia della quale si tratta [15] è devoluta alla sola cognizione del giudice sportivo attesa la irrilevanza, per l’ordinamento statale, delle questioni tecniche e disciplinari a norma della seconda parte dell’art. 1 della legge n. 280/2003. Invero, l’unica eccezione alla pienezza della prova costituita dal referto arbitrale è data, nei limiti tassativi previsti dal Codice di Giustizia Sportiva, dalla prova televisiva di cui si dirà nel successivo paragrafo. Resta il problema di qualificare il supplemento arbitrale e misurarne la sua valenza probatoria. La questione che si pone è relativa alla disponibilità diretta, per il direttore di gara, di tale strumento integrativo. Invero, egli con la stesura del proprio referto, da compiersi nella immediatezza del termine della gara, consuma il suo potere di refertazione e conseguentemente la sua «fidefacenza». Sul tema resta il potere dei giudici sportivi (di primo e secondo grado) di chiedere all’arbitro, anche telefonicamente, una interpretazione autentica del suo operato, ma ciò non ci consente di [continua ..]


5. La fruizione della prova televisiva

Come si è ricordato in precedenza l’unica eccezione alla pienezza probatoria della refertazione del direttore di gara è costituita, nell’ambito della normativa calcistica, dalla prova televisiva, fattispecie questa entrata a far parte della istruttoria sportiva solo in tempi relativamente recenti [16]. Invero, il dettato del Codice di Giustizia Sportiva, novellato nel 2019, dalla Federcalcio, con l’art. 58, al comma 1, chiarisce che «i mezzi di prova audiovisivi possono essere utilizzati nel procedimento innanzi agli organi di giustizia sportiva nei casi previsti dall’ordinamento federale». Da tale previsione normativa scaturisce la necessità di una applicazione puntuale della utilizzazione dei detti mezzi di prova, la quale non può essere fatta oggetto di interpretazioni analogiche, come si è chiarito, a più riprese, sia dalla Corte di Giustizia Federale (nella sua ormai abrogata composizione) [17], che dalla Corte Sportiva d’Appello (organismo venuto in esistenza con la riforma della giustizia sportiva del CONI del 2014), ed infine dal Collegio di Garanzia dello Sport [18] sedente presso il Comitato olimpico. Inoltre, con il comma 2 dell’art. 58 il legislatore federale specifica che «le riprese televisive o i filmati di operatori ufficiali dell’evento concessionari della Federazione o della leghe, o titolari di accordi di ritrasmissione, possono essere acquisiti d’ufficio dal giudice o su istanza di un soggetto interessato laddove ritenute, dal giudice stesso, utili ai fini della decisione». Il successivo art. 61, del Codice di Giustizia Sportiva FIGC del 2019 (rubricato: «mezzi di prova e formalità procedurali nei provvedimenti relativi alle infrazioni connesse allo svolgimento delle gare») individua, con il comma 2, il corretto ambito di applicazione della «prova televisiva» e ne circoscrive l’ampiezza applicativa ricordando che: «Gli organi di giustizia sportiva hanno facoltà di utilizzare, quale mezzo di prova, al solo fine della irrogazione di sanzioni disciplinari nei confronti dei tesserati, anche riprese televisive o altri filmati che offrano piena garanzia tecnica e documentale, qualora dimostrino che i documenti ufficiali indicano quale ammonito, espulso o allontanato un soggetto diverso dall’autore [continua ..]


6. Il procedimento di ammissione della prova televisiva

Invero, in base alla genesi a stratificazione successiva, del Codice, di giustizia sportiva interno alla Federazione, alla quale non ha potuto porre argine neppure la novella, nata con il dichiarato intento di superare detta costruzione, è utile cogliere l’opportunità, fornita dalla decisione in commento, di tentare una lettura unificante del tema della prova televisiva, dei suoi limiti e dell’ambito di applicazione di essa. Tentando, dunque, una lettura univoca ed inequivoca della norma, che – invero – necessiterebbe di un intervento di ristrutturazione del legislatore federale, possiamo giungere ad affermare che, se esistono tecnologie adeguate ed idonee ad offrire garanzie tecniche, in linea con gli standard previsti dalla Federazione, la prova televisiva trova applicazione per tutte le leghe, nonché per il settore giovanile e scolastico per quanto concerne: 1) l’errore di persona ai soli fini di sanzionare in via disciplinare un soggetto diverso da quello che ha commesso l’infrazione; l’errore non incide, però, sul risultato della gara che resta quello determinato dal campo [20]. 2) la condotta violenta non vista dall’arbitro e (per i tornei in cui esiste l’ausilio tecnico del video) non ritenuta tale dall’ausiliare del giudice di gara, ma sempre rilevabile (nei termini perentori del codice) dal Procuratore Federale o dal Commissario di gara se nominato. 3) la condotta gravemente antisportiva nei limiti specificamente (e non esemplificamente) elencati nel comma 4 dell’art. 61 del codice di Giustizia Sportiva della FIGC [21] fuori da tali casi non è consentita (in assenza di modifiche normative) alcuna interpretazione analogica. 4) L’uso delle espressioni blasfeme nelle ipotesi non rilevate dall’arbitro sempre che vi siano mezzi televisivi che offrano idonee garanzie. Individuata la casistica ed il suo ambito di applicazione è necessario fermarci, ancora, sulla legittimazione e sul contraddittorio, profilo quest’ultimo di particolare rilevanza in quanto ci si trova in presenza di uno dei pochi procedimenti che determinano il confronto delle parti contrapposte innanzi ai giudici sportivi di primo e di secondo grado [22]. Nel caso di specie, dunque, i legittimati alla proposizione dell’istanza per fruire della prova televisiva (con le modalità ed i tempi sopra [continua ..]


7. L’errore tecnico del direttore di gara

Con il provvedimento che ha dato vita alla decisione in esame, ricordato nel precedente paragrafo due del presente studio, il giudice sportivo nazionale con competenza sulle gare della Lega Dilettanti, prendendo spunto da quanto contenuto nel supplemento arbitrale del 16 gennaio 2020, ha ordinato la ripetizione della gara sul presupposto della sussistenza di un errore arbitrale riconosciuto (tardivamente ed impropriamente) dallo stesso direttore arbitrale. Nel caso in esame si è, infatti, utilizzata una prova televisiva che non solo non è stata richiesta nei termini perentori contenuti nell’art. 61 «entro le ore 16:00 del giorno feriale successivo a quello della gara, ma non rientrava nella limitata e non estendibile casistica dello stesso art. 61 CGS Federcalcio. Invero, nel preannunzio di reclamo del 6 gennaio 2020 (giorno festivo) non si fa riferimento alla richiesta di fruizione della prova televisiva, mentre tale richiesta è formulata nel giorno successivo il martedì 7 gennaio 2020 (primo giorno feriale successivo a quello della gara, ma alle ore 20,25, cioè quando il termine perentorio delle ore 16:00 era ampiamente trascorso. Inoltre, «l’errore tecnico» al quale la società, che ha richiesto la prova televisiva, ha riferimento con il suo reclamo del 7 gennaio 2020 non rientra nella puntuale casistica per la quale è prevista la fruizione della prova audiovisiva; né, nel caso di specie, la prova è stata richiesta d’ufficio (anche se essa in quest’ipotesi sarebbe stata inammissibile poiché non rientrante nella tipologia del Codice di Giustizia Sportiva Federale). Anche il supplemento del referto arbitrale, non richiesto dal Giudice Sportivo, non poteva essere esaminato sia perché il direttore di gara aveva già consumato il suo «potere-dovere» di refertare, ma anche perché egli, nell’operare tale integrazione, non era stato investito dal giudice sportivo (circostanza questa unica che lo avrebbe potuto legittimare ad integrare il suo referto). Inoltre, la decisione del giudice sportivo di primo grado richiamandosi alla lettera c) del comma 5 dell’art. 10 del nuovo codice di Giustizia Sportiva della FIGC qualifica «errore non valutabile con criteri esclusivamente tecnici» ciò che, invece, ricadeva sotto la normale osservazione dell’arbitro come lo stesso ricorda anche [continua ..]


8. Conclusioni

L’analisi occasionata dalla valutazione relativa alla decisione della terza sezione della Corte Sportiva d’Appello mette in luce i non pochi pregi della nuova normativa sportiva in tema di istruzione probatoria, anche se appare necessario un ulteriore sforzo di revisione della materia che tenga conto della diversità del rito tra i procedimenti che si celebrano innanzi ai giudici sportivi e quelli che si svolgono nella pienezza del contraddittorio, davanti ai giudici federali.


NOTE